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Capitolo 5


Quella di Max non era la replica che mi sarei aspettata. Voglio dire... quello che avevo appena confessato doveva sembrare una follia colossale, giusto? Una persona sana di mente avrebbe spalancato la porta, si sarebbe precipitata giù per le scale e si sarebbe rifiutata d'incrociare di nuovo la mia strada... tipo... per il resto della vita, no? Invece questi due se ne stavano seduti nel mio salotto, ascoltavano quello che dicevo e non sembravano in alcun modo stupiti.

Presi un respiro e tentai di spiegare, con una calma innaturale, ciò che non poteva in alcun modo essere spiegato. «Siete circondati da una specie di alone di luce. Il tuo è argenteo» dissi indicando Max, «e quello di Kurt color oro. Le vostre aure sono belle, in realtà. È come se la vostra stessa anima si sprigionasse fuori dal corpo e mostrasse i vostri pensieri e le vostre emozioni.» Stavo facendo dei voli pindarici che di sicuro non erano da me, ma mi ero fatta un po' prendere dalla magia del momento. Voglio dire... ero in grado di vedere le aure! Era abbastanza fico, tutto sommato.

La reazione dei due, ancora una volta, mi spiazzò. Per quanto potessi sembrare una psicopatica, era evidente che mi credevano. Kurt si mise ad agitare un piede per il nervosismo, mentre Max, se mai era possibile, impallidì ancora di più. Sedeva immobile come una statua di marmo; avrei voluto battere le mani per farlo uscire da quello stato catatonico, ma non era il caso, dal momento che rischiavo di perdere la vita per un colpo ben assestato da parte di Kurt.

A un tratto, Max deglutì; la visione del suo pomo d'Adamo che andava su e giù mi parve bellissima. In effetti non mi ero mai concentrata a osservare così un ragazzo; certo, avevo avuto le mie esperienze, ma questo giovane uomo dal volto sofisticato era irresistibile.

«Vedi le nostre aure» puntualizzò. «Ti capita spesso? Studi esoterismo, o qualcosa del genere?»

Stavo per scoppiare in una risata isterica. Io, studiare esoterismo, dopo che per tutta la vita avevo preso in giro i miei genitori per l'attività strampalata del loro negozio? Fuori discussione. Ero la persona più razionale al mondo, come si poteva pensare che praticassi ciò che ritenevo un'idiozia? «No. Sono una persona con i piedi per terra, io» ribattei.

Max fece un movimento repentino, così veloce che quasi non lo vidi. L'attimo prima era seduto sulla sedia di fronte a me, l'istante dopo mi aveva raggiunto e aveva catturato le mie mani tra le sue, scoccandomi una scintilla d'energia così violenta da spezzarmi il respiro.

Eppure, non provavo timore. Mi stavo abituando a quella sensazione. Era bello averlo accanto e capire che si preoccupava per me, poiché era evidente, dal modo in cui mi guardava, che temeva che mi succedesse qualcosa. «È pericoloso starci vicino, Livia» disse, fissandomi con un'intensità magnetica. «Molto pericoloso. Dimentica quello che hai visto. Dimenticati tutto. Non seguirci, non cercarci più. Devi stare il più lontano possibile da noi. Hai capito?»

Quel discorso doveva farmi venire la pelle d'oca per lo spavento, ne ero sicura. Ma, tutto a un tratto, avevo la pelle d'oca solo perché Max mi teneva le mani. Non riuscivo a pensare ad altro che al brivido che mi scuoteva le braccia, al contatto con quell'energia inebriante e alla sensazione che provavo di fronte alle sue iridi grigio argento, che traboccavano di gentilezza.

«Hai capito?» ripeté Max.

Dovevo sembrare un po' tonta, persa com'ero nella contemplazione del suo viso da angelo oscuro. Mi riscossi e tentai di recuperare la lucidità. «Capito? No!» replicai, in preda a una furia improvvisa. «Adesso mi spieghi cos'è questa stranezza. Sono sempre stata una persona razionale! Non ho nulla di strano; se vedo quello che vedo dev'essere perché siete strani voi.»

Quella sfuriata ebbe il potere, ahimè, di far arretrare Max e balzare Kurt in piedi come se volesse frapporsi tra me, uno scricciolo che non avrebbe spaventato nemmeno una formica, e il suo preziosissimo amico.

Max mi guardò con un'espressione ferita, poi fece un cenno a Kurt. «Andiamo» stabilì.

In due passi erano già alla porta. «Aspetta!» gridai, con tale energia che di sicuro feci fare un salto nel letto all'inquilina ottuagenaria dell'ultimo piano. «Devi spiegarmi cosa sta succedendo.»

Max si voltò a malapena e mi lanciò uno sguardo colmo di tristezza. «Dimenticati di noi» insistette. «Non seguirci mai più.»

Poi, aprì la porta e se ne andò.

Dimenticarmi di loro? Col cavolo. Non riuscivo a scordare il modo in cui Max mi aveva rivolto, poco prima di andarsene, un'occhiata che pareva contenere molto di più di un semplice addio.

Dispiacere. Sconforto. Amarezza, anche se non sapevo spiegarne il motivo.

Così come non potevo togliermi dalla testa il vorticare misterioso della sua aura. E l'elettricità che mi trasmetteva il contatto con il suo corpo.

Non avevo mai provato una cosa del genere in vita mia. La giornata era stata così colma di avvenimenti che trascorsi l'intera nottata a rigirarmi nel letto, ragionare su quanto accaduto e prendere a pugni il cuscino per la rabbia perché non riuscivo a dormire, proprio quando dovevo a tutti i costi riposare e prepararmi a una nuova giornata di lezioni e studio.

Alla fine, mi ritrovai a camminare su e giù per la casa come un colibrì irrequieto.

Stavo perdendo la razionalità di cui ero sempre andata così fiera.

Quando arrivò la mattina, mi rassegnai a fare colazione tra uno sbadiglio e l'altro, ingurgitando a casaccio fette biscottate con marmellata e corn flakes inzuppati nel latte vegetale, dopodiché feci una doccia veloce, mi vestii in tutta fretta e mi precipitai in dipartimento.

Secondo Max non avrei più dovuto seguirli?

Bene. Allora, visto che adoravo fare il contrario di quello che mi veniva detto, avrei scovato lui e Kurt, ovunque si fossero nascosti, e li avrei spiati per scoprire il loro mistero.

***

I miei propositi del giorno erano più nobili che mai, tuttavia, quando arrivai in dipartimento, scoprii che Max e Kurt non si trovavano da nessuna parte. Feci i quattro piani dell'edificio esaminando ogni angolo, a parte i bagni degli uomini, ma non riuscii a stanarli. Così, mi rassegnai a ricominciare l'ennesima giornata da studentessa, uguale alle altre migliaia che avevo già trascorso: quattro chiacchiere con Elena, che aveva cambiato colore di capelli e sfoggiava un rosa tenue che la faceva sembrare una fata, le solite domande che rivolgevo al professore per mostrare che ero la studentessa migliore del corso, la consueta fuga dal tentativo di Giacomo di attaccare bottone.

In tutto questo, nessuna traccia di Kurt. O, soprattutto, di Max.

Finché...

Non fu tanto qualcosa che vidi. Fu più una sensazione improvvisa, una sorta di buonumore che scoppiettò dietro di me.

Provai l'istinto di voltarmi subito, ma mi obbligai ad alzarmi con calma, fingere di chiacchierare con un compagno di corso che conoscevo di vista e approfittarne per gettare un'occhiata alle mie spalle.

Ebbi la visione fugace di un bagliore, luminoso come un raggio di sole.

Beccato! pensai.

Liquidai il ragazzo con cui stavo parlando, m'incamminai verso le aule studio del piano terra, imboccai un corridoio sulla destra e lo attraversai di corsa, in modo da fare un giro e arrivare di nuovo al cortile centrale del dipartimento, ora molto meno affollato visto che era tardo pomeriggio.

Sbucai giusto dietro al malcapitato che cercava di seguirmi senza farsi vedere.

«Ti ho visto!» urlai.

Kurt fu così sorpreso che fece letteralmente un salto in aria, andando a schiantarsi contro una parete per lo spavento.

Ehm... avevo esagerato. Lo capii vedendo gli studenti che si spostavano lungo il cortile e mi lanciavano occhiate stupefatte, e soprattutto osservando il colorito di Kurt, che da pallido si era fatto quasi smorto. Se non altro non sembrava a rischio di un attacco di cuore, perché non si era piegato in due con una mano sul torace né aveva il fiatone.

Più che altro pareva che avesse smesso del tutto di respirare.

«Sei impazzita?» sibilò, tentando di recuperare il controllo, con l'aura che si era trasformata in un vortice di energia cinetica.

Per quanto Kurt fosse alto come un gigante, grazie alla sua aura luminosa non mi incuteva alcun timore. «L'ho fatto apposta, così impari a seguirmi» ribattei.

«Non ti stavo seguendo» mugugnò lui con aria scontenta, massaggiandosi un gomito, che doveva aver sbattuto quando aveva cozzato contro la parete del cortile.

«Davvero? E allora perché la tua aura mi stava appiccicata come se si fosse incollata alla mia anima? Guarda che l'ho sentita, sai.»

Kurt sgranò gli occhi come se, all'improvviso, mi credesse una fattucchiera. «Mi hai sentito?» ripeté con la meraviglia di un bimbo.

Ridacchiai, gustandomi l'espressione ancora più sbalordita con cui accolse la mia reazione. «Certo! Percepisco le aure anche di spalle. E posso lanciare una maledizione ai ragazzi che mi importunano.»

Kurt, a quelle parole, si addossò ancora di più alla parete. «Davvero?» mormorò a occhi sgranati.

Povera creatura. Mi resi conto che lo stavo maltrattando. «No. Scherzo» ammisi.

Non volevo infierire troppo su di lui, e fui sollevata quando lo vidi scrollare la testa per il sollievo.

«Perché mi stavi seguendo?» insistetti.

Prima di rispondere, Kurt lanciò un'occhiata guardinga agli studenti. Che, in effetti, ci osservavano con una certa curiosità, di sicuro chiedendosi come fosse possibile che una ragazza alta quanto uno scoiattolo avesse messo in un angolo quello che, se non altro per la stazza impressionante, sembrava in tutto e per tutto il dio Thor.

«Non posso dirtelo» ribatté Kurt. La sua aura era agitata, uno scoppiettio di fuochi d'artificio nei toni del rame. Ma era...come dire... pulita.

Una persona con un'aura piacevole come quella non poteva avere neanche un grammo di cattiveria dentro di sé.

Colta da un'ispirazione improvvisa, lo afferrai per una mano e me lo trascinai dietro, portandolo in un chiostro interno un po' meno trafficato. La sua mano mi trasmetteva una sensazione diversa da quella di Max: nessuna scossa elettrica, tutt'al più un lieve pizzicore di energia. E, soprattutto, nessun calore. Come se, nelle sue vene, non scorresse neppure una goccia di sangue.

La cosa mi sconcertò, ma la faccia di Kurt, che si guardava la mano con cui lo trattenevo come se fosse un cavaliere d'altri tempi sconcertato dall'idea di toccare una damigella, mi strappò una risata.



SPAZIO DELL'AUTRICE

Max ha detto chiaro e tondo a Livia che non ha più intenzione di vederla, ma... figurarsi! Questa ragazza è troppo testarda per farsi intimidire da un rifiuto. Siete curiosi di vedere come procederà la storia? Fatemelo sapere nei commenti! E, se questo capitolo vi è piaciuto, votatelo con una stellina.

A presto con nuovi capitoli,

Chiara

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