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8 Un brusco risveglio

Tutto fu buio all'inizio, ma poi una luce cominciò a illuminare quell'oscurità.
Nick credette di essere morto, ma il corpo gli doleva dappertutto e il mal di testa era insopportabile; ciò gli fece capire di essere vivo.
Aprì gli occhi, ma dovette richiuderli subito, poiché una luce accecante invadeva quello spazio.
Piano piano, Nick batté più volte le palpebre, riuscendo ad abituarsi alla luce.
Si mise a sedere.
Era in una stanza d'ospedale, con le pareti bianche e marchingegni ovunque; la luce entrava nella camera attraverso il vetro della finestra alla sua destra.
La volpe si guardò: addosso non aveva un camice di carta, ma dei vestiti puliti e integri. Vi era sul comodino alla sua sinistra una busta di plastica con la tuta da poliziotto strappata e il distintivo.
"Buongiorno Nick".
La volpe si voltò di scatto. Benjamin  lo stava guardando mentre mangiava una ciambella, seduto su una sedia di fianco al letto.
"Ciao", rispose Nick, stanco e distrutto, mentre si massaggiava dietro la nuca.
"Come ti senti?".
"Ho mal di testa".
"E hai ragione ad averlo".
Nick sospirò.
"Cos'è successo?".
"Alcuni agenti hanno trovato te e Hopps poco lontani da una fabbrica abbandonata. Assieme a voi hanno trovato tre predatori impazziti, rinchiusi in celle".
"Stanno bene?".
"I medici li hanno curati mentre eri svenuto. Adesso sono con le loro famiglie".
Nick tirò un sospiro di sollievo. Almeno loro erano salvi.
"Secondo l'infermiera" continuò Benjamin "un colpo leggermente più potente ti avrebbe ucciso".
Il colpo. Adesso ricordava. Il mal di testa era dovuto a una botta che gli aveva inflitto Jonathan.
Ma perché non lo aveva visto?
In quel momento ricordò tutto.
La fabbrica abbandonata, le celle con dentro i predatori, Jonathan che chiedeva a Judy di unirsi a lui...
In quell'istante ricordò anche quello. Prima mentre cercava di salvarsi da lui, poi a terra, con sulla schiena un proiettile. Nick cominciò a sentirsi male, ma non era un dolore fisico; c'era qualcosa che gli affliggeva il cuore non appena ricordava Judy.
"Tutto bene?", chiese Benjamin, avendo notato il turbamento della volpe.
"Devo vedere Judy", disse Nick, con nei suoi occhi una determinazione che Benjamin non aveva mai visto.
Il ghepardo lo accontentò.

Lo portò in una stanza, anch'essa bianca e piena di macchine funzionanti. Ma non solo quello.
In un angolo c'erano i genitori di Judy, con in mano dei fazzoletti di carta. Oltre a loro c'erano due agenti, tra cui il tenente Bogo e il dottore, accompagnato da un'infermiera.
Poi lei.
Era distesa su un letto, posto al centro della stanza, con a sinistra un flebo e a destra la macchina per i battiti cardiaci. Aveva gli occhi chiusi e il respiro era flebile e debole, ma se non altro era viva. Nick di sedette al suo fianco, stringendole dolcemente la mano.
In quel momento i presenti cominciarono a sciamare fuori dalla stanza, lasciando la volpe da sola, tranne ovviamente il dottore.
"Come sta?", chiese Nick.
"La caviglia è smembrata in superficie e la schiena presenta quattro segni di artigli poco profondi".
Chissà chi glieli avrà procurati, pensò con amarezza Nick.
"Per non parlare del proiettile".
"In che senso?".
"Era avvelenato".
Il mondo gli crollò addosso. La volpe cominciò a sentirsi male, ma anche a privare una nuova emozione: rabbia e odio misti alla paura e il senso di colpa.
"Non c'è una cura?".
"Sì, ma non è così facile trovarla".
Nick sospirò, guardando la compagna.
"Quanto le rimane?".
"Abbiamo delle medicine che possono rallentare il processo del veleno, quindi più o meno una settimana".
Una settimana. Se la sarebbe fatta bastare.
In quel momento il dottore uscì, chiamato da un'infermiera che lo voleva.
Quando il medico uscì, le dita di Judy parvero muoversi sotto la stretta di Nick.
La volpe si voltò di scatto per guardare la coniglietta.
Gli stava sorridendo, con due gemme viola che lo guardavano con amore.
"Come stai?", chiese Judy, debole ma sveglia.
"Io bene. Tu piuttosto".
"Potrei stare meglio", scherzò.
Nick sorrise, contento di rivedere la Judy che conosceva, scherzosa e divertente ma anche forte e determinata.
"Devi andare".
Quella frase spezzò il filo di pensieri nella testa di Nick.
"Come sarebbe a dire? Io non ti lascio".
"Jonathan è a piede libero e non si farà catturare da sbirri qualsiasi. Devi essere tu colui che lo metterà dietro le sbarre".
Quelle parole caddero come macigni sulla coscienza della volpe.
"Troverò un modo...".
"Non c'è Nick" la interruppe Judy, mettendosi a sedere sul letto, con nello sguardo una verità dolorosa "Jonathan ha tentato di eliminarmi perché ero d'intralcio, e lo sono anche adesso. Ho sbagliato; questo caso non è mai stato mio, ma tuo. Metti Jonathan dietro le sbarre non per me, ma per te stesso; sconfiggi il tuo demone".
Nick sapeva che Judy aveva ragione, ma non lo voleva ammettere; sì, Jonathan era a piede libero e non si sarebbe fatto arrestare se non da lui, ma si rifiutò di lasciare da sola Judy mentre doveva combattere per la vita. Piuttosto che lasciarla, avrebbe dato le dimissioni.
"Non posso lasciarti da sola...", mormorò Nick, abbassando lo sguardo, mentre una lacrima, colma di dolore, gli attraversava la guancia.
Judy gli alzò la testa e col pollice destro raccolse la lacrima, per poi abbracciarlo con le poche forze che le erano rimaste. Anche se era debole, diede al compagno un benessere e una ricarica che nessun'altro poteva darglieli.
"Allora fallo per me", disse la coniglietta, prima di crollare nel buio più assoluto.

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