Due✨🦋
Ed: Pensi che noi due ci siamo detti sempre tutto? Segreti, misteri...
Amy: Noi due siamo tutto un mistero.
-Dal film: La corrispondenza-
*
Da quella telefonata era passata una settimana e avevo la sensazione che nuovamente la mia vita stesse andando a rotoli. Carlo mi aveva salutata con la sua solita frase e la sua voce era stata riconoscibile in ogni caso. Mi era battuto il cuore come non mai quando il mio amico mi aveva chiamata piccola farfalla, non appena però avevo pronunciato il suo nome, Carlo aveva staccato la telefonata e a quel numero non era stato più rintracciabile.
Ancora una volta mi ero chiusa in me stessa e non avevo permesso ad Alex di entrare nella mia bolla. Nonostante lui aveva provato più volte a parlarmi, ad Alex erano state chiuse tutte le porte in faccia, anche dalla sua famiglia. Sua madre Ginevra si era resa conto che qualcosa non andava e un sabato pomeriggio gli aveva chiesto di fare una passeggiata insieme a lei, poiché aveva bisogno di parlargli.
Erano nei pressi della chiesa di San Vincenzo, a poche centinaia di metri da casa mia , e Ginevra e Alex sembravano agli occhi degli altri due normali persone che mangiavano un gelato.
«Come fai a stare con una ragazza che non si degna neanche di farsi sentire una sola volta da sette giorni?» aveva chiesto la mamma con finta premura.
«Avrà avuto dei problemi, mamma», aveva risposto Alex già seccato dalla situazione.
«Lei non è la ragazza giusta per te», aveva sentenziato Ginevra, cambiando totalmente espressione, «tuo padre dice che...»
«Mio padre può dire quello che cazzo vuole», aveva imprecato Alex contro la madre, «io la amo e la proteggerò, sempre».
«E lei? Lei ti ama?» aveva domandato la mamma con una freddezza mai sentita prima, «e sul serio sei disposto a farla entrare nel nostro mondo? Tu lo sai che se le cose si faranno serie, la macchierai di reati, anche non commessi», aveva poi aggiunto Ginevra con lo sguardo di chi ne sapeva una più del diavolo.
Alla tenera età di tredici anni, Ginevra aveva conosciuto Claudio, suo attuale marito e all'epoca diciottenne già immischiato in giri illegali. Claudio si era innamorato follemente di quella ragazza e presto l'aveva presentata alla sua famiglia. Senza neanche capirci nulla, Ginevra era stata coinvolta in questioni più grandi di lei, e dal giro non ne era più uscita. Anzi, era diventata una delle persone più influenti della città, quelle che quando le incontri le saluti con l'appellativo "Donna" prima del proprio nome.
Donna Ginevra sapeva che chi aveva a che fare con la mafia, segnava la propria condanna a morte, anche se in un certo senso si poteva acquistare una sorta di potere, grazie al quale potevi comandare sulle altre persone.
«Io non voglio farla entrare in nessun giro. Lei deve rimanere fuori da questa merda», aveva decretato Alex.
L'amore che lui provava per me era sincero e profondo e non avrebbe permesso neanche ai suoi genitori di coinvolgermi nei loro impicci. Lui doveva proteggermi a tutti i costi, poiché io avrei dovuto mantenere la mia purezza, in quanto il mio candore era l'unica cosa che manteneva Alex in vita.
Se la sua parte peggiore avesse preso il sopravvento, non avrebbe guardato in faccia più nessuno e sarebbe stato capace di commettere i peggiori crimini, quelli che negli anni avevano eseguito gli altri al posto suo.
Dopo quella breve chiacchierata, Alex si era incamminato verso la piazzetta per incontrare i suoi amici, mentre Ginevra era rimasta un po' in chiesa per pregare.
Nonostante tutto quello che facevano nella vita per campare, gli Alessi erano grandi cattolici e la preghiera era una priorità. Ginevra si era confessata, per poi uscire dalla chiesa di San Vincenzo, a detta sua, con il cuore più leggero. Poco dopo i suoi occhi si erano posati sulla mia figura e come un falco in cerca della sua preda, mi aveva seguita con gli occhi iniettati di sangue.
Ginevra era convinta che per il figlio io fossi una cattiva compagnia, per il semplice fatto che Alex spesse volte non adempiva ai propri obblighi nei giorni in cui usciva con me.
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Mi era venuto un colpo sentire la voce di Carlo. Certo, erano passati gli anni ed ero più matura, ma non l'avevo mai dimenticato. Lo avevo riconosciuto soprattutto dal nomignolo, ma avevo bisogno di regolarizzare il mio respiro, per questo stavo andando nella Valle Incantata, per ritrovare me stessa. Da una settimana mi sembrava di essere in apnea e che a volte mi mancava il fiato; magari, il contatto con la natura poteva riportare il giusto equilibrio nella mia vita.
Ginevra mi aveva seguita, nascondendosi dietro un albero, poco distante dalla chiesa. Non appena però ero sparita nel nulla, lei aveva strabuzzato gli occhi. Si era immaginata tutto? Doveva seguirmi o giocare d'astuzia?
Aveva optato per l'unica decisione logica che potesse prendere: tornare indietro e raccontare tutto a suo marito.
Da mesi, Claudio e le altre famiglie potenti stavano indagando su fenomeni inspiegabili che stavano accadendo nei paesini calabresi: ragazzi che sparivano e riapparivano, animali dapprima impazziti, per poi calmarsi in presenza di determinate persone, silenzio durante alcune notti di luna piena.. troppo silenzio.
In ogni caso, io avevo sentito quel dolce richiamo ed ero sparita dietro l'albero. Il mio animo aveva iniziato a sentirsi nuovamente vivo nell'esatto momento in cui la cascata di acqua azzurra della Valle Incantata mi era apparsa davanti.
Con uno scatto felino, avevo oltrepassato l'acqua e il paesaggio che si mostrava davanti ai miei occhi non era cambiato in niente: una serie di alberi circondavano una distesa di prato verde; sotto ogni albero c'erano dei tavolini in legno e da lontano si potevano ammirare delle casette di piccole dimensioni, anch'esse in legno.
Ogni volta che gli alberi venivano toccati prendevano vita e i loro rami era come se abbracciassero la persona che stava chiedendo aiuto; era come se avessero la capacità di sentire lo stato d'animo della persona in questione e dovevano fare di tutto pur di farla stare bene.
D'istinto avevo toccato l'albero sul quale c'era inciso il mio nome insieme a quello di Carlo, facendomi racchiudere in una stretta che mi facesse sentire al sicuro.
«Oh Carlo, perché sei sparito dalla mia vita?» avevo chiesto a me stessa in un sussurro.
Mentre cercavo di far tornare il mio cuore a battere in modo normale, avevo ricordato il giorno in cui Carlo aveva deciso di incidere i nostri nomi sulla corteccia di un albero.
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Erano due giorni che, per non sentire più quel peso che mi stava frantumando il cuore, restavo insieme a Carlo in quel luogo sconosciuto a tutti. Il mio nuovo amico mi aveva confidato di averle dato il nome di Valle Incantata, poiché la magia che aleggiava in quel posto aveva il potere di tenere unite le persone.
Carlo sapeva dapprima di conoscermi che sarebbe partito per un viaggio, dal quale difficilmente avrebbe fatto ritorno. Il problema era che però lui si era affezionato a quella ragazzina di quattordici anni che trasmetteva solo tristezza da quei suoi occhi grandi.
La prima volta che mi aveva portata in quel posto, lui sapeva che avrei sentito ogni cosa, poiché il mio animo era nobile e la mia ingenuità poteva trasformarsi in qualcosa di positivo. Io avevo il potere di sentire cose che gli altri neanche immaginavano e Carlo si era accorto di ciò quando, prima di sparire dietro l'albero aveva visto una farfalla bianca poggiarsi sulla mia spalla.
Dapprima era rimasto incredulo. Mai nessuno era riuscito ad attirare una farfalla pura, ma io avevo qualcosa dentro che mi faceva diventare automaticamente incontaminata; in me non esisteva alcun tipo di sentimento negativo.
Non appena eravamo arrivati nel cuore della Valle Incantata, un albero ci aveva abbracciati e Carlo si era sentito un po' a disagio a restare così vicino ad una ragazza, che infondo iniziava anche a piacergli. Quando poi, l'albero aveva sciolto l'abbraccio, Carlo aveva deciso di incidere proprio sulla sua corteccia i nostri nomi.
«Piccola farfalla, mi passi la matita che hai nella tasca?» aveva chiesto Carlo tutto eccitato, «che poi, perché ti porti una matita sempre dietro?» aveva domandato, mentre iniziava a scrivere il proprio nome.
«Perché amo disegnare, è praticamente una delle poche cose che mi tiene in vita», avevo risposto fiera, «e comunque, ti rendi conto che una semplice matita non può scrivere su un albero vero?».
La verità era che quella matita, seppur semplice, aveva permesso a Carlo di incidere il suo nome e il mio, in quanto era magico, ma dava la possibilità solo a noi di poter ammirare quel semplice capolavoro.
«Perché lo hai fatto?» mi ero informata.
«Così ogni volta che verrai qui, mi ricorderai», aveva risposto Carlo.
E questo, sapeva tanto di addio.
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Nel contempo, avevo seguito la scia argentata dei piccoli animali che mi volavano intorno, ero arrivata in cima ad una montagna. E, ancora una volta, quando i miei occhi ammiravano la vallata, migliaia di farfalle rilasciavano nell'aria una polverina gialla e verde, per tenere vivo quel mondo magico.
Di nuovo, mi ero resa conto di non aver mai visto nulla di così straordinario. Finalmente, sentivo il cuore più leggero e quella sensazione di perdita provata per la partenza di Carlo, e ora per la sua telefonata, era sparita all'istante.
Quel luogo era la mia cura; qualsiasi cosa fosse successa, io avrei sempre avuto la possibilità di poter tornare lì e riprendere in mano la mia vita.
Frattanto, Ginevra era tornata a casa. Claudio era nel suo studio e aveva richiamato Alex a casa per alcune questioni importanti. Donna Ginevra non aveva alcuna intenzione di interromperli, pensava che raccontargli ciò che aveva visto potesse aspettare.
Quando Alex e suo figlio erano rintanati nello studio di Claudio, significava che la mafia li aveva chiamati a svolgere un lavoro. Quando però la moglie aveva aperto la porta di casa, i due avevano già sentito il suo ritorno, così Claudio e Alex erano apparsi in cucina, per poterle comunicare cosa sarebbe accaduto la sera successiva.
«Oh santo cielo, mi hai fatta spaventare», si era impaurita Donna Ginevra, portandosi una mano sul cuore.
Ginevra era sicuramente soprappensiero, stava cercando un modo carino per comunicare al marito e al figlio cosa aveva visto quella sera.
«Ginevra, amore mio, cerca di non distrarti mai. Devi essere sempre in allerta, persino in casa tua», aveva detto Claudio con distacco, «comunque, domani sera abbiamo un lavoro da fare. Alex deve consegnare un carico di droga. Se tutto va bene, ti porterò in vacanza a Dubai fra una settimana, mia regina», aveva aggiunto poi con la consapevolezza che il figlio avrebbe svolto il suo lavoro in modo eccellente.
Alex aveva sorriso. Nella sua vita era abituato a quel tipo di serate e per lui non faceva differenza se le trascorreva insieme ai suoi amici fatti o a svolgere compiti illegali. Ne avrebbe ricevuto una somma di denaro che gli avrebbe permesso il lusso. Lui era dentro quel mondo e sapeva che non ne sarebbe mai uscito, ciononostante gli piaceva e ogni volta ne voleva sempre di più.
«Ho visto Francesca appena fuori la chiesa», aveva detto Ginevra.
Lentamente, il sorriso del figlio gli era morto sul viso. Pensava al perché non l'aveva cercato o perché non aveva risposto a nessuna chiamata. A volte si chiedeva se io provavo realmente qualche sentimento nei suoi confronti, aveva dei dubbi che lo stavano logorando. Ma talmente era attaccato a me, che appena incrociavamo i nostri occhi i dubbi scomparivano all'istante.
«E quindi?» aveva chiesto Alex stizzito.
«Devi indagare Claudio. È sparita», aveva risposto Donna Ginevra, volgendo lo sguardo al marito, «è sparita dopo aver toccato l'albero», aveva insistito con disprezzo.
Claudio si era alzato e senza dare inizialmente spiegazioni, si era incamminato di nuovo verso il suo studio. Doveva agire e fare qualcosa. Tutti quei ragazzi che nei paesini sparivano all'improvviso per lui erano un problema, poiché perlopiù questi erano ragazzi che non stavano bene, persone fragili, e quindi potenziali compratori di droga. Il fatto che la piazza si stava rovinando per colpa di un qualcosa che non aveva ancora un nome, faceva crescere in lui una rabbia mai provata prima.
«Che succede papà?» aveva chiesto Alex allarmato.
Anche Donna Ginevra era nello studio con padre e figlio e non appena Claudio prese il telefono, aveva guardato la moglie e aveva sospirato.
«Devo chiamarlo, Ginevra», aveva detto Claudio preoccupato, «Don Filippo deve sapere cosa sta succedendo».
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