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Introduzione: Il Pianeta Strano a Sedici Anni




La cameretta di Rosedi a sedici anni era una piccola stanza di un appartamento popolare, al terzo piano di un edificio sito a sud della provincia milanese: due metri per tre, ma aveva tutto quello che serviva per la fantasia, un letto dove sognare una sedia ed una scrivania piena di fogli, matite e colori. Rosedi, lunghi capelli neri, raggiunge il metro e sessanta a malapena, - bah, non sono una fotomodella ... ma ne anche il mostro dei luoghi fangosi - pensava tra se mentre si guardava allo specchio, snella, notava i fianchi inesistenti, il petto piatto e i pochi punti neri sul naso a patata - Ma chi se ne frega! - lanciava il cuscino contro lo specchio e matita in mano iniziava a fare quello che più amava nella sua vita... disegnava, fantasticando ad occhi aperti, e sul foglio i personaggi prendevano vita. Ogni momento era buono per iniziare una nuova storia, ed i fogli a quadretti dei quadernoni di matematica erano un ottimo supporto, gli A4 bianchi di tecnica sembravano fatti a posta per essere piegati in due e suddivisi in vignette, la sua mente, che lei era solita chiamare 'pianeta strano', era una fonte inesauribile, e quando non poteva disegnare, fantasticava guardando dal finestrino del bus che la portava a scuola.

Il pianeta strano era una di tante sue modalità di raccontare la realtà: ogni essere vivente era un pianeta a sé, la maggior parte erano pianeti normalissimi, alcuni stravaganti, altri fuori dal comune, oppure pianeti in via di estinzione, il suo era strano (dal vocabolario italiano: Diverso dal consueto, singolare, insolito – che desta sospetto, timore, sorpresa – essere, sembrare strano, difficile da credere). Ma chi può descrivere meglio Rosedi e il suo pianeta, se non lei stessa? Ed allora diamole la parola anzi la tastiera, oppure semplicemente una matita.

La matita iniziò a scorrere sul foglio, i primi tratti indistinti velocemente composero il volto sorridente di una ragazzina dai lunghi capelli neri, un po' arruffati, un tratto deciso delineava la sagoma di un portone... la nuvoletta del fumetto donò parola al volto.

    <<Ciao io sono Rosedi, ma questo lo sapete già. :D Sapete già la mia età ed anche come sono fatta fisicamente, ma chi sono realmente? Io sono una ragazza che frequenta il liceo artistico, che ha una fantastica migliore amica, sono un po' pazzoide, amo questo mondo fantastico, e trovo sempre il lato buone di persone e cose, e quando c'è un evento che non mi garba mi rifugio nel mio personalissimo mondo: il "pianeta strano"!

È la mia fabbrica dei sogni, è il mio mondo, il mio universo e il pianeta delle storie. Essendo il pianeta strano il mio immaginario è difficile accedervi, non tanto perché sia chiuso, certo, certo esiste un portone, ma entrare è di una facilità disarmante, il problema è arrivarci, perché di base io pur essendo solare e sempre con il sorriso stampato in faccia, beh sono timida e spesso chi mette piede sul mio pianeta o si perde oppure non comprendendo niente forse scappa chi può dirlo ... :D :D :D Il mio universo unico come può esserlo per ogni essere vivente è un labirinto di fantasia sfrenata, storie iniziate e mai finite, personaggi in cerca di autore per citare Pirandello, è un viaggio nell'immaginario sfrenato di una liceale che nella sua normalità è strepitosamente speciale.

Avete voglia di addentrarvi in questo viaggio nella mente di una ragazzina? Se avete risposto di si, come spero, allora siete alle porte del mio pianeta strano, e questo che di certo si è materializzato davanti a voi è l'enorme portone di legno massiccio formato da semi tronchi di secolari alberi canadesi. Il grande chiavistello in ferro battuto è incastrato tra i meccanismi intricati, che terminano in lunghe lance che in basso sono ben inserite nel terreno ed in alto hanno ovviamente delle splendide punte lavorate e levigate dai venti.

La chiave del portone esiste davvero, è piccolissima non so' di che materiale sia fatta, forse ferraccio, è marrone, sembra ottone, o forse è oro puro. Non sempre la trovo, in questi giorni si è fatta trovare, ma la storia della chiave del mio portone è un'altra, ora, visto che si è fatta trovare, possiamo aprire il portone ed entrare; finalmente.

Il portone non scricchiola, semplicemente si apre, prima un'anta e poi l'altra e poi sembra difficile da credere, ti aspetti una strada, una sala, un luogo insomma qualcosa e invece è solo luce e colori, e caos, odori ed onde, c'è forse il mare la in fondo in lontananza? Oppure quelle splendide vette bianche è neve? Ma la sensazione che si prova è solo, solo ... come è quella parola? Diverso dal consueto, singolare, insolito – che desta sospetto, timore, sorpresa ... appunto è "strano".

Cosa vi aspettavate? È la mia mente, ed è intricata nella sua semplicità. Il portone serve per entrare nel mio mondo ed il mio pianeta nell'anno 1985 circa si presenta così: al centro c'è il castello dell'esperienza, da esso è possibile tutto, padroneggia un panorama mozzafiato, sembra un edificio mal assemblato, a tratti solido e massiccio a tratti etereo. A nord-est del castello guardando da uno dei punti più alti dalle torri c'è la terra dei Eridanium: popolo pacifico dalle tante leggende, forse la più famosa è quella del - quadro dai tre volti – è una storia carina che ho disegnato a fumetti ed ovviamente l'ho persa... però ho ritrovato un tentativo scritto e così eccolo qua>>

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