13. Asso di picche
«Il pegno è la vita?», domandai con un filo di voce.
«Farai meglio a rinunciare. Non sprecare qualcosa di così prezioso per chi non lo merita.», mi ammonì Gitan, riabbassando gli occhi sulla scrivania.
«Merita? Credi davvero di sapere se lui merita o meno di rimanere in vita?», esclamai prendendo le difese di Sarino.
«Io non credo, lo so per certo.», rispose freddamente. «Quell'uomo non dovrebbe poter respirare ancora la nostra stessa aria.»
«"Quell'uomo" è l'unica persona che mi abbia mai visto come qualcuno di importante.»
«Ti avrebbe abbandonato alla prima occasione o sfruttato per ottenere più potere.», ribatté alzando i chiari occhi al soffitto.
«No, non è vero! Tu non lo conosci. Non è quel tipo di persona, non si approfitterebbe mai di nessuno. Lui è buono.»
«Buono? Credi davvero ancora nella favola del buono e del cattivo?», domandò ridacchiando. «Non esistono queste cose. Non te l'hanno insegnato? Le persone sono tutte uguali, nel momento in cui ottengono ciò che desiderano si mostrano per quello che sono realmente. Esseri umani.»
«Sarino non cerca il potere, vuole solo vivere tranquillamente la sua vita in quel ristorante. Quindi, almeno lui, lascialo andare.», supplicai.
«Lasciarlo andare? Mai.»
«Senti, non so cosa abbia fatto per meritarsi questo, ma se è una vendetta che vuoi allora rivolgila a me.»
«No», rispose secco l'uomo.
«Io non ho nessuna ragione per vivere. Non ho una famiglia, una casa o degli amici. Ho solo un lavoro, ma se uccidi lui non avrò più neanche quello.», continuai.
«Quindi per te la vita è questo?»
«Non ho interessi e passioni, sogni per il futuro o aspirazioni. Sono qui solo perché non ho niente di meglio da fare. Non ho mai pensato a cosa farò il giorno dopo. In verità io non ricordo di aver mai davvero pensato a qualcosa.»
«Queste sarebbero le ragioni che dovrebbero convincermi a non uccidere quell'essere?», domandò scettico.
«Non c'è altro. Qual è la ragione del perché lui dovrebbe morire?»
«Ha firmato un contratto. Precisamente questo qua.», disse volgendo nella mia direzione il foglio che fino ad ora stringeva tra le mani.
Allungai dei passi verso quel bianco foglio con poche e chiare scritte. Per raggiungerlo dovetti prima superare il carrello con il cibo che fece aumentare la saliva nella mia bocca, e poi tirarmi su con le punte per raggiungere vagamente l'altezza della scrivania.
"Con questo accordo Sarino Biancopale, ex re del Regno di Traum e proprietario della Die House, rinuncia a tutte le sue proprietà e poteri acquisiti ricevendo in cambio la possibilità di vivere una vita in completa solitudine. Il seguente, Gitan Akeldamà, eredita la sua fortuna e si impegna a rispettare le volontà dell'altra parte. In caso di infrazione dell'accordo qui stabilito sarà pagato un risarcimento con la vita."
Alla fine di esso potevo ben leggere la firma di entrambi gli uomini.
Per un attimo credetti di aver letto male, ma su quel foglio c'era proprio scritto "proprietario della Die House".
«Sarino lavorava qui?»
Gitan annuì e riportò il foglio sulla scrivania.
«Quell'uomo era il mio capo. Ha iniziato ad assegnare le carte alle persone, creando una gerarchia di cui lui era il vertice.», prese a raccontare. «Il re di fiori... Che presuntuoso. Adesso è l'asso di picche.»
«Qual è il senso di usare le carte?», domandai senza alcuna ragione.
«Non esiste nessun senso, forse lui lo trovava divertente. Lo tengo solo per comodità. In questo caso mi ha anche aiutato a rintracciarti, ho informazioni su tutti i miei sottoposti. Credevi davvero che non mi sarei accorto della tua intrusione? Nel momento stesso in cui hai varcato la soglia mi hanno avvisato della tua presenza e ti ho fatto osservare.», mi mise al corrente l'uomo. «Ho già mandato un gruppo a prelevare i tuoi amici al negozio. Ricorda, io so tutto quello che succede in questa città.»
«Come sai di loro?»
«Ho fatto seguire quella ragazza di Inkland. Pensavi davvero che sarebbe stato così facile nasconderla?», ridacchiò. «Come si chiamava... Cobalto?»
«Co.», lo corressi.
«Questa volta ci assicureremo che non possa più scappare.», concluse.
«Lei non c'entra niente in tutto questo, e neanche gli altri!», urlai.
«Res, Co, Gitan, S... Quell'uomo è troppo bravo ad attirare a sé le persone.», commentò a bassa voce.
«Che cosa vuoi da me?»
«Farti aprire gli occhi.», rispose. «Non dovresti fidarti così facilmente delle persone. In special modo di soggetti come lui.»
«Dovresti essere felice di tutto il potere che hai ora che sei il capo. Potresti chiudere un occhio sulla questione, lasciar perdere, per favore.», cercai di dissuaderlo.
«Lasciar perdere?!», sbraitò perdendo la calma. «Io dovrei dimenticare tutto quello per cui ho vissuto finora solo perché una persona, che si rifiuta di vedere le atrocità che quell'essere ha commesso, me lo chiede per favore?!»
«N-Non ha mai fatto niente di male.», insistetti.
«Non parlare, tu non sai quello che ha fatto. Non eri con lui in guerra, su quel campo bruciato a lottare sui cadaveri delle persone che conoscevi. Non eri con lui quando la polvere si è dissipata e il silenzio è uscito dalla bocca dei morti. Non hai dovuto ricominciare da zero una vita per un suo capriccio, per poi venire lasciato in dietro con le conseguenze del sogno di un altro mentre lui si nascondeva al buio.»
«Non l'ha fatto apposta, sono sicura che se gli dessi una possibilità si scuserebbe per tutto ciò che ha fatto...»
«Non pensavo potesse esistere qualcuno di così ingenuo. Non mi stupisce che abbia deciso di prenderti con sé.», mi interruppe, schiacciando il sigaro nel posacenere.
«Non è la persona che credi.», cercai di spiegargli.
«Da quanto tempo lo conosci? Quattro, cinque giorni? Pretendi di conoscerlo meglio di me che ho passato l'intera vita al suo fianco.», disse riacquistando poi il suo freddo tono di finta comprensione. «Sto cercando di aiutarti a capire che stando con lui non otterrai niente più che delusioni e insoddisfazione.»
«Non ho bisogno del tuo aiuto. Sono qui per salvare Sarino e non ho intenzione di andarmene senza di lui.», tornai ferma nel mio piano iniziale.
«Stai facendo la scelta sbagliata. Guarda questo ufficio, il palazzo, il cibo alle tue spalle. Ricorda cosa lui ha fatto per te e sappi che io potrei offrirti molto di più se tu mi lasciassi la possibilità di farlo.»
Non mi reggevo in piedi, mi ero trascinata fino a lì nonostante il calore che il mio corpo provava, l'assenza di nutrienti nell'organismo e l'ansia che mi irrigidiva le ossa.
Aveva già la vittoria in pugno e lo sapeva. Nessuno avrebbe potuto biasimarmi a questo punto se fossi caduta a terra senza forze su quel morbido tappeto rosso.
«Tieni questa. Cambiala con quella che hai già.», disse facendo ricadere il piccolo oggetto dorato nelle mie mani.
La spilletta luccicò tra le dita bianche della mia mano, mostrando l'asso di fiori. Aveva vinto.
«Avevo intenzione di assegnarti la donna di fiori, ma a questo punto non penso gradiresti.», continuò l'uomo. «Discuteremo del tuo ruolo più tardi. Va a metterti su quella sedia e lasciami finire di lavorare.»
Aveva davvero avuto la vittoria su di me, non dovevo più preoccuparmi di fare una decisione perché aveva già fatto tutto da solo.
Strinsi con forza la spilletta, era così dura che sentivo il palmo andarmi a fuoco.
«Hai sentito cosa ti ho detto? Siediti, stai tremando.», ordinò Gitan.
Ma allora cos'era quella sensazione che sentivo dentro. Non ero riuscita a salvare Sarino e sapevo che nessun'altro avrebbe combattuto in suo favore. Non riuscivo a dimenticare il male che mi aveva inavvertitamente fatto in quei pochi giorni di conoscenza, ma nonostante questo io... Io...
«È colpa mia se hai portato via Sarino, vero?»
«Una persona che abbandona tutto per la solitudine non ha diritto ad avere compagnia.», rispose il capo del casinò.
«Ma non per questo deve morire.»
«Dammi una ragione, una singola buona ragione che spinga me, l'uomo che ha tutto, a rinunciare alla vendetta che mi spetta. Hai un minuto per pensarci.», disse estraendo un piccolo orologio dal cassetto.
Solo un minuto?! Non ho tempo devo pensare a qualcosa in fretta.
Sarino è un uomo buono, lui mi ha accolto e dato un lavoro quando altri mi ignoravano. Sta rischiando la vita a causa mia, ha persino ospitato Co solo perché gliel'ho chiesto. Dovrebbe essere semplice trovare una ragione del perché quell'uomo debba continuare a vivere, ma allora perché non me ne viene in mente nessuna. Forse è davvero perché non conosco niente sul suo passato.
Cosa sapevo di Sarino?
1. Vive da solo in una grossa casa dove costruisce bare per i morti.
2. Il suo sogno è quello di avere un ristorante per cucinare ogni tipo di cibo.
3. Gli piace lo zucchero.
4. Non ha molti amici, e quelli che ha non credo lo sopportino molto.
5. Sarino era il re di questo regno, il padre dell'unica persona che mi abbia mai dato affetto.
Chissà come dev'essersi sentito lui alla morte della regina Diana. Aveva cominciato un'altra vita dopo la guerra, quindi forse non gli importava molto di lei, ma qualcosa mi diceva che era per quello che aveva abbandonato il casinò.
Aveva aperto il ristorante cinque anni prima, cinque anni fa la regina era morta, cinque anni che io non avevo più nessuno. Non sono così stupida da non riuscire a capire le ragioni che lo abbiano portato dov'è ora.
Faccio fatica a tenere dritte le mie gambe, voglio sdraiarmi a terra. Il viso è stanco, voglio chiudere gli occhi. Lo stomaco è vuoto, voglio mangiare.
«Il tempo è finito.», mi fece presente Gitan. «Hai la risposta?»
«Perché non l'hai ancora ucciso? Perché esiti rimandando al giorno dopo la sua morte?», domandai con poca sicurezza. «Non hai lasciato che io arrivassi fino a qui solo per fare un inutile conversazione. Cerchi una ragione per non doverlo uccidere?»
«Tu ce l'avresti?», chiese.
«Se... Se lo condanni a morte sarai solo. Tu non vuoi rimanere solo, giusto?»
«Io sono già solo, e mi va bene così. Il potere è più importante se è solo una persona a tenerlo.», sviò la questione.
«Non vuoi rinunciare alla vendetta per essere stato lasciato indietro, ma in fondo ci tieni a lui e non vuoi che muoia.», insistetti.
«Non fraintendere. Io non provo niente più che odio per quell'uomo, ma trovo che la morte non sia abbastanza crudele come punizione.»
«Allora uccidi me. Vuoi farlo soffrire, no?», proposi per la seconda volta.
«Anche se davvero lui tenesse a te ucciderti non avrebbe senso, potresti rivelarti più utile da viva, principessa.»
Le gambe si mossero da sole, e senza rendermene conto salii la rampa per raggiungerlo dietro la scrivania.
Al di là della grande vetrata potevo vedere l'intera città immersa delle luci accecanti dei negozi. Il sole era sparito quasi del tutto dietro i palazzi, facendo posto alla bianca luna.
Il capo del casinò studiò interessato i miei spostamenti, seguendomi con i suoi verdi occhi fino a quando raggiunsi la sua altezza. Temetti in ogni momento che potesse estrarre una lucida pistola dal cassetto, ma si limitò a voltarsi verso di me. Aveva da poco spento il sigaro e l'odore lo avvolgeva ancora.
«Stringi un accordo con me.», dissi raccogliendo tutto il coraggio che mi rimaneva.
«La cosa si fa interessante. Cosa puoi offrire?», domandò con un sorriso divertito in volto.
«Chiedo che il patto tra te e Sarino venga annullato, in cambio... In cambio avrai il controllo della mia vita. Cioè, lo so che non è molto, ma non ho altro da offrirti.»
L'uomo mi osservò per qualche secondo, poi rise ed estrasse un foglio su cui riportò con chiara grafia le mie parole.
«Abbiamo un accordo.», disse porgendomi il foglio da firmare.
Esitai. Sapevo che dopo aver firmato quel pezzetto di carta non avrei avuto più alcun diritto di decisione. Sarei stata costretta a ubbidire a qualsiasi ordine, e accettare tutto in silenzio.
Non sono il tipo di persona che rompe gli accordi, specialmente se c'è in ballo la vita di qualcun'altro.
La mia firma era semplicemente il mio nome per intero, Teresa Pietrazzurra. Non sapevo se firmando con "Res" il patto sarebbe stato comunque valido non essendo il nome con cui ero stata registrata.
«Ecco fatto.», disse Gitan togliendomi di mano la penna. «Ti do il benvenuto nella tua nuova vita.»
Senza che potessi fare niente per impedirlo le mie gambe scivolarono senza forze a terra e persi i sensi.
☆Commentate e ditemi se vi è piaciuto. In caso contrario fatemi pure notare dove ho fatto errori o come potrei migliorare questo capitolo.☆
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