Jacqueline: giuramento
"Qui o si fa l'italia o si muore"
-Garibaldi
Terminata la cena a tavola rimasero solamente Jacqueline, Elsha, Henry, Niah, Remider, Elija, Jona, Emmha, Hana, i generali dell'esercito di Auriah, quelli dell'Armata Invincibile del Regno sul Fiume e gli ambasciatori dei regni vicini: il consiglio di guerra poteva cominciare. Alla futura regina dispiacque di non avere Ixander al suo fianco, era stato lui a ventilare l'idea che tra loro ci fosse una spia e l'artefice del fuoco ormai non dubitava più che avesse ragione.
"Qualcuno deve aver detto a Neear che Jacqueline si trovava a Edomen" esordì Hana.
"Non credo cercasse me nello specifico, mi avrebbe già individuata e portata via, no Neear non ha la più pallida idea di chi sia l'erede di Caesaar, ma lo sta disperatamente cercando. Guardate: ha attaccato tutti gli avamposti di cui era a conoscenza" rispose Jacqueline seria.
"Tuttavia credo che tra noi ci siano delle spie, dovremo fare molta più attenzione" continuò Hana.
"Non sei la sola a pensarlo, la soluzione è una sola: dobbiamo assicurarci che tutti i membri del consiglio di guerra dei ribelli e dell'erede giurino di non divulgarne i segreti in modo vincolante" disse Henry con tono grave. Sul tavolo era distesa una grande e colorata mappa del regno di Auriah, pietruzze e statuette colorate rappresentavano i movimenti dei vari eserciti e le varie roccaforti alleate e nemiche.
"Intendi con un patto di sangue o qualcosa del genere?" chiese Elija giocherellando con un sassolino azzurro che fino a un istante prima giaceva sul tavolo.
"Esattamente" rispose l'artefice dell'aria.
"E coloro che non sono presenti a causa delle ferite?" domandò Jacqueline pensando a Ixander, anche lui avrebbe avuto il diritto di partecipare a quel patto.
"Saranno ammessi anche loro, lo comunicherai loro tu stessa e stilerai il giuramento con loro in un secondo momento" disse Elsha con dolcezza.
"Dovrà essere chiaro che chiunque tradirà questo patto sarà maledetto fino alla fine dei suoi giorni, a meno che il consiglio stesso non lo assolva" proruppe Niah e tutti assentirono. Il Cerchio sula testa di Jacqueline emanava una luce tenue che rimbalzava cupa sulle pareti ghiacciate della sala, un lampadario di stalattiti pendeva sulla loro testa come una spada di Damocle.
"Prima di giurare sarebbe opportuno decidere come comportarsi nel prossimo futuro" suggerì Jacqueline con pragmatismo.
"Giusto, mia cara" concordò Elsha.
"Dunque, ora sappiamo che Neear è a conoscenza della posizione di alcune delle nostre roccaforti, dobbiamo cambiare tutte le carte in tavola o saremo spacciati" cominciò l'artefice del fuoco alzandosi in piedi e indicando i punti sulla mappa del regno.
"Spositiamo tutto in massima segretezza ma fingiamo di conservare attivi gli avamposti attaccati, così Neear non saprà che ne abbiamo altri" continuò. Henry le gettò uno sguardo fiero mentre si lisciava la barba.
"Sarebbe utilissimo se non avessimo una spia" disse Niah freddandola.
"Abbiamo già stabilito che giureremo per scongiurare questo pericolo, solo un membro di questo consiglio avrebbe potuto tradirci" disse duramente Jona alzandosi in piedi.
"Cosa ti fa pensare che questa spia non sia ancora tra noi e che un giuramento scongiurerà il pericolo di tradimento?" le rispose a tono la generalessa.
"Non è una condanna sufficiente una maledizione a vita da avere sulla testa?"
"Forse dovremmo alzare la posta per essere più sicuri" Niah gettò un'occhiata obliqua ai presenti, chiaramente non si fidava di nessuno di loro.
"Credo che un giuramento sia un deterrente sufficiente" disse Jacqueline ordinando a entrambe di sedersi.
"Concordo pienamente con mia sorella, ma aggiungerei che chiunque venisse colto in flagrante di tradimento sarà condannato a morte senza processo" aggiunse Elsha. Tutti i membri del consiglio rabbrividirono ma si trovarono concordi.
"Oltre a una difesa dobbiamo assolutamente architettare un contrattacco" riprese Jacqueline allungandosi sulla mappa.
"Io propongo di far trapelare la notizia dell'incoronazione in un luogo fasullo, in modo che l'oscuro diriga là le sue forze, così avremo campo libero per un attacco" suggerì Remider. Elsha gli lanciò uno sguardo colpito: aveva accanto un consigliere molto intelligente.
"Ma che avamposto attaccheremo? Gli zimeniani sono praticamente ovunque sparsi per il regno e la maggioranza di loro si trova ad Ahir Zimenia" chiese Hana mordicchiandosi le unghie e facendo ondeggiare la sua chioma rossiccia.
Ci fu un attimo di silenzio e il tempo parve rimanere sospeso. Jacqueline lasciò vagare lo sguardo sulla mappa, l'isola a forma di testa di lupo era vastissima, le fiamme del Cerchio baluginarono silenziosamente.
"Potremmo attaccare i margini del deserto di Nenja" propose un ambasciatore.
"Mettendo in pericolo la nostra gente? No grazie" risposero gli ambasciatori della reggia nel deserto.
"Vendichiamo i Syan, attacchiamo l'altra sponda di Danesh" disse Jona battendo un pugno sul tavolo. Elija la guardò con aria combattiva, era certamente d'accordo.
"Non credo che Ixander approverebbe questa proposta" rispose Jacqueline.
"Perché non dovrebbe? L'ultima volta gli zimeniani si stavano dirigendo proprio lì, è uno dei nostri punti più deboli, senza contare che è uno snodo molto ambito, se, come dite, i Syan sono stati sterminati abbiamo un fianco scoperto" Niah aveva ragione, gli indigeni non avevano nemmeno inviato una loro rappresentanza alle adunate. Jacqueline si morse il labbro. Sempre più proposte venivano avanzate dai presenti, le loro voci rimbalzarono sulle pareti della stanza e continuarono a sovrapporsi in un brusio assordante. Tentò di concentrarsi e lasciò che le sue iridi castane spaziassero sulla carta, percorse Auriah in lungo e in largo, le voci dei suoi alleati si alzarono di tono, ma lei non le sentì. Poi, all'improvviso, bingo.
"Seita"
"Che cosa?" chiese qualcuno zittendo il putiferio generale.
"Attaccheremo Seita" ripetè l'artefice del fuoco, le fiamme del Cerchio si alzarono e danzarono sui suoi capelli. Remider annuì e aggiunse che gli sembrava l'idea più intelligente.
Anche Elsha si disse d'accordo, Niah aggiunse che sarebbe stato necessario un gran dispiego di forze. Jona le rispose che sarebbe stato il prezzo da pagare per la liberazione della città.
"Inoltre dobbiamo cominciare a battere il nostro nemico al suo stesso gioco: mandiamo dei Lica Morpha spie in tutto il regno a raccogliere informazioni" disse Jacqueline.
"Mi offro di gestire io questa operazione" affermò Elija. L'artefice del fuoco lo guardò stupita, anche Jona gli rivolse uno sguardo interrogativo.
"La mia vecchia casa era sulla montagna davanti a Seita, può essere un ottimo punto strategico per gestire le nostre spie sotto il naso degli zimeniani" argomentò.
"Non è molto sicuro..." obiettò Jona.
"Ha ragione " disse Jacqueline.
"Vuoi vincerla o no questa guerra?" chiese l'artefice della terra con fermezza.
"Si, ma non voglio mettervi eccessivamente in pericolo"
"Invece temo che dovrai farlo, amica mia, perché qui dovremo giocarci il tutto e per tutto, mettere a rischio noi stessi per conquistare la libertà. Se non mi esponessi al pericolo sentirei di non aver contribuito per nulla a questo conflitto. Devo combattere anche io per la mia terra, senza contare che mi fido ciecamente del tuo comando"
"Si può combattere senza fare sciocco esibizionismo, zuccherino" disse Jona con una smorfia.
"Penso che tu abbia già fatto molto, Elija, hai corso molti pericoli anche solo per arrivare fin qui e per proteggermi, non voglio che per colpa mia ti accada qualcosa" Jacqueline non sapeva cosa fare, l'artefice della terra le posò una mano sulla spalla.
"Non mi sembra di aver fatto abbastanza, vorrei contribuire in modo più significativo, qui mi sento come se mi stessi crogiolando nel privilegio, ho bisogno di più azione sul campo, come all'inizio, ricordi?" fece una pausa e piantò i suoi occhi verdi in quelli della futura regina. Jacqueline lo capiva, era un uomo pragmatico, dopotutto era artefice della terra, aveva bisogno di toccare ogni cosa con mano, di essere saldamente ancorato al suolo, troppa teorizzazione lo faceva sentire in gabbia.
"Ti prego, sotto la tua reggenza non avrei nulla da temere"
"E' proprio questo quello che mi spaventa, ci penserò, ok?" Elija si ritirò gongolando, certo che sarebbe riuscito a strapparle quella concessione, Jona gli lanciò uno sguardo pensoso.
"Resta un'ultima cosa da decidere" intervenne Henry.
"Dove faremo credere a Neear che ci sarà l'incoronazione?"
"Qui" rispose immediatamente Elsha. Remider la guardò come se fosse impazzita
"Saprà già che Jacqueline si trova qui, farò trovare i miei soldati pronti"
"E dove avverrà l'incoronazione vera?" chiese Emmha.
Tutti si zittirono e pensarono. Dopo un attimo che parve eterno la voce di Remider risuonò nella sala.
"A Danesh" tutti si voltarono verso di lui.
"E' il luogo più sicuro e meglio difeso del regno"
"Ma ci sono gli zimeniani sull'altra sponda, non abbiamo più un'alleanza con i Syan" obiettò qualcuno.
"Temo che non ci siano alternative, Seita è corrotta, Keya è scomparsa, Nenja è distrutta ed Edomen troppo pericolosa, inoltre Neear sa che Jacqueline è qui" Remider aveva ragione, Jacqueline decise di chiudere quel consiglio e fare il giuramento, al resto avrebbero pensato l'indomani.
Al comando di Elsha tutti alzarono la mano destra ed evocarono il loro animale simbolo, forme scintillanti variopinte riempirono la sala e si unirono in un vortice che sollevò i capelli dei presenti. Un'aria fresca scivolò sotto i mantelli, poi la luce del vortice variopinto divenne di un rosso cupo ed Elsha disse: "Noi qui presenti giuriamo oggi che siamo vincolati a questo consiglio, che non riveleremo ciò che accade o si decide quando il consiglio si riunisce, che non tradiremo Auriah mai, che riporremo la nostra fedeltà nella nostra regina e nelle sue decisioni e che manterremo questi segreti fino alla nostra morte, o saremo maledetti per sempre" il vortice si dissipò e tutti lasciarono andare un sospiro di sollievo.
Uscendo dalla sala del consiglio Jona andò diretta da Elija che si stava avviando verso la sua stanza, lo prese per il braccio con forza e lo costrinse a voltarsi.
"Perché vuoi diventare il capo delle spie?" gli chiese aggressivamente.
"L'ho già detto al consiglio, zuccherino"
"Non chiamarmi zuccherino, Elija, sono seria in questo momento" l'artefice dell'aria spalancò i suoi meravigliosi occhi color indaco, Elija vi lesse una preoccupazione profonda e sincera. Sbuffò e si passò una mano tra i capelli, lei non gli aveva ancora lasciato il braccio.
"Non abbiamo bisogno di pericoloso esibizionismo qui" disse duramente Jona.
"Non hai nessuno da impressionare"
"Non volevo farlo per impressionare qualcuno, desidero solo rendermi utile"
"Molto utile mettere a rischio la tua vita quando i tuoi amici hanno bisogno di te"
"La verità è che qua tutti sembrano avere un ruolo e io mi sento fuori posto, mi sento inutile, voglio aiutare Jacqueline in maniera pratica, ho partecipato a un solo combattimento"
"Quindi è questo il tuo obiettivo? Conquistare gloria e rendere grande il tuo nome?"
"Non è mai stato questo il mio scopo, io desidero solo liberare Auriah, odio vedere la mia terra ridotta così e voglio fare qualcosa"
"O forse vuoi solo essere al centro dell'attenzione? Sai bene che non hai bisogno di queste dimostrazioni per metterti in luce"
"Non devo dimostrare proprio nulla, devo agire"
"Agire in maniera scellerata?"
"Non era una proposta scellerata, conosco quei luoghi come le mie tasche"
"Anche io, forse non ricordi che vi ho liberato io dalle carceri di Seita?"
"Allora perché non hai proposto tu di diventare capo delle spie?"
"Perché a me è sembrata solo una sciocca pretesa da bambino capriccioso che desidera farsi bello agli occhi della madre o di qualche sgualdrina"
"Non ne avrei bisogno perché mi apprezzano per la mia gentilezza e le mie competenze, non sono scorbutico e indisponente come qualcun altro" i toni si stavano facendo più accesi, Elija pose particolare enfasi sulle sue ultime parole.
"Le tue sono accuse pesanti, io non sono quel tipo di persona e tu lo sai bene" l'artefice della terra fece una pausa e le lanciò un'occhiata dura: "E poi pensavo che non ti importasse della mia sorte, dopotutto tu odi tutti gli uomini" Jona gli lasciò andare il braccio, non resse lo sguardo dell'artefice della terra e diresse il suo al suolo. Elija non lo vide ma l'artefice dell'aria aveva gli occhi colmi di lacrime per la rabbia, emise un suono flebile, quasi inudibile: "Non te"
Piantò i suoi occhi indaco in quelli verde smeraldo dell'artefice della terra e lasciò che un paio di lacrime bagnassero le sue guance.
"Ma se vuoi vai! Va'! gettati in questo baratro oscuro e impressiona tutte le gonnelle che vuoi, non ho bisogno di te"
"Vedi! Non te ne importa assolutamente nulla di me! Sono stato il tuo conforto quando ne hai avuto bisogno, ti ho supportata quando mi hai confidato i tuoi segreti e questo è ciò che ricevo in cambio? Gli amici dovrebbero incoraggiarsi a vicenda!"
"Non incoraggerò le tue iniziative stupide! Noi non siamo amici" Jona si voltò e camminò via prima di scoppiare in singhiozzi. Non appena girò l'angolo si accasciò contro il muro e pianse.
Elija, arrabbiatissimo, lanciò un po' di imprecazioni al corridoio buio e se ne andò. Dietro di lui, una radice eruttò dalla terra e sibilò sul ghiaccio come un serpente velenoso.
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