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[Parte tre]
-Luke! Di chi è questa bambina?- la voce femminile risuonò stridula per la grande camera, arredata con gusto semplice ma al tempo stesso raffinato.
L'uomo, dopo aver rivolto uno sguardo annoiato alla moglie, chiuse con estrema lentezza la porta d'ingresso alle proprie spalle e cominciò a togliersi la giacca con movimenti lenti e calcolati.
-Si è persa per caso? Chi è, Luke?- ripetè la donna.
-Lei? Lei è il mio nuovo angelo. Un dono dal cielo- le rispose infine, mentre un leggero sprizzo di felicità che gli balenava improvviso negli occhi. La piccola bambina dal canto suo, nel frattempo, era intenta a leccarsi il suo ultimo regalino. A capo chino, e con le mani rese appiccicose dalla glassa del lecca-lecca, non prestava nessuna attenzione ai discorsi dei due sconosciuti davanti a lei.
Marianne cercò di capire il senso di ciò che le stava dicendo il marito. -Non puoi portarti a casa una bambina qualsiasi, presa da dove te ne pare. Lo sai cosa potrebbe comportare questo tuo gesto?-
L'uomo scosse la testa, dopo averle rivolto un ultimo sguardo fugace, s'incamminò verso la finestra che dava sulla strada. Spostò la pesante tenda color pistacchio e diede una sbirciata lungo la via che cominciava ad illuminarsi alla luce artificiale dei lampioni che la costeggiavano. "Nessuna anima viva, bene." pensò Luke, mentre un sottile ghigno gli si disegnava a fior di labbra.
-Tesoro, ragiona ti prego. Perché l'hai portata qui?- la voce incrinata di Marianne lasciava a presagire che da lì a poco avrebbe avuto un crollo nervoso.
Luke non la biasimava. L'uomo che Marianne aveva sposato non avrebbe fatto mai una cosa così deplorevole. La francesina bionda, tutta forme alla quale lui aveva deciso di legarsi in un legame a vita non era altro che una di quelle semplici donne che erano in grado di essere ammansite con il conto in banca sempre superiore alle quattro cifre. Semplice e talmente stupida che non gli avrebbe fatto problemi e né domande sul giro d'affari grazie al quale portava avanti la sua grande impresa nella città americana di LA, e soprattutto avrebbe provveduto a dargli un figlio al quale avrebbe tramandato tutta l'arte dei suoi loschi mestieri. Ma qualcosa, anzi molte cose, non erano andate secondo i suoi piani e che ora Marianne Hamilton stava entrando in crisi per quella dolce creatura con giusto qualche anno di vita. Sbuffò.
Affondò le mani in tasca e si decise a guardarla negli occhi color nocciola per la prima volta da quando aveva messo piede in quella casa.
-Io... quei fottuti medici non avevano un rimedio per il nostro problema, vero? Allora me la sono cercata io, la soluzione- disse semplicemente con voce greve, e non avendo altro da aggiungere si incamminò verso la propria camera da letto, ignorando del tutto la figura irrigidita della donna.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
-Ti sei fumato il cervello? Cazzo!- sbottò lei in un urlo stridulo e disperato. Guardò la bambina e un gemito strozzato le sfuggì dalle labbra piene e carnose. Si portò una ciocca di capelli chiari dietro l'orecchio e prese un grande respiro. Si inginocchiò accanto a lei, arrivando quasi alla sua stessa altezza. Riusciva a specchiarsi nei suoi grandi occhi talmente erano chiari e cristallini, pagliuzze azzurrine incastrate nelle iridi verde smeraldo.
-Come ti chiami, piccola?-, le sfiorò il naso paffuto con la punta del proprio indice, -me lo vuoi dire?-
La bambina finalmente alzò lo sguardo su di lei, e per nulla spaventata davanti ad una sconosciuta, le rivolse un piccolo cenno del capo. -Ifvy!-
-Ti riporteremo a casa, te lo prometto.-
Marianne le sorrise dolcemente, poi fece leva sulle ginocchia e ritornò in piedi.
Seguì Luke nella camera. Le dava le spalle in quel momento, seduto al lato opposto sul bordo del loro letto matrimoniale. Chinato in avanti, stava armeggiando dentro uno dei cassetti del comodino.
-Caro, mi dispiace averti fatto una scenata poco fa. Ma comprendi quello che sto cercando di dirti, vero?- gli disse con voce docile. Rimase sulla soglia della porta, appoggiata allo stipite di questa mentre lo osservava di spalle.
-Sì, tesoro. Capisco benissimo- le rispose lui con una voce atona, mentre ancora stava piegato accanto al comodino. Prese qualcosa dal cassetto e se lo infilò nella tasca interna della giacca con un gesto fulmineo.
La moglie nel frattempo intenta nel suo monologo, non prestò attenzione a ciò che stava facendo Luke. -Okay, ascoltami. Io non so cosa tu stessi davvero pensando quando hai preso su con te quella bambina. Però siamo ancora in tempo per rimediare: prendiamo la bimba e la riportiamo nella stazione di polizia più vicina e diciamo che si è persa e noi l'abbiamo ritrovata. Poi ci penseranno loro a restituirla ai suoi veri genitori-, incrociò le braccia al petto e lo osservò con sguardo stanco -mi stai ascoltando?-
-Certo, ti ascolto.-
-Allora andiamo, non possiamo aspettare troppo a lungo, altrimenti si insospettiranno.-
L'uomo non si mosse. La moglie si avvicinò a lui per esortarlo ad alzarsi dal letto e andare.
-Non andiamo da nessuna parte, invece. Quella bambina sarà nostra. Non sei felice?-
-Luke, capisco come ti stia sentendo in questo momento. Lo so che ti senti in colpa per come stanno le cose. Anch'io mi ero sentita. Ma non dipende da te...- prese un respiro, -Potremmo semplicemente addottorare una bambina. Se propr-
-No! Non adotteremo nessun bambino! Io ho già scelto.- rispose lui alzando la mentre scandiva le ultime parole, alcune vene si misero in rilievo sulla fronte per lo sforzo.
-Un insulto. Sarebbe come urlare al mondo intero che non potremmo mai avere dei figli. Che il problema ce l'ho io. Sarebbe troppo vergognoso- mormorò poi a denti stretti.
-In questo modo non risolverai niente. Cazzo, non lo capisci in che situazione ti stai cacciando?- rispose la donna passandosi una mano tra i capelli, cercando di trattenere le lacrime.
Lo sguardo di Luke si fece assente mentre sospirava. Lei non lo avrebbe mai capito.
-Non sembri molto lucido. Ti sei fatto qualcosa?- chiese Marianne prendendogli il viso tra le mani mentre lo sondava con il proprio sguardo.
-Bisogna trovare un altro rimedio a quanto pare- sussurrò lui in tutta risposta
-Cosa?-
L'uomo si alzò in piedi in tutta la sua altezza, con il fisico ancora slanciato e atletico la sovrastava di parecchi centimetri.
Avvicinandosi, circondò il corpo minuto della donna tra le proprie braccia e la strinse al petto. Lei si lasciò cullare da quell'abbraccio improvviso e inaspettato mentre socchiudeva gli occhi.
-Tesoro...- sussurrò con voce flebile.
-Si sistemerà tutto. Saremo perfetti insieme. Io e lei. Ho già pianificato tutto nei minimi dettagli. Studierà in una scuola prestigiosa e diventare una persona di fama e di successo, e seguirà le mie orme. Non le farò mancare niente.- disse con la donna ancora appoggiata contro di lui, mentre aveva uno sguardo sognante negli occhi scuri.
-Come tu e lei?- sbottò Marianne scostandosi improvvisamente dal suo petto.
-Niente niente, pensavo solo- rispose prendendola di nuovo tra le braccia.
Luke estrasse la pistola dalla tasca del giubbotto e gliela posò alla testa. -Vedi mia cara Marianne, ormai nessuno ci può separare. Neanche tu. Perché lei è la figlia del destino. Ciao, amore che non ho mai amato.-
-Cos-
BANG!
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