02. La sera di Halloween - Prima parte
Il mio cellulare inizia a vibrare, intonando la melodia di "Nothing Else Matters" dei Metallica. Sbadiglio e, quasi a occhi chiusi, mi tiro su dal letto. Bastet, la mia gatta, si stiracchia al minimo accenno di movimento. Sfilo il cellulare dal comodino, ma la luce accecante dello schermo mi colpisce come un pugno agli occhi già rossi e gonfi.
«Pronto?» biascico, ancora mezza addormentata.
«Ciao, Nerina! Come stai?». La sua voce squillante mi colpisce come un colpo di gong, quasi riuscisse a interferire col segnale stesso del telefono.
Mi viene un sospiro mentre controllo l'orario sullo schermo.
«Buongiorno anche a te - ribatto con un tono acido - Direi non tanto bene, considerando che mi hai svegliata presto». Mi rifugio sotto le coperte nere e morbide, sperando di riaddormentarmi e dimenticare questa telefonata.
«Ehi, il tuo umore è sempre al top! -ribatte lui, sarcastico- Io, comunque, sto benissimo. Grazie per avermelo chiesto.» La sua voce è così perennemente vivace, che potrebbe far sentire tutti i sordi rinchiusi in una stanza.
Cerco di allontanare il cellulare e il cuscino il più possibile dal suo tono entusiasta, pregando che si stanchi e riattacchi.
«Nerina? Sei ancora lì? Mi senti? Devo chiamare suor Franca a tirarti giù dal letto? Se non mi dai cenni di vita entro tre secondi, la chiamo. Uno... Due...»
Il solo nome di quel demone - che, associato a una suora, sembra uscito da un film horror - mi fa scattare. Mi alzo di colpo e prendo il telefono in mano: «No, ti prego, no! Sono sveglia!»
«Non devi solo essere sveglia, cara Nerina: devi essere operativa. Muoviti, vai a fare colazione e vestiti, perché sono le nove e mezza e dovresti essere già a scuola.»
«Ma... oggi non è domenica?» farfuglio, sperando che il mio calendario mentale sia meno disastroso di quanto sembri.
«Nerina! Ti ho coperto dicendo ai prof. che eri dalla neurologa per uno dei tuoi soliti controlli. Ora smettila di protestare e corri a scuola!»
«Va bene, va bene!» ribatto, riattaccando prima che possa aggiungere altro. Ovviamente. Solo lui poteva svegliarmi con una telefonata "gentile".
Ti pareva! Gianluca che mi chiama per svegliarmi e andare a scuola.
Con un colpo d'ali, mi alzo dal letto e corro sotto la doccia, lavandomi in fretta con il mio solito sapone al ginepro nero e carbone, che sa di bosco autunnale. Un'altra delle mie piccole ossessioni nere.
Ancora avvolta nell'accappatoio, mi catapulto in cucina, sperando di non essere notata. Troppo tardi: quattro occhi stupiti e arrabbiati sono già puntati su di me. Suor Angela e Lucia mi fissano con disapprovazione, come se fossi un gatto che ha invaso una voliera. Le loro occhiate cariche di rimproveri mi fanno accelerare il passo, cercando di evitare certi commenti.
È tempo di sparire, prima che arrivi suor Franca a farmi la predica e portar via tempo. Meglio filare a scuola che ascoltare una delle sue ramanzine.
In un batter d'occhio, sono pronta. Cartella in spalla, divisa sistemata, denti puliti. Do un bacio a Bastet, che dorme ancora tra le lenzuola e il letto non
ancora fatto. Ora posso andare; finalmente, apro la porta.
«Signorina!! -mannaggia, suor Franca- Adesso tu fili immediatamente a scuola e quando torni facciamo i conti» esclama con tono severo con entrambe le braccia incrociate. Brutto segno... quando le porta ai
fianchi è meglio.
«Va bene, va bene! Sto andando!» sbuffo, sbattendo la porta con una piccola scossa di ribellione.
Cavolo, ma perché non posso solo sparire dalla faccia della Terra?
Vorrei solo prendere e andare via, cancellare la memoria riguardante me e puff, Nerina non c'è più e nessuno si ricorda di lei.
Più veloce della luce stessa, mi ritrovo a scuola e sono appena le dieci (miracolo, arrivo quasi spesso durante la ricreazione), questo significa che la terza ora è già iniziata da cinque minuti.
Chi me l'ha fatto fare di venire a S-C-U-O-L-A?!
Se prendo Gianluca con i suoi ricatti... giuro che si ritroverà tre metri sottoterra.
Entro in classe in punta di piedi e mi siedo al mio posto, appoggiando la borsa accanto al banco e cercando di sintonizzarmi sulla lezione.
«Oh, guarda chi è arrivata! La nostra amata dormigliona!» La voce del prof. taglia l'aria, piena di un sarcasmo quasi ironico. Tutti gli occhi si girano verso di me.
Respiro profondamente, cercando di trovare la forza necessaria per affrontare ciò che mi attende. Non sarà facile, lo so, ma non ho altra scelta se non quella di continuare a lottare. Forse un giorno, riuscirò a
trovare la mia strada e a liberarmi da questo labirinto di responsabilità e aspettative.
Ma per ora, devo solo resistere e continuare a camminare lungo il sentiero che mi è stato tracciato. Anche se ogni passo è una lotta, anche se ogni giorno è una battaglia, devo continuare a muovermi avanti. Perché solo così potrò sperare di trovare la mia libertà e la mia pace interiore.
La mia mente inizia a vagare, lontano da queste pareti e da questa routine, quando una voce mi riporta alla realtà.
«Ciao, Nerina.». È il mio compagno di banco, che mi saluta con un sorriso impacciato.
«Ciao, Antony,» mormoro, rannicchiandomi sul banco e posando la testa sulle braccia. Dio, ci mancava anche lui, lo stalker.
«Siamo stanchine quest'oggi...» sottolinea.
«Quando avrai problemi di insonnia, lo capirai», rispondo secca.
«Mi capita, ma solo quando mi immergo in letture super interessanti e perdo la cognizione del tempo. Una bevuta di caffè e torno come nuovo».
«Ah, ecco da cosa nasce tutta la tua euforia...» gli dico guardandolo dritto in volto.
«Cavolo! Che faccia che hai! -esclama preoccupato e stupito- Sembri uscita da un film di Tim Burton. Stai bene?».
«Grazie -rispondo- lo prenderò come un complimento».
Il docente riprende l'attenzione su di sé ed io mi raggomitolo per poter dormire sul banco.
«Ragazzi. Sapete che giorno è oggi?», domanda Pastroccio sedendosi davanti a noi sulla cattedra.
«È il trentuno ottobre prof.! Come fa a non sapere che giorno è?!» esulta Lucas cercando di provocarlo.
«Sì, esatto. Perciò oggi è...?».
«L'ultimo del mese!» interviene Sdraffy.
«Oddio che capre che siete! È Halloween, banda di babbuini senza cervello!» esclamo infastidita tirando su il capo per farmi sentire meglio.
«Esatto Nerina, ma non serve reagire così», rimprovera il docente con tono amorevole.
Io sbuffo, tornando a riposare tra i quaderni e le mie braccia.
«Prof., stava dicendo?» chiede Jennifer, invitando Pastrocchio a continuare.
«Dicevo che oggi, essendo Halloween, parleremo del genere horror, vi va?», sottolinea il tutto urlando, cercando di attirare la mia attenzione.
Gianluca mi conosce bene, sa che è uno dei miei generi preferiti, oltre ai thriller e ai gialli.
Il suo sguardo sembra trapassarmi come se leggesse i miei pensieri più oscuri.
La lezione di oggi non sarà una "passeggiata nel parco", lo capisco dallo sguardo di Pastrocchio mentre sfoglia il libro di poesie di Edgar Allan Poe, il nostro professore di italiano ha deciso di rendere omaggio al grande maestro.
Il mio cuore inizia a battere più velocemente. Non c'è nulla che mi appassioni più dei racconti oscuri e inquietanti dell'autore dell'orrore. E con l'arrivo di Halloween, sembra che il momento sia perfetto per immergersi nelle tenebre della letteratura.
Mentre discute delle opere di Poe, riesco a percepire l'atmosfera tetra che si diffonde nella classe, come se il tempo si fosse fermato e ci trovassimo tutti sospesi in un limbo tra la realtà e l'oscurità dei racconti di Poe. Le pareti sembrano respirare con una vita propria, i libri sullo scaffale sembrano sussurrare misteri ancestrali e persino la luce del sole che filtra dalle finestre assume una sfumatura sinistra.
Gianluca inizia a recitare un estratto da "Il corvo", e il suo modo di farlo trasmette un brivido lungo la mia schiena. Sono rapita dalle parole, dall'atmosfera gotica che permea l'aula.
Narra con voce profonda e suggestiva dei misteri celati nelle opere del maestro dell'horror, mentre io mi ritrovo rapita dalle sue parole, quasi in trance. È come se fossimo tutti trasportati in un altro mondo, un mondo fatto di brividi e di terrore, un mondo che solo Poe poteva creare con la sua genialità macabra.
Mentre il tempo scorre lentamente, mi ritrovo a chiedermi se forse non sia stato un bene essere svegliata così presto da Gianluca. Forse, grazie a lui, ho avuto l'opportunità di vivere un'esperienza unica, immersa nell'atmosfera magica e inquietante di Poe.
E così, tra le righe delle poesie e dei racconti dell'autore maledetto, mi ritrovo a dimenticare il mio desiderio di vendetta e ad abbandonarmi completamente alla magia dell'horror. Perché, alla fine, anche se può sembrare strano, c'è qualcosa di incredibilmente affascinante nell'oscurità, qualcosa che mi attrae e mi spinge a esplorare i recessi più nascosti della mia anima.
Mentre la lezione prosegue, il mio pensiero vaga verso i racconti di Lovecraft, verso mondi oscuri e creature indescrivibili che popolano la sua immaginazione. Quel che mi piacerebbe fare adesso è immergermi in uno di quei mondi, fuggire da questa realtà che sembra sempre più opprimente.
Ogni tanto vorrei poter parlare, vedere e toccare Cthulhu.
Ma per ora, sono qui, seduta in questa aula scolastica, circondata da compagni di classe che non capiscono la bellezza dell'orrore, mentre il professore continua a trasmettermi la sua passione per la letteratura. E anche se la mia giornata è iniziata in modo turbolento, almeno ho trovato un rifugio temporaneo in queste pagine oscure e affascinanti.
La campanella interrompe la meravigliosa lezione di oggi, dando il via alla pausa e riesco a uscire dalla classe come se fossi appena scappata da una prigione. Ma proprio quando penso di essere libera, sento una mano sulla spalla.
«Nerina, posso parlarti un attimo?» chiede Gianluca con un'espressione seria sul volto. Oh no, cosa vorrà adesso? Mica avrà combinato qualcosa? E cosa stavolta?
Accetto con riluttanza e ci dirigiamo verso un angolo più tranquillo del corridoio.
«Guarda, so che ti ho svegliata in modo poco carino questa mattina, ma c'è una cosa che devi sapere. -inizia il professore con tono serio- Non ero sicuro se il pretesto del controllo medico avrebbe funzionato, ma sono riuscito a convincere tutti che fosse vero. Volevo solo dirti che ho fatto quello che ho potuto per aiutarti. Ora però dovrai vedertela con le suore... Sappiamo entrambi che le sentiremo».
Mi trovo a guardarlo senza parole, colpita dalla sua sincerità. Non è solo un professore severo e esigente, ma è anche qualcuno che si preoccupa davvero per gli studenti, insomma, per me.
Io gli spiego già che sono stata sgamata da alcune di loro e tra queste l'incubo di tutti: Suor Franca.
Ci congediamo ed io raggiungo Antony che mi ha aspettata per tutto il tempo.
«Tutto bene?», chiede preoccupato.
«Mica tanto...» rispondo amareggiata.
Ci dirigiamo verso il cortile, o meglio verso l'area dei fumatori.
Edgar ci saluta e mi porge una sigaretta.
Mi prendo la sigaretta da Edgar e accendo il mio accendino con un sospiro di frustrazione. Il fumo avvolge l'aria mentre mi siedo su una panchina, Antony accanto a me.
«Cosa c'è che non va?», chiede guardandomi con occhi preoccupati.
«È solo... tutto così complicato», rispondo, cercando di sfuggire ai pensieri con una boccata di fumo. Antony annuisce comprensivo, senza aggiungere altro, lasciandomi il tempo di raccontargli tutto.
«Posso fare qualcosa per aiutarti?».
Respiro profondamente, sentendo il calore della sigaretta tra le dita; come faccio a dirgli "Hey Antony, sai, sono una ragazza anormale e tutto questo non fa per me"?!
Mi sento come quando ho scoperto di avere dei poteri magici. Nel senso, ho sempre saputo di averli, soprattutto perché sono state le stesse suore a dirmelo, nonostante il loro credo, però erano le uniche a sapere la verità e dovevano, potevano saperlo solo loro.
Quando ho iniziato a svilupparne di altri, io non me lo aspettavo, soprattutto perché mi sentivo ancora più confusa, strana e allo stesso spaventata da me stessa.
Non so se fossi una supereroina, oppure un mostro. Fatto sta che ad undici anni mi aspettavo una lettera da Hogwarts, visto che i miei ultimi poteri si erano manifestati anni prima.
Alla fine, ero solo una bambina che sperava di poter essere riconosciuta dai propri simili, simili che non si sono mai fatti vivi.
«No, al momento no, grazie lo stesso» gli rispondo guardandolo negli occhi. Lui sorride dolcemente, porgendomi una mano per aiutarmi ad alzare (e forse anche a sostenermi). Con un sospiro di sollievo, getto via la sigaretta e mi preparo ad affrontare le ore successive di lezione.
Wow, che bello: abbiamo educazione fisica; sono sarcastica, chi ha voglia di correre dopo la merenda?
Cinque minuti prima del suono della campanella, ci dirigiamo in palestra e, ognuno per il fatto suo, sta nel proprio camerino a cambiarsi.
Il suono iconico di tutte le scuole dà il via alle ultime due ore di tortura.
Il professore entra in palestra, tutti gli studenti si alzano in piedi, tranne io. Non l'ho mai fatto con nessun docente e mai lo farò.
«Anche quest'oggi signorina Heiting decide di rimanere per terra... Perfetto, allora oggi faremo dei bei esercizi, ma prima -ed è quasi ovvio e scontato con ogni insegnante di motoria- cinque minuti di corsa» incoraggia grintoso Doridoi.
Chissà perché, ma questi cinque minuti di corsa sembrano sempre durare un'eternità.
Nonostante sia quasi novembre e faccia un freddo madornale che penetra le ossa, Doridoi sa essere un sadico: ci fa correre in cortile, costringendoci a percorrere tutto il perimetro della scuola con l'aggiunta di due giri nel campo da calcio e tennis.
«Okay, sono stanca. Io mi fermo qua!» esclamo con il fiato corto, sudata e accaldata. Antony si presta a restarmi accanto.
«Non mi mollerai mai, vero?» gli domando affannata.
Lui scuote la testa, inizia a saltellare sul posto.
«Al momento no, sono qui a dirti che siamo quasi arrivati. Se non riesci a correre, almeno cammina», risponde tornando a correre.
Non sembra, ma Antony sa essere molto atletico se necessario. Per adesso l'ho sempre visto impegnarsi in ogni materia. Chissà se gli viene naturale essere così intelligente e acculturato, oppure ci sono vari sforzi, lavori, dedizione e sacrifici dietro a tutte queste sue azioni?
Su di lui non ho niente da dire. È bravo in tutto.
Con fatica e corse, arrivo alla palestra dove ci attende il docente con il suo compagno fedele: il computer per annotare ogni progresso (e non) dei suoi studenti.
Le ore, per fortuna, passano velocemente, come passa anche l'odore pungente di sudore dopo una bella rinfrescata nei bagni. Non sopporterei di andare in giro emanando odori sgradevoli.
La campanella suona, un'altra settimana scolastica è terminata ed io non vedo l'ora che tutto questo finisca. Quando arrivano le vacanze?
Nel ritorno a casa, Antony si affianca a me. Abita a due vie distanti dall'orfanotrofio, perciò ci troviamo ogni giorno a fare un pezzo di strada.
«Nerina, stavo pensando... Oggi è Halloween e mi chiedevo se...».
«Ti avviso che le suore sta sera hanno già in mente di fare festa per i bambini. Perciò, se vuoi organizzare qualcosa, sappi che hanno già fatto tutto loro».
«Sul serio?», chiede stupito fermandosi.
Io annuisco e mi fermo pure io.
«Allora, io non sono credente, ma suor Cristina e suor Angela hanno sempre fatto qualcosa per questa festa. Non tutti sanno che esistono anche alcuni cristiani che scelgono di celebrare Halloween come una festa innocua e divertente, partecipando a feste in maschera e a "dolcetto o scherzetto".
Le suore dell'orfanotrofio vedono questo evento come un'opportunità di unirsi alla comunità e di creare ricordi con la famiglia e gli amici, infatti è aperto a tutti.
Quale Halloween potrebbe essere più spaventoso da passarlo in un orfanotrofio vecchio e gestito da suore? Sembra un film horror.
Penso che sia l'unica festa a cui io partecipi, soprattutto per spaventare i bambini e, a volte, le persone che non mi stanno simpatiche.
Tutto sommato, Halloween è l'unica festa che mi piace, per questo è la mia preferita. La festeggerei tutto l'anno», ridacchio divertita nel vedere l'espressione facciale di Antony: stupita e spaventata allo stesso tempo.
«Sul serio? Io le immagino a pregare ogni giorno, a fare la predica a chiunque, ma sempre in modo amorevole e con un sorriso amichevole».
«Già... Beh, non sei l'unico. Alle medie pensavano che io stessi in un convento e che, perciò, io dovessi diventare una monaca di clausura. Esilarante».
«A che ora possiamo passare?» domanda euforico.
«Essendoci anche la cena, io penso verso le sei e mezza, perché alle sei c'è il rosario -rispondo riflettendo sulla domanda- Aspetta, in che senso "possiamo"? Tu e chi?».
«Io e la mia famiglia, essendoci altri bambini, i miei fratellini potranno giocare con loro».
«In che senso i tuoi fratellini? Hai dei fratelli?». Penso di essere quasi sconvolta.
«Sì».
«Me lo avevi già detto? Scusa, sei arrivato solo dieci giorni fa e certe cose tu me le avrai anche raccontate, ma non ti avrò ascoltato attivamente. Mi spiace».
Lui scoppia a ridere, per poi toccarmi la spalla e riprendere a camminare verso la nostra strada.
«No, Nerina, non te lo avevo mai detto, ma non è importante».
«Insomma, sei il primo figlio di...? Quanti siete?» chiedo curiosa.
«Non sono il primo, ma semmai il secondo. Ho una sorella più grande, Abigail, va all'università, ma in un'altra ragione, studia architettura; dopo ci sono io, poi c'è la mia sorellina Aubrey, che ha nove anni, ed infine c'è Alexander, di sette anni».
«Caspita, siete proprio tantini in famiglia».
«In effetti, non è sempre facile», confessa.
Ci ritroviamo nel solito bivio che separa le nostre strade per tornare alle rispettive abitazioni.
Mi da una pacca sulla spalla e conclude nel dirmi che ci saremmo visti sta sera alle sei e mezza.
Rientro all'orfanotrofio e trovo i bambini impazienti di sedersi a tavola per il pranzo. Voci allegre, urla giocose e risate contagiose risuonano per i corridoi mentre mi dirigo furtivamente verso la mia camera.
Appoggio le mie cose con un sospiro di sollievo e, con movimenti rapidi, mi cambio indossando la mia solita tuta sgualcita. Bastet, la mia piccola pantera, mi accoglie con un miagolio affettuoso e saltella per la stanza, trasmettendomi una carica di vitalità e voglia di giocare. La prendo in braccio e le faccio le coccole mentre mi dirigo verso la tavola, pronta per il pasto.
Arrivate alla nostra meta, faccio scendere Bastet, invitandola a passare in cucina per sgranocchiare qualcosa preparato dalla cuoca Lucia. La mia schiena si irrigidisce istintivamente, l'aurea intimidatoria di suor Franca si percepisce nell'aria e un brivido mi percorre la spina dorsale. Ecco, adesso sono nei guai.
Mentre mi siedo a tavola, cercando di evitare lo sguardo severo di Suor Franca, sento il cuore battere più forte nel petto. È come se ogni colpo fosse un martellare di colpe e responsabilità.
Lucia, con la sua gentilezza consueta, mi porge il piatto con un sorriso di incoraggiamento.
«Ecco, Nerina, mangia qualcosa. Ti farà sentire meglio», dice con voce dolce, cercando di alleviare la tensione che si è accumulata intorno a me.
Accetto il cibo con gratitudine e inizio a mangiare con riluttanza, cercando di ignorare lo sguardo scrutatore di Suor Franca che sembra penetrare fino all'anima.
«Nerina, devi dire qualcosa?», domanda sarcastica la generale dell'istituto.
«Suor Franca, so dove vuole andare a parare. Sì, stamani non ho sentito la sveglia. No, è stata una coincidenza. Sì, pensavo fosse sabato e sì, dopo che Gianluca mi ha chiamato sono volata a scuola. La me di una volta non ci sarebbe andata», ribatto infastidita, incrociando le braccia.
Intanto, Bastet si aggira curiosa intorno ai piedi della tavola, cercando di attirare l'attenzione con piccoli miagolii giocosi. È come se volesse distrarmi dalla situazione imbarazzante in cui mi trovo.
«Nerina! Per favore, fa sì che non si ripeta mai più. Sai quali sono le nostre regole: non si salta la scuola se».
«Se si sta bene... Allora io non dovrei andare da nessuna parte» rispondo a bassa voce per non farmi sentire.
«Nonostante tu abbia mantenuto il tuo dovere, darai una mano con i preparativi. Va bene?».
Come se avessi alternative... Alla fine non ho la libertà di scelta in questi casi. Mannaggietta.
Dalla mia bocca risuona solo un lamento vibrato e del susseguirsi di vari sbuffi.
Terminato il pasto, torno in camera mia, afferro il mio cuscino dalla federa nera, lo porto alla faccia cercando di soffocare ogni mio grido lancinante per alcuni timpani e cristalli.
Devo trovare la calma.
Okay, Nerina, non è la prima volta che dai una mano. Non ami i lavori di squadra, preferisci lavorare da sola; non ti piace, ma accetta e sopporta.
Per trovare la pace all'interno del mio animo, accendo l'incenso che riempie di buon profumo la mia stanza. Riesce a rilassarmi, a calmare il mio respiro e a riportare la quiete. Le candele illuminano la stanza e il mio viso, avvolte dalle pietre di Onice nero e
Ossidiana, che formano un cerchio che abbracciano le tre candele messe al centro.
Mi concentro sul mio battito cardiaco percependo ogni piccola cellula che alberga sulla mia pelle.
Che bella sensazione.
Potrei leggere i tarocchi questa sera, solo per dare fastidio alle suore, visto che questa pratica la chiamano "sedute spiritiche"; manco avessi la tavola ouija.
Successivamente scendo e raggiungo il gruppo di suore pronte a darsi da fare per organizzare al meglio la serata.
Il programma è molto semplice: ci si divide in cinque gruppi.
> Il primo prepara le zucche da intagliare insieme ai bambini per gli altri coetanei.
> Il secondo si dedica alle decorazioni e ghirlande grottesche, tetre e spaventose attorno e dentro all'orfanotrofio. Inserendo scheletri tra gli angoli, lanterne sugli scaffali, ragnatele appiccicose, insieme a ragni carinissimi, non solo sul soffitto, ma anche su pareti e mobili. Statue di plastica vengono inserite nel cortile e all'entrata, regalando uno scherzo spaventoso a chi bussa o suona al campanello.
> Il terzo gruppo, il più corposo, prepara la cena con menù tutti autunnali e a tema Halloween. La cuoca Lucia quest'anno ha scelto delle prelibatezze, ma con due liste differenti di piatti: uno per i bambini e uno per gli adulti.
Il primo contiene piatti che possono piacere (o meno ai bambini), ad esempio delle pizzette a forma di mummia creata grazie alla mozzarella; una torta salata, a forma di teschio, farcita con la purea di zucca e patate unito al prosciutto cotto e un po' di formaggio. Successivamente una caprese con le olive sopra da richiamare la forma dell'occhio con la pupilla, accompagnata da delle "dita da strega" (ovvero dei wurstel avvolti in pasta sfoglia lasciando un buchino per creare l'effetto unghia).
Per i dolci possiamo trovare biscotti al cioccolato a forma di pipistrello, di scheletri, fantasmini o semplici zucche sorridenti, tortini alle pere a forma di berretto da strega. Dei semplici macarons con diversi colori richiamando, grazie alle decorazioni, vari personaggi che riguardano questa festa, così per i brownies.
Per quanto riguarda il menù degli adulti, Lucia non si è preoccupata di spendere e pensare troppo.
Direi che ha avuto delle ottime idee. L'antipasto è molto simpatico: pannetti neri con occhi e zampe, per richiamare i ragni, farciti con affettati, verdure, creme e salse. Di primi piatti ce ne sono molti, come la vellutata di funghi, patate e cipolle, oppure risotto alla zucca e noci, dei semplici gnocchi di zucca conditi con burro e salvia.
Come secondi piatti possiamo trovare la vastità si semplici piatti freddi a elaborati piatti caldi (e viceversa). Polpette di ceci, lenticchie, carne, tutte a forma di topolino; delle piovre ripiene di formaggio, funghi o spinaci, che dormono in piccole terrine mentre aspettano di essere mangiate; infine, dei peperoni sorridenti o arrabbiati ripieni di verdure stufate, o riso, oppure di carne o di ceci. Insieme a tanto altro come i contorni di verdure gratinate, funghi in besciamella, zucca al forno.
I dolci mi fanno volare, tanto da volerli mangiare subito: muffin alla zucca, torta rustica con susine e mandorle, crostata di mele, biscotti ripieni di pere e noci, panini dolci ripieni di marmellata di castagne (fatta in casa). Quella che fa più impressione, perché viene preparata alla perfezione, è la panna cotta "al cervello".
Il bere è in bottiglie di vetro a forma di teschio, all'interno possiamo trovare bibite gassate, acqua, o vini.
Ovviamente, per alcuni adulti, qualcosa di alcolico ci vuole ed è per questo che anche queste bevande vengono preparate con tema Halloween.
Entrambi i menù sono molto inclusivi per permettere a chi è onnivoro, vegetariano o vengano, per chi ha intolleranze o allergie (anche se le suore chiedono sempre a tutti cosa possono o meno) di mangiare ciò che prepara questo grande gruppo di suore e orfani adolescenti.
> Il quarto gruppo si occupa dei giochi da proporre ai grandi e ai piccini.
Spesso si gioca a squadre o a piccoli gruppi, soprattutto per i bambini. Penso che si possano riproporre le stesse solite attività, come ad esempio tiro al barattolo e chi segna più punti vince delle caramelle (anche se poi le vincono tutti); c'è il gioco della "mummificazione" ovvero chi si avvolge prima tutto il corpo con lenzuola, o tende vecchie, vince. Oppure "il pentolone della strega", una persona viene bendata e deve indovinare quali oggetti ci sono all'interno solo nel toccarli, per gli adulti è assaggiare delle cose culinarie (alcune terribili e ideate da me).
Ai bambini piace anche "Chi ha ucciso Jack?", ovvero in una stanza buia ci stanno un gruppo di bambini e tra questi uno è un assassino/vampiro (a seconda dell'età), ma fuori da questa stanza c'è un investigatore che deve capire chi ha ucciso Jack. Prima della partita, ad ogni bambino viene dato un biglietto e quello con il bollino rosso è il vampiro/assassino, ma non può dirlo a nessuno. Una volta che si è dentro, le luci vengono spente, parte la musica e l'assassino/vampiro parte all'attacco.
Quando vieni toccato per due volte alle spalle, devi cadere a terra e urlare: «Oh no, mi ha ucciso!». Tutti si fermano al loro posto e in quel momento entra il detective che accende le luci e deve indovinare.
Se non azzecca si riprende il gioco, ma il morto esce dalla stanza e diventa investigatore. Nella versione "vampiro" il morto "uccide" insieme al suo collega senza sapere chi sia.
Gli adulti hanno cose un po' diverse, a parte la musica per ballare di continuo, di solito creiamo un karaoke o dei quiz in cui i "concorrenti" devono rispondere su argomenti inerenti al tema di Halloween (film horror, letteratura, personaggi, cultura e tanto altro), oppure risolvere un enigma come "cena con delitto".
Poi, se qualcuno lo chiede, c'è anche la lettura dei tarocchi, anche se le suore non vogliono che io pratichi questa arte. Perché per me è arte la divinazione, anche se i tarocchi danno solo consigli e non leggono il futuro.
> Il quinto, e ultimo gruppo, si occupa di due cose che vengono divise in A e B.
>> La squadra A si occupa di preparare le tavole, sistemare le pietanze.
>> La squadra B è dedita ai costumi dei propri amici e compagni, ovvero escono con una lista lunghissima nel prendere o rammendare i travestimenti.
Io non appartengo a nessun gruppo, in quanto, stando a suor Franca, devo fare da "jolly" a causa del mio comportamento. Cosa significa questo ruolo? Correre in ogni gruppo ad aiutare quando e dove c'è bisogno. Perciò, mi vedo costretta a viaggiare più della luce da una stanza all'altra, da una zucca cruda a una bollita, da un gioco a una decorazione, per infine cercare negli scatoloni vari abiti.
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