ROMY
Io e mia madre avevamo appena finito di cenare e riordinare la cucina.
Mi rilassai un po' sul divano, mentre lei stava facendo avanti e indietro per stendere i panni. Dopo pochi minuti mi raggiunse sulla poltrona di fianco a me, il silenzio calò su di noi. Non guardavamo la televisione, tanto sarebbe stato solo un rumore inutile; non leggevamo nulla, entrambe sapevamo che farlo in momenti come questi, non ci avrebbe distratto dai nostri pensieri. Così, prendendo coraggio dietro un respiro, decise che bisognava discutere di ciò che stava succedendo alla mia vita.
"Piccola, ti va di parlare un po' con me?" Chiese posandomi una mano sulle ginocchia.
Quel contatto così caldo e delicato, portò il mio corpo ad irrigidirsi di colpo. Forse era solo il pensiero che mi fece sussultare, l'idea che era arrivato il momento di parlare di me e Rick e di ciò che era successo fra di noi.
Cercai di rilassarmi, non c'era bisogno che di sentirmi così agitata, non con mia madre.
"Certo, mamma", sussurrai.
Non cercai nemmeno di sorridere, tanto avrebbe sicuramente capito che era solo una forzatura.
"Te la senti di raccontarmi ciò che è accaduto fra te e Rick?"
La sua calma era rassicurante, avrei voluto avere io un minimo della sua tranquillità.
"Ha deciso di non volere avere più nulla a che fare con me", le parole mi si spezzarono in gola:"Io volevo solo regalargli una serata tranquilla ma...". Portai le mani in grembo e cominciai a torturarmi le dita. Lo sentivo, era forte e chiaro, i miei occhi pesanti e la voce tremante erano una minaccia di pianto in agguato, pronto a devastarmi completamente:"Ma ho fallito miseramente. Siamo andati al locale di Daniel, c'era tanta gente e io volevo avvicinarmi un po' di più al palco. Mi sono allontanata mentre Rick era distratto e poi è successo tutto senza che me ne rendessi conto", presi fiato:"Ha usato parole terribili contro di me, mamma. Dovevi vedere in che modo i suoi occhi mi fissavano, provavano orrore".
Mi bloccai di colpo, non credevo di riuscire a proseguire oltre. Il solo pensiero mi lacerava e ci avevo messo giorni per ricostruirmi d'accapo. Mia madre non disse una parola, non avevo bisogno che lo facesse. Il solo fatto che lei fosse qui ad ascoltarmi, mi rendeva felice e a poco a poco mi rilassava.
Dopo un po' si alzò dalla poltrona, mi sorrise grata per essermi sfogata con lei e averla resa partecipe del mio problema.
"Perché non vai a prendere una boccata d'aria fresca? Ti aiuterebbe a pensare meglio", propose.
"Credo che tra poco andrò al parco, è da un po' che non ci vado".
"Okay, non fare tardi. Io vado a letto. Buonanotte piccola", mi lasciò con un bacio sulla guancia e se ne andò in stanza.
Quando lasciai casa, il vento sul mio viso graffiava come le unghie di un gatto contro la porta. Faceva abbastanza freddo, ma ringraziati me stessa per aver portato con me il mio chiodo. Mentre mi dirigeva verso il parco, pensai e ripensai al ragazzo che avevo incontrato ieri. Non avrei dovuto farmi solleticare così la mente da una persona che sapevo per certo di non rivedere più, eppure qualcosa mi diceva che mi sbagliavo. Alla fine lavorava al supermercato dove io e mia madre andavamo spesso, sarebbe potuto succedere di incontrarsi di nuovo.
Sospirai, infiltrarsi così in pensieri senza un inizio né una fine era quasi un suicidio, ma non me ne curai. Tra un pensiero e l'altro ero giunta al parco, quanti ricordi che racchiudeva il verde degli alberi, dei prati e le giostre che vedovo in lontananza.
Tutti ricordi legati alla mia infanzia.
Percorsi il sentiero calpestabile, i lampioni erano ormai spenti da anni ma non servivano. Quando un luogo, una zona o una persona la si conosceva a memoria, non c'era bisogno di luce per andare oltre.
Mi fermai davanti l'altalena, il vento muoveva lentamente i seggiolini, le catene cigolavano appena. La luna osservava ogni movimento che facevo, ogni respiro che esalavo, teneva il conto dei miei battiti e quasi mi invitava a farle compagnia.
Mi accomodati su una seggiola, reggendomi alle catene come facevo da bambina, cominciai a dondolarmi dolcemente, permettendo al vento di sfiorarti i capelli. Pensai che anche lui doveva sentirsi solo quanto me, nonostante fosse sempre presente nell'aria, nonostante non perdesse mai le sue forze per soffiare.
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