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Capitolo 11 - Richard

Charlotte sbirciava l'orologio ogni cinque minuti, e stranamente, ogni volta le lancette parevano tornare indietro. Stava aspettando all'aeroporto di Ronchi l'arrivo di suo fratello Richard, ma il tempo pareva non passare mai. Erano le nove e un quarto di sera.

Aveva passato il pomeriggio a lavorare sul suo pezzo, prima in riunione con l'editore, poi analizzando fonti storiche, poi revisionando quello che aveva scritto nei giorni precedenti. Era stanchissima. Inoltre era qualche notte che non dormiva bene. Esattamente da quando Patrick aveva di nuovo fatto capolino nella sua vita.

Intravide sbucare da un angolo un gruppetto di persone dagli occhi stanchi e dopo qualche minuto vide un giovane alto, biondo, che indossava un cardigan su pantaloni in lana blu, e aveva un cellulare in mano. Lui rallentò la camminata decisa per cercarla con lo sguardo tra la folla in attesa. Gli fece un cenno con la mano, quindi i loro occhi si incrociarono.

«Buonasera Lottie.»
«Ciao Rick, tutto bene il viaggio?»
Richard emise un fischio per sottolineare che il viaggio era andato liscio come l'olio.

Si incamminarono verso l'uscita dell'aeroporto e poi verso l'auto di Charlotte. Una volta nell'Audi A7 nera della sorella, Richard si lasciò andare ad un respiro profondo che concluse con una sbuffata.
«Sei sicuro di stare bene?» gli chiese Charlotte.
«Sì, sì...ci sono solo un po' di cose da sistemare a New York, ma niente che non si possa risolvere.»
«Di che si tratta?» lo incalzò Charlotte. Richard le fece cenno con una mano a indicare nulla di importante e lei si fece bastare quella risposta. Non aveva le forze per chiedergli altro.

Durante il viaggio parlarono di come stava Charles, che fumava sigari tutto il giorno e si lamentava sempre del personale e blaterava che se i dipendenti fossero stati inglesi invece di americani, sarebbe stato tutto più semplice, si lamentava del freddo di New York, e terminava singhiozzando che se Linda fosse stata viva, avrebbe fatto in modo che in casa sua ci fossero stati sempre fiori freschi.

Richard chiese a Charlotte se aveva sentito il fratello Chris, ma lei gli disse di no. Sapeva solo quello che suo padre le diceva, e cioè che stava divorziando.
«Sarà a New York per le feste - aggiunse Richard - potrai riallacciare i rapporti con lui, se vorrai venire» azzardò. Charlotte non era sicura di volerlo, ma ci avrebbe pensato. Chris aveva curato la difesa di Josh, quando era stato arrestato. Non era andata molto bene.

Arrivarono in fretta all'Hilton di Trieste, dove Richard aveva una camera. Non aveva chiesto a Charlotte di stare da lei e quest'ultima non glielo aveva proposto. Richard era un viaggiatore attento e gli piaceva stare in hotel. Farsi servire, le colazioni abbondanti, l'idea che quel posto non fosse casa sua. Cercava sempre di sentirsi un estraneo quando viaggiava e l'ambiente asettico, ma curato degli hotel di lusso lo deliziava.

Charlotte parcheggiò proprio davanti all'imponente entrata di quello che fino a qualche anno prima era una importante banca, nel centro della città e non lontano dallo studio legale che suo padre aveva aperto insieme a Patrick, per poi lasciarlo in gestione al giovane affiancandogli un collega di fama che lo avrebbe sostenuto nei momenti di difficoltà: il maestoso, sornione, affettuoso, amante della bella vita, Edward Greenberg.

Richard lo avrebbe incontrato il giorno dopo, ma non sarebbe rimasto a lungo in città. Sapeva che ogni permanenza più lunga di qualche giorno avrebbe potuto incasinargli la sanità mentale e soprattutto la reputazione, se di mezzo c'era Patrick, a cui davvero, non sapeva dire di no.

Lo aveva visto l'ultima volta due anni prima, e se era ancora come se lo ricordava, preferiva non partecipare a una serata mondana con lui: sarebbe finita ad un tavolo di ragazze, pianti isterici, rossetto sbavato sul colletto di una delle sue camicie, alcool e qualche numero di telefono che avrebbe scoperto solo la mattina dopo, spiegazzato nel suo portafoglio.

Il portiere si affrettò a battere leggermente i polpastrelli sul bagagliaio dell'auto per indicare a Charlotte di aprirlo dall'interno. Scaricò la valigia di Patrick e si diresse verso l'atrio dell'hotel.

«Grazie del passaggio Lottie. Ordinerò qualcosa da mangiare in camera.»
«Come vuoi.»
«Ci vediamo a pranzo domani con Edward.»
«Certo. Buona notte.» Charlotte si fermò ad osservare suo fratello mentre le porte automatiche in vetro si aprivano e si richiudevano dietro di lui. Vide la sua massa di capelli dorati e mossi illuminata dalle luci calde della reception, che si riflettevano sulla grande statua al centro della stanza.

Lo vide camminare verso l'imponente bancone d'epoca in legno scuro intarsiato che si estendeva per tutta la lunghezza della sala. Le sue sneakers bianche da tennis contrastavano con il pregiato pavimento in marmo color ocra. Fu in grado anche di vedere la receptionist arrossire a una battuta di Richard, forse le aveva detto che era particolarmente bella, o le aveva fatto i complimenti per l'accento con cui parlava inglese. Si passò una mano tra i morbidi capelli biondi e la receptionist lo guardò rapita.

Charlotte sorrise. Richard aveva trentacinque anni e non era cambiato di una virgola da quando erano adolescenti e lui fingeva di giocare a nascondino con i fratelli e la figlia del custode per poi sparire con lei nel fienile della loro tenuta estiva, nelle Highlands.

Era un ragazzo attraente, dai tratti del viso delicati, quasi femminili, le dita delle mani affusolate, un sorriso ben curato e qualche lentiggine. Ma non era il suo aspetto, benché piacevole, a fare colpo sulle ragazze.

Richard era affascinante. Non nel senso classico del termine, no di più, lui incarnava il fascino, e se la parola magnetismo avesse avuto un volto, sarebbe stato il suo.

Sapeva parlare nel tono di voce giusto, e aveva sempre le cose più azzeccate da dire in ogni momento. Riusciva a trasportarti a bordo di un pensiero per viaggiare lontano, sapeva che vino ti sarebbe piaciuto e che colore gli avresti visto bene addosso.

Richard era mutevole e sapeva vestirsi della personalità più ricercata, quella che la persona che aveva di fronte voleva che avesse. Era chiunque tu volevi che fosse, e questo era fondamentale nella sua vita, come nel suo lavoro, quando doveva difendere uno spregevole assassino davanti ad una giuria.
Di fatto, nessuno conosceva Richard Cooper davvero. E forse l'unica persona che lo avesse mai visto per quello che era veramente, adesso era morta.

Josh.

Charlotte sgommò via, moriva di sonno. Il giorno successivo avrebbe dovuto presenziare a quel pranzo con suo fratello, in cui avrebbero discusso dei loro programmi per le feste.

Lei pensava di andare a New York per Capodanno, mentre Richard avrebbe voluto che raggiungesse la famiglia anche per Natale, la settimana successiva. Charles, suo padre, desiderava che fossero tutti uniti, per ritrovare lo spirito dei Cooper, diceva. Charlotte rise tra sé. 

Arrivò a casa e si svestì, indossando un pigiama comodo e caldo. Neri si accoccolò ai piedi del letto a baldacchino e iniziò subito a ronfare. In un attimo entrambi furono nel mondo dei sogni e la casa divenne silenziosa.

***

Pochi chilometri più in là, nel suo elegante appartamento, Patrick rifletteva. 
La telefonata di Charles lo aveva turbato, ma ci avrebbe pensato domani, anche se prevedeva la necessità di comprare un biglietto per New York.
Mah, sotto le feste?  - pensò sbuffando e si rigirò nel letto, dando il viso alle alte finestre dalle tende color sabbia, tirate. La luce della luna lo illuminava e creava strane ombre blu che screziavano la trapunta. 

Odiava New York a Natale: quello che piaceva tanto ai turisti, come la pista del ghiaccio al Rockefeller center, le luci, le straordinarie vetrine addobbate di Macy's, l'enorme albero di Natale illuminato, per lui erano solo distrazioni.

Non tollerava la patina oleosa di brillantini e sorrisi falsi di cui si adornava la città, e preferiva di gran lunga la Gran Bretagna, dove aveva ancora sua madre e il suo patrigno, nella loro tenuta nel Kent, oppure Trieste, che non riusciva a disfarsi della sua malinconia europea neppure in quel periodo.

Purtroppo però, sembrava che dovesse intervenire personalmente nel contrattempo per cui Charles lo aveva chiamato. Pazienza, voleva dire che quell'anno avrebbe passato le feste nella grande mela.

Avrebbe rivisto Charles, e questo voleva dire prepararsi a lunghe riunioni che avevano come oggetto lo studio legale e le donne di cui lui si era innamorato negli anni, passeggiate a Central Park immersi nell'odore dei sigari, e forse, ma Patrick non osava aspirare a tanto, ci sarebbe stato spazio anche per parlare di Charlotte.

Avrebbe potuto affrontare quanto era successo tra loro con Richard, la sera successiva, al Gentleman's club. Non si vedevano da due anni e Patrick era molto diverso dal dinoccolato atleta in polo Lacoste bianca, e Chesterfield fumante a fior di labbra che ricordava l'amico.
Stava cercando anche di darsi una regolata con l'alcool, il che lo aiutava a fare scelte più sagge anche in fatto di donne. Patrick si diede mentalmente una pacca sulla spalla, aveva fatto un buon lavoro dopotutto.

Lo studio legale andava bene, aveva imparato tutto quello che poteva da Edward, che gli aveva spiegato la psicologia delle mogli tradite mentre divorava kebab sulla sua scrivania: a Patrick, un intero mondo si era spalancato davanti durante quelle sessioni. Aveva iniziato a comprendere la maggior parte delle reazioni delle ragazze con cui usciva e improvvisamente sembrava aver acquisito un fascino speciale.

Sapeva perché a volte avevano il broncio, e come mai erano allegre e tristi nello stesso momento. Restavano tutte affascinate quando, con la sua R leggermente arrotata si presentava in italiano dicendo il suo nome, e aggiungeva avvocato, alla fine della frase. Non diceva mai che faceva il divorzista, gli sembrava portasse male.

Ora il suo scopo era chiudere definitivamente i conti con il passato.
Qualche mese prima, durante un uscita con gli amici in un popolare locale del centro, aveva rivisto Charlotte. Non sapeva che si fosse trasferita a Trieste, né da quanto tempo condividessero strade, bar, e tramonti nella stessa città.

Non aveva avuto il coraggio di avvicinarsi e si era limitato a fissarla da lontano. Dopo il funerale, i contatti tra loro erano stati a dir poco sporadici, e lei non aveva mai perso l'occasione di vomitargli addosso tutto il suo odio. Di solito lo faceva attraverso Charles, che edulcorava i loro scambi di vedute per non essere troppo diretto con Patrick, e lasciargli la speranza che Charlotte prima o poi lo avrebbe ascoltato.
Ma lui adesso non riusciva più a resistere. Doveva parlarle, spiegarsi e finalmente, forse, riuscire a farsi apprezzare da lei. Non osava dire che l'avrebbe conquistata, ma sicuramente lo sognava.

In ogni caso in poco tempo era riuscito, insieme a Edward, a guadagnarsi una fetta di mercato importante e adesso aveva in mano i contratti prematrimoniali e le cause di divorzio delle famiglie più in vista di tutto il nord Italia. Forse sarebbe anche riuscito a convincere Richard a trasferirsi e gestire lo studio insieme, ricreando un trio. Certo, sarebbe stato un trio differente, stavolta, ma avevano perso un pezzo per strada ormai anche se, maledizione, il pezzo morto continuava a tornare a incasinargli i piani.

Cazzo Josh, lasciaci in pace e basta - pensò. 

Chiuse gli occhi e si decise a provare a dormire. Quel biglietto aereo gli sarebbe costato una fortuna.



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