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19. Vendetta alla brace


«Pensi che se ne accorgerà?»
«Lo spero proprio.», risposi alla ragazza.

Un'altra settimana era passata, molto più in fretta della precedente. I clienti erano rimasti gli stessi, ma notavo come le persone che passeggiavano per la strada si stessero accorgendo un po' alla volta dell'esistenza del nostro locale.
Sfortunatamente non erano stati solo i possibili clienti a vederci, qualcuno iniziava a percepire la nostra presenza. Qualcuno con un accecante completino rosa e le unghie placcate di smalto luccicante.

Quella mattina Nihil aveva portato nel ristorante la tastiera di un pianoforte. Aveva iniziato a suonarla, attirando così l'attenzione di Co che sedeva dietro al bancone.
La ragazza di Inkland aveva fatto grandi progressi in quei giorni, era riuscita a uscire dal buio della cantina arrivando prima a sostare sul pavimento della cucina durante i pasti, e poi a tenermi compagnia nella sala durante le visite di Nihil.

Interessata al suono si era avvicinata un po' alla volta alla tastiera, finché la ragazza non si era proposta di insegnarle a suonare.
Tutto sembrava andare per il verso giusto, o almeno prima che una figura femminile accompagnata da quello che ricordava gigantesco armadio aprisse la porta.

Il campanellino legato sopra essa tintinnò alla sua entrata.
Lolly Gloss storse il naso e si guardò in giro cercando di attirare l'attenzione di qualcuno. Dietro di lei seguiva Elgoog, che mi individuò immediatamente prendendo a squadrarmi con cattiveria.

«Posso esserle utile?», domandai vedendo con la coda dell'occhio Co che tornava a nascondersi sotto al bancone.

«Il proprietario?», chiese scocciata.

«Vado a chiamarglielo subito.»

Sarino si trovava chiuso nel suo studio. Ormai passava lì dentro la maggior parte del tempo che non impiegava aiutandomi a cucinare.
Bussai due volte alla porta di legno prima di vederlo aprire.

La stanza era diventata un vero e proprio magazzino per bare. Non capivo perché continuasse a costruirle, da quello che sapevo non aveva ricevuto ordini ultimamente.
Sul bancone da lavoro stava costruendo la sesta, per metà ancora incompleta. Il pavimento era pieno di schegge e riccioli di legno tolte dalle assi che lavorava.

«La nostra vicina vorrebbe parlarti.»

Tornando nella sala vidi come nell'attesa quella donna avesse preso posto ad un tavolo. Pretese che le portassi del tè con dei biscottini, ma quando lo appoggiai davanti a lei si rifiutò di toccarlo.

Parlò con Sarino di alcune cose che trovava intollerabili, come il fatto che avessimo aperto un ristorante proprio vicino al suo albergo che ne possedeva già uno all'interno, o anche la presenza di un asino sul retro del locale che a detta sua infastidiva i clienti.
Queste erano anche delle buone critiche, se non per il fatto che il ristorante esisteva da anni e Dlos si trovava in una strada piena di immondizia e quindi non gradita già di suo da chi alloggiava all'Hotel.

Lolly ci intimò quindi a cambiare lavoro ed eliminare l'animale o trasferirci molto lontano da quel luogo.

«Perché non se ne va lei? Ha sicuramente più soldi di noi da permettersi di ricostruire da un'altra parte il palazzo in una notte sola.», commentai.

La donna per un attimo sembrò smarrita, poi la rabbia attraversò il suo volto e uscì dal locale urlando indignata che ci avrebbe fatti spostare da lì ad ogni costo.

Da qui erano iniziati una serie di imprevisti che ci avevano colpito. Inizialmente si trattava solo di una grossa quantità di immondizia che compariva ogni mattina sul retro del locale. A quello avevamo risposto spostandola di notte davanti alla loro entrata principale.

La seconda volta comparve un cartello "vendesi" davanti al nostro locale. Con l'aiuto di Nihil chiamammo una ditta di traslochi indirizzandola verso dell'albergo della donna.

Non fu una cosa molto apprezzata, Lolly rispose mandando qualcuno a spaccare con un mattone le vetrate del locale. Le guardie che chiamammo si rifiutarono di investigare sull'accaduto dicendo che si trattava di teppistelli che si divertivano a fare scherzi.
Per noi era ora impossibile rispondere nello stesso modo, ora Elgoog era incaricato di fare il turno di notte all'entrata dell'edificio.

Rispondemmo quindi attuando il mio malefico piano.

«Secondo me non ci farà neanche caso.», disse Nihil aprendo la botola.

Indossava una salopette bianca e una magliettina verde senza maniche. I capelli arancioni erano tenuti legati in una treccia che le penzolava sulle spalle.

«Fidati. Se ne accorgerà.», risposi a fatica mentre mi sforzavo di portare su tutto quel peso.

«Fai attenzione.», mi ammonì Co.

Lei come al solito indossava gli stessi abiti, ma da quando glie l'avevo lavata non sembrava più intenzionata ad abbandonare la coperta blu.

«Potresti almeno aiutarmi!»

«E rischiare di farmi male? No, grazie.», rispose lei continuando a mangiare le patatine.

«Non pensavo conoscessi quella parola», borbottai.
«Quale? Fare male o rischiare?»

Fui quasi del tutto certa che stesse usando del sarcasmo, ma quella piccola percentuale di me che non la credeva così sveglia non l'accetto mai.

«Ragazze, penso qualcuno ci abbia viste.», ci avvertì Nihil.

«Buon per lui. Adesso aiutami, non riesco a farla passare per la botola.»

«Cosa state facendo?!», esclamò Sarino salendo le scale proprio in quel momento.

«Salve, signore», salutò Nihil dal terrazzo.
«Stiamo rispondendo a quella donna con il fuoco. Ci vuoi aiutare?», proposi dopo che con una secca spinta avevo fatto passare l'oggetto dall'altra parte.

«Perché state portando fuori le bare?», domandò l'anziano.

«Ovvio! Per stenderci a prendere il sole dopo il barbecue. Vuoi invitare qualcuno? Ho già chiamato Giusy e Louis, loro portano il carbone e la macchina per cuocere la carne.»

«Mi sembra una bella idea.», rispose l'uomo.

«Ho controllato, e finché stiamo in questa proprietà dovrebbe essere legale.», aggiunse Nihil.

Riuscii finalmente a uscire all'aria aperta dopo aver spinto e trascinato tre bare fuori dalla botola. Mi lasciai ricadere sfinita su una di esse. Era dura, ma d'altronde quello era legno.

Madre e figlio arrivarono poco dopo. Affacciandomi dal terrazzo osservai Sarino farli entrare e poco dopo li vidi arrampicarsi sulla scala a pioli. La signora Additif fu aiutata a salirla, spinta da sotto dal figlio e tirata verso l'alto da Sarino e Co.

La prima cosa che notai quando furono ben visibili fu il loro stile diverso dal solito.
Avevo messo al corrente i due del fatto che stessimo cercando di infastidire i vicini il più possibile, ma mai avrei immaginato quello che i miei occhi vedevano in quel momento.

L'anziana donna indossava dei pantaloni verde scuro che le arrivavano appena sotto alle ginocchia, lasciando scoperte le vecchie e pallide gambe. Il pezzo sopra era invece una camicia nera senza maniche con un cuore fatto di brillantini sopra.

Anche il figlio aveva parte delle gambe scoperte, ma, a differenza della madre, lui indossava un vestito.
Mai nella mia vita avevo visto qualcuno indossare un abito così bene. Era di un tessuto leggero di colore blu, della tipologia che si porta lasciando le spalle scoperte.

«Che avete da guardare? Mai visto un uomo con la gonna?»

«Perché sta meglio a lui che a me?!», esclamò Nihil dando voce al pensiero di probabilmente tutti i presenti.

«Tutta questione di genetica.», rispose la madre.

«Era da anni che aspettavo ammettessi che sono stato adottato.»

«Louis!»
«Jusy!»

Quello era il principale motivo del perché avevo invitato quei due a venire. Le loro urla avrebbero attirato l'attenzione dei clienti dell'albergo molto più di quanto le bare e il fumo del barbecue avrebbero mai potuto fare.
In questo modo Lolly si sarebbe arresa alla nostra vittoria schiacciante chiedendo una tregua, o avrebbe risposto in un modo peggiore.

Louis si avvicinò al barbecue che prima aveva passato a Sarino. Si legò i neri capelli in una coda e indossò un paio di occhiali squadrati per leggere il libretto delle istruzioni.

«Lo usi da anni non hai bisogno di leggerlo! Che c'è non ricordi più come si usa?!», gli urlò contro la madre.

«È importante leggere sempre le avvertenze prima di usare oggetti pericolosi come una macchina che brucia la carne.»

«Vorrei saper leggere solo per ignorare quei cosi.», commentò Co, continuando ad afferrare patatine dal sacchetto.

«Perché sei uscita dalla cantina?», domandò scocciato Louis.

«La carne ha la priorità sulla mia vita.»

«Perché non mettiamo su un po' di musica?», propose Nihil facendo partire l'ennesima canzone estiva dal suo comunicatore.

«Viaggiando
con un gatto su una strada.
La musica che vaga
e mi riempie la testa,
mi tappa le orecchie
con le curve secche...»

«No, no. Ferma questa roba. Vado a prendere il giradischi.», sentenziò Sarino.

«Ma...»

«Agonia ha ragione. Dobbiamo dare fastidio a quelle persone, non fargli piacere.», ribadì Giusy.

«Ehm, d'accordo.»

«Eccolo qui!», esclamò l'anziano risalendo la scala dopo qualche minuto.

«Fallo partire. Forza!» lo incitò Co.

«Ti donerò il rosso.
Rosso come la rabbia,
come un rubino,
come le emozioni che ti vedo sul viso...»

«Questa è musica!», esclamò felice Co.
«Ma è la stessa cosa che ti faccio ascoltare anch'io!», ribatté Nihil.

«e ti regalerò l'azzurro.
Azzurro come i tuoi occhi,
come due zaffiri
per dipingere il cielo...»

«Questa è tutt'altra roba, non paragonarla a quelle schifezze che ascolti tu.»

«e ti macchierò di giallo
per vederti ancora sorridere,
come il sole,
come un fiore...»

«Saranno gusti, ma a me non piace.», continuò la ragazza.

«e ti coprirò con il viola
per proteggerti dal buio,
come uno scudo
che ti difenderà...»

Questa volta nessuno parlò, erano tutti troppo impegnati a folgorare di sguardi minacciosi la povera ragazza.

«Rosso è la passione
che ti brucia,
che ti arde dentro.
Azzurro è la spensieratezza,
la tristezza
che ti esce dagli occhi...»

«Neanche a me piace tanto.», dissi andando in suo soccorso.

Non era proprio vero, il suono delle parole e il ritmo mi piacevano, ma la mia amica aveva bisogno di un alleato per sopravvivere fino alla fine del pranzo.

«Giallo è la luce che
ti illumina
ed è sempre con te.
Viola è la paura
che crea il coraggio
che ti spingerà...»

«Beh, ognuno ha i suoi gusti.», concluse Sarino. «Quanto manca per la carne?»

Louis aveva iniziato a rigirare con una spatola le fette di carne sulla macchina. Non sembrava essere qualcosa che amava fare, lo si poteva capire dall'espressione scocciata che stava sul suo volto da quando aveva toccato il barbecue.

«Lascia fare a me. Tu prendi i piatti.», ordinò la madre prendendo a cuocere la carne al suo posto.

L'uomo ubbidì e andò a prendere i piatti che avevamo appoggiato su una bara insieme alle posate e i bicchieri.

«Aspettate, quasi mi dimenticavo!», esclamò Sarino balzando in piedi.

Sparì di nuovo in casa per una decina di minuti, e quando risalì si stava portando dietro una grossa bottiglia dal dubbio contenuto.

«Cosa c'è lì dentro?», domandai curiosa.

«Stellafrizzante.»

«È un'altra delle parole che hai inventato tu, come Mangiafate?»

«È una bevanda che ho creato io. Prendi dell'acqua, uniscila allo sciroppo che preferisci e riempi tutto di brillantini commestibili a forma di stellina.»

«Quindi è succo più colorato?», chiese conferma Nihil.
«Esattamente.», rispose Louis mentre mi portava un piatto di carne.

«A che gusto è?», domandai.
«Alcol.»

«Non avresti qualcosa di meno... alcolico?», chiesi.

«Sei grande abbastanza per bere.», rispose il vecchio ridacchiando.
«Ho sedici anni.»

«Tu hai cosa?!», esclamò Giusy voltandosi verso di me con espressione sconvolta.

«Mi sa che sei la più piccola qui. Io ne ho diciotto.», osservò Nihil.
«Io dovrei avere quindici anni.», disse Co.

«Non sai neanche la tua età?»
«Non avevo nessuno che tenesse il conto.», rispose lei alzando le spalle.

«E io che volevo farti sposare subito mio figlio.», continuò sconsolata la signora Additif.

«Come, scusi?», domandai fermando a mezz'aria la forchetta.

«Non lo avrei mai permesso.», mise in chiaro Louis sedendosi sulla bara vicino a me.

«Ti avrei drogato e portato a forza sull'altare.», continuò la madre riaggiustandosi gli occhiali sul naso.

«Vedi con chi mi tocca essere imparentato. È una pazza, vuole farci mettere insieme!», esclamò lui rivolto verso di me.

«Voglio proprio una nuora come te. I vostri figli erediterebbero i tuoi occhi e i suoi capelli. Ti trasferiresti da noi e verresti a lavorare come manichino nel negozio.»

«Quanti anni hai?», chiese Nihil a Louis interrompendo la donna.

«Trentotto», rispose portandosi il bicchiere alla bocca.

«Lui l'ho partorito a vent'anni, l'altro a sedici. Li ho tenuti nascosti finché i genitori di lui non ci hanno dato il permesso di sposarci.»

«Ha cinquantotto anni?», domandò Nihil, quando ancora io stavo facendo il calcolo.

«Non si chiede l'età a una signora.», rispose la donna che portava male gli anni.

«Mi dispiace, ma io non penso di voler sposare suo figlio. Se vuole posso comunque venire ad aiutarla in negozio quando ha bisogno.», proposi.

«Sentito tua nipote, mi viene ad aiutare quando sarò sul letto di morte. Com'è gentile.», disse Giusy all'anziano che sedeva a fianco a lei.

Sperai fosse sarcasmo e che la signora stesse in vita ancora per molto, ma per sicurezza diedi un'occhiata a Louis per vedere come reagiva.
Era tranquillamente impegnato a tagliare la carne tenendo il piatto sulle ginocchia. Questo mi calmò.

Co, seduta con Nihil sull'ultima bara rimasta, si alzò per cercare altra carne e sotto lo sguardo di tutti prese a mangiarsi quella ancora cruda.
A noi la cosa non diede fastidio, c'eravamo abituati ormai, ma al contrario qualcuno nell'albergo gridò: «Che schifo!»

Lolly decise proprio in quel momento di affacciarsi alla finestra più vicina al nostro terrazzo. Non aveva affatto un'espressione felice in volto. Sembrava particolarmente infastidita da qualcosa, ma sicuro tutta la rabbia che provava era diretta verso di noi.
Estrasse un megafono e prese a parlare.

«Smettete subito questa buffonata, state spaventando i miei clienti!»

«Che vadano a farsi fottere!», le urlò contro Co.

Nihil la guardò, meravigliata dallo scurrile linguaggio appena utilizzato dalla sua compagna.
Anch'io fui stupita, ma più che dal fatto che la ragazza conoscesse quella parola, molto pronunciata dai soldati, lo fui perché credetti che lei ne avesse davvero compreso il significato. Il fatto mi fu confermato dal dito medio che stava puntando verso la donna vestita di rosa.

«Se smettiamo ci lascerà stare in pace?» domandai.

«Quello che volete, ma scendete subito da lì!», gridò Lolly esasperata.

Avevamo vinto.

Louis e Giusy ci aiutarono a riportare di nuovo tutto in casa. La signora non fu esattamente molto di aiuto, calcolando il tempo che ci mise a scendere una sola volta dalla scala. Suo figlio invece era un po' goffo nei movimenti a causa del vestito e le scarpette, ma si rese utile.

Ci salutammo.
Nihil si fermò fino a tardo pomeriggio, ma fu poi costretta ad andarsene per poter arrivare in tempo a casa per l'ora di cena.

«Perché non rimani a dormire qui qualche volta?», proposi.

«Mia madre non me lo lascerebbe mai fare. I miei sono molto restrittivi, non so come potrebbero reagire se scoprissero che frequento gente come voi, senza offesa.»

«Nessun problema, so di non essere il tipo di persona che qualcuno vorrebbe avere intorno.»

«Io voglio essere tua amica. Oggi mi sono molto divertita con voi, rifacciamolo ogni tanto.», salutò uscendo dal locale.

La mattina dopo mi sarei ritrovata a pensare che sarebbe stato meglioinsistere di più e lasciarla rimanere lì tutta la notte.





Angolo autore ☆

Ed è arrivato a questo punto che realizzo che la protagonista diventerà una cantante e che ho bisogno di testi musicali perché ormai ne ho riportati alcuni durante la storia e che fai non ne dai uno alla protagonista? Quindi recupero vecchie canzoni che scrivevo per una band che non è durata e li riporto qui.

Commentate e ditemi se vi è piaciuto. In caso contrario fatemi pure notare dove ho fatto errori o come potrei migliorare questo capitolo.

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