Capitolo 7
Riuscii a convincerla ad andare a mangiare qualcosa. Andammo ad abbuffarci da Starbucks, lì le cose erano buonissime.
"Come hai fatto con il lavoro?"
Mi chiese Daisy dopo aver ingerito un pezzo del suo panino.
"Ho spiegato la situazione e mi hanno concesso un giorno libero."
Le dissi mangiando una patatina.
"Ti trovi bene? Le persone sono gentili con te lì?"
Mi chiese. Era tenero il fatto che si preoccupasse per me, sorrisi per questo.
"Sì, mi trovo abbastanza bene e sì,sono tutti molto cordiali nei miei confronti... A parte il maggiordomo. Quel tipo è sempre piuttosto freddo con tutti. Sembra un altezzoso con la puzza sotto il naso."
Le dissi ricordandomi il comportamento assunto da George nei confronti di tutti. Che tipo strano.
"Meno male."
Disse rilasciando un sospiro di sollievo.
"Come mai sembri così sollevata?"
Le chiesi confusa.
"Beh, ero preoccupata del fatto che tu facessi un lavoro in cui ti trovi male, solo per me e per la mamma e... ecco, a volte mi sento un po' un peso."
Mi confessò arrossendo.
"Ma no, tesoro, tu non sei affatto un peso. Sei la mia sorellina, è il mio compito come sorella maggiore prendermi cura di te."
Le dissi sorridendole. Lei ricambiò il sorriso con espressione felice.
Verso le 05:00 pm, tornammo in ospedale. Ero decisa a parlare con mia madre, così dissi a Daisy di aspettarmi nel corridoio ed entrai nella stanza.
"Cosa vuoi?"
Mi chiese acida.
"Parlarti."
Le risposi semplicemente.
"E, sentiamo, cosa vorresti mai dirmi?"
Mi chiese scettica.
"Il dottore ha detto che se continui con questo andamento, non sopravviverai a lungo."
Le dissi diretta, sperando che Daisy non fosse dietro la porta ad origliare. Ridacchiò.
"Ti preoccupi per me ora?"
Mi chiese rivolgendomi uno sguardo di sfida.
"No, io no, ma Daisy sì."
Sospirò.
"Io ormai ho perso le speranze, ma lei no. Lei ha bisogno di te."
Le dissi.
"Nessuno ha bisogno di me."
Disse flebilmente.
"Non ti chiedo di smettere per me, ti chiedo di farlo per lei. Lei ti ama, sei la sua mamma... Daisy è la tua seconda possibilità di essere una buona madre, non sprecarla così."
Le dissi. Mi guardò.
"Mi odi, vero?"
Mi chiese sperando in una risposta negativa... non l'avevo mai vista così.
"Te lo chiedo per favore, non vogliamo perderti."
Dissi ignorando la sua domanda, anche se non del tutto. Chiuse gli occhi.
"Ho bisogno di riposarmi."
Disse per poi girarsi dal lato opposto al mio. Sospirai. Uscii dalla stanza.
"Come sta?"
Mi chiese Daisy venendomi incontro.
"Sta riposando ora."
Le dissi sorridendo.
Passammo tutto il tempo in quel corridoio. Lei mi parlò di come andasse a scuola, aveva la media più alta della sua classe, mi confidò anche che le piaceva un ragazzo più grande di lei.
"Ha 17 anni, è bellissimo, dovresti vederlo. E' alto, tanto alto, con i capelli neri e due occhi color ghiaccio. Ogni volta che li guardo mi ci perdo dentro."
Mi disse con aria sognante. Sorrisi.
"Gli hai mai parlato?"
Le chiesi.
"Beh, non proprio... Lui mi ha rivolto spesso la parola, ma io sono piuttosto impacciata, non so mai cosa dire e inizio a balbettare. Sembra quasi che io lo snobbi totalmente, forse lui crede anche che non mi interessa."
Mi disse timidamente passandosi le mani fra i capelli per la frustrazione.
"Secondo me, dovresti studiarlo meglio per cercare di capire che tipo di argomenti potresti affrontare con lui."
Le consigliai. Non ero la persona adatta per affrontare questi argomenti, ma sapevo cosa provava. Era successo anche a me... molto tempo prima.
"Forse hai ragione. Ci proverò."
Disse più motivata.
Si fecero le 09:45 pm, era ora di portarla a casa.
"E' ora che ti porti a casa."
Le dissi alzandomi.
"Aspetta, voglio salutare la mamma."
Mi disse afferrandomi il braccio.
"Non è il caso, starà dormendo."
Cercai di farle cambiare idea.
"Vorrei almeno lasciarle un biglietto."
Mi disse con gli occhi lucidi. Sospirai. Io ero parecchio testarda, ma lei non era da meno. Sapevo che non si sarebbe mossa di lì fin quando non le avrei detto di sì.
"Va bene, ma fa piano."
Glielo concessi, così entrò silenziosa nella stanza e ne uscì pochi minuti dopo.
"Fatto."
Disse soddisfatta avvicinandosi a me.
"Bene, ora andiamo."
Uscimmo di lì e prendemmo un taxi.
"Sicura che non vuoi che resti con te?"
Le chiesi quando stava per scendere dal veicolo.
"Sì, tranquilla, non vorrei causarti problemi a lavoro. E poi sono grande ormai."
Disse sicura.
"Okay, come vuoi tu. Buonanotte allora."
Le dissi sorridendo.
"Buonanotte sorellona."
Disse sorridendomi, per poi chiudere lo sportello e avviarsi dentro casa. Sospirai e mi lasciai andare sul sedile. Ero stanca, a pezzi, avevo una voglia di piangere immensa che mi stava opprimendo.
"Dove dobbiamo andare ora?"
Mi chiese l'uomo alla guida.
"Al castello della famiglia Styles, per favore."
Dissi.
"Lei vive lì?"
Chiese sorpreso.
"Sì, perché?"
Dissi rimettendomi seduta composta.
"Beh, non credevo che ci abitasse qualcuno della famiglia Styles."
Disse.
"In effetti io non faccio parte della famiglia. Lavoro lì, ecco tutto."
Gli spiegai.
"Ah, ecco. Senta, sa che fine ha fatto il bambino che viveva lì?"
Mi chiese.
"Perché me lo chiede?"
Forse si riferiva al Padrone.
"Tutti sanno che la Signora Styles è deceduta e che il marito è andato via, ma del figlio non s'è saputo più nulla. Nessuno l'ha più visto dalla scomparsa della madre."
Mi raccontò.
"Mi scusi, ma non posso parlarle di cose che riguardano i miei datori di lavoro."
Dissi per chiudere lì la conversazione.
Durante tutto il tragitto, non feci altro che pensare, in particolare a Lui. Non seppi spiegarmi il perché, ma sentivo che Lui era l'unico che poteva capirmi in quel momento, l'unico che mi avrebbe ascoltata e mi sarebbe stato vicino. Volevo andare da Lui, ne avevo bisogno.
"Ecco a lei."
Dissi dando i soldi al tassista, per poi vederlo uscire da quell'enorme cancello e allontanarsi nel buio della notte. Entrai velocemente in casa e salii quell'enorme scalinata per dirigermi da Lui.
Ero arrivata finalmente davanti alla porta. Durante il tragitto mi imbattei nel Signor Jackson, ma per fortuna riuscii a non farmi vedere. Dopo qualche tentennamento, mi decisi ad entrare. Mi feci strada nel buio verso la Sua porta, mi accovacciai a terra e diedi qualche colpetto alla porta.
"E' lì?"
Chiesi. Ci mise qualche secondo a rispondere a Sua volta con dei colpetti.
"Scusi se la disturbo a quest'ora, è solo che... Avevo bisogno di un posto per stare sola ma che non mi facesse sentire sola e... Questo è il primo ed unico posto che mi è venuto in mente."
Sospirai e mi distesi vicino alla porta.
"Sa, ho sempre amato il buio, è come se nascondesse tutto... ciò che ci circonda, la gente... i pensieri della gente... noi stessi. Il buio è sempre stato il mio rifugio, mi bastava chiudermi in una stanza, chiudere le finestre e lui era lì, pronto ad avvolgermi."
Dissi.
"Mi dispiace di averla lasciata sola oggi, ma..."
Fu quello il momento in cui non ce la feci più e scoppiai. Le lacrime cominciarono a rigare il mio volto.
"Ha deciso di morire... non le importa nulla di me e mia sorella..."
Dissi improvvisamente.
"Lei è mia madre, non voglio perderla..."
Le lacrime iniziarono a farsi più numerose e i miei singhiozzi più forti.
"Lei era la madre migliore del mondo... sempre pronta a farmi sorridere, a darmi quello di cui avevo bisogno, a darmi affetto, conforto. Lei era sempre lì, per me... avrebbe fatto qualsiasi cosa per farmi stare bene..."
Continuai a parlare senza sosta.
"La rivoglio con me..."
Dissi infine per poi continuare semplicemente a piangere, fino ad addormentarmi.
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