Cap. 24 - Arte e poesia s'incontrano.
Passarono due giorni prima che un pomeriggio Goro decise di andare da Ren nella stanza del bar, all'insaputa dell'artista che dormiva nella camera da letto per un riposino a casa.
Aprì la porta delicatamente non facendo suonare tanto le chiavi, e in punta di piedi si avvicinò alla stanza, entrando senza chiedere il permesso. Ren era lì, seduto sul letto, immobile a fissare la finestra, «Akechi, vieni», lo chiamò con un sibilo.
Goro, impaurito appena, raggiunse il letto e Ren si alzò con uno scatto violento, baciandolo sulle labbra disperatamente. Il detective avvolse le braccia attorno al suo busto, approfondendo il bacio, accarezzandogli la guancia destra con le mani coperte dai guanti neri.
Ren ebbe un fremito e si gettò di schiena sul letto, trasportandosi con sé Goro, seguendo un bacio e vari movimenti volgari d'attrito tra i loro corpi, «Perché?», in seguito gli domandò.
L'altro non gli rispose e continuò a toccarlo, catturando ogni suo gemito come se li stesse pescando dall'acqua, piccoli urli che suonavano dalla bocca del corvino.
«Senza di te, non sono Goro Akechi», rispose e si allontanò, alzandosi dal letto. Ren, desideroso, lo seguì e lo batté alla finestra con violenza, bloccandolo tra le braccia, poi le labbra formarono un ghigno, «Sono un tipo facile, ah? Per te, per Yusuke?», provocò in seguito, toccandosi le cosce ancora coperte dai pantaloni, stuzzicando le voglie dell'altro.
Goro ridacchiò maliziosamente, «Hai delle bellissime gambe, Amamiya, così allettanti, sottili e baciabili...», il detective lo intrappolò vicino a sé, prendendolo per i glutei e reggendo, appunto, le sue gambe. Gli accarezzò poi le cosce e gli rimosse i pantaloni, rivelando un paio di lucide gambe dalla pelle candida e preziosa.
Ren rise, «Vuoi che sia la tua bambola? Sono tua, allora».
Si allontanò, prese Goro tra le sue braccia e batté la sua virilità contro il bacino di chi aveva davanti, in preda al piacere. Goro rimase silenzioso, non potendo dire o fare qualsiasi cosa.
«Va bene, giochiamo, Goro Akechi».
Ren cambiò espressione sul viso, abbassando lo sguardo diretto su Goro, non facendo scendere gli occhiali, ma rimuovendoli per perlustrare l'altro dall'alto al basso seguendo un ritmo molto lento finché non raggiunse la fibbia dei suoi pantaloni neri.
Avanzò lentamente, scivolando la lingua sul suo collo, assaggiandolo e canticchiando il gusto come se stesse leccando un gelato o un ghiacciolo squisito al palato del barista. Goro gemette, ma ebbe la forza di tirarlo a sé e gli passò la mano destra giù a toccare il suo intimo.
«Checkmate», sussurrò. Ciò procurò un brivido repentino su per la schiena di Ren, che espirò un veloce, contenuto e rumoroso gemito mascherato da urlo.
Inclinò la testa all'indietro, si girò verso di lui, lo baciò sulle labbra con ferocia e lo spinse in avanti con la forza del braccio sinistro, «Goro, sono più che sicuro che tu e Yusuke state avendo rapporti, dimmelo. Non mi importa più, in effetti ho iniziato io tradendolo per primo venendo a letto con te, non ho scuse».
«Vuoi distruggerti per questo?», chiese Goro, sibilando appena.
«Non sono sicuro dei miei sentimenti, e scommetto che lo sei anche tu. Non è facile passare da nemici ad amanti. Yusuke è sensibile, eccentrico, ti analizza con un solo sguardo. Io però forse non lo conosco bene come dovrei e lo stesso vale per lui».
Ren s'impose, poi baciò Goro e gli chiuse la porta in faccia con eleganza, lasciandolo impietrito nel retro del bar. Yusuke invece, ignaro della situazione, come entrò nel bar, cominciò a servire i clienti, tra cui il ragazzo che incontrò all'inaugurazione della palestra di Ryuji.
I suoi capelli non erano più rossi, bensì color violetto da sembrare grigio alla luce del sole che li illuminava, catturando gli occhi blu di Yusuke, che s'incantò con un bicchiere in mano che gli cadde a terra, rompendosi in mille pezzi vicino ai suoi piedi.
«Buongiorno, sono venuto per sapere se hai pensato alla mia proposta», gli disse la sua voce angelica che proveniva dal settimo cielo, recitando una poesia all'istante, con l'eleganza di un attore provetto sul palco attento a interpretare l'Amleto di Shakespeare.
Yusuke si riprese dalla vista splendida di quelle iridi verdi e capelli color prugna solo quando udì il rumore del bicchiere rompersi sotto di lui. Subito acchiappò la scopa e pulì.
«Buongiorno. Come- come ti chiami?».
«Kojiro Sasaki, perdonami se quando ci siamo conosciuti non te l'ho detto. Forse non mi avrai riconosciuto per i capelli, sai, a me piace tingerli, pettinarli, ridurli a mostro. Un poeta ha bisogno, per me, dello stile che faccia capire al mondo che non è un tipo fuori di testa solo perché è...».
«... eccentrico», Yusuke finì la frase, pronunciando la parola in estasi.
«Giusto! Wow, non pensavo ne sapessi di poesia. Dico, nel senso che non so se l'interpretazione della poesia può essere connessa all'arte o no. Certe volte mi chiedo come sia possibile abbinare queste due manifestazioni di cultura e creatività in modo parallelo senza che nessuno dei due si perda e vada per la sua singola direzione...».
Rispose il ragazzo, incantando l'artista per la seconda volta, non passando inosservato da Goro che lo fissava col ghigno sulle labbra. Yusuke si riprese solo dopo qualche minuto.
«Sì! Ehm, secondo me le due possono viaggiare sulla stessa careggiata, pensa a ciò che simboleggia la poesia rappresentata in un quadro... un volto femminile immerso nel mistero, un nudo coperto dalle ombre. Un paesaggio immerso in un cielo blu che nasconde i suoi segreti al mondo e non li rivela a nessuno...».
«... Un fiore che perde i petali guidato dall'istinto di sopravvivenza, la mano di un anima che cerca le origini nell'oblio. Tormentato, uno spirito in gabbia che aspetta la sua ora almeno finché non accinge alla luce della salvezza...», proseguì Kojiro, avvicinandosi lentamente a Yusuke e chiudendo gli occhi, preparandosi al bacio, ma nell'istante in cui si sfiorarono le labbra a vicenda Ryuji irruppe nel bar con Ann, spalancando la porta e urlando.
«Io e Ann ci sposiamo!».
Uno spavento, Kojiro e Yusuke dovettero allontanarsi bruscamente, arrossendo entrambi sui loro visi. Goro si alzò dal divanetto e camminò nel retro del bar, colpendo la spalla del pittore.
«Bravo, fai le tue conquiste. Sono fiero di te», lo stuzzicò e uscì dal bar ghignando.
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