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31. Vuoto

Viltor trovò Pess sul bordo di una scogliera, nella zona a nord-ovest dell'isola. Era immobile, con gli occhi azzurri puntati verso il continente, mentre il vento gli scompigliava i capelli grigi e agitava la camicia chiara che indossava.

Viltor lo raggiunse, fermandosi accanto a lui. Rimase per un po' in silenzio, osservando l'oceano di fronte. Quel giorno, c'era una brezza più forte del solito e le onde del mare si infrangevano con irruenza sugli scogli.

La sua mente corse alla sera prima, quando Noreen gli aveva chiesto se volevano vivere tutti e tre insieme. Era stata una domanda inaspettata. Si era convinto da subito che Noreen volesse abitare con i suoi amici, com'era anche giusto che fosse, ma non aveva potuto contenere un sorriso enorme quando gliel'aveva chiesto. Non avrebbe mai tirato fuori la questione, se Noreen non avesse preso l'iniziativa ed era felice di sapere che sua figlia, la sua bambina, voleva passare ancora del tempo con lui.

Non sapeva quanto tempo sarebbe durata quella sistemazione. Non poteva prevedere se Noreen se ne sarebbe andata dopo un paio di mesi o dopo anni, ma avrebbe approfittato di ogni giorno per ritornare a quella che era stata la sua quotidianità per diciotto anni. Non appena Noreen se ne sarebbe voluta andare, l'avrebbe lasciata libera.

Pess, invece, nell'udire quella proposta, non aveva avuto alcuna reazione. Si era limitato a fissare Noreen con aria seria e aveva annuito, prima di alzarsi e andarsene.

Viltor si riscosse dai suoi pensieri e girò il capo per guardare Pess. «Cosa pensi di fare? Tornerai sulle montagne?».

Pess ricambiò lo sguardo e scosse la testa. «Non ho motivo di tornare. Resterò qui».

Viltor nascose come poté tutto il sollievo che provava. «Quindi, abiterai con me e Noreen?».

Pess scrollò le spalle, osservando l'orizzonte. «Immagino che sarei di troppo in quella casa con voi».

Viltor serrò le labbra, addolorato. «Ci sarà sempre posto per te in casa mia...nostra. Non sei di troppo».

Pess continuò caparbio a non ricambiare lo sguardo e Viltor gli avvolse un braccio intorno alle spalle, attirandolo a sé. Era solito abbracciarlo così quando era giovane. In quel modo, Pess non si sentiva intrappolato e non si agitava, perché sapeva che se gli artigli fossero usciti senza controllo non gli avrebbe fatto male.

«Pensavo che saresti tornato a Retnu, una volta che Noreen fosse stata al sicuro» commentò, senza allontanarsi da lui.

Fu Pess a scostarsi e voltare la testa per guardarlo. «Perché dovrei?».

Viltor fissò quelle iridi azzurre, molto più scure delle sue da sembrare blu. Pess era diventato bravo a nascondere tutta la tristezza e la stanchezza che avvertiva, ma lui riusciva a scorgerla comunque in quegli occhi.

Inarcò di poco un sopracciglio. «Per andare a trovare la tua amica». Era rimasto sorpreso, diciassette anni prima, quando Pess gli aveva rivelato di aver fatto amicizia con una ragazza di Retnu. Fin da quando era partito, aveva temuto che avrebbe passato il resto della vita da solo; ma sapere che qualcuno era riuscito ad avvicinarsi a lui, che aveva avuto il coraggio di conoscerlo e non ritrarsi di fronte al suo carattere burbero, l'aveva fatto tornare a Ezner con un peso più leggero sul cuore.

Pess corrugò le sopracciglia e tornò a guardare il mare. «Non ci parliamo più da quindici anni». Percepì tanto, troppo dolore nella sua voce e rimase in silenzio, indeciso se chiedergli chiarimenti o meno.

Deglutì, prima di parlare. «Cos'è successo?».

Pess sorrise con amarezza. «Mi sono innamorato».

Viltor lo fissò, in attesa di ulteriori spiegazioni. Era sorpreso. Non perché non pensava che Pess fosse in grado di amare. Malgrado non lo desse a vedere, era molto sensibile e i suoi sentimenti erano tra i più puri che avesse mai visto. Ma non pensava che ci potesse essere qualcuno in grado di conquistare il suo cuore.

«Doveva essere molto speciale» mormorò.

Pess puntò gli occhi verso il terreno. «Lo è. Si era innamorata di me. Non avrei mai potuto dirle la verità su di me».

«Se ti amava davvero, ti avrebbe accettato. Non avresti dovuto rinunciare a lei» sussurrò Viltor, deglutendo per attenuare la morsa alla gola.

Pess scosse la testa. «Guardami. Lei ora è una giovane donna e io un vecchio. Non avrei potuto farle un torto del genere».

Viltor sospirò. «Meglio passare dieci anni con la persona che ami, che tutta la vita da solo, rimpiangendo ciò che avresti potuto avere».

Pess si girò a guardarlo. «Ormai la mia occasione è andata, inutile rimuginarci».

Viltor ricambiò l'occhiata e non rispose. Non voleva dirgli che lui e Noreen avevano parlato a lungo la sera prima ed erano entrambi pronti a tentare qualsiasi cosa per salvarlo, per dargli la vita che meritava.

Lo osservò, rivedendo nel suo viso invecchiato il ragazzino che aveva accolto nella sua dimora a Ezner, che aveva imparato ad amare e che aveva cresciuto.

Prima di Pess e Noreen, non aveva mai pensato all'idea di crearsi una sua famiglia. Aveva conosciuto molte donne nella sua vita, ma nessuna di loro gli aveva fatto desiderare di sposarsi. I due figli di sua sorella erano stati la sua più grande gioia e orgoglio e continuavano a esserlo.

Provò a immaginare come sarebbe stata la sua vita se quel giorno Dishga non avesse bussato alla sua porta con Noreen in braccio e Pess per mano. Avrebbe continuato a vivere da solo, a lavorare alla sua bottega e forse sarebbe rimasto tutto uguale fino alla fine dei suoi giorni.

«Non è troppo tardi. Puoi ancora andare da lei e spiegarle tutto» insistette, avvicinandosi di un passo.

Pess ridacchiò, senza allegria. «Mi disprezzerebbe più di quanto già non faccia. Non ho alcuna intenzione di soffrire più di così».

«Forse non ne eri innamorato davvero, se non hai il coraggio di andare da lei» lo provocò, per farlo reagire.

Il viso di Pess divenne in un istante serio e impassibile. Lo scrutò negli occhi e Viltor si preparò a tutto. Nonostante l'avesse visto crescere, Pess rimaneva spesso un enigma irrisolto. A volte, sembrava che stesse pensando come un drago anche quando era umano. Gli occhi mutavano in maniera quasi impercettibile e aveva un modo di guardarsi intorno da predatore.

«Sono passati quindici anni. Si sarà sposata con qualcun altro» borbottò, dandogli le spalle.

Viltor si spostò, in modo da poterlo scrutare in faccia. «Non puoi saperlo e potrebbero essere passati anche cento anni, ma non cambierebbe nulla. Se una persona conquista il tuo cuore, per davvero, non se ne andrà mai».

Pess roteò gli occhi, con aria scocciata. Sapeva che era così recalcitrante perché aveva paura di soffrire di nuovo, lo capiva, ma non poteva vivere di rimpianti. Già se ne portava dietro troppi.

«Se non ci vai tu, ci andrò io. Le parlerò io. Non mi importa in che modo, ma prima dell'estate prossima quella donna saprà la verità» esordì, deciso.

Pess sbarrò gli occhi, lasciando cadere ogni maschera di impassibilità. Poi, serrò i denti e si fece avanti minaccioso. «Non osare, vecchio!» esclamò, puntandogli un dito sul petto.

«Oserò eccome, se non ti decidi. Smettila di logorarti nel dolore. Sembra quasi che ti piaccia viverci dentro» ribatté, alzando la voce.

Pess si ritrasse e gli rivolse un'occhiata furiosa, mentre gli occhi mutavano. L'azzurro prese il posto del bianco e la pupilla si restrinse. «Non sono più un ragazzino. So badare a me stesso!».

Viltor sospirò a fondo. «Non c'è un età in cui si smette di aver bisogno di aiuto» proruppe, con tono più calmo.

Pess avanzò di un passo. «Non ho bisogno di aiuto». La voce era mutata e fece fatica a comprendere cosa gli avesse detto, in quello che sembrava più un ruggito che una frase.

Pess gli si avvicinò ancora. Erano così vicini che i loro nasi quasi si sfioravano. Pess gli ringhiò contro, ma Viltor non distolse lo sguardo da quegli occhi che non avevano più nulla di umano.

«Sai badare a te stesso? Vuoi stare da solo? Ottimo!» esclamò Viltor.

Si mosse così in fretta che riuscì a coglierlo di sorpresa. Gli afferrò un braccio e si spostò di lato, mentre lo spingeva in avanti. Pess tentò di reagire, mentre le dita si allungavano fino a diventare artigli letali. Viltor non perse altro tempo e, senza gentilezza, lo spinse giù dalla scogliera.

Pess urlò e ruggì allo stesso tempo, mentre le ali laceravano la camicia e si spiegavano. Viltor lo osservò dal bordo del precipizio, con un sorriso vittorioso, mentre la trasformazione si completava.

Pess frenò la caduta a pochi metri dalla superficie del mare e l'acqua si sollevò di colpo, bagnandolo. Con due potenti battiti d'ali, si sollevò di quota e si girò per guardarlo. Spalancò le fauci e il ruggito sovrastò qualsiasi altro suono.

Viltor ricambiò quella che doveva essere una minaccia con un ghigno. Osservò il maestoso essere, mentre si innalzava ancora e sfruttava il vento per farsi trasportare. Non distolse lo sguardo da lui, chiedendosi se si stesse divertendo. Altre volte l'aveva costretto a mutare, ma Pess era subito tornato a terra per riprendere la sembianza umana. In quel momento, era ancora in cielo.

Pess si inclinò di lato e compì un giro intero intorno a lui, rimanendo a parecchi metri sopra. Poi, richiuse le ali intorno al corpo e si tuffò in picchiata, diretto al mare. Viltor sbarrò gli occhi, vedendo che non aveva ancora riaperto le ali.

Pess si immerse in acqua e scomparve alla sua vista e Viltor si sporse di poco dal precipizio, preoccupato.

Passarono parecchi secondi, prima che l'acqua si rigonfiasse e il muso blu di Pess riapparisse. Le fauci erano piene di pesci che si dimenavano, cercando di sfuggirgli. Anche il resto del corpo sinuoso di Pess uscì dalla superficie e le ali lucide e scintillanti si mossero, per riportarlo da lui.


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Manca un solo capitolo alla fine di questo secondo volume!

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