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27. Falò

Noreen aprì gli occhi di scatto e impiegò un paio di secondi a rendersi conto di dove si trovava. La camera era avvolta dall'oscurità e riusciva a intravedere appena i contorni dei mobili. Voltò il capo a sinistra, per guardare Katla che dormiva tranquilla.

Si girò su un lato e infilò le mani sotto al cuscino. Era stata svegliata da una sensazione negativa. Non era stato un incubo, ne era sicura, però ciò che aveva avvertito l'aveva turbata. Sistemò meglio la coperta e provò a riaddormentarsi.

Non aveva idea di quanto tempo fosse passato, ma fuori era ancora buio. Capendo che non sarebbe riuscita a dormire, si alzò e sgusciò fuori dal letto, stando attenta a non disturbare Katla.

Uscì dalla camera e si avviò verso l'ingresso della casa. Si guardò intorno e decise di rannicchiarsi sul divano, coprendosi bene con la coperta lasciata lì. Rimase immobile a guardare il vuoto per minuti interi, mentre provava a dare una spiegazione a ciò che aveva avvertito.

Il rumore di una porta che veniva aperta piano la riscosse. Girò il capo di scatto verso le camere da letto e vide Galapey uscire con aria stravolta da quella che divideva con i ragazzi.

Galapey si immobilizzò, quando i suoi occhi azzurri la misero a fuoco. Noreen studiò il suo viso stanco, le occhiaie scure e le spalle basse. Sembrava che non avesse dormito quella notte, ma nemmeno in quelle precedenti.

Si alzò in piedi. «Va tutto bene?» bisbigliò. Non sapeva bene cosa aspettarsi. Di certo non una risposta. Non si era confidato con Sygal, che era un fratello per lui. Non l'avrebbe fatto con lei.

Galapey si lasciò cadere sul divano, con le braccia abbandonate in grembo. Incrociò il suo sguardo e Noreen poté scorgere tutta la tristezza che provava. Aveva lasciato cadere la maschera di imperturbabilità che indossava sempre e le stava mostrando com'era davvero. Gli si sedette accanto e attese, paziente.

Galapey mosse piano le dita di una mano. «Cosa fai sveglia?».

Noreen guardò il camino spento da ore, di fronte a loro. «Sono stata svegliata da alcune sensazioni negative. Non so bene cosa fossero».

Galapey non ribatté e Noreen decise di provare a capire cosa lo tormentava. Doveva aiutarlo.

«Fai incubi?» chiese, esitante.

Galapey serrò le dita, ma rimase in silenzio.

«Cosa sogni?» riprovò Noreen, parlando a bassa voce.

Il ragazzo continuò a tacere e Noreen gli lanciò più occhiate di sbieco.

«Mio padre conosce molti rimedi per il sonno. Se vuoi posso chiedergliene uno».

Galapey continuò a non reagire, se non per un guizzo delle labbra.

Noreen abbassò le spalle e incrociò le mani in grembo. «Io e Sygal siamo preoccupati per te. Vogliamo aiutarti. Permetticelo» sussurrò.

Galapey deglutì e inspirò a fondo. Noreen attese, gli diede tempo, sperando che trovasse il coraggio di aprirsi con lei.

«Faccio incubi da quando mi avete salvato dall'arena» mormorò, con un lieve sorriso amaro.

Noreen osservò il suo viso, sperando che non si girasse per guardarla in faccia, altrimenti vi avrebbe scorto tutta la sua apprensione.

«Cosa sogni?» riprovò.

Galapey abbassò il capo. «La mia famiglia. La notte dell'attacco. A volte anche l'arena».

Noreen sospirò. «Ti va di parlarmi della tua famiglia?».

Galapey contrasse la mandibola e rimase zitto per lunghi minuti, guardando il vuoto. Noreen attese, non lo forzò. Il silenzio e il buio della notte regnarono sovrani, prima che Galapey si decidesse a parlare.

«Avevo una sorella. Laylya. Era quattro anni più piccola di me. Era molto simile a me di aspetto fisico. Di carattere, invece, l'opposto. I miei genitori erano molto amici con quelli di Sygal. È stato mio padre a insegnare le basi del combattimento a me e Sygal».

Noreen deglutì, prima di porre la domanda più difficile. «Come...cos'è successo quella notte?».

Galapey inspirò a fondo e si passò una mano sugli occhi lucidi. «Ero nella mia stanza, sveglio. Io e Lya avevamo ciascuno la propria. I nemici sono entrati dalla finestra della cucina e hanno raggiunto prima la camera dei miei genitori. Loro si sono svegliati e mia madre mi ha gridato di proteggere mia sorella. Sono corso da lei e ho sbarrato la porta. Ho udito ogni singolo grido e non ho potuto fare niente».

Galapey fece una pausa, prima di continuare. «Io e Lya ci siamo nascosti sotto al letto, terrorizzati. Io le ho detto di chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie. Gli uomini sono riusciti a entrare nella nostra camera e ci hanno trovati all'istante. Ho iniziato a combattere per tenerli lontani da lei. Erano troppi e uno di loro mi ha colpito con un coltello avvelenato. Sono caduto in ginocchio, cercando di non perdere i sensi. Hanno afferrato mia sorella e lei, per non cadere nelle loro mani...lei...ha preso il pugnale di uno degli uomini...» Galapey si interruppe, con la voce spezzata.

Noreen lo abbracciò, mentre il suo petto veniva scosso dai singhiozzi. «Mi dispiace» sussurrò, sapendo che quelle parole non erano di alcuna utilità.

Un movimento le fece alzare la testa dalla spalla di Galapey. Sygal era sulla porta della camera e li scrutava addolorato. Noreen dovette imporsi di non scoppiare a piangere nel pensare che Sygal doveva aver ascoltato tutta la storia. Si avvicinò piano e Noreen incontrò i suoi occhi lucidi.

Si staccò piano da Galapey e si rialzò, lasciando lo spazio a Sygal. Voleva che parlassero tra di loro, che tornassero a confidarsi come una volta. Dovevano riuscire a tirar fuori tutto il dolore che provavano e condividerlo. Finché se lo fossero tenuto dentro, non avrebbero mai riconquistato un minimo di serenità.

Noreen accarezzò la spalla di Sygal, mentre lui le passava di fianco e si sedeva al suo posto sul divano. Lanciò un'ultima occhiata agli amici, prima di ritornare nella sua stanza.




«Chi ha portato tutta questa carne?» domandò Viltor, indicando i pezzi che cuocevano sopra il fuoco.

Noreen distolse lo sguardo dalle fiamme per portarlo sul viso del padre. «Katla, Sygal e Galapey sono andati a caccia».

Viltor assentì, mentre si sedeva sul tronco accanto a lei.

Quella sera, avevano organizzato una piccola festa per passare del tempo tutti insieme. Kateur e Noreen si erano occupati di costruire il falò al centro della radura. Il cavaliere, con l'aiuto di Eowra, aveva portato tutta la legna necessaria e Noreen aveva acceso il fuoco. I draghi avevano procurato la carne e Viltor le spezie e le erbe di contorno.

Taunes era comparsa solo nel tardo pomeriggio, accompagnata da Daelo. Noreen non l'aveva ancora visto in forma umana ed era curiosa di sapere che viso avesse. Le faceva strano conoscerlo bene, grazie a tutte le emozioni che percepiva, ma non averci mai parlato di persona. Rispettava però il suo volere.

Di Pess non c'era traccia e non poteva fare a meno di essere in pensiero per lui. Non aveva detto nulla a Viltor, ma da come il padre si guardava spesso intorno, poteva immaginare che stesse sperando nella sua comparsa da un momento all'altro.

Fratello. Ancora le faceva strano pensare di essere imparentata con lui. L'aveva sempre visto come colui che le aveva salvato la vita e le aveva insegnato quasi tutto ciò che sapeva sulla magia, ma non riusciva a realizzare che fosse suo fratello e che avesse solo pochi anni più di lei.

Le sarebbe piaciuto instaurare un rapporto di quel tipo con lui, comportarsi come fratelli, malgrado la differenza di età, almeno fisica.

Voltò la testa di scatto verso suo padre. «Com'era Pess da giovane?».

Viltor sbarrò gli occhi e le lanciò un'occhiata di sbieco. «Intendo, com'era quando viveva con noi a Ezner?» precisò.

Viltor sospirò, tornando a guardare il fuoco. «All'inizio non parlava, non interagiva. Per quanto mi sforzassi, si isolava sempre. Non voleva neanche uscire di casa. Per le prime settimane, mi convinsi che Dishga mi avesse lasciato un fardello, una preoccupazione in più. La tentazione di rimandarlo indietro è stata forte. Dovevo già occuparmi di te, che non avevi nemmeno un anno. Poi, Pess iniziò a fidarsi di me e io capii che non era altro che timido. Non era mai stato abituato a rapportarsi con gli altri. In ogni caso, considererò sempre te e Pess miei figli».

Noreen spostò lo sguardo sui suoi amici, dall'altra parte del falò che chiacchieravano tra loro. Sia Sygal che Galapey avevano un'espressione più rilassata. Si sentì meglio quando vide Galapey accennare un sorriso vero.

«La crisi che ha avuto l'altro giorno...gli succedeva spesso?» domandò.

Viltor sospirò ancora. «Quella dell'altro giorno non è nulla. In questi anni ha imparato a gestirle. Da piccolo, quando provava forte emozioni, mutavano solo alcune parti, di solito artigli e ali, e lo facevano gridare per minuti interi. Spesso le grida si trasformavano in ruggiti. Si dimenava per terra, nel tentativo di restare umano. Una volta, ha avuto una crisi mentre ero fuori. Quando sono tornato a casa, mi ha guardato senza riconoscermi. Gli occhi erano del tutto come quelli da drago. Metà della cucina era distrutta. Ho temuto che ti avesse fatto del male. Ho sentito il cuore fermarsi per un attimo. Per fortuna, non era nemmeno andato nella mia stanza dove c'eri tu. A lui non l'ho mai detto, ma quel giorno mi ha fatto davvero paura. Non ti ho mai più lasciata da sola con lui» concluse, sussurrando le ultime parole.

Deglutì per scacciare la lieve inquietudine. «Ma perché ha queste crisi?». 

Viltor scosse la testa. «Perché non accetta sé stesso. Lui e la sua sembianza di drago non convivono bene in quel corpo».

«Per queste l'hai mandato nelle foreste? Perché potesse vivere in pace e isolato?».

Viltor allungò una mano e la fermò vicino alle fiamme, assaporandone il calore. «Io non volevo che se ne andasse. Avevo paura che lontano da me la situazione peggiorasse e, in effetti, è andata come temevo. Però a Pess ha anche fatto bene allontanarsi. Ezner non era posto per lui. Sulle montagne ha trovato la tranquillità che gli serviva, per questo non se n'è mai andato».

«Dobbiamo trovare una soluzione» mormorò Noreen, incrociando lo sguardo del padre.

Viltor si intristì. «In questi diciassette anni non ho mai smesso di cercarla. Comincio a pensare che non esista. Pess si è arreso da tempo».

Noreen raddrizzò le spalle. «Io no. La troveremo» ribatté, risoluta.

Viltor fece per ribattere, ma si bloccò e sbarrò gli occhi. Noreen si girò di scatto nella direzione dove stava guardando e cercò subito di dissimulare la sorpresa.

Pess era immobile vicino agli alberi che costeggiavano la radura. Si incamminò verso di loro e prese posto sul tronco alla loro sinistra, accanto a Eowra, che stava sistemando la carne.

Noreen vide, con la coda dell'occhio, i suoi amici farsi attenti a ogni mossa di Pess. Represse la tentazione di chiedere all'istante dove fosse stato per tutto quel tempo e che cosa avesse fatto.

«Ho vagato per l'isola» esordì Pess, grattandosi il mento coperto di barba grigia. Noreen deglutì e continuò a fissarlo.

Pess incrociò il suo sguardo e poi quello di Viltor, alla sua destra. «Vi si leggeva in faccia la domanda».

Gli occhi di Pess lampeggiarono pericolosi, quando li portò sul fuoco. Nello stesso istante, le fiamme avvamparono.

Eowra gli lanciò un'occhiata, ritraendo la mano di scatto. Viltor si schiarì la voce, attirando l'attenzione di Pess. «Non c'è bisogno di far cuocere la carne più in fretta» disse, sarcastico.

Noreen alternò lo sguardo dal padre al fratello. Era sicura che non avrebbe mai avuto il coraggio di provocare in quel modo Pess, non quando era ancora turbato per il recente litigio. Sapeva, però, che l'unica persona in grado di tenergli testa era proprio Viltor ed era anche quello che lo conosceva meglio, quindi non si intromise.

«Ti ho mai detto che non ho bisogno della tua opinione, vecchio?» ribatté Pess, serio. Noreen lo scrutò, tentando di capire se era irritato o divertito da quel battibecco. Il suo viso, però, era impassibile e ciò la turbò ancora di più.

Viltor ricambiò lo sguardo, per nulla intimorito. «I giovanotti inesperti necessitano sempre del parere di un adulto».

Noreen sbarrò gli occhi e vide i suoi amici fare lo stesso. Eowra si mise seduto sul bordo del tronco, pronto ad alzarsi e intervenire. Noreen tornò a guardare Pess e rabbrividì, non appena constatò che i suoi occhi erano diventati blu e la pupilla si era ristretta.

Nessuno parlò, in attesa di vedere come avrebbe risposto. Suo fratello, però, pareva spiazzato da quella risposta.

Infine, Pess rivolse un ghigno divertito a Viltor. «Mi ero dimenticato quanto potessi essere simpatico» commentò, infilando la mano in tasca per tirare fuori la pipa.

«Noreen» disse, allungandogliela. Noreen inarcò un sopracciglio, ma preferì non obiettare. Richiamò il suo potere e accese la pipa, come le aveva richiesto Pess. Le tornò in mente quando gliel'aveva chiesto la prima volta, nella casa sulle montagne.

Pess se la portò alla bocca, rivolgendole un occhiolino divertito. Viltor, al contrario di quanto si fosse aspettata, non disse nulla ed Eowra tornò a occuparsi della carne, che ormai era quasi pronta.

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-5 capitoli alla fine di questo secondo volume! :)

Instagram: animadidragoo.

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