Capitolo 4
Erano passati cinque giorni. Le cose non erano affatto cambiate dal primo giorno. Gli portavo la colazione, leggevo per Lui, mettevo la musica che voleva Lui, Gli parlavo, non molto purtroppo, Gli portavo la merenda, Gli davo la buonanotte e poi mi recavo nell'ufficio del Signor Jackson. In quei giorni scoprii che la madre del Padrone era scomparsa, che Suo padre era sempre via per lavoro e che era figlio unico, ma non seppi ancora nulla sul Suo... esilio. Passavo anche del tempo con Madison, successivamente, che mi insegnò alcune ricette dei piatti più graditi dal Padrone.
Era la mattina del settimo giorno. Scesi di sotto, puntuale come sempre, per prendere il vassoio della colazione e portarGlielo.
Arrivata nella stanza, lo lasciai davanti alla porta e pronunciai le solite parole.
"Le ho portato la colazione, spero sia di suo gradimento." Dissi per poi uscire dalla stanza chiudendo la porta e aspettando. Sentii i soliti rumori e dopo una quindicina di minuti entrai. Il vassoio era ancora lì, solo la spremuta e una brioche erano sparite. Sospirai. Mangiava pochissimo e la cosa iniziò ad infastidirmi. Io e Madison ci facevamo in quattro per prepararGli da mangiare e Lui? O rovesciava tutto sul pavimento, che toccava pulire a me ovviamente, o non toccava nulla. Presi il vassoio e scesi giù.
"Anche oggi nulla?" Mi chiese Madison notando la mia faccia. Scossi la testa.
"Ha preso solo la spremuta e la brioche." La informai.
"Beh, almeno ha preso qualcosa." Sorrise debolmente Madison. La guardai, mi dispiaceva tantissimo vederla così, si vedeva chiaramente che teneva molto al Padrone e che si preoccupava per Lui. Iniziavo ad odiare il Suo comportamento capriccioso. Va bene non avere fame, ma almeno poteva concederci il beneficio di far capire che si era gradito il gesto e non rovesciare tutto come se fosse spazzatura.
Tornai di sopra, ero fuori di me. Entrai di soppiatto nella stanza e sbottai.
"Allora, okay che forse io sono l'ultima persona che dovrebbe permettersi di rivolgersi così a Lei, ma francamente non m'importa al momento. La Sua è una mancanza di educazione. Non lo dico tanto per me, ma quanto per Madison. Quella donna Le vuole bene come a un figlio, si fa in quattro per compiacerLa e Lei che fa? Rovescia il cibo che quella donna prepara appositamente per Lei o lo rifiuta del tutto. Io non conosco la Sua situazione, non so cosa Le sia successo e so perfettamente che la cosa non mi riguarda, ma qualsiasi cosa le sia capitata, per quanto spiacevole possa essere, non Le dà alcun diritto di trattare così quella donna, di disprezzare così il suo lavoro. E spero per Lei che sia dietro quella dannata porta ad ascoltarmi!" Dissi tutto con un tono duro, arrabbiato, severo ed autoritario. Ricordai le parole che mi disse il Signor Jackson al nostro primo incontro serale.
"Lei deve semplicemente comportarsi come si comporterebbe con un bambino."
Bene, sarebbe stato quello che avrei fatto.
"Fino a quando non dimostrerà un po' di gratitudine nei confronti di Madison, io non leggerò per Lei e non Le farò ascoltare alcuna musica." Dissi per concludere e mi sedetti sulla poltrona a braccia conserte. Sentii dei rumori provenire dall'altra parte, probabilmente non Gli andò a genio la mia reazione, ma la cosa non mi importò più di tanto, doveva imparare come ci si comporta.
Arrivarono le 03:00 pm. Madison mi disse di scendere prima così da prepararGli qualcosa di speciale. L'impegno che ci metteva quella donna era evidente, anche un cieco l'avrebbe visto, e ciò mi spronò ad impegnarmi per essere alla sua altezza.
Preparammo dei cupcake, i Suoi preferiti, e dovetti ammettere che, per esser stata la prima volta che li facevo, mi riuscirono piuttosto bene.
"Ne conservo un po' per domani mattina, così glieLi porti per colazione." Mi disse prendendo qualche cupcake per metterlo in un porta torte di vetro.
"Perfetto, ora vado a portarGli questi." Dissi sorridendole e prendendo il vassoio.
Mi diressi sicura verso la solita stanza e posizionai il vassoio per terra davanti alla Sua porta.
"Ecco la merenda." Dissi per poi uscire e chiudere la porta.
Passarono i minuti, ma non sentii alcun rumore, così decisi di entrare. Aprii la porta lentamente e sporsi la testa verso l'interno. Il vassoio era ancora lì, intatto. Era serio? Davvero voleva patire la fame per non darmela vinta? Bene, se Lui era determinato e testardo, non sapeva quanto potevo esserlo io. Entrai e presi il vassoio per poi andarmi a sedere. Presi uno dei cupcake in mano, lo guardai, gli diedi un morso ed emisi un verso d'apprezzamento.
"Sono davvero buoni, non sa cosa si sta perdendo." Dissi in segno di sfida.
Finii per mangiarmi tutti e quattro i cupcake, così scesi di sotto.
"Non ci credo, ha mangiato tutto?" Mi guardò incredula e sorridente Madison. Mi diedi uno schiaffo mentale. Mi ero totalmente dimenticata di lei. Non volevo mentirle, ma non volevo nemmeno deluderla, sembrava così felice.
"Sì, li devono essere davvero piaciuti." Mentii sorridendole. Mi prese il vassoio dalle mani e cominciò a canticchiare per tutta la cucina. Ero felice di vederla così.
Tornai di sopra e mi misi seduta sulla poltrona, era tutto così silenzioso, chiusi gli occhi per bearmi di quella pace. Non avevo mai notato che fosse così piacevole. Ho sempre preferito il rumore al silenzio, ma da quando ero lì, anche il silenzio non mi dispiaceva più.
Senza rendermene conto, mi ero addormentata, così scattai in piedi e presi il telefono, erano le 09:30 pm. Altri trenta minuti e sarei dovuta scendere dal Signor Jackson. Riposi il cellulare in tasca e diedi uno sguardo alla Sua porta. Sospirai. Iniziai a fare avanti e indietro per la stanza in attesa che i minuti passassero.
09:58 pm. Decisi di iniziare a scendere.
"Buonanotte, a domani." Lo salutai per poi incamminarmi nell'ala opposta della casa.
Bussai per poi entrare.
"Signorina Dixon, allora, com'è andata oggi?" Mi chiese sorridendomi come al solito il Signor Jackson.
"Al solito." Dissi accompagnando le mie parole con un'alzata di spalle.
Passammo il tempo a parlare di me. Mi chiese se ero figlia unica, mi chiese dei miei genitori, di dove fossi nata e dove avessi vissuto, insomma, le solite cose che ci si chiedono quando ci si conosce per la prima volta, solo che erano poste solo a me e mai a lui.
Finito il mio lavoro, me ne andai in camera, ero stremata. Mi spogliai e indossai il pigiama velocemente, impostai la sveglia e ripresi il sonnellino che avevo interrotto all'improvviso quel pomeriggio.
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