Il Ricordo Di Lumacorno
Da quel giorno nella stanza delle necessità ebbe inizio una delle più controverse e segrete storie d'amore di Hogwarts.
E quella stessa stanza divenne il loro luogo preferito, lontano dal resto del mondo.
I due fingevano di odiarsi davanti gli occhi di tutti, per poi ritrovarsi nel loro solito posto e trovare rifugio l'una nelle braccia dell'altro.
Quelle furono forse le settimane più felici e spensierate per Draco Malfoy nella storia della sua permenanza in quella scuola.
Incredibile come quell'anno scolastico inziato tra oscurità e paure finì per portargli qualcosa di così bello e inaspettato.
Si rese ben presto conto che lui in realtà quella ragazza non l'aveva mai disprezzata: l'odio che provava nei suoi confronti era dato dalla frustrazione che nutriva perché sapeva di non poterla avere. Perché lei era la migliore amica di Potter, perché lei non sarebbe mai stata sua, perché lui non sarebbe mai stato con una come lei. Con una mezzosangue. Perchè lei era inferiore a lui.
Ripensò a queste cose, un pomeriggio dopo le lezioni, mentre aspettava la sua mezzosangue al loro solito posto, nella stanza delle necessità, e gli venne da ridere.
Se c'era una cosa di cui era certo era che Hermione Granger non era inferiore a nessuno, tantomeno a lui. Sopratutto a lui.
Lui che adesso si sentiva sporco di fronte alla persona che per anni aveva definito una sanguesporco. Ma il sangue come può essere tale? È solo sangue, solo un fluido di colore rosso, sempre uguale. Sono le anime ad essere sporche, le coscienze. E la sua loro era, era macchiata, come il suo polso, che non faceva altro che ricordargli quanto fosse lui quello sporco in realtà.
Non aveva mai detto ad Hermione della sua missione principale, ovvero di uccidere Silente. Le aveva solo raccontato dell'armadio, e a lei era bastato. La pozione non l'aveva ancora usata. Aveva deciso di rimandare la questione finché fosse stato possibile e godersi quelli che probabilmente sarebbero stati i suoi ultimi mesi, o forse settimane, di libertà.
Si sentiva in colpa per non averle detto tutta la verità? Si. Ma lui era pur sempre una serpe. Ed era egoista, non era forte.
Per questo motivo non riusciva a resistere al desiderio di starle vicino.
La sua mezzosangue aprì la porta del loro rifugio segreto, con le guance rosse e il respiro affannoso. Aveva corso per essere lì. Probabilmente per non essere seguita da Potter e Weasley.
Lui le si gettò addosso non appena la vide, afferrando il suo volto tra le mani e baciando le sue labbra con avidità e desiderio.
"Mi sei mancata, sei in ritardo" mormorò una volta che si staccò da esse per riprendere fiato.
"Lo so, credo stia succedendo qualcosa" disse lei, mentre lui continuava a baciarla, incurante delle parole che uscivano dalla sua bocca.
I loro piedi si diressero verso l'ampio letto che la stanza aveva fatto apparire per loro.
Le mani del biondo scivolarono lungo i bottoni della sua camicetta, aprendoli uno dopo l'altro, mentre con le labbra percorse il profilo del suo mento, del suo collo e sempre più giù.
"Mhh, che cosa?" fu la sua risposta, chiaramente non interessata.
"Riguarda Harry..."
Neanche quel nome che tanto odiava però riuscì a distrarlo dal desiderio che aveva del corpo di lei.
Arrivò all'ultimo bottone della camicetta, ritrovandosi davanti il suo seno. Era così bello, e non si sarebbe mai stancato: era anche meglio di come se lo era immaginato. Eh si, perché si era ritrovato spesso a fantasticare sul corpo di quella mezzosangue che tanto disprezzava, e ogni volta aveva odiato se stesso per quei pensieri. Ma adesso che ce l'aveva davanti, che quel seno era il suo, che quel corpo era il suo, che quei gemiti così dolci erano per lui, era impossibile resistere.
Scese dal suo seno percorrendo con le labbra la linea dell'ombelico fino all'orlo della sua gonna. La fece adagiare lentamente sul letto, sistemò la testa in mezzo alle sue gambe.
Hermione riusciva a sentire il suo respiro su di sè, quelle labbra sfiorarla in modo così lento e delicato da essere quasi doloroso.
"Che cosa dovevi dirmi?" mormorò Draco, mentre poggiava le labbra sulle sue mutandine e con una mano ne accarezzava leggermente l'orlo, pronto a sfilarle.
Nessuna risposta, solo un gemito trattenuto. E lui sorrise, sapendo che quel gemito era per lui.
Fecero l'amore e come ogni volta fu travolgente ed esplosivo. Poi restarono sul letto, in silenzio.
Godevano l'uno della presenza dell'altra, ascoltavano i propri respiri.
"Cosa dovevi dirmi, di Potter?".
***
"Harry cosa ti ha detto Silente?" chiese Ron, mentre si infilava un cucchiaio di puré in bocca.
Hermione lo guardava con aria curiosa e preoccupata.
"Qualcosa riguardo al professor Lumacorno. Di avvicinarmi a lui... C'è una cosa che devo scoprire, riguarda Vold-"
"Harry" dissero Ron ed Hermione all'unisono, facendo girare alcuni ragazzi nella loro direzione.
"Riguarda Tu Sai Chi" concluse.
"Come pensi di fare?" domandò il rosso.
"Beh, non ho molta scelta" fece spallucce "dovrò tornare a frequentare pozioni".
E così la mattina seguente Harry fece la sua comparsa a lezione di pozioni, dopo aver abbandonato quel corso all'inizio dell'anno. Ovviamente non aveva il libro, e non fu sorpreso di scoprire che nell'armadio dell'aula ve ne era rimasto uno soltanto, anche abbastanza consumato.
Lo prese e andò a sedersi accanto a Ginny, salutandola con un bacio sulla guancia, non avendola incontrata a colazione. Lei non rispose al suo saluto. Era strana, ultimamente, ma non ci pensò più di tanto.
Finita la lezione Harry si trattenne in aula per parlare con il professor Lumacorno, come gli era stato suggerito da Silente.
Liquidò rapidamente Ginny, che si era affiancata a lui e si avviava verso l'uscita.
"Ho da fare ti raggiungo dopo" le disse, facendole cenno di iniziare ad incamminarsi.
La rossa si avviò, sola e frustrata, per il corridoio.
Mentre si dirigeva verso la sala grande, sperando almeno di incontrare Hermione, Ginny fu afferrata per un braccio e trascinata dentro un'aula vuota. Non fu sorpresa di scoprire chi l'aveva presa in quel modo.
"Zabini che cosa vuoi ancora?" sbottò, ritrovandosi il moto davanti. Il suo volto era solcato da un'espressione seria. Non era una cosa che si vedeva di frequente.
"Non chiamarmi per cognome, Ginny" disse. La sua voce profonda vibrò tra le pareti dell'aula vuota. La fissò dall'alto in basso. "Perché continui ad andargli dietro?"
"Blaise io..." Ginny alzò gli occhi al cielo. "È il mio ragazzo, quello che c'è stato tra noi.. È stato uno sbaglio" pronunciò quelle parole con un tono che racchiudeva una grande frustrazione ed un velo di abitudine. Non era la prima volta in cui affrontava quella conversazione, e quella serpe si stava rivelando inaspettatamente insistente.
"Io non capisco" urlò di frustrazione il moro, lasciando andare il nervosismo accumulato negli ultimi giorni.
"Non dirmi che è stato un fottutissimo errore Ginevra perché sai benissimo che non è cosi...." poi il suo tono si addolcì, si avvicino a lei guardandola negli occhi "ti sto implorando di darmi una possibilità. Una sola. E un serpeverde che implora non è una cosa che si vede tutti i giorni"
"Blaise non posso lasciare Harry... Non adesso..."
"Perché no, Ginny? Dammi un solo valido motivo. Si vede lontano un miglio che non sei più felice con lui, non provare a negarlo. Ti dà per scontata, ti trascura.. E Salazar.."
Poggiò le mani sulle spalle di lei, costringendola a guardarlo negli occhi.
"Ti sottovaluta. Non si rende conto della leonessa che sei"
La rossa alzò gli occhi al cielo e fece per allontanarsi ma lui strinse la presa sulle spalle.
"Non evitarmi Ginny, per favore. Ti chiedo solo di pensarci. Per una volta smettila di scegliere ciò che è giusto o ciò che gli altri pensando sia meglio per te.
Scegli quello che tu vuoi"
Lei lo guardò con gli occhi lucidi. Nonostante avesse già affrontato quella conversazione con lui, ogni volta diveniva un po' più difficile resistere. E più lui insisteva, più lei si convinceva che non fosse soltanto un'ossessione passeggera la sua.
"Non hai intenzione di arrenderti, eh?" disse, trattenendo le lacrime, sentendo la gola bruciare a quelle parole, che uscirono come poco più di un sussurro.
"No. Non finché non avrò la mia possibilità di renderti felice, di dimostrarti che ti meriti di meglio. Ed io posso e voglio dartelo Ginevra"
Ginny asciugò con un rapido gesto della mano una lacrima clandestina sulla sua guancia. Poi si riprese, sorrise al moro davanti a lei.
"Devi smetterla di chiamarmi Ginevra" gli disse, spostandosi uscire dall'aula.
Fu trattenuta per il polso di nuovo, ma non faceva male. Lui non la tratteneva con forza. La sua era una presa delicata ma decisa, che racchiudeva dentro di sé desiderio e supplica.
"Ci penserai?"chiese, con un tono che era una via di mezzo fra una domanda ed un'imposizione. Perché lui sapeva in cuor suo che lo desiderava anche lei. Voleva sbloccarla, voleva vederla esplodere, voleva che si lasciasse andare.
Perché quella ragazza era un uccello in catene, un grifone che viveva in gabbia, nell'ombra dei suoi fratelli maggiori, nell'ombra del Golden Trio, nell'ombra del suo fidanzato.
E lui voleva liberarla.
La risposta della rossa fu pronunciata così piano che lui nemmeno la sentì, potè solo intuirla dal leggero movimento delle sue labbra.
Si.
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