𝐨𝐧𝐞
AVVISO : Considerano i tanti anni passati dall'ultimo aggiornamento della storia, per chi non lo sapesse, ho preso la decisione di riscriverla daccapo, cambiandola in modo che sia più realistica possibile. Non cancellerò i capitoli precedenti, perché fanno comunque parte della storia, e perché sono molto affezionata a ciò che ho scritto, dal momento che è proprio grazie a quei capitoli che ho raggiunto questo enorme obiettivo su wattpad. Vi auguro una buona lettura, e spero possa piacervi la nuova storia. Per qualsiasi cosa, un consiglio o anche solo un messaggio per conoscerci scrivetemi nei commenti, in privato, o anche su instagram se vi va (IG personale: beatrice.cuozzo o IG wattpad: beatricerushers).
Un bacio, Bea♥
Beatrice
Il party dell'istituto si ripete annualmente uno o due giorni prima dell'inizio del nuovo anno scolastico, e per tutti noi studenti è diventata ormai una ricorrenza. Un rito che mi ricorda puntualmente che le vacanze sono giunte al termine, e che è ora di riprendere quei libri nascosti chissà in quale angolo buio e nascosto della mia stanza. Sono terminate le feste in spiaggia, le notti spese a leggere un libro o a guardare la nuova puntata di quella serie che ti piace tanto. Ancora una volta, tutto questo è finito. Si riprende alla vita monotona di tutti i giorni. Alzarsi alle sei di mattina con il rumore fastidioso di una sveglia martellante, passare tra i dieci e i venti minuti in piedi davanti all'armadio in cerca di qualcosa da mettere per poi indossare sempre la solita cosa. Entrare in bagno, e spaventarsi anche solo del proprio riflesso allo specchio e andare in camera di tua sorella, così perfetta e dannatamente ordinata, per prepararti in sua compagnia mentre lei si sistema il trucco. Prendere lo zaino, scendere in cucina e trovare, mentre prepara la colazione, tua madre, e tuo padre che, nonostante l'ingannevole evidenza, cercano di comportarsi come due che ancora si amano. O meglio, si sforzano. Non ci provano nemmeno.
Quest'anno la nostra, ed altre scuole nei dintorni, hanno deciso di organizzare la festa in un locale diverso dagli anni precedenti. Il Blackside. Si trova a qualche minuto da qui, ed ha una capienza ovviamente maggiore visto il numero di persone proveniente da altri istituti, e di gente esterna che, come ogni anno, può entrare senza problemi. Anche se son proprio loro a creare problemi. Il tema di quest'anno è che non c'è un tema. Fortunatamente. Sarebbe stato troppo impegnativo cercare un qualcosa che rispecchiasse un tema ben preciso.
L'anno scorso, bisognava vestirsi come il proprio personaggio della propria serie, o film, preferito. Qualche anno prima un semplice "black & white". Ma non ho comunque voglia di partecipare. Nessuno sentirà la mia mancanza, d'altronde.
«Hai deciso cosa ti metterai stasera?» mi ricorda mia sorella, come se mi avesse letto nel pensiero.
Mi riprendo bruscamente dai miei pensieri, e la guardo dipingersi le unghie di un giallo canarino che non le dona per niente, ma non glielo faccio notare. Ho cercato di evitare tutta l'estate l'argomento, ma a quanto pare ci tiene più lei di me. Non mi è mai piaciuto stare in mezzo a tanta gente, e tanto meno gente che incrocio tutti i giorni nei corridoi. La vedrò per tutto l'anno, che senso ha anticiparsi questa tortura?
«Quest'anno pensavo di passare in realtà, volevo godermi questi ultimi giorni di pace da sola, prima del rientro.» ammetto, giocando con un filo del mio calzino. Sono gli ultimi giorni in cui devo realizzare cosa mi aspetterà nei prossimi a venire, e non ho molta voglia di vedere alcune facce, soprattutto di alcuni professori. Si, perché anche alcuni professori partecipano a questo party.
Siamo in camera sua, io sdraiata sul suo letto, e lei seduta davanti al suo specchio. Passo più tempo nella sua camera che nella mia, ultimamente. Forse perché è più confortevole, e perché ci si trova di tutto.
«Non puoi, saltare il party. Quando andavo a scuola io non vedevo l'ora che arrivasse. E poi questo è il tuo ultimo anno, dovresti approfittarne, quando ti ricapiterà mai più.» fa lei, soffiando sulle unghie.
«E' che... non mi va proprio. La musica a palla, la puzza di alcol... no, quest'anno passo.» dico, mentendo a me stessa.
La sento sbuffare. «Tutte scuse. Te lo dico io perché non vuoi andarci...» si gira verso di me «Hai paura di incontrare Riccardo.» Svelato il mistero. Riccardo è il mio ex ragazzo. Ci siamo lasciati quest'anno, all'inizio dell'estate. La motivazione? E' ancora a me sconosciuta, ma ho voluto pensarla in modo positivo, anche se dentro di me so che è per colpa di una qualche ragazza, che molto probabilmente avrà conosciuto in quei mesi di assenza all'estero. Mi viene in mente la frase che disse mia sorella qualche giorno dopo la rottura: "Riccardo è il classico ragazzo che ti lascia, solo perché vuole passare l'estate libera da single a divertirsi. Poi sicuramente al rientro a scuola ritornerà a braccia aperte, e ti chiederà di riprovarci. Non ti puoi sbagliare, l'ho inquadrato bene. Non mi è mai piaciuto, e lo sai. So bene che tipo di ragazzo è. Fidati di Ellie, che c'è passata prima di te, e queste cose le ha vissute." E forse è proprio così. Anzi, è sicuramente così, Ellie non sbaglia mai.
«Non puoi perderti il party dell'istituto, solo perché c'è anche lui. Di sicuro quello andrà lì per divertirsi. Fagli capire che anche tu sei andata avanti, che non ti interessa più niente di lui. Devi farlo pentire di averti lasciato. Tra un anno ci penserai e farai HO DAVVERO SALTATO IL PARTY PER UN RAGAZZO? Vivrai con il rimorso per tutta la vita.»
«Ellie, c'è solo un problema...io non sono andata avanti, è questo il punto, e lo sai benissimo.» mi misi a sedere.
«Fai finta che sia così. Sforzati un po'. E comunque... dovresti andare avanti. Lui si è goduto tutta l'estate a fare chissà cosa, con chissà chi, mentre tu non hai fatto altro che piangerti addosso.» E purtroppo è vero. Ripenso alla mia estate. A quante notti ho speso - o meglio, buttato - a guardare le nostre vecchie foto, e a piangerci sopra. Di alcuni giorni non mi ricordo proprio nulla, perché non ho fatto niente altro che chiedermi cosa avessi sbagliato, per averlo portato a tale decisione. Ma io, alla fin dei conti, non ho sbagliato proprio nulla. Ho sbagliato solo a fidarmi di lui, e a credere che potesse durare. E' sempre la stessa storia.
Mi copro il volto con le mani, per non scoppiare a piangere, di nuovo. «Ti prego, non me lo ricordare.»
Si avvicina a me con la sedia e appoggia una mano sulla mia gamba. «E' la verità Beatrice. Purtroppo, è la verità, e lo sai bene anche tu. Hai buttato un'intera estate a pensare a quel soggetto, sperando ritornasse. E come tu stessa puoi notare, non è ritornato. Tu lo vedi? Io no. E' ora ora di voltare pagina. Non puoi stare male per una vita intera. Se prova, adesso che inizia la scuola, a chiederti di ritornare insieme... giuro, che lo ammazzo.» fa una pausa, e mi indica in modo minaccioso «E ammazzo te, se gli darai un'altra possibilità. Non si merita nemmeno una briciola del tuo amore. Ti conosco, e saresti capace di perdonarlo e fare finta che tu non abbia mai versato una lacrima.»
Sposto le mani dalla faccia. «Credo che mi farò suora. La trovo un'ottima alternativa. Dove si firma?»
Ellie scoppia in una fragorosa risata, per poi guardarmi «Non ci credi manco te, dai. Chissà quanti ragazzi ancora dovranno fare un giro lì sotto.» dice, dandomi un leggero schiaffo sulla coscia.
«Ellie!» Se c'è una cosa - tra le tante - che odio di mia sorella è prendermi costantemente in giro su argomenti di questo genere.
«Ah ah ah! Dai fai più bella figura se stai zitta sorellina! » mi fa un sorriso falso e ritorna a mettere il suo "bellissimo" smalto giallo.
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Alla fine, Ellie è riuscita a convincermi. Ci riesce sempre. Non so qual è il suo trucco, ma con me, ci riesce sempre. Per più di un'ora e mezza non ha parlato di altro, e alla fine ho ceduto, anche se di andare non ne ho proprio voglia, ma è il mio ultimo anno. Faccio quest'ultimo sacrificio.
«Verrò anche io, se la cosa può farti stare meglio.» Il pensiero di avere mia sorella accanto mi rassicura, nel caso la festa dovesse rivelarsi un totale disastro. Le sorrido. So che lo fa per convincermi ulteriormente, e per farmi stare tranquilla.
«Che ore sono?» chiedo. Ellie si gira, per guardare l'ora sul suo telefono.
«Sono le 16, abbiamo tre ore e mezza per prepararci.» fa, come se tre ore fossero troppo poche. Mi basterebbero solo dieci minuti per truccarmi, sistemarmi i capelli e vestirmi.
«Perfetto, ho un'ora e mezza per riposarmi un po' prima di questa buffonata.» dico, accasciandomi su un cuscino. Ma non faccio nemmeno in tempo ad appoggiarci la testa, che sento mia sorella prendermi per le caviglie.
«Scordati il pisolino. Dobbiamo iniziare subito, o faremo tardi.» sbuffo. Tardi?? Mi trascina fuori dal letto, mi porta in bagno e mi obbliga a fare una doccia.
«Usa il mio shampoo, e non quello schifo che utilizzi te.»
«Cos'ha il mio shampoo che non va?» chiedo, rigirandomelo tra le mani.
«Che costa venti euro in meno del mio.» Sgrano gli occhi stupita.
Dopo trenta minuti sotto l'acqua bollente ed altri trenta per asciugare i capelli, mia sorella compare in bagno, già truccata e con i capelli legati in una morbida coda alta.
Controlla l'ora sul suo cellulare. «Abbiamo due orette e poco più per truccarti, sistemarti questi capelli...» li tocca «Tiè! Quello shampoo è magico!» ammette soddisfatta del suo acquisto. «...e per decidere il vestito.»
La seguo in fretta e furia in camera sua, e mi fa accomodare su una sedia davanti ad uno specchio. Ripenso all'ultima volta che mi sono truccata, o meglio, che mi sono fatta truccare da mia sorella. Era la sera del prom. Ero con Riccardo. Indossavo un vestitino rosso che mi costò una fortuna, ma era davvero bello. Non ricordo molto di quella serata, oltre al mal di testa la mattina dopo, ma mi ricordo di essermi svegliata in una stanza che non era la mia. Riccardo dormiva accanto a me, eravamo entrambi nudi, e troppo ubriachi. Non ci misi molto a realizzare che avevo perso la verginità quella stessa sera. Mai avrei pensato di perderla in quelle condizioni, ma forse, ingenuamente, mi aspettavo qualcosa di più romantico, come nei libri.
«Terra chiama Bea.» mi richiama Ellie dai miei pensieri.
«Scusami stavo pensando.»
«Mmh.. allora stavo dicendo. Ho pensato ad un vestito, che ho comprato l'anno scorso.» Apre l'armadio, e dopo un attenta ricerca, prende quello che è un vestitino color blu elettrico.
«Non è un colore che indossi spesso, ma con i tuoi capelli scuri ti starà divinamente. Fidati di me.»
«Forse... non è un po' troppo eccessivo?» le indico il leggero spacco sul vestito. Lei si mette a ridere, ma non mi risponde subito.
Dopo una lunga pausa. «Che pensavi di indossare? Un jeans, e una felpa? E' la festa della scuola, non la messa della domenica.»
«Va bene, va bene ho capito. Le sarò grata a vita, milady.» dico scherzando, rubandole il vestito di mano.
«Non farci l'abitudine, non succederà mai più.» mi avvisa prima che io possa aprire bocca. Mi alzo dalla sedia e vado in camera mia, a provarmelo.
«Vedi di trattarmelo bene, e di riportarmelo a casa sano e salvo.» Fa, affacciandosi dalla sua stanza, mentre entro nella mia.
Dopo vari minuti a capire come andassero tutti quei lacci dietro la schiena, riesco, finalmente, ad indossarlo. Il tessuto è molto morbido a contatto con la pelle, e lo spacco non è molto volgare. Il vestito arriva leggermente sopra al ginocchio.
Effettivamente Ellie non si sbagliava. E' un colore particolare, ma non attira molto l'attenzione. Quindi, va bene.
Ellie entra improvvisamente nella mia stanza con due tacchi «Dimenticavo quest-» Si ferma di colpo sulla porta. Mi squadra un attimo, per ammirare il suo bel vestitino che ha, sfortunatamente, ceduto alla sorella. «Cavolo Bea! Sai, quasi quasi lo rivoglio indietro.» fa, avanzando, come se volesse prenderlo.
«Eh no!» dico indietreggiando «Adesso è mio.»
«Scusa?!» sgrana gli occhi.
«Per stasera, ovviamente.»
«Ah ecco, già mi stavo innervosendo. Comunque, ti ho portato questo paio di scarpe. Ci sai almeno camminare?» Me li passa.
«Simpatica» le dico, facendo una smorfia. Beh non ha tutti i torti, non ricordo più quando è stata l'ultima volta che ho messo un paio di tacchi. Mi siedo sul letto, davanti allo specchio e, delicatamente - perché se li rompo poi chi la sente - metto anche le sue scarpe. Provo ad alzarmi, e per poco non casco. Immagino già come andrà la serata, ma almeno ho un motivo in più per tornare a casa prima, dato che sicuramente sono tutto tranne che comode.
Dopo una leggera passata di lacca tra i capelli, e qualche strato di mascara, io e Ellie - finalmente -, scendiamo in salone, dove c'è nostra madre che si rilassa guardando qualche video sul suo telefonino.
«Mamma, guarda un po' chi sono riuscita a convincere.» Si gira di scatto, posando il telefono sul divano accanto a lei.
«Da quando ti trucchi e vesti così, signorina? Cosa mi sono persa?» Ovviamente si sta riferendo a me. Ellie si veste così tutti i giorni, anche per andare a lavoro. Non è una novità vederla con qualche mini gonna, o un tacco dodici.
«Da mai. Tutto merito mio.» Le risponde mia sorella, sistemandomi una ciocca di capelli che si era incastrata nell'orecchino.
«State andando alla festa? Vai pure tu?» Ellie annuisce e mi prende sottobraccio.
«Andiamo insieme.» Mi sorride.
Mia madre si gira, e riprende il suo telefonino. Io e Ellie iniziamo ad uscire di casa. «Vi voglio a casa alle 02.00. Non fate casini, per favore. E ritornate sane e salve.» ci urla nostra madre prima di entrare in macchina.
«Ci sono io tranquilla.» fa Ellie, accendendo la macchina. Apro la portiera della macchina e mi siedo accanto a lei.
«Ma se sei te la guasta feste!»
Arriviamo con qualche minuto di anticipo, ma a quanto pare il locale è già pieno di gente. Ellie parcheggia non molto lontano dal locale. Vedo già alcune facce conosciute girovagare nei dintorni. Prendo un bel respiro e scendo dalla macchina. Mi sistemo il vestito e iniziamo ad incamminarci, con molta lentezza, visto le probabilità che ho di rompermi la caviglia stasera. Vedo mia sorella zompettare nei suoi tacchi rossi e sfoggiare uno dei suoi migliori sorrisi. Come può sentirsi così a suo agio in ogni situazione?
Sento, ad ogni passo, la musica farsi sempre più forte, e anche l'alcol.
«Ci siamo!» urla mia sorella, tutta emozionata per questa inutile festa.
«A quanto pare...» dico guardando l'entrata del locale. «Ma è necessaria la mia presenza stasera? Faccio ancora in tempo per girarmi e tornare a casa, vero?» sbuffo.
Ellie si gira verso di me. «Lo so che vorresti essere da qualsiasi altra parte, e non in questo postaccio, ma è il tuo ultimo anno e ti meriti un po' di svago. Magari è la tua sera fortunata e ti porti al letto un bel tipetto... o magari due, chi lo sa.» Sorride maliziosa. Le pesto un piede.
«Ahia, stronza! Sai quanto costano questi tacchi?» chiede pulendo i pochi residui di terra dalle sue amate scarpe.
Si ricompone per poi dirmi: «Ricordati sempre: "Qualsiasi cosa succede, testa alta e fai vedere a tutto il locale quanto sono fighe le donne Wilson." Ma Bia davvero, se dovesse succedere qualcosa, hai il mio numero tra le chiamate di emergenza.» Mi da un lieve bacio sulla guancia per poi sussurrarmi nell'orecchio «Guai a te.» Mi volta le spalle per poi entrare disinvolta nel locale, come una diciottenne dell'ultimo anno, quando in realtà ne porta venticinque. Ma non lo noterà nessuno.
Vedo entrare subito dopo di lei un ragazzo che non avevo mai visto prima, insieme ad un professore. Credo sia di un altro istituto, ma sembra molto più grande. Forse è un esterno. Indossa un normale jeans con una camicia leggermente sbottonata. Viene bruscamente fermato all'entrata da quella che dovrebbe essere la "security", ma non sono altro che due ragazzi usciti si e no un anno fa dalla nostra scuola che vogliono guadagnare qualcosa. Fino ad ora non hanno mai fermato nessuno all'entrata, nemmeno mia sorella. Probabilmente gli stanno chiedendo il suo istituto di appartenenza. Lo vedo avvicinarsi a uno di loro. Gli sta sussurrando qualcosa all'orecchio. Il professore con cui stava chiacchierando fino a qualche secondo prima scoppia, improvvisamente, a ridere. Questo in un primo momento sgrana gli occhi per poi farlo passare. Che strano...
Scuoto la testa, e dopo qualche minuto mi decido ad entrare anche io.
In fin dei conti, non è organizzato male. Il locale è molto spazioso, ed è illuminato da qualche luce colorata appesa al soffitto. C'è parecchia gente, e molte facce conosciute. Il locale puzza di alcol, ma non mi meraviglio più di tanto. Alla fine, queste feste di istituto sono fatte dal 70% d'alcol e dal 30% di coppie arrapate che non vedono l'ora di trovare un angolino nascosto per loro. C'è anche un angolo bar, e un ragazzo dietro al bancone che sta servendo ad una coppia due drink identici.
Si gira verso di me e si sporge. «Cosa desidera?» mi chiede, appoggiando le mani sul bancone, e mostrando un tatuaggio che copre tutto il suo braccio sinistro. E' un insieme di tanti piccoli tatuaggi indecifrabili. Tipico ragazzino che a diciassette anni è scappato di casa e con quei pochi soldi che aveva si è fatto tatuare tutto il braccio da qualche suo amico, e quando si è reso conto di esser rimasto al verde ha iniziato a lavorare.
Mi guardo dietro, ma non c'è nessuno.
«Sto parlando con te.»
«Ah, io? Ehm... Non volevo prendere nulla.»
«Non fare la timidona.»
«No davvero, grazie ma non voglio nulla.»
«Dai siediti.» mi indica lo sgabello davanti a lui. «Offro io.»
Alla fine cedo, e mi metto a sedere. Non che io avessi di meglio da fare.
«Allora...» inizia a squadrarmi lentamente, dal ferma capelli fino alla punta del tacco. Non so esattamente cosa stia facendo, e la cosa mi mette molto a disagio. «Hai più di diciotto anni, quindi posso andare su qualcosa di più pesante di un Cosmopolitan.»
«Come fai a sapere che ho più diciotto anni? O almeno, come puoi esserne così sicuro?» mento, accavallando le gambe e facendo finta di atteggiarmi come una donna vissuta e alcolizzata di trent'anni.
Fa un passo indietro «Non volevi bere.» fa una pausa «E non hai ancora preso un Cosmopolitan.» scoppio a ridere.
«Cosa mi faresti bere?» chiedo, curiosa.
«Ti piace la vodka?» Annuisco «Allora sei tipa da Sex on the beach.» Si gira e inizia a preparamelo.
«Ehi, ehi, ehi! Fermo! Ma sei serio? Fai tanto il figo, con questo tuo metodo di approccio dove cerchi di capire il drink perfetto per ogni singola ragazza qui dentro, e poi mi vuoi fare un Sex on the beach?» rispondo, scandalizzata.
«E allora sentiamo, che cosa vorresti?»
«Un sazerac.»
Ci mette qualche secondo prima di rispondermi. «Ah. Glielo preparo subito.» Si gira e mi da le spalle. Probabilmente non sa nemmeno cosa c'è dentro.
Mentre aspetto, mi guardo un po' intorno, in cerca di qualche faccia conosciuta. E tra tutte, vedo proprio quella di Michelle Peters, che sta al centro della pista da ballo insieme ad un ragazzo, probabilmente di qualche altra scuola. Chi non conosce Michelle Peters? Tutti conoscono Michelle Peters. Ha appena compiuto diciotto anni ed è la ragazza più conosciuta della scuola. E' sempre sulla bocca di tutti. "Michelle ha fatto questo... Michelle ha questo..." E' la tipica ragazza bionda, che si vede in ogni film. Unghie sempre, decorosamente, laccate di un rosso sangue, capelli appena usciti dal parrucchiere, vestiti firmati, e qualche decina di macchine parcheggiate in garage, regalate dal suo adorato papino. La scuola si divide in: gente che sta sotto a Michelle, e fa tutto ciò che lei dice, e gente che non può vederla. Io, ovviamente, faccio parte della seconda categoria.
«Ecco a lei.» Mi giro, e davanti trovo un semplicissimo sazerac. «Non me lo aveva mai chiesto nessuno prima.» fa, come per scusarsi.
«Si vede, ma va bene così. Un giorno ti insegnerò a farlo. Grazie mille.» dico prendendolo e alzandomi dallo sgabello. Ma prima di andarmene mi giro verso di lui. «Comunque... ho diciassette anni.» Lui rimane in piedi, completamente pietrificato, dopo essersi reso conto di aver dato un alcolico pesante ad una minorenne, e che qual'ora succedesse qualcosa alla sottoscritta, lui sarebbe il primo a passare i guai.
Vedo in lontananza Martyna, la mia migliore amica, parlare con un gruppo di ragazze. La saluto con la mano, e stupita mi raggiunge.
Io e Martyna ci conosciamo da anni, ed è come una seconda sorella per me ed Ellie.
«Non ci credo! Alla fine sei venuta!» mi fa fare una piroetta, per studiare il mio look della serata.
«Ringrazia mia sorella, è tutto merito suo.»
«Immaginavo, non saresti mai venuta di tua spontanea volontà. E' qui con te?» chiede guardandosi intorno.
«Si, però non so dove sia.»
«Quella donna è più festaiola di te... ed ha otto anni più di te, ragazza! Ti rendi conto?» scherza, ma purtroppo sappiamo entrambe che è la verità. Faccio finta di non averla sentita e le chiedo di presentarmi le ragazze con cui stava parlando prima che del mio arrivo.
Mi prende sottobraccio, e mi allontana. «Per carità di Dio, evitiamo. Non vedevo l'ora arrivasse qualcuno per liberarmi da quelle quattro oche. Scoppio a ridere. «Ti dispiace se mi allontano per qualche minuto? Ho appena visto entrare Marcell devo andare assolutamente a salutarlo. Giuro che ritorno subito, non ti lascio sola mia piccola Giulietta.» ride.
«Tranquilla vai, ho il mio Sazerac a farmi compagnia.» dico giocando con la scorza di limone sul mio bicchiere. Mi lancia un bacio e si allontana. Con la scusa prendo il telefono e controllo l'orario. E' passata poco più di un'ora e la festa proseguirà chissà per quanto. Mi giro per vedere se conosco qualcuno, magari questa è la volta buona che trovo qualcuno con cui distrarmi un po'. Incrocio, per puro caso, lo sguardo con un ragazzo. E' lo stesso di prima. Quel tipo strano che hanno fermato all'entrata del locale. E' in piedi contro una colonna luminosa, e non parla con nessuno, nonostante sia circondato da altri due professori e qualche studente. E' proprio strano. Anche se effettivamente nemmeno io sto parlando con nessuno. Che cliché. Tipico dei film per adolescenti, dove i due personaggi principali sono due solitari che si conoscono, stranamente ad una festa come questa, e finiscono per innamorarsi perdutamente. Il problema è che non siamo in nessun film, e i due personaggi non si parleranno mai.
Mando un messaggio a mia sorella. "Tipo camicia e jeans blu, capelli neri, ala ovest del locale. E' in piedi, con in mano un drink. Sai dirmi di più?"
La risposta non tarda ad arrivare. "Ovviamente! Il drink è un semplice Negroni. E' fuori moda... e anche un po' da vecchi :( "
Alzo lo sguardo, per capire dove si trovi mia sorella. A qualche metro dal tipo-strano, eccola che mi fa spallucce.
"Beh... effettivamente. Scema! Non intendevo quello."
"Mai visto in giro. Ho chiesto anche ad alcuni che sono con me, lo avevo notato anche io all'entrata. Sembra essere uno nuovo. Ed è ancora più strano il fatto che sia sempre in compagnia di docenti. Sarà un lecchino, probabilmente. Vuole sistemarsi l'anno. Come mai tutta questa curiosità?" Risponde.
Digito velocemente, per non perderlo di vista. "Semplice curiosità, appunto."
"Tipo misterioso. Mica male come preda. O preferisci dire bocconcino della serata? "scoppio a ridere, per poi spegnere il cellulare.
Alzo lo sguardo e non c'è più. Eppure era lì fermo, l'ho visto proprio in quel punto un secondo fa. Bah, che strano. Meglio non pensarci più di tanto.
Sento improvvisamente qualcuno prendermi per i fianchi.
«Ma guarda un po' chi si rivede! Buonasera. Sai... non ti facevo tipo da feste, e nemmeno tipa da vestiti così corti.» Mi giro bruscamente per capire chi sia, ma lo riconosco immediatamente dalla voce. Riccardo. Con un sorriso da ebete stampato in faccia, i capelli scompigliati e una camicia completamente aperta. In quel singolo momento rivivo ogni secondo passato con lui. Dal primo bacio, fino alla nostra rottura. Lo fisso per qualche secondo, per capire le sue intenzioni. Cos'altro vuole ancora da me? E perché mi sta parlando?
«Che vuoi?» chiedo
«Niente, volevo semplicemente salutarti, mia Beatrice.» mi da un leggero bacio sul collo. Mia Beatrice? Ma esattamente, qual'è il problema di quest'uomo? Perché fa finta che non sia successo nulla?
«Lo hai già fatto, adesso puoi andartene.»
«Uhh, quanto siamo cattive. Non ti ricordavo così.»
«E' passato un po' di tempo dall'ultima volta che ci siamo visti... sono cambiate un po' di cose, non credi?» cerco di essere il più credibile possibile, ma si vede lontano un miglio che sto fingendo. Potrei scoppiare in lacrime da un momento all'altro, e lo sa anche lui.
Ripenso a mia sorella e a ciò che mi ha detto. "Fagli capire che anche tu sei andata avanti, e che non ti interessa più niente di lui." Scuoto la testa. Non devo fargli vedere che ci sto ancora male. Mi guardo intorno, sperando di incrociare lo sguardo di Ellie o di Martyna, ma nessuna delle due è nei paraggi. Sono fregata. Ma dove caspita è andata Martyna? Doveva solo salutare un ragazzo, ma è scomparsa.
Capisco di averlo troppo vicino alla mia bocca, quando riesco a sentire l'alito puzzargli d'alcol. Cerco di divincolarmi, ma mi tiene stretta a lui.
«Che c'è? Non mi dai nemmeno un bacino?» fa avvicinandosi sempre di più a me.
«Riccardo lasciami stare.» cerco di divincolarmi, ma mi tiene bloccata contro il suo petto.
«Qual è il problema? Balliamo un po' dai.» Mi mette le sue luride mani sui miei fianchi. Cerco di levargliele ma mi tiene stretta contro di lui, e non riesco nemmeno a muovermi.
«Ma non ho voglia di ballare. Soprattutto non ho voglia di ballare con te.»
«Non fare la bambina. Divertiamoci un po'.» Sento la sua mano scivolare sul mio fondoschiena.
Gli pesto un piede con il tacco, e lui scoppia ad urlare dal dolore.
«Che stronza...Non è cambiato niente.» fa allontanandosi da me, quasi schifato. Si sistema la camicia «Ho fatto bene a lasciarti, almeno ti ho sostituito con qualcosa di meglio. » Rimango spiazzata, non l'ha detto veramente. Riesco a sentire il mondo cascarmi addosso.
«Fai schifo!» Gli urlo. Sento le lacrime scivolare sulle mie guance. Non doveva andare così. Resto immobile mentre lo guardo allontanarsi insieme ad un gruppo di ragazzi che si girano per guardarmi, per poi scoppiare a ridere, insieme a lui.
Esco infuriata, con Ellie che mi segue. Mi gira la testa. Forse non dovevo bere. Avrei dovuto immaginarlo che sarebbe stato un fiasco. Lo sapevo. Lo sapevo!
«Beatrice! Aspetta!» Sento i tacchi di Ellie dietro di me, che cercano di stare al mio passo. Mi fa sedere su una panchina, non molto lontano dal locale. Riesco a sentire ancora la musica ad alto volume, e il chiacchiericcio della gente.
Si siede accanto a me. «Non c'è da stupirsi Bia. Almeno adesso abbiamo la conferma di ciò che ti avevo detto prima, quando eravamo in camera mia... »
«Non ci voglio ancora credere...» dico con le mani nei capelli. Non è successo davvero. Riccardo non è così, è stato l'alcol, io lo so, non mi farebbe mai questo.
«Ehi! Lo so a cosa stai pensando. Non cercare di perdonare Riccardo, perché non c'è niente da perdonare. Ti ha molestato davanti a tutti.»
«Ellie.. non voleva farlo.»
«Ma falla finita. Senti.» Si alza, e cerca di tirare su anche me.
«Adesso torniamo dentro. Non puoi farti rovinare la testa da un cretino come lui.» Ellie cerca disperatamente di farmi cambiare idea, ma è inutile. Non voglio più tornare dentro, e vederlo dondolarsi per la sala e divertirsi con i suoi amici prendendomi in giro. Ellie continua a parlare e io non la sto più ad ascoltare. Lei mi conosce, e sa che se mi metto in testa una cosa, quella è.
Sento le mani di mia sorella sulle spalle che mi scuote. La allontano bruscamente. «No! Non voglio stare più a questa stupida festa. Lasciami stare!»
Disperata, fa un passo indietro, e alza le mani in aria, in segno di arresa. «Come vuoi!» prende il suo drink, che aveva poggiato, insieme al mio, sulla panchina. «Io torno dentro. Qualsiasi cosa chiamami, o comunque... sai dove trovarmi.» Non le rivolgo nemmeno lo sguardo, e lascio che rientri a godersi questa stupida festa.
Dopo una decina di minuti, decido finalmente di alzarmi da quella panchina umida, e di abbandonare quel posto. Prendo il mio bicchiere mezzo vuoto e mi incammino verso casa scalza, con le scarpe in mano, cercando di non calpestare i vetri di qualche bottiglia rotta. Ellie si arrabbierà sicuramente, ma non ho voglia di stare qui ad aspettarla. Prima torno a casa, e meglio è.
Sento una fitta di dolore improvvisa al piede destro, mi appoggio contro una macchina e urlo dal dolore.
Alzo il piede e vedo un mucchietto di cocci di vetro ricoperti di sangue, dentro il piede. Cerco lentamente di levarli, uno ad uno, senza farmi male.
«Tutto ok?» Alzo lo sguardo, spaventata. E' lo stesso ragazzo che avevo visto entrare nel locale con me e mia sorella, e che avevano fermato per chissà quale strano motivo. Stava per entrare nella sua macchina, quella ovviamente a cui mi sono appoggia, probabilmente per andarsene, come stavo facendo io. Che figura di merda. Levo l'ultimo vetro da sotto il piede, che lascia una scia di sangue sulla mia mano.
«Si, non è niente.» Mi guardo intorno in cerca di una fontanella per levarmi questo sangue di dosso. Non c'è nemmeno nessuno a cui posso chiedere aiuto, tranne lui.
Si avvicina e vede il sangue sia sulla mia mano che sul piede. «Stai perdendo sangue, fatti aiutare dai.» Mi fa appoggiare su di lui e mi accompagna lentamente verso la sua macchina per poi farmi sedere, con la portiera aperta. Lui si siede sul marciapiede di fronte a me.
«Fammi vedere.» prende il mio piede tra le mani. Lentamente leva un'altra scheggia.
«Aia!» Stringo i denti dal dolore.
«Cavolo! Stai perdendo tantissimo sangue.» Apre il vano porta oggetti e prende una fascia.
«Non ho niente di meglio.» Fa, quasi a scusarsi. Ma chi cavolo ha mai una fascia in macchina? Mi gira lentamente la fascia intorno alla ferita, per poi legarla con un nodo. Poi prende una bottiglia d'acqua e la versa sulle mani per levare il sangue.
«Grazie.» dico, appoggiando il bicchiere e la scarpe sul marciapiede.
«Credo che dovrai passare in ospedale per farti controllare.» Mi irrigidisco alla parola "ospedale".
«No assolutamente no! Ci lavora mia madre, e se mi becca in queste condizioni la sento fino a Natale prossimo.»
«E' di turno stasera?» chiede.
«No, ma mi conoscono. Glielo verrebbero a dire.» Fa un cenno con la testa.
«Comunque ottima scelta.» lo guardo storto. Che intende? «Hai preso il Sazerac.» Indica il bicchiere.
«Ah. Grazie.» Che strano modo di approcciare.
«Però sei ancora piccola, te lo sconsiglierei. E' molto forte.»
«E' il drink preferito di mio padre. Me lo fece assaggiare alla festa dei miei quindici anni.»
«Comunque non mi sono presentato ancora, sono Ian, piacere.» Allunga la mano. Un po' titubante gliela stringo.
«Beatrice.»
«Sei nuovo di qui? Non ti ho mai visto.» chiedo, forse con un po' troppo curiosità, ma è giusto per sapere, niente più.
«Si mi sono trasferito da poco. Ma in realtà sono nato qua.»
«Quindi sei un ex studente?»
«Beh... diciamo di sì.» risponde, ridacchiando. «Mi dispiace per quello che è successo dentro.»
«Hai visto?»
«Penso lo abbiano visto tutti.» ammette
«Bene, che ottimo inizio.»
«Lo conosci? E' un tuo amico?»
«Il mio ragaz-» mi rendo conto un secondo dopo «Il mio ex ragazzo, scusa.»
«Cavolo, che bastardo...»
«Già.» Abbasso la testa.
«Scusa non volevo tirarlo fuori, possiamo non parlarne.»
«Si, grazie.» abbasso la testa, ripensando a ciò che è successo dentro. Ancora non mi capacito. Riccardo mi ha sostituita con qualcosa di "meglio", così dice. Che bastardo...
Mi squilla il telefono. E' Ellie. Guardo prima il telefono, poi lui.
«Rispondi, non ti preoccupare.»
Scuoto la testa. «Tranquillo, è mia sorella, è qui con me. Probabilmente si starà chiedendo dove sono finita. Le mando un messaggio per tranquillizzarla.» Lui annuisce e distoglie lo sguardo per farmi scrivere.
Chiudo la chiamata e le scrivo: "Sono nei paraggi con un ragazzo. Non mi aspettare. Se torni prima per favore coprimi. Poi ti racconto tutto ;)" invio velocemente e metto il telefono nella borsetta.
«Quindi, hai una sorella?» chiede
«Si, però non è più una studentessa. E' entrata alla festa come ex.»
Mi siedo accanto a lui, facendo attenzione a non rovinare il vestito. «Quindi è più grande di te...»
«Si, ha venticinque anni.»
«E te invece?»
«Diciassette, ancora per poco. Manca qualche mese.» Fa un leggero sorriso, ma faccio finta di non averlo visto. Chissà cosa avrà mai pensato.
Lo vedo alzarsi e aprire lo sportello dietro per prendere una felpa.
«Prendi.» Me la passa. «Fa freschetto a quest'ora.» Allungo le mani per prenderla.
«Grazie» Provo ad infilarmela, ma faccio fatica. Lo sento ridacchiare sotto ai baffi. Si è incastrata con una dei ferma capelli che Ellie ha voluto, assolutamente, mettermi in testa.
«Guarda che ti sento eh! Non è per niente divertente.» sbuffo. Lui continua a ridere.
Lo vedo tirare fuori il telefono dalla tasca dei jeans. Mi scatta una foto con un flash accecante. Mi stropiccio gli occhi. Bastardo, mi ha fatto una foto di nascosto.
Mi sistemo la felpa. «Dammi subito il telefono.» Allungo la mano, ma lui indietreggia.
«Assolutamente...no.»
Mi alzo in piedi e provo a rubarglielo dalle mani. «Dammelo!» Lui scoppia a ridere, e non fa altro che guardarmi mentre provo, senza successo, a prendergli il telefono dalle mani.
«E' inutile che ci provi.» Innervosita, poggio una mano sulla sua spalla per aggrapparmi a lui, ma per sbaglio gli pesto un piede - ovviamente con quello ancora buono - e perdiamo entrambi l'equilibrio.
Caschiamo entrambi su un mucchietto di erba umida, proprio accanto alla sua macchina. Riapro lentamente gli occhi, e vedo Ian sotto di me che mi tiene stretta a lui, con un sorriso da ebete mentre cerca di trattenersi dalle risate. Noto, soltanto adesso, di quanto siano chiari i suoi occhi, e che indossa un profumo molto buono.
«Ti sei fatta male?» chiede preoccupato, spostandomi una ciocca di capelli dal volto. Scoppio in una fragorosa risata, al quale si aggiunge pure lui.
«Non ti preoccupare. Sto bene.»
«Il piede?» Chiede, preoccupato.
«Anche. Tranquillo non mi sono fatta niente.»
Mi alzo, stando attenta a non peggiorare la situazione del mio piede, mentre lui rimane a terra. «Mi sa che la stessa cosa non può dirla il tuo vestito.» Indica un punto del mio vestito. Cadendo si è aperto ancora di più lo spacco, e si riesce a intravedere leggermente lo slip rosa.
«Cazzo! Cazzo! Cazzo!» Cerco di coprirmi il più possibile con la sua felpa. Il primo pensiero va ad Ellie, e a quanto si arrabbierà dopo aver visto cosa le ho combinato con questo vestito, a cui sembrava anche tenere molto. Almeno le scarpe sono ancora integre, penso. E subito dopo penso a mia madre, che se per puro caso mi scopre a tornare tardi, e in queste condizioni, penserà che sono stata violentata da qualcuno.
Si mette a sedere, e il suo viso è a pochi centimetri dallo spacco. «Mi pare di capire che questa non è proprio la tua serata.» dice scherzando, ma effettivamente non ha tutti i torti. Prova anche lui ad aiutarmi. Le sue mani si posano sulle mie, e i suoi polpastrelli sfiorano delicatamente la pelle nuda. Si accorge che mi sono completamente irrigidita, decide di staccarsi alzandosi da terra.
«Forse è ora di tornare a casa.»
«Si, hai ragione.» Prendo le scarpe che avevo lasciato per terra. «Allora...grazie mille per avermi aiutato, Ian.» Inizio a camminare ma sento la sua mano stringermi il braccio, bloccandomi.
«Scusa, che pensavi di fare?»
Lo guardo confusa. «Ehm, tornare a casa?»
«Come pensi di tornare a piedi in queste condizioni?»
Provo a controbattere, ma mi rendo conto anche io di non essere nelle condizioni migliori per ritornare, soprattutto a quest'ora, a casa mia a piedi. O meglio, con un piede in meno. «Va bene, hai ragione »
«Dai sali in macchina.» Apre lo sportello dietro per posare le scarpe, e la borsetta.
Mi appoggio contro la macchina. «Mia madre in questo momento avrebbe detto: "Non si sale mai in macchina di sconosciuti, soprattutto di quelli belli e apparentemente innocenti come te."» Scherzando, faccio finta di sbottonargli la camicia.
Si avvicina a me. Le sue labbra sono a pochi centimetri dalle mie. «Non ho mica brutte intenzioni, lo avrai capito no?»
Scoppio a ridere, ma lui rimane serio.
«Non sto scherzando.» Mi sfiora la guancia con la bocca, per poi avvicinarsi lentamente alle mie labbra. E' un tocco leggero. Sento una scarica per tutta la schiena. Gioca con le labbra, appena le tocca un po' si allontana. E' una tortura. D'un tratto si ferma, mi sposta una ciocca di capelli e infila un dito nel mio orecchio.
«Dai sei un bastardo, stavo iniziando a preoccuparmi.» Ride, e mi fa salire in macchina, aiutandomi ad appoggiare il piede.
«Dove abiti?» Chiede, accendendo la macchina, e il navigatore.
«Non c'è bisogno del navigatore, abito qui vicino. Ti dico io che strada devi fare.» Fa un cenno col capo, e inizia a partire.
Lo schermo del suo telefono si illumina, ripetutamente. Vedo di sfuggita il nome di una ragazza. Sophie. Gli sta mandando dei messaggi. Ma lui fa finta di niente, e spegne lo schermo.
«Come mai non rispondi?» dico, con un po' troppa curiosità girandomi verso di lui, e indicando il telefono che continua ad illuminarsi ininterrottamente.
Scuote la testa, e gira il telefono. «Non mi va di parlarne.»
«Ok scusa.» Mi giro dall'altra parte. Sarà la sua ragazza, sicuramente, e io sono in macchina di un uomo fidanzato. Mi sento in colpa per tutto ciò.
«Spero che i tuoi non facciano storie per l'orario e che tua non sorella non faccia altrettante storie per il vestito.» Giusto, il vestito... E chi la sente a quella. Ellie mi ucciderà. Ma credo che potrà chiudere un occhio, dopo che le racconterò della mia serata.
«Le ho scritto un messaggio, ci ha già pensato lei a coprirmi. Entrerò dal garage. Per quanto riguarda il vestito...» osservo la scucitura sul bordo del vestito, che fa lo spacco ancora più pronunciato, e noto che anche lui lo sta guardando «credo che non la scamperò molto facilmente.» Sorride. Sento i suoi occhi addosso, ma non mi dispiace. E' come se sapessi che non mi farà mai male, o comunque non approfitterà della situazione.
Scende, e viene ad aprirmi la portiera per aiutarmi. Chiudo dietro di me la portiera della macchina. Vado verso il garage, ma mi giro per tornare indietro. «Ah! La felpa!» faccio per levarmela ma lui mi ferma.
«Tranquilla tienila. Me la ridarai più avanti.»
Sorrido. «Grazie per il passaggio, e per aver reso questa serata meno noiosa del previsto.»
Sorride anche lui. «Buonanotte Beatrice.» Mi da un leggero bacio sulla guancia. Rimango per qualche secondo ferma, per poi avvicinarmi al garage.
«Ah! Dimenticavo!» Mi giro di nuovo. «Tu hai ancora quella foto, non farla vedere a nessuno.»
«Stai facendo di tutto per non mandarmi via, lo sai vero?» dice, sorridendo. Forse sì. Non mi dispiace la sua presenza però ripenso al nome di quella ragazza sul suo telefonino. Non è giusto.
Lui sale di nuovo in macchina, e prima di partire mi fa un cenno con la mano, per poi andare via.
Aspetto di vederlo sparire con la macchina. Prendo il telefono e faccio uno squillo veloce ad Ellie per venire ad aprirmi, e mentre aspetto penso che non ho il suo numero, e quindi nemmeno il modo per restituirgli la felpa. Questo vuol dire solo una cosa.
Lo rivedrò?
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- i n s t a g r a m : @beatrice.cuozzo, @beatricerushers
- y o u t u b e : Beatrice Rushers
- t i k t o k : @beatrice.rushers
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