Jacqueline: ritorno a Edomen
"A queen always turns pain into power"
Ancora non ci credeva, non voleva crederci. Dentro di lei le emozioni si stavano dando battaglia, lacerandola. Combattendo contro Neear non si sentiva coraggiosa, era colma di rabbia, delusione e tristezza, nemmeno il disprezzo per il malvagio poteva attenuare il suo livore. Le fiamme del Cerchio l'avvolsero lasciando emergere solo la sua testa. Non appena Jacqueline vide Jona tornare dal suo inseguimento e lesse nei suoi occhi una rabbia profonda e decise che era venuto il momento di prendere in mano la situazione.
"Neear" disse rivolgendosi all'essere che la sovrastava "Ora noi ce ne andremo, non cercare di impedircelo se non vuoi che ci lasciamo dietro una scia di morti. Ci affronteremo in una guerra leale, come nemici. Perché io, Jacqueline Poudlard, figlia di Mitre, signora di Bellum, artefice del fuoco, dominatrice del Cerchio e probabilmente ultima dei Guerrieri di Fiamma ti dichiaro guerra e non avrò pace finchè non vedrò sulla terra di Auriah scorrere il tuo sangue e finchè non vedrò tutte le ferite che hai provocato venire risanate.
Vendicherò mia madre, che hai ucciso in modo ignobile, il legittimo re Caesaar, i gentili Syan, Seita, Keya, il popolo delle Terre Oltre il Fiume e tutti i padri di Auriah che hanno abitato questa reggia. Sentirai ancora parlare di noi Neear perché bruceremo sempre, ma non ci spegneremo mai!" dopo aver pronunciato quelle parole con fierezza e orgoglio, Jacqueline fece un cenno ai suoi compagni e le fiamme che la circondarono tornarono ad avvolgerle il capo come in un'aureola ardente. Henry con un fischio richiamò i cavalli alati esaminando la ragazza con uno sguardo pieno di orgoglio. Era fiero di lei come un padre che vede crescere una figlia, non aveva più dubbi, non c'era persona in tutto Auriah che fosse adatta quanto lei a esserne la guida.
"MI ricorderò di voi, Jacqueline, perché io, Neear, oscurità in persona vi ucciderò tutti. Vi condurrò al mio cospetto in catene e sarete costretti a giurarmi fedeltà prima di morire. Il tuo immenso potere mi servirà per diventare il sovrano di Auriah più potente di sempre!" disse Neear con voce malvagia, accompagnando e sue ultime parole con una risata terrificante.
"Andatevene dal mio dominio, vi perseguiterò per sempre nei vostri incubi"
Jacqueline, livida di rabbia, piantò con forza la sua ekèndal a terra e lasciò che le sue fiamme avvolgessero ogni cosa. Poi, ordinando al suo fuoco di non toccare i suoi amici, corse con loro verso l'uscita.
Quando furono sui cavalli, al sicuro, Jacqueline sputò in direzione di Ahir Zimenia e borbottò alcuni insulti.
"Dove andremo adesso, Henry?" chiese Elija perplesso.
"Non lo so, amico mio, ma vi ringrazio per essere venuti a soccorrerci" rispose mestamente l'artefice dell'aria.
"Covavamo una serpe in seno" sentenziò Jona con cattiveria. Jacqueline rimase in silenzio e si asciugò una lacrima, poi, colta da un dubbio orrendo chiese:"Ricordate che mantello aveva Thomas?"
"Quello di Keya credo, perché" rispose Elija. Fu come se una freccia l'avesse trafitta.
"Perché è maledetto"
Dopo quelle parole anche Henry ricordò cosa aveva detto loro la ninfa, tuttavia lui era riuscito a salvare solo due dei Mantelli dell' Invisibilità. Sconvolto si portò una mano alla bocca e disse: "Questo vuol dire..."
"Che il traditore è maledetto" concluse per lui Jona.
Nel petto di Jacqueline si agitavano sentimenti cupi che la portarono a una conclusione.
"Torniamo a Edomen, la guerra comincerà da lì, dobbiamo avvertire Nenja , chiederle di inviare delle truppe e dislocarle nel regno, lo stesso dobbiamo fare con Danesh" disse risoluta "Appena arriveremo spedirò una lettera a mia sorella Elsha per comunicarle che il conflitto è cominciato, anche se eravamo già in guerra con Neear, ora gliel'abbiamo formalmente dichiarata"
"Mi sembrano delle idee ragionevoli, tuttavia propongo di andare di persona dalla Regina delle Nevi, una lettera potrebbe essere intercettata o perduta lungo il suo percorso" aggiunse Henry.
"Ma così allungheremmo la strada e correremmo più rischi" constatò Jona. 'Anche questo è vero' pensò l'artefice del fuoco che ora non teneva più il cappuccio per coprire le sue fiamme.
"Facciamo così" intervenne Elija "Io e Jona andremo da Elsha e le spiegheremo la situazione, le chiederemo di allearsi con noi e di essere al fianco della sorella in questa guerra, saremo i tuoi messaggeri, Jacqueline" nonostante desiderasse più di ogni altra cosa abbracciare la sorella, la ragazza acconsentì a malincuore.
"Chiedete, però, ad Hana e Vik di venire con noi a Edomen, e cercate di tornare il prima possibile" Elija e Jona acconsentirono e salutarono i loro amici con la promessa di rivedersi presto.
"Non ti devi abbattere, amica mia, se quello schifoso Giuda ti ha spezzato il cuore, nessuno di noi se lo aspettava. Tuttavia capisco che, se noi abbiamo perso un amico, tu hai perso molto di più" disse Jona con dolcezza, quelle parole ebbero un effetto balsamico e furono gentili come una carezza.
"E' vero, ma sappi che noi saremo sempre al tuo fianco, Jacqueline, perché sei nostra amica e non ti abbandoneremo mai" le fece eco l'artefice della terra.
"Grazie ragazzi, nemmeno io vi abbandonerò mai. Ci vediamo presto, vi voglio molto bene" rispose Jacqueline asciugandosi l'ennesima lacrima.
"Anche noi te ne vogliamo" queste furono le loro ultime parole prima che si congedassero e sparissero nella neve.
Anche quando erano usciti da Ahir Zimenia non aveva mai smesso di nevicare, il cielo era pesante come una cappa di piombo e i cavalli planavano dolcemente tra i fiocchi candidi. Jacqueline aveva freddo, ma non per la neve, aveva freddo nel cuore. A nulla serviva il suo pesante mantello che non faceva che ricordarle l'abbraccio di Thomas. Lungo il tragitto pianse molto, ma al suo fianco c'era sempre Henry che, con affetto paterno, la consolava.
Giunsero a Edomen quando ormai era l'imbrunire, i cavalli volavano molto veloci, avevano superato nuovamente il deserto dorato e avevano proseguito sempre verso Nord. Tuttavia il paesaggio non si presentò come lo ricordava Jacqueline: la foresta di Edomen non era più verde come un tempo, e nemmeno arancio d'autunno, era spoglia e vuota, coperta da un cielo grigio. Il lago dell' Enrya, nel quale era atterrata la prima volta che aveva messo piede nel regno, era ghiacciato.
"Gli spiriti maligni si stanno dando da fare anche qui" notò Henry.
"Presto se ne andranno, non li lasceremo invadere la nostra casa" rispose risoluta Jacqueline. I cavalli atterrarono dolcemente davanti alle porte del castello, i rami spogli degli alberi si allungavano verso il cielo come braccia di scheletri e le foglie secche, coperte di brina, scricchiolavano sotto i loro piedi.
Emmha volò da loro e li accolse.
"Bentornati, immagino che non siate riusciti a sconfiggere Neear" disse mestamente scuotendo le sue ali rosse, unica nota di colore in tutto quel grigio.
"Meglio non parlarne, piuttosto, abbiamo dichiarato guerra all'oscuro e, grazie all'alleanza con le Terre Oltre il Fiume e Danesh, riusciremo a creare diversi avamposti. Edomen sarà il primo" disse Jacqueline.
"I ribelli avevano previsto questa situazione, sono arrivate alcune truppe mentre voi eravate in viaggio, i migliori generali del regno alloggiano qui in attesa di ordini e presto arriveranno anche degli ambasciatori dai regni alleati" rispose Emmha seria. Un attimo dopo acquistò un po' di allegria e disse loro: "Dovete essere stanchissimi, venite dentro, la cena sarà servita tra poco, potrete stare qui tutto il tempo che vorrete...Ma, non vedo Thomas? Gli è capitato qualcosa di male?" concluse allarmata.
A quel punto Jacqueline serrò i denti, lasciò che un paio di lacrime solcassero le sue guance ma si impose di in singhiozzare.
"E' vivo ma lo abbiamo perso, Thomas ci ha traditi"
Emmha era visibilmente dispiaciuta, fece entrare i due artefici stanchi e servì loro la cena, poi, mostrò loro le loro camere. Jacqueline si addormentò non appena la sua testa toccò il cuscino: le emozioni di quella giornata l'avevano sfinita, tuttavia il suo non fu un sonno tranquillo. I suoi incubi erano popolati da mostri, da Zimeniani e dalla faccia di Neear che sghignazzava.
Il giorno seguente fece colazione di buon'ora, Henry le disse che Jona ed Elija li avrebbero raggiunti verso sera, salvo imprevisti, temeva infatti che venissero attaccati durante il viaggio. La ragazza annuì silenziosamente e lanciò uno sguardo fuori dalla finestra, era una giornata ventosa, il cielo plumbeo coperto da pesanti nuvole scure non lasciava penetrare la luce del sole. I rami degli alberi si agitavano nel vento freddo dell'inverno.
Ad un certo punto entrò anche Emmha nella stanza e, trafelata disse: "L'artefice dell'aria e l'artefice della terra sono stati attaccati, uno di loro è ferito e temono di essere sopraffatti!"
"Maledizione!" imprecò Jacqueline, poi aggiunse: "Henry, chiama i cavalli, dobbiamo andare ad aiutarli!"
"Mi dispiace, Jacqueline, ma non credo che sia la scelta giusta, e ti spiegherò il perché: io, Emmha e uno dei più importanti rappresentanti dei ribelli ne abbiamo discusso ieri. Non agitarti, so che potrebbe sembrarti una notizia strana, ma noi crediamo che tu sia la persona perfetta per succedere Caesaar sul trono di Auriah, perciò pensiamo che tu non debba correre il rischio di andare a soccorrere i nostri amici"
Lo aveva detto così in fretta che la ragazza non aveva nemmeno avuto il tempo di respirare, lei? Regina di Auriah? Successione al trono?
"Ma, ma veramente... Io non ho alcuna discendenza da Caesaar e sono troppo giovane, non so cosa voglia dire governare un regno, che come se non bastasse è in guerra, sarebbe una responsabilità enorme!" disse non appena riuscì a rispondere.
"Jacqueline, io ti ho vista ad Ahir Zimenia, hai affrontato senza difficoltà uno degli stregoni più potenti di tutti i tempi, sei coraggiosa, responsabile e molto intelligente. Noi riteniamo che in tutto Auriah non ci sia persona più adatta di te a diventarne la guida"
L'artefice del fuoco balbettò qualcosa di incomprensibile. L'idea di diventare capo dello Stato la spaventava, si trattava di un'incredibile responsabilità, ma anche di un motivo di orgoglio. Pensò che sua madre sarebbe stata molto fiera di lei se avesse preso le redini della situazione.
Henry rincarò la dose: "Ami questo regno quasi più di te stessa, sei saggia, giusta e forte. Non siamo noi ad averti scelta, il destino ti ha scelta, il destino ti ha guidato qui e ha deciso che tu diventerai regina, se lo vorrai..."
Emmha presentò altri argomenti molto validi e convincenti, le disse che con un saldo potere centrale arebbero potuto organizzarsi meglio e vincere la guerra, che non esisteva oppositore di Neear migliore di lei, che con una guida sul trono gli abitanti sarebbero stati più uniti e sicuri e non si sarebbero uniti alle forze oscure...
Alla fine, Jacqueline si videcostretta ad accettare la corona. Aveva molta paura e molti dubbi, ma Auriah era la sua casa e lei avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggerla da Neear, anche diventare il capo assumendosi tutti i rischi che questo comportava.
"Però, mentre noi discutiamo i nostri amici sono in pericolo! Se proprio non volete che io vada di persona a soccorrerli, inviamo almeno una squadra di soldati ad aiutarli"
"In questo castello ci sono i generali migliori di Auriah, basterà mandarne un paio e i vostri amici saranno salvi" disse Emmha.
"Molto bene, allora andiamo" esclamò Jacqueline, Henry non potè trattenere un sorriso di contentezza.
"Sono così fiero di te..." sussurrò poggiandole una mano sulla spalla: "Sarai ricordata come la regina migliore di Auriah, ne sono sicuro"
"Se non morirò in questa guerra" rispose seria la ragazza, l'artefice dell'aria colse un luccichio di paura nei suoi occhi.
"Non morirai"
"Però, vi prego, non datemi subito la corona, non voglio assumermi quest'importante responsabilità così in fretta, penso che sia meglio attendere un po'. Desidero rifletterci e documentarmi suoi miei predecessori, voglio capire bene a cosa sto andando incontro"
"Se questo è ciò che desideri, cercherò di accontentarti" le disse sorridendo e, con affetto paterno, le carezzò la testa.
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