36. UNUS HOMO, NULLUS HOMO
Galanár aveva un'aria così rilassata, quando entrò nella sala, che Aidan tremò al pensiero della sua reazione di fronte alle cattive notizie che avrebbe dovuto dargli.
Il fratello, in effetti, sembrò ignorare la sua espressione angosciata e lo salutò con un'occhiata divertita. Aidan continuava a vestire secondo il costume di Silmëran e Galanár trovava la cosa del tutto stravagante. Non sarebbe riuscito a dargli credito fino a quando non lo avesse rivisto con indosso le protezioni di cuoio, le cinture e le lame in bella vista.
"Sediamoci", lo invitò Aidan.
Il tono cupo e asciutto con cui lo aveva accolto doveva aver suggerito a Galanár di mutare opinione, e anche piuttosto in fretta, sulla serietà dei suoi argomenti. Il generale prese posto vicino a Silanna, attorno alla tavola rotonda che aveva ospitato la loro precedente discussione. Intrecciò le dita di fronte a sé e rivolse agli altri due un sorriso di cortesia.
"Che succede?"
Lo sguardo dell'arciere si velò. Cercò le parole migliori da utilizzare per quel discorso e pregò di non scatenare subito le ire del fratello.
"Silanna ha interrogato il Daimon dell'Aria".
"E...?"
"Pare che Laurëgil si sia ribellata e che Harmaros l'abbia seguita subito dopo. I regni degli Elfi sono in rivolta, Galanár".
Contro ogni sua aspettativa, il re non fece nulla. Non scattò in piedi, non mise mano alla spada e non si adirò. Si limitò ad appoggiare il mento alle mani e a considerare la notizia con espressione impassibile.
"E Formenos?", si informò secco.
"Foroddir è sicura, almeno per il momento. Ma Laurëlindon è il cuore del tuo regno e..."
Il fratello lo zittì con un gesto della mano.
"Laurëlindon è un mio problema", asserì. "Tua moglie dov'è?"
"Sembra che sia a Valkano, con il maestro Aegis. Lì la situazione è tranquilla".
"Allora possiamo ancora resistere".
"Sì, ma..."
Galanár lo interruppe una volta ancora, con una calma glaciale che il fratello minore, al contrario, non sembrava in grado di mantenere. Lo guardò negli occhi con un'espressione seria e ferma.
"Tu cosa hai deciso di fare?"
Aidan esitò, sorpreso da quella domanda. In tanti anni non era mai accaduto che Galanár chiedesse a lui quali fossero le sue intenzioni, e dava ormai per scontato che non l'avrebbe più fatto. Inoltre, la decisione che aveva preso gli pesava sul cuore come un macigno. Essere chiamato, su due piedi, a dichiararla ad alta voce, lo metteva in agitazione. Pronunciare un'idea significava darle corpo, renderla reale e definitiva.
"Io andrò a Lúmëran", disse infine. "È quella la mia battaglia".
Silanna levò le ciglia pensose sul ragazzo. Era sollevata e preoccupata allo stesso tempo. Comprendeva e sposava la sua decisione, ma temeva che il prezzo da pagare, per Aidan, sarebbe stato troppo alto.
"Sei sicuro?", azzardò. "Sicuro di voler lasciare Adwen? Di riuscire a sopportare le conseguenze, quando tornerai e dovrai guardarla negli occhi?"
Aidan sorrise con la naturale luminosità che solo lui riusciva a infondere a quel gesto.
"È già gentile che tu stia ipotizzando il mio ritorno a casa, Silanna. Sarebbe una ricompensa sufficiente per me".
Prese una pausa, durante la quale si fissò le mani, senza affrontare gli sguardi degli altri due.
"Quanto ad Adwen", proseguì, "non condannerò mia moglie a essere l'oggetto del mio biasimo futuro. Non voglio doverle portare rancore perché, senza volerlo, mi ha impedito di terminare il mio compito qui. Non la trasformerò in un ostacolo. Lei non lo merita".
Galanár, a quel punto, si drizzò sulla sedia e studiò il fratello con attenzione.
"Se il Re di Helegdir ha iniziato la sua campagna", affermò, "il Re delle Terre Riunite non gli farà mancare il suo appoggio. Sarò al tuo fianco in questa impresa".
Aidan sobbalzò e sollevò su di lui uno sguardo stupito. Se non avesse saputo con assoluta certezza che suo fratello era l'unico Mezzelfo in tutta Amilendor, avrebbe pensato di trovarsi di fronte qualcun altro che gli somigliava, non lui.
Galanár non concedeva il suo appoggio, richiedeva quello degli altri per sé. E, soprattutto, Galanár non stava mai al fianco di nessuno. Era lui che guidava le imprese. Gli altri potevano solo decidere se seguirlo o meno, e quello era tutto.
Quell'improvvisa disponibilità risvegliò qualcosa di antico nel cuore di Aidan. Qualcosa che somigliava ai desideri che aveva nutrito un tempo. All'entusiasmo che, ancora bambino, lo aveva fatto innamorare del fratello maggiore. Guardò Galanár con sospetto.
"Il tuo regno è in rivolta", rimarcò. "Se decidi di tornare indietro, io capirò".
L'altro scosse il capo.
"No. Ho detto che ti avrei aiutato e lo farò. E, a dispetto delle apparenze, penso davvero che sia la giusta mossa. Laurëgil e Harmaros non si sono sollevate da sole. Se il mio istinto di guerra non mi inganna, sospetto che l'origine di questo scompiglio sia da cercare qui, in queste terre, e non oltre le montagne".
Aidan annuì. Quel ragionamento aveva senso, e lo aveva fatto anche lui.
"Preferisco spegnere subito ciò che ha generato le fiamme, piuttosto che correre da una parte all'altra per domare l'incendio", concluse il generale.
Anche Silanna, a quel punto, gli rivolse un cenno di assenso.
"Hai ragione. Vargas è un Daimonmaster dell'Aria. Se io ho seguito lui e voi per tutto questo tempo, è probabile che abbia fatto lo stesso. E che abbia predisposto le pedine per la sua partita di conseguenza".
Galanár si passò una mano sul mento e soppesò con cura quell'ultima informazione.
"Quindi, in questo momento, non abbiamo nessun vantaggio su di lui?", osservò.
L'elfa sorrise lieve.
"Forse uno sì, anche se minimo. Vargas sa dove si trova il tuo esercito, ma dubito che sappia che tu ti trovi a Silmëran".
"Com'è possibile?"
"Silmëran, così come Valkano, è schermata, protetta da alcuni tipi di magia".
Aidan sollevò un sopracciglio, perplesso.
"Valkano è schermata?", domandò incuriosito.
La regina, di fronte alla sua espressione, si lasciò sfuggire una risata argentina.
"Certo che lo è! Sei stato tu stesso a innalzare lo scudo. Te l'avevo già fatto notare tempo fa, quando eri deciso a non darmi ascolto. Vi hai stampigliato sopra un sigillo talmente grande che la sua magia si è percepita fino a qui".
Nonostante la leggerezza con la quale era stata pronunciata quella frase, l'arciere continuò a guardarla confuso, come se stesse ancora stentando a mettere insieme i pezzi di quella storia.
"Ecco perché Aegis ci teneva così tanto, a quell'incantesimo", mormorò infine.
Lei tornò seria e lo guardò con gravità.
"Aegis ha fatto quel che poteva, anche a costo di rischiare. Finché tu fossi rimasto a Valkano, eri in parte al riparo da Vargas".
Durante quello scambio di battute, Galanár era rimasto in silenzio. Sembrava impegnato a seguire il filo dei propri pensieri.
"Forse un modo c'è, per ribaltare la situazione a nostro vantaggio", disse d'un tratto. "Se Vargas ci osserva, possiamo provare a ingannarlo. Lui vuole che io torni indietro, no? Ebbene, potrei anche farlo. Dividerò l'esercito, ne manderò una parte a difendere Valkano e a tenere sotto controllo Foroddir fino al mio ritorno".
Fece una pausa e passò uno sguardo sugli altri due, che lo ascoltavano attenti.
"Penserà, a quel punto, di avere di fronte una minaccia meno grave e, se lo conosco almeno un po', comincerà a sottovalutare la nostra forza".
Guardò Aidan, a cercare la sua approvazione.
"Manderò Bellator con i suoi uomini e metterò Mellodîn a capo della divisione che proteggerà Valkano. È accettabile per te?"
"Non avrei saputo proporti di meglio. Non c'è altro uomo in tutta Amilendor al quale affiderei la vita di mia moglie con tanta tranquillità".
Nonostante lo slancio e la sincerità di quella risposta, c'era qualcosa in Aidan che mise subito in allerta Galanár. Avrebbe dovuto essere confortato da quella soluzione, e per un attimo lo era sembrato. I suoi occhi, però, avevano subito perso la sfumatura di sollievo che li aveva attraversati, e la sua espressione si era fatta cupa.
Aidan rivolse a Silanna uno sguardo strano. Uno sguardo che, a primo acchito, Galanár avrebbe definito implorante.
"Possiamo mostrarci più deboli per ingannare Vargas, ma la verità è che lo siamo davvero, più deboli", le disse il ragazzo. "Possiamo avere gli uomini meglio addestrati di tutta Amilendor, e armi e cavalli... ma non abbiamo la magia".
L'espressione, sul volto di lei, si fece di sasso. Pur interpellata in maniera diretta, la regina non rispose.
"Tu non dici nulla", proseguì lui, "ma sai che ho ragione. Se la situazione fosse differente, farei chiamare qui i Maestri di Valkano, ma non posso togliere ad Adwen i soli capaci di proteggerla".
Silanna sospirò.
"Aidan, ti ho già detto..."
"So cosa mi hai detto", la interruppe lui. "Non vuoi portare la guerra in dono alla tua gente, e io ti capisco. Credimi, però, quando ti dico che so con certezza, e meglio di chiunque altro, cosa ti direbbe Edhel se fosse qui".
Lei si voltò a guardarlo e la domanda che non pronunciò rimase sospesa tra loro come se l'avesse espressa ad alta voce. Perché in verità non c'era nulla che lei volesse ascoltare di più.
"Che la vera sapienza comprende il bene e il male, la vita e la morte, la pace e la guerra", continuò Aidan. "E che la Luce è la sola arma per combattere l'Oscurità. Se i tuoi Maestri sono davvero illuminati, sapranno accogliere l'interezza di questa conoscenza".
Lei non replicò che con un altro sospiro. Sfuggì i suoi occhi per nascondergli la sua tristezza, ma Aidan le prese la mano e la strinse con un gesto febbrile.
"Unisciti a noi. Non ci condannare", la pregò.
"Aidan..."
Il suo fu appena un sussurro, del tutto incapace di arginare l'irruenza di quella richiesta con cui lui sembrava volerle squarciare l'anima.
"È anche la tua battaglia, non solo la mia. L'hai detto tu stessa. Qualcosa di più grande della nostra volontà ci ha uniti in un nesso indecifrabile di vita e morte... sono le tue parole, queste".
Tutti rimasero un istante con il fiato sospeso. Silanna che aveva abbassato il capo, Aidan che le stringeva la mano e Galanár che restava in attesa dell'esito di quell'appello, tanto accorato quanto fondamentale per loro.
"Va bene", si lasciò sfuggire lei con un filo di voce.
Il sorriso illuminò il volto di Aidan, lo illuminò tutto. Si alzò in piedi, quasi non riuscisse più a contenere l'entusiasmo per quell'assenso che le aveva strappato.
"Vado a cercare Mellodîn", annunciò. "Lo aggiornerò su quanto sta accadendo e su cosa abbiamo stabilito".
Sparì oltre la porta. Forse aveva timore che lei potesse cambiare idea, forse era solo felice che tutto fosse andato per il meglio in una situazione che si preannunciava, all'inizio, molto più spinosa di come si era invece risolta. Quale che fosse la verità, l'assenza di Aidan si lasciò alle spalle un improvviso silenzio.
Galanár rimase a studiare Silanna senza fare un fiato. Nonostante il tempo trascorso, riusciva ancora a leggere il suo viso. Era turbata dalla decisione che era stata costretta a prendere e dalla promessa fatta ad Aidan. Si alzò piano e avanzò fino a raggiungerla.
"Stai bene?", chiese con gentilezza.
Lei sollevò il viso, sorpresa da quella premura, poi gli sorrise.
"E tu? Come ti senti?"
"Molto meglio, adesso".
Nel momento in cui realizzarono come e di cosa stavano parlando, entrambi distolsero lo sguardo in evidente imbarazzo. Dovevano ancora abituarsi a quella spontaneità, al pensiero di poter essere davvero affettuosi l'uno con l'altra.
Galanár fu il primo a farsi coraggio e a proseguire.
"C'è una cortesia che vorrei chiederti".
Lei si girò a scrutarlo incuriosita.
"Chiedere a me?"
"Sì. Mi occorre l'aiuto di uno dei tuoi Maestri".
La perplessità si fece ancora più evidente nella voce di lei.
"Un Maestro della Luce? E per cosa?"
L'abituale espressione sicura e pungente tornò a disegnarsi sul viso di Galanár, che sorrise beffardo.
"Oh, solo una piccola formalità. Quanto basta perché io possa... colmare la misura".
Aidan aveva appena varcato la soglia, quando una forza inspiegabile gli suggerì di fermarsi. Seguì il proprio istinto, si arrestò e si voltò indietro.
Galanár si era alzato e aveva raggiunto Silanna. Parlavano senza rancore. Con affabilità. Di fronte a quella scena, le sue labbra si incresparono in un sorriso. Un sorriso che gli fece sentire il cuore leggero.
Si avviò verso l'uscita, non più di fretta, ma con passo tranquillo. Varcò l'ingresso del palazzo e si fermò in cima alle scale. Sollevò il capo e osservò la volta luminosa che irradiava un quieto bagliore sulle acque del fiume, sulle splendide architetture di pietra e su di lui.
Quando abbassò lo sguardo, vide che Ilo era fermo in basso e che lo stava aspettando.
Tornò a fissare la luce con il naso all'insù, come un bambino sorpreso dalla scoperta delle proprie capacità.
"È la luce, non è così?", chiese, mentre scendeva i gradini. "È questa luce che ci ha illuminati tutti?"
Ilo lo guardò con l'espressione furba di chi era già a conoscenza di quella risposta e annuì.
Gli occhi azzurri di Aidan si fermarono sull'espressione soddisfatta dell'amico e la sua gioia si affievolì.
"E cosa ci accadrà, quando non saremo più qui?"
Il mago abbozzò una smorfia che voleva somigliare a un sorriso e si strinse nelle spalle.
"Lo scopriremo presto".
NOTA DELL'AUTORE
La massima latina Unus homo, nullus homo significa Un uomo da solo non è nessuno.
Ci ricorda che, da soli, non possiamo sempre far fronte a tutto. Uniti agli altri, invece, possiamo trovare il modo per risolvere molti problemi.
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