Capitolo 1
Come quasi ogni notte rivivo l'inquietante sensazione di separarmi da una parte del mio essere, come se il mio corpo si aprisse per lasciare uscire una parte di me, e dal dolore che sento, forse, quella più importante. Potrebbe trattarsi dell'anima, se realmente esiste. Non posso fare niente per impedire che accada, ho imparato che il metodo più veloce per smettere di soffrire è aspettare che passi. Ogni volta il senso d'impotenza insieme al dolore dello strappo mi fanno impazzire, so bene che è un sogno ma lo percepisco come un dolore fisico reale. Soffro senza poter fare niente per fermare il tutto. Ho scoperto essere parte di uno schema, ed è solo la parte che precede il sogno.
Quando tutto ebbe inizio, lottavo per svegliarmi, ordinavo al mio corpo di muoversi, agli occhi di aprirsi, ma ogni sforzo mi procurava un male indescrivibile, era uno spreco di energie inutili, mi stancavo il doppio, senza tralasciare il fatto che il panico aumentava a dismisura quando mi rendevo conto di essere in uno stato di paralisi totale, il mio corpo non mi apparteneva più.
All'improvviso tutto cessava, il dolore, la paura, dopo non so neanche quanto tempo, poteva essere passata una vita o solo qualche secondo, tutto si metteva in pausa e poi il buio. Non mi restava che aspettare e vedere in quale assurdo scenario la mia mente mi avrebbe catapultato questa volta.
Aprii gli occhi e mi trovai in un posto a me ignoto, anche se, a dire il vero, la vegetazione aveva un non so che di familiare, era un bosco e da quanto erano robusti gli alberi pareva anche centenario. La terra sotto i piedi era fredda e bagnata come dopo un lungo acquazzone, le pietre si conficcavano nella mia carne come stessi camminando sopra un letto di chiodi, controllai la pianta dei piedi aspettandomi di trovarli intrisi di sangue, e tagli a ricoprire ogni centimetro di pelle ma niente, assolutamente niente, erano immacolati come se al posto della scomoda superficie ci fosse un morbido tappeto. Mi sentivo stanca come se avessi corso chilometri e un'inspiegabile ansia mi attanagliava lo stomaco, mi sentivo soffocare dalla paura mista a rabbia, sentimenti reali, miei, ma allo stesso tempo estranei e incomprensibili. Captai delle voci in lontananza che si avvicinavano, ma non vedevo nessuno nelle vicinanze, e non dipendeva dal buio che regnava in quel tetro paesaggio che sarebbe stato degno di un film horror, perché un'altra cosa inspiegabile era il potenziamento della mia vista, per qualche ragione distinguevo attorno a me con chiarezza tutto come fosse giorno. "Scappare", mi suggeriva una voce in profondità. Continuai a correre come spinta da una volontà estranea finché due braccia forti mi catturarono in un soffocante abbraccio, caldo, e conosciuto ma ora per niente rassicurante.
Mi dimenai come un'ossessa e urlai con tutto il fiato che avevo nei polmoni, ormai poco importava se mi trovavano, dentro di me sentivo che sarebbe stato meglio se mi avessero preso loro anziché lui. In poco tempo arrivarono altre persone nella radura alla quale ero giunta, emanavano ostilità, contro di me? Poteva mai essere? Non sapevo cosa avessi fatto loro perché mi odiassero in quel modo, sapevo di conoscerli, anche se in verità non li avevo mai visti nel mondo reale, ma solo nei miei sogni. Sentii una lacrima bollente solcarmi lo zigomo e trascinarsi fino alle labbra, aveva il sapore della rassegnazione e della consapevolezza, era giunta la mia ora. Le immagini cominciarono a sovrapporsi ad altre e i volti divennero indistinguibili si allungavano come figure uscite dai dipinti di Munch, non riuscii ad afferrare con chiarezza più niente di quello che accadeva.
Poi cominciò la risalita verso la coscienza, il dolore m'investì con potentissime ondate, era come riavvolgere il nastro, la stessa sensazione di prima ma con la differenza che la mia presunta anima, o il mio io spirituale lottava per rientrare nel mio corpo, e questa era la parte migliore della notte, tutto stava per finire.
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