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Jacqueline: non ci sono confini

"Alea iacta est"

-Giulio Cesare

Ixander aprì le labbra in un ampio sorriso, un lampo di tenerezza attraversò i suoi occhi verdissimi.

"Sarà molto difficile distrarti da tutto questo, ma ci possiamo provare" Jacqueline annuì e gettò un'altra occhiata a Jona ed Elija: l'artefice dell'aria si stava rigirando fra le dita una rosa profumata, ne inspirava il profumo ripetutamente mentre guardava la neve luccicare fuori dalla finestra.

"Devo andare" disse Jacqueline, sentì il bisogno impellente di vedere Elsha, Ixander avrebbe voluto venire con lei ma l'artefice del fuoco gli impose di riposare: le ferite non erano ancora del tutto guarite. Mentre la ragazza zigzagava tra le brandine scorse Vik e Hana, i due si stavano occupando della medicazione di un giovane dalla carnagione ambrata gravemente ferito alla gamba destra. Hana si stava occupando di bloccare l'emorragia mentre il cugino faceva forza al paziente e le passava gli strumenti necessari. Erano concentratissimi e lavoravano come un sol uomo, a un certo punto Hana dovette fare un movimento brusco che provocò un dolore insopportabile al ragazzo disteso, il paziene prese a mulinare le mani e istintivamente strinse la mano di Vik mentre gridava per la sofferenza. Nonostante Jacqueline fosse in apprensione per la sorte del ragazzo non potè fare a meno di notare che Vik, nel preciso istante in cui era stato sfiorato da quella mano si era irrigidito come una statua di sale e aveva combattuto per rendere i suoi zigomi color porpora il meno evidenti possibile. Sorrise e decise che sarebbe andata a trovarli in un momento più tranquillo.

I ricordi del suo primo soggiorno nel Regno sul Fiume le riempirono la mente, la fredda e sospettosa accoglienza di Remider, la grandi rivelazione della parentela con la Regina delle Nevi, l'assassinio di Quis e il disprezzo che aveva ricevuto lei stessa in quanto artefice del fuoco. Il Cerchio brillò sul suo capo con delle fiammelle tenui, delicate, Jacqueline chiamò la sua arma. Dopo alcuni minuti di ricerca trovò sua sorella, Elsha era impegnata in una discussione con Henry, Emmha e Niah. Jacqueline notò con sorpresa che la dolce donna che aveva lasciato in lacrime per la morte del marito ora era corazzata nell'armatura lucente dei soldati del Candido Esercito, non appena la videro entrare nella stanza tutti si voltarono verso di lei, Elsha, pur mantenendo sempre il suo atteggiamento regale le sorrise e l'abbracciò affettuosamente. Henry le lanciò uno sguardo preoccupato e Niah la salutò con un profondo inchino.

"Stavamo proprio parlando di te, Jacqueline" disse l'artefice dell'aria.

"Ixander mi ha detto che pensa ci sia una spia...Ma di questo ci importa fino a un certo punto" Henry volse lo sguardo sul pavimento intarsiato dai raggi solari dorati del tramonto.

"Cosa succede?" chiese l'artefice del fuoco, non capiva il motivo di tutta quella preoccupazione, dimenticò di contenere la sua focosa tensione in quel regno di ghiaccio e lasciò che il Cerchio avvampasse.

"Riteniamo che sia opportuno comunicarti tutto al consiglio di guerra di questa sera, dopo cena" disse Remider con voce ferma, non si era nemmeno accorta che si trovava lì anche lui, presenza silenziosa costantemente al fianco della sorella. Emmha rincarò la dose agitando le sue ali rossicce: "Saprai tutto a tempo debito, mia cara"

Jacqueline dapprima si sentì molto irritata: era la futura regina, nessuno avrebbe dovuto nasconderle nulla, avrebbe dovuto avere il pieno controllo della situazione. Probabilmente lo stavano facendo solo per proteggerla, ma avrebbe voluto dare a Henry dimostrazione del suo senso di responsabilità e che non aveva bisogno della sua protezione, non era più un'artefice timida e inesperta. Aveva consapevolezza dei propri poteri ed era stata in grado di cavarsela in molte situazioni pericolose, aveva persino sfidato Neear a viso aperto, aveva quantomeno il diritto di essere informata. Come se avesse letto queste parole nel suo sguardo Henry la guardò pieno di dispiacere e la pregò di essere paziente. Davanti agli occhi supplichevoli del suo mentore Jacqueline abbandonò i suoi propositi di guerra e si disse che lo stavano facendo per il suo bene, decise che avrebbe sbollito la rabbia andando a salutare Vik e Hana. Si congedò lanciando uno sguardo freddo ai presenti, per comunicare loro che il suo orgoglio era stato ferito e si voltò per andarsene. Jacqueline non la vide, ma Elsha con un gesto chiese a Remider di andare con lei, per scusarsi.

Il guerriero camminò al suo fianco fino all'infermeria , quando l'artefice del fuoco decise che quel silenzio era diventato troppo imbarazzante gli disse: "Ti ringrazio per avermi convinta ad andarmene stamattina, inizialmente ero arrabbiata, ma ora mi rendo conto che ogni cosa che tu, Elsha ed Henry fate, la fate con l'intenzionedi proteggermi e vi sono grata per questo, dillo anche a loro dopo" Remider si ritrovò un po' spiazzato per quelle parole ma non smise di camminare con lei.

"Lo facciamo perché ti vogliamo bene e perché sei la nostra futura guida, non ti deve succedere quello che abbiamo lasciato succedesse a Caesaar"

"Vi sentite responsabili di questo?"

"Henry è tormentato da un senso di colpa profondo e costante, si maledice in continuazione per non essere stato abbastanza pronto o veloce, molte volte abbiamo provato a dirgli che lui ha fatto tutto il possibile, ma non c'è stato modo di levargli questa terribile zavorra dall'animo. Io e la mia Regina ci sentiamo colpevoli in parte: Caesaar era il nostro vicino, avremmo dovuto aiutare i ribelli da subito anziché arroccarci nel nostro regno, molte vite in più avrebbero potuto essere salvate. Ci siamo barricati nel nostro egoismo, dimenticandoci che i confini non sono altro che linee invisibili che noi stessi abbiamo tracciato per distinguerci da persone uguali a noi a cui però diamo l'appellativo di "altri""

Improvvisamente Jacqueline capì perché Elsha ammirava tanto Remider, era un guerriero fedele e un uomo molto saggio, gli fece un cenno che somigliava a un inchino ed entrò nell'infermeria.

Elija e Jona erano spariti, Vik e Hana erano seduti a riposare in un angolo, Remider seguì un'altra strada. Jacqueline volle informarsi sulla sorte del ragazzo che i due artefici avevano curato.

"Si chiama Alakei, viene dal deserto di Nenja ed è un ambasciatore delle truppe della ninfa, è rimasto ferito durante l'attacco a Edomen nonostante portasse le insegne dell'ambasceria e fosse disarmato" rispose Hana mentre il cugino, al solo sentir nominare il loro paziente si era irrigidito come un pezzo di legno.

"Siamo riusciti a evitare che morisse dissanguato ma la sua gamba è stata irrimediabilmente compromessa, dovrà zoppicare per il resto della sua vita..." aggiunse con dispiacere, Vik disse che era ancora molto debole, ma che presto si sarebbe ripreso-

"Soprattutto perché credo che qualcuno avrà un occhio di riguardo nei suoi confronti" disse scherzosamente Hana dandogli una gomitata. Vik contrasse la mascella, per nulla divertito, e spostò lo sguardo altrove. Jacqueline sorrise, si complimentò con loro e li strinse in un abbraccio.

"Sono così felice di vedervi"

"Anche noi lo siamo, e sappiamo che presto diventerai regina di Auriah" disse Hana sorridente.

"Non abbiamo avuto abbastanza tempo per prepararti un regalo adeguato, ma siamo riusciti a rubare questo dalle cucine" aggiunse Vik porgendole un pasticcino. Jacqueline si intenerì, quel gesto così semplice e pieno di significato la commosse.

"Non avete certo perso smalto" rise l'artefice del fuoco e abbracciò nuovamente i Cugini Dragoni.

"Sarai così impegnata da dimenticarti di mangiare" dissero all'unisono.

"Già" una nota di tristezza suonò nella sua voce, alla vigilia dell'incoronazione si trovava con ingenti perdite e piena di crucci, forse Ixander aveva ragione: non sarebbe riuscita a svuotarsi la mente.

La cena arrivò in un batter d'occhi, ma l'artefice del fuoco non aveva affatto fame. Seduta al fianco di sua sorella giocherellava con il cibo nel piatto mentre il Cerchio scintillava sulla sua testa. Elija e Jona erano seduti accanto a lei, così come Henry, Emmha, Niah, Remider e Hana. Ixander e Vik si erano fermati in infermeria, uno perché era ancora troppo debole per muoversi e l'altro per sincerarsi delle condizioni di benessere di un certo paziente...

Al termine della cena Elsha pronunciò un bellissimo discorso davanti a tutti gli ambasciatori e dignitari.

"Amici di Auriah e ambasciatori delle terre a noi vicine, noi delle Terre oltre il Fiume non potremmo essere più contenti in questo momento di esserci resi utili aiutando i nostri fratelli di Auriah, perché non esiste un "noi" o un "voi", dovremmo perennemente vivere nell'uguaglianza e nella solidarietà del prossimo. Per anni noi abitanti di queste terre abiamo deciso di chiamarci fuori dagli eventi di Auriah, convincendoci che non fossero affari nostri, che dovessimo badare ai nostri problemi senza immischiarci, ma quando Neear ha attaccato pure noi ci siamo resi conto che l'odio non fa distinzioni, la malizia e la malvagità piovono su tutti. Arroccati nei nostri confini ci sentivamo invincibili, ma abbiamo capito che i muri non ci proteggono, ci dividono, ci allontanano gli uni dagli altri, specialmente nelle situazione più difficili, come questa. Molte vite umane sono andate perdute in questa terribile guerra, se ci fossimo schierati prima con Auriah molte di queste sarebbero state risparmiate, invece abbiamo preferito vivere nell'indifferenza, la più letale delle armi. Ora è tardi per piangere sul latte versato, possiamo solo onorare il loro sacrificio e combattere per la memoria dei caduti, hanno fatto un'offerta che non dimenticheremo mai. L'esercito guidato da Neear non porterà mai giustizia, in nessun luogo, solo violenza e fiumi di sangue per dissetare la gola arsa dalla sete di potere di quell'uomo. Nessuno di noi desiderava una guerra, uccidere, seppur per una buona causa, è sempre sbagliato, questo conflitto è tuttavia doveroso, per contrastare Neear dobbiamo ricorrere alle armi, è terribile, ma necessario. Se ci uniremo in questa guerra ne usciremo due volte vincitori, avremo sconfitto l'odio, azzerato ciò che ci divide e avremo la possibilità di ricostruire tutto su giusti principi. E' importante essere uniti e proteggerci a vicenda per raggiungere la pace e la giustizia, grazie di essere qui" Fece una pausa.

"Già da domani il mio Candido esercito si muoverà insieme a quello di Auriah per supportare le altre roccaforti dei ribelli e ricostruire Edomen, il castello sarà il nostro simbolo di rinascita. Inoltre domani daremo a questo regno segnato dalla sofferenza un lume di speranza: mia sorella Jacqueline verrà incoronata regina di Auriah" un fragoroso applauso si accese a tavola.

"Sono fierissima che mia sorella prenda la corona, è la persona giusta per guidare questo regno verso un'era di pace, giustizia e saggezza. Verso un mondo senza disuguaglianze, senza distinzioni o abusi di potere, senza odio. L'alba di domani sorgerà su una terra rinnovata nell'armonia e nell'unione dei nostri popoli contro un nemico che rappresenta tutto ciò che noi ripudiamo. A Jacqueline" tutti levarono i bicchieri in un brindisi e il dolce fu servito.

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