Jacqueline: Ixander
"Ogni attesa ha il sapore dell'eternità"
Jacqueline era in pensiero, il manipolo di generali che Emmha aveva inviato a salvare i suoi amici non era ancora rientrato, ormai era quasi pomeriggio e lei ardeva letteralmente di agitazione. Il Cerchio sulla sua testa dardeggiava nervosamente.
Passeggiava in continuazione davanti a una grande finestra che dava sul cortile interno del castello, il vento si era un po' calmato rispetto a quella mattina ma il cielo era rimasto plumbeo.
"Non disperate altezza, arriveranno tutti sani e salvi" le disse un paggio.
"Lo spero, ma non chiamarmi altezza, non sono ancora la regina di nessuno" rispose l'artefice del fuoco continuando a fissare il cielo.
I migliori generali dell'esercito erano partiti quella mattina stessa, Henry aveva richiamato ancora una volta i cavalli alati i quali avevano generosamente concesso il loro aiuto. Si erano librati in volo ed erano spariti nel grigiore delle nuvole. Tutto quello che lei aveva potuto fare era stato osservare i generali incappucciati partire e sperare che sarebbero tornati presto.
Per un attimo le venne un'idea assurda: avrebbe potuto chiamare un altro cavallo alato e raggiungere i suoi amici, ma non sapeva dove si trovassero né come arrivarci. Richiamò la sua arma e la strinse in mano con fermezza.
Un nodo in gola le impediva di parlare, era tesa come una corda di violino, guardinga come una tigre cacciatrice e nervosa come un fumatore in astinenza.
Il Cerchio fiammeggiava sui suoi capelli con guizzi rossi e arancioni, unica nota di colore nel grigiore della giornata.
Improvvisamente Emmha piombò nella sala come una furia: "Sono arrivati!" esclamò felice. Jacqueline non se lo fece ripetere due volte e, senza nemmeno chiedere dove dovesse andare, schizzò fuori dalla sala come una colomba liberata dalla gabbia. Corse fino al portone e cercò di frizionarsi le braccia per scaldarsi, dimentica del mantello. Un vento fresco e leggero le scuoteva i capelli.
Finalmente, dopo quella che parve un'eternità, il portone si aprì e Jacqueline vide arrivare Jona ed Elija. Stanchi e feriti, trascinavano i piedi e zoppicavano ma avevano un'espressione colma di fierezza dipinta in viso. I loro occhi si illuminarono quando videro l'artefice del fuoco. Le corsero incontro felici e la travolsero con uno dei migliori abbracci che la storia ricordi.
"Missione compiuta, nostra futura regina" disse Elija al settimo cielo.
"Henry ci ha raccontato tutto! Siamo molto orgogliosi di te, Jacqueline!" esclamò Jona.
"Io sono contentissima che stiate bene ragazzi, ero così preoccupata!"
"Se siamo qui quasi interi lo devi ai generali che hai mandato a salvarci, da soli non ce l'avremmo mai fatta" disse Elija sorridendo.
"In particolare quel tipo, senza di lui saremmo certamente morti" aggiunse indicando uno degli uomini appena smontati dai cavalli bianchi.
"In qualità di futura regina ti consiglio di andare a ringraziarlo di persona, oltretutto è molto carino" ridacchiò Jona dandole una gomitata.
"Era quello che avevo intenzione di fare, voi adesso però andare a riposare e a farvi curare" Jacqueline si rabbuiò, ma fu solo per un secondo.
"Agli ordini altezza" scherzò l'artefice della terra mentre un vento leggero scuoteva un dolce bucaneve spuntato ai suoi piedi.
"Ah! Quasi dimenticavamo, Hana e suo cugino verranno a Edomen tra un paio di giorni, tua sorella sta bene e ti manda un caloroso abbraccio...Ma ti riferiremo tutto stasera, ora dedicati ai tuoi doveri diplomatici!" rise Jona.
Jacqueline annuì e salutò, si avvicinò al ragazzo indicato da Elija poco prima.
Era molto alto, coi capelli lunghi e biondi come il grano in estate, li teneva legati in una mezza coda. Onde dorate cadevano fluenti dalla nuca sulle sue larghe spalle.
Aveva un'armatura color dell'oro zecchino che splendeva anche nel grigiore di quella mattina d'inverno, i suoi lineamenti si facevano via via più chiari mano a mano che la ragazza si avvicinava a lui.
Un naso leggermente a punta delineava il suo profilo deciso, gli occhi dal taglio deciso risaltavano sugli zigomi e le sue labbra erano sottili e serrate come un forziere chiuso a chiave.
"Salve" salutò cordialmente Jacqueline, il ragazzo si voltò verso di lei e la abbagliò con la luce che emanavano i suoi occhi: erano i più verdi che l'artefice del fuoco avesse mai visto, così verdi da lasciare senza fiato.
Il vento divenne più intenso, ruggì annodando i loro capelli e facendo danzare il Cerchio di Foco.
"Volevo ringraziarti per aver salvato i miei amici, dicono che senza il tuo aiuto sarebbero morti: volevo esprimerti la mia profonda gratitudine, loro sono praticamente una famiglia per me. Se non ci fossi stato tu ad aiutarli adesso non saprei cosa fare" disse quando riuscì a riprendersi.
"Oh, scusate, voi dovete essere la futura regina, è un immenso onore per me incontrarvi..." balbettò e si inginocchiò all'istante, diventando rosso come un peperone.
"No, l'onore è tutto mio, ti devo molto.
Ti prego alzati, non darmi del voi e non chiamarmi regina, non merito nessuna di queste cose" allora il generale si rialzò timidamente e, mettendosi una mano dietro al collo farfugliò qualcosa: "Non devi ringraziarmi, ho fatto solo il mio dovere" evitò di incrociare il suo sguardo.
"Sono comunque lieta di conoscerti, mi chiamo Jacqueline, sono artefice del fuoco" disse porgendogli la mano.
Lui la strinse e rispose sorridendo timidamente: "Il piacere è tutto mio, mi chiamo Ixander e sono un artefice dell'aria di Danesh"
"Interessante..." mormorò lei, il vento ululò ancora più forte e, tanto per intrattenere un po' la conversazione, la ragazza si strinse nelle braccia e disse: "E' molto ventoso oggi, non è vero?"
Il ragazzo divenne rosso come una ciliegia matura e disse: "Oh, hai ragione, mi dispiace da morire" dopo che lui ebbe mosso freneticamente le mani per alcuni secondi, il vento si fermò. Una calma e un silenzio inquietanti calarono su Edomen.
"Aspetta un momento...eri tu a provocare tutto quel vento?" chiese l'artefice del fuoco, sinceramente stupita.
"G-già, succede spesso...il vento esterna le mie emozioni, è così imbarazzante..." balbettò Ixander in risposta.
"No, non è imbarazzante, io lo trovo fantastico" Jacqueline era sorpresa, quel ragazzo le assomigliava.
"Davvero?" chiese lui arrossendo.
"Sì, davvero. Non è una cosa così strana, non so se l'hai notato, ma il Cerchio di Foco, che porto sulla testa, reagisce al mio stato d'animo"
"Sarebbe stato impossibile non notarlo, quando mi hai salutato avevi una di enorme colonna di fuoco sulla testa" Ixander rise e a Jacqueline parve che il mondo brillasse di una luce nuova, la sua risata era cristallina e limpida, pura come una sorgente.
"Oh, era davvero così grande?" disse imbarazzata. Il sorriso del ragazzo si spense e, precipitosamente disse: "Scusa, non era mia intenzione offenderti..."
Poi aggiunse: "Penso che fosse bellissima"
"Ti ringrazio" Jacqueline faticava a sostenere il peso di quello sguardo, i suoi occhi verdissimi sembravano capaci di vedere attraverso la carne, fino all'anima. Un vento leggero riprese a soffiare e la ragazza si frizionò nuovamente le braccia, cercando di scaldarsi.
"Cielo, come sono sgarbato, tieni il mio mantello Jacqueline, non è bene che la mia futura regina prenda freddo" disse Ixander un po' ridendo e un po' con serietà, mise il suo caldo mantello intorno alle spalle della ragazza, arrossendo delicatamente.
"Non ti preoccupare, è colpa mia: sono stata sbadata; e poi, dovrò imparare a badare a me stessa, un giorno o l'altro, finchè non lo farò ne pagherò le spese" sorrise.
"Dato che sei qui a Edomen come gli altri generali, immagino che ci incontreremo stasera a cena"
"Immagino di sì" rispose lui.
"Presto dovremmo anche tenere il primo consiglio di guerra insieme ai rappresentati del Regno Oltre il Fiume e dei vari eserciti alleati" mormorò la ragazza.
"Già"
Il vento riprese a soffiare delicatamente, Jacqueline lo guardò negli occhi. Dopo un attimo che parve infinito Ixander fece una risatina nervosa e la salutò con un cenno della mano, il vento aveva iniziato a soffiare più forte.
Jacqueline rise e sentì che il Cerchio ardeva senza controllo, mentre attraversava il cortile si voltò, vide che Ixander la stava ancora guardando, gli rivolse un altro cenno di saluto. Lui ricambiò e distolse lo sguardo volgendolo sui cavalli alati che tornavano nella foresta.
'Che tipo' pensò Jacqueline, le sarebbe piaciuto che se fossero diventati amici. Essendo l'artefice dell'aria uno dei migliori generali del regno, avrebbe dovuto, assieme agli altri, dirigere la guerra al suo fianco.
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