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Thomas: un dono inaspettato


"Io sono un guerriero/ veglio quando è notte/ ti difenderò da incubi e tristezze/ ti riparerò da inganni e maldicenze/ (...) ti darò certezze contro le paure(...)/ non temere nulla io sarò al tuo fianco/con il mio mantello asciugherò il tuo pianto"

-"Guerriero"

L'artefice dell'acqua non aveva smesso nemmeno per un secondo di pensare alla proposta che gli aveva fatto Woka, sarebbe stato ragionevole accettarla, ma nulla gli garantiva che l'artefice di Seita avrebbe rispettato i patti, senza contare che avrebbe potuto trovare una via di fuga da solo grazie al mantello.

Quella mattina la neve cadeva fitta su Ahir Zimenia, non era certo una novità, nevicava sempre. Thomas cominciava a trovare monotone quelle condizioni metereologiche. Si diresse verso la sala dei consigli e volontariamente indossò la sua corona d'argento, desiderava godersi quegli attimi di superiorità che il suo titolo gli conferiva e poi voleva che Neear la vedesse ancora una volta sul suo capo, a ricordargli che lui era stato incoronato re, che deteneva ancora un po' di libertà.

"Buongiorno, mio principe" disse Neear con voce gelida, a Thomas parve di udire una nota di sarcasmo.

"Buongiorno, quali sono i nostri piani per oggi?" chiese arrivando dritto al punto.

"Non abbiamo ancora individuato l'erede, ma abbiamo indebolito le roccaforti dei ribelli" rispose uno zimeniano.

"L'erede salirà sul trono a giorni, a me sembra che stiate procedendo con troppa cautela" sentenziò Neear con stizza.

"Avete attaccato tutti gli avamposti di cui eravate a conoscenza in un colpo solo, mi è sembrata una mossa quantomeno avventata" disse Thomas con voce salda. Neear gli rivolse uno sguardo indecifrabile, i due minuscoli pallini luminosi che brillavano nel suo cappuccio buio ebbero un fremito. L'artefice dell'acqua rabbrividì, ma cercò di non mostrarsi intimidito e sedette con tutta la dignità che riuscì a mostrare.

"Che cosa facciamo?" chiese qualcuno. Neear giocherellò con un lembo del cappuccio, assolto nei suoi pensieri. Stava meditando, Thomas riusciva quasi a immaginare i suoi occhi chiusi e la sua espressione assorta, poi emise quello che poteva somigliare a un ghigno e disse: "Attacchiamo a sorpresa" tutti si guardarono perplessi, Thomas inarcò un sopracciglio.

"Ci abbiamo già provato" obiettò qualcuno.

"Giusto, ma se lo facessimo apparentemente a casaccio? Ora i ribelli si aspettano che facciamo di tutto per uccidere l'erede che hanno scelto, quindi l'incoronazione sarà sorvegliata e protetta benissimo, tentare di aggredire l'erede quel giorno sarebbe una mossa inutile, ma noi li inganneremo. Manderò Jetu a spiarli e fingeremo di attaccare il luogo designato per l'incoronazione, poi lasceremo che le cose si svolgano tranquillamente per qualche tempo, li lasceremo prendere fiducia e infine, una volta individuato un punto debole tra le maglie della loro rete, attaccheremo e faremo quanti più prigionieri possibile"

"Ma a che scopo?" chiese Thomas vedendo Neear animarsi mentre costruiva il suo piano.

"I prigionieri sono sempre utili: se vengono rilasciati possono raccontare ai loro alleati ciò che gli si fa credere su di noi, se vengono uccisi possono fungere da monito e se vengono tenuti in vita possono essere usati come ostaggi" l'artefice dell'acqua ebbe un brivido, la logica di Neear era sciolta e spietata, la sua mente fredda e calcolatrice, si addiceva a un assassino.

"Mi sembra un ottimo piano, mi signore" disse uno zimeniano.

"Dunque ora bisogna solo inviare lo spirito delle illusioni in missione e preparare le truppe" gli fece eco un altro. Neear ridacchiò: "Esattamente"

"Sarebbe utile capire con chi abbiamo a che fare quando parliamo di attaccare i ribelli" disse qualcuno. Tutti gli zimeniani che circondavano quello che aveva parlato lo guardarono, quello proseguì: "Potremmo farci un'idea su chi siano gli alleati dei ribelli, potrebbero essere potenti, magari potremmo persino provare a far passare qualcuno dalla nostra parte, procurare delle spie..." Neear lo osservò meditabondo.

"Non hai tutti i torti, potrebbe essere una tattica intelligente. Si rivolse al ragazzo: "Thomas, mio principe, potresti essere un'esca succulenta per loro" l'artefice dell'acqua sentì un nodo occludergli la gola.

"In che senso?"

"Potresti fingerti pentito e fargli credere di essere diventato una spia, passare loro informazioni false su di noi e aggiornarci dall'interno sulla loro situazione" disse lo zimeniano che aveva parlato prima.

"Non si fidano più di me" fu doloroso pronunciare quelle parole. "E anche se lo facessero, da un momento all'altro i ribelli sapranno che sono stato nominato principe e, ai loro occhi, diventerei l'antagonista dell'erede" continuò.

"Non se fingi di essere loro alleato, di voler cedere il passo al loro erede" insistè lo zimeniano.

"No, il ragazzo ha ragione" disse Neear. "Lui è la nostra facciata, in fin dei conti deve fungere da amministratore diplomatico, ci serve qualcuno che tratti coi nostri alleati, si faccia partecipe delle questioni politiche, anzi, credo che una visita ad alcuni luoghi sarebbe opportuna"

"Intendi una sorta di propaganda?" chiese Thomas.

"Qualcosa del genere"

Il consiglio si sciolse e il ragazzo se ne andò, Jetu venne mandata a visitare le roccaforti che i ribelli stavano ricostruendo e con lei uno stormo di corvi grossi come poiane. L'artefice dell'acqua li osservò allontanarsi malinconico dal balcone dei suoi appartamenti, il turbinio freddo del vento gli sferzava il viso e gli agitava i capelli, giocherellò col suo anello e guardò lo stormo rimpicciolirsi sempre di più fino a sparire tra le nuvole plumbee.

Fece un lungo sospiro e l'aria gelida gli fece male alle narici, stava per voltarsi ed entrare ad accendere il camino quando una mano si posò sulla sua spalla.

"Hai pensato alla mia proposta, principe?" chiese una voce nota.

"Si, ma non so ancora se accettare" il ragazzo si morse il labbro nel tentativo di fare un bilancio: accettare l'iniziativa di Woka così frettolosamente pregiudicava la scoperta di una via di fuga alternativa, magari l'artefice del fuoco desiderava fare con lui un patto vincolante, senza contare che non aveva alcuna garanzia di fedeltà da parte di quell'uomo.

"Facciamo così" iniziò il ragazzo. "Quando mi sentirò in pericolo te lo comunicherò e tu mi spiegherai come fuggire, solo allora ti darò il mantello"

"Sei astuto, mio principe" le labbra di Woka si aprirono in un ghigno.

"Va bene, accetto queste condizioni" gli tese la mano e Thomas la prese con riluttanza, avvertì una certa tensione nel toccare di nuovo le dita che l'avevano ferito, la stretta di Woka fu energica, quasi brutale.

"Devi avere un bisogno disperato di quell'oggetto se vieni a trattare con me" disse l'artefice dell'acqua.

"E tu una profonda sfiducia nel tuo destino" rispose, gettò uno sguardo avido alla sua corona d'argento e si morse il labbro.

"Ho qualcosa per te, mio principe, per riguadagnarmi la tua fiducia" un lampo di curiosità e di perplessità attraversò i lucenti occhi azzurri del ragazzo, sollevò leggermente il mento e chiese: "Che cosa?"

Dopo un momento di esitazione le labbra di Woka si piegarono in un ghigno, probabilmente un tentativo di sorriso.

"Immagino che tu ti senta molto solo in questa grande reggia nera" disse facendo un cenno verso la porta. Thomas si voltò per guardare chi o cosa stesse entrando nella sua stanza. "Credo che un po' di compagnia ti farà molto bene, lui è al tuo completo servizio" continuò Woka. Un giovane dalla carnagione ambrata fece il suo ingresso nella stanza, il poveretto era vestito di stracci, tremava di freddo e attorno ai suoi polsi tintinnava una lunga catena, tuttavia nemmeno le angherie della prigionia erano state in grado di cancellare la sua dolce bellezza. I capelli neri di modesta lunghezza erano sciolti sulle sue spalle, tra le ciocche molteplici fiocchi di neve candidi luccicavano impigliati, i suoi occhi a mandorla mandavano lampi, anche se da una distanza così ampia era difficile per Thomas determinarne il colore. Batteva i denti bianchi come mandorle per il freddo contraendo il viso allungato in una smorfia di sofferenza.

"Lui è il tuo schiavo, fai di lui ciò che vuoi" disse Woka uscendo dalla stanza, il ragazzo dalla pelle ambrata guardò Woka con odio e poi l'artefice dell'acqua con altrettanto astio. Thomas restò per qualche istante immobile come una statua di sale, non era preparato a un "dono" del genere, guardò l'altro ragazzo nella confusione più totale, poi fece la cosa che gli venne più naturale.

"Oh, perdonami, davvero non sapevo che avesse intenzione di affidarti a me" disse con il tono più gentile e costernato che potè, si precipitò a sciogliere le catene che legavano il giovane e a farlo accomodare davanti al camino perché si scaldasse. Mentre lo aiutava il suo cuore si colmò di disprezzo nei confronti di Woka, egli era certamente l'uomo più spregevole che avesse mai incontrato in tutta la sua vita.

"Come ti chiami? Da dove vieni?" gli chiese avvolgendolo in una coperta asciutta. Il ragazzo appariva evidentemente spiazzato, non si aspettava certamente un trattamento tanto gentile: chissà quali angherie aveva dovuto subire. Dopo un momento di esitazione le sue labbra si schiusero in un suono melodioso.

"Danai" disse, Thomas gli lanciò uno sguardo incoraggiante e gli sorrise con dolcezza.

"Il mio nome è Danai, ero parte della tribù Syan, prima che venisse sterminata dagli zimeniani" disse con una nota di mestizia.

"Noi pochi sopravvissuti siamo stati ridotti in schiavitù e venduti ai dignitari più importanti della corte di Neear" i suoi occhi baluginarono alla luce danzante del fuoco, ora Thomas potè finalmente vedere che avevano una tenue colorazione verde-marrone.

"E' terribile" disse Thomas passandosi una mano sul viso, gli appoggiò timidamente una mano sulla spalla, Danai dapprima ebbe uno scatto e si ritrasse nervosamente, poi capì che quel contatto voleva essere rassicurante.

"Mi dispiace infinitamente per quello che è successo al tuo popolo, sapevo che Neear era in grado di fare cose spregevoli ma non lo credevo capace di tanto" Danai lanciò un'occhiata perplessa alla sua corona, per poi riportare gli occhi sul viso di Thomas.

"Oh" disse il principe i Ahir Zimenia prendendo in mano il diadema, se lo rigirò tra le mani osservando i lumi delle fiamme agitarsi sulla superficie argentata.

"Sono stato incoronato da Neear principe di questo luogo, ma vorrei non aver avuto mai nulla a che fare con questa gente, una volta ero dalla parte dei ribelli" un nodo gli serrò la gola. Capì che Danai avrebbe voluto fargli numerose domande, il suo volto era acceso di curiosità, ma probabilmente nutriva ancora timore nei suoi confronti, dopotutto gli era stato imposto di considerarsi uno schiavo, meno di un oggetto, non poteva avere l'ardire di porre domande.

"Ho conosciuto il tuo popolo, Danai, ho persino partecipato ai riti della sera dei Syan, dopo aver attraversato il turbolento stretto di Danesh. Temur, il vostro capo, era un uomo molto coraggioso" un'ombra offuscò il viso di entrambi, sentirono il peso del mondo gravare sulle spalle. Thomas riprese dopo un istante di silenzio: "Sono passato al servizio di Neear per proteggere i miei amici, non passa giorno senza che io senta la loro mancanza" si lasciò andare in un sospiro profondo. "Ma questo era l'unico modo che avevo per salvarli da lui" Danai gli lanciò uno sguardo sospettoso.

"Puoi fidarti di quello che dico, non avrei motivo di mentirti" si voltò e gli sorrise dolcemente. "Suppongo che ora possiamo tentare di essere amici"

"A-amici?" disse Danai più che mai stupito.

"Naturalmente, per me tu non sei mai stato uno schiavo e mai lo sarai, noi siamo esattamente pari" gli occhi del giovane Syan brillarono e mille emozioni lampeggiarono nelle sue iridi, sollievo, gioia, tenerezza, gratitudine...

"Ora ti prendo degli abiti asciutti e che ti tengano al caldo, se lo desideri puoi fare un bagno" disse Thomas aprendo l'armadio.

"Io non so davvero come ringraziarti, principe, nessuno da quando Temur è caduto è mai stato così..." Danai si interruppe un istante. "Umano nei miei confronti"

"Gli uomini sanno essere davvero crudeli" rispose Thomas porgendogli dei vestiti e facendogli strada verso il bagno.

"L'unica cosa che ti chiederò sarà di chiamarmi Thomas, per favore, l'appellativo di principe lo usano solo gli uomini di rango inferiore al mio" gli strizzò l'occhio, era pieno di contentezza per aver finalmente trovato una presenza amichevole all'interno di quel regno così ostile. Diverse volte si era sorpreso a desiderare la compagnia di Jetu, perché, per quanto irritante, era l'unica creatura che proiettasse su di lui un briciolo di bontà. Si passò una mano sul viso e chiuse la porta del bagno. Sperò che lo spirito delle illusioni tornasse presto: desiderava che riportasse ciò che aveva visto in modo da poter carpire qualche informazione sui suoi amici, inoltre voleva conoscere il nome dell'erede e capire cosa stavano facendo i ribelli.

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