Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Cinque✨🦋

•La farfalla nera è simbolo di morte e disgrazia.

Il pianto di Ginevra aveva rimbombato nelle mie orecchie. Come poteva Alex essere morto? Non ci volevo credere e volevo vedere con i miei occhi il corpo del mio fidanzato.

«Lui è...» avevo singhiozzato, non distogliendo mai lo sguardo da Claudio.

«Hai fatto già abbastanza ragazzina», aveva tuonato minacciosa Ginevra, «è meglio che tu te ne vada».

Ginevra aveva lo sguardo di una mamma furiosa. Mi odiava con tutto il suo cuore e la sua anima, e non mi avrebbe permesso mai più di avvicinarmi alla sua famiglia. Non era di certo colpa mia ciò che era successo, ma Alex, a detta della mamma, era già distratto dal giorno prima, e Ginevra era fermamente convinta che il figlio non faceva altro che pensare a me.

«Io... signor Claudio, mi dica che è vivo, la prego», lo avevo supplicato, finendo con le ginocchia a terra, «mi dica che è tutto uno scherzo e che Alex sta per uscire da questo fottuto ospedale», avevo alzato il tono di voce.

•La farfalla nera è simbolo di mistero, rabbia, rimorso, male e tristezza.

In quel momento, mi ero resa conto di provare per Alex più di un semplice sentimento di bene. Il cuore mi si era frantumato in tanti piccoli pezzi e la mia anima si era dispersa negli abissi dell'inferno. Avevo preso consapevolezza anche di tutti gli errori commessi nei confronti di Alex, di tutte le volte che ero sparita per settimane intere, solo per il mio modo egoista di risolvere le cose.

«Francesca, va via», aveva detto Claudio guardandomi per la prima volta con compassione.

Mi ero allontanata insieme a Carlo sotto lo sguardo adirato di Ginevra e quello caritatevole di Claudio. Avevo pensato che se Alex era morto, era per colpa mia. Non ci eravamo sentiti per tutto il giorno e la sera prima io non avevo risposto a nessuna sua chiamata. Mi incolpavo, poiché, se solo avessi avuto la decenza di accettare le sue telefonate, sarebbe rimasto vivo e insieme a me chissà dove.

Ginevra e Claudio erano rientrati in ospedale, pronti a porre fine a quella storia. Sicuramente, chi aveva fatto esplodere quel serbatoio, coinvolgendo Alex e Pietro, l'avrebbe pagata cara e amara.

Ritornati a casa, ero rientrata in casa mia senza fiatare. Carlo era frustrato, in quanto non sapeva come comportarsi: da un lato io avevo appena perso il mio fidanzato, dall'altro avevamo vissuto insieme un momento intimo e magico, e Carlo era sicuro che in quell'istante ero riuscita a liberarmi dall'oscurità che mi attanagliava l'anima, poiché insieme a lui vedevo la luce in fondo al tunnel.

Nel frattempo, ero andata direttamente sul letto. Un pianto disperato aveva iniziato a farmi agitare e i singhiozzi avevo dovuto soffocarli ponendomi un cuscino dinnanzi il viso. Non volevo che i miei genitori o Valerio capissero cosa stesse succedendo, poiché avrei dovuto spiegare loro molte cose, tra cui il fatto che Alex era in compagnia di alcuni uomini che gli puntavano contro una pistola, mentre caricava della droga nella sua auto.

Erano successe troppe cose insieme quella sera; in più, se pensavo a quanto ero stata bene tra le braccia di Carlo, mi era venuto il panico. Il mio amico non si faceva vedere da anni. Ma come era possibile che senza far praticamente nulla, era riuscito ad infondermi una calma tale da lasciarmi completamente andare?

Quel bacio che ci eravamo dati, contava molto più di quanto volevo raccontare a me stessa. Mi era piaciuto, ma avevo comunque fatto un torto ad Alex e tutto ciò mi avrebbe tormentata per tutta la vita.

Mi sentivo confusa e tremendamente in colpa.

Improvvisamente, uno dei tanti peluche che Alex mi aveva regalato, ed esattamente quello a forma di farfalla, aveva preso vita, iniziando a gironzolare per tutta la stanza. Non capivo perché accadevano cose inspiegabili e dapprima ero rimasta spaventata da quegli strani movimenti.

Non riuscivo a darmi una spiegazione logica sul perché succedevano determinate cose, e perché mi appariva proprio una farfalla ogni qual volta succedeva qualcosa. Così, con il timore che qualcosa di pauroso stesse per accadere, ero uscita nuovamente, ritrovandomi sul pianerottolo di casa di Carlo.

Avevo esitato un attimo prima di prendere coraggio e suonare il campanello. Cosa avrei potuto dirgli? Non conoscevo tutta la sua storia, eppure c'era qualcosa che ci legava e questo mi tormentava, poiché non avrei dovuto provare quelle emozioni contrastanti.

«Francesca?» un Carlo sbalordito aveva aperto la porta.

Non si aspettava di certo una mia visita così in fretta, non dopo essersi sentito in un certo senso rifiutato. In fondo, io non avevo accennato in alcun modo al bacio che ci eravamo dati e lui rimase talmente male, che aveva preferito non rammentarmi nulla.

«Devo scoprire cosa è successo ad Alex e perché era con quegli uomini», avevo detto tra le lacrime, «torniamo in ospedale e vediamo se lui...»

«Lui è morto», mi aveva interrotto Carlo con fare distaccato.

«No, lui non...» avevo provato a dire, «lui è...»

«Senti, lo so che non è semplice da accettare, ma la realtà è che Alex non c'è più», aveva iniziato a dire Carlo, dopo avermi fatto cenno di entrare in casa.

Era fatto certo che ero rimasta traumatizzata dalla notizia appena appresa e Carlo voleva fare di tutto pur di farmi riprendere; anzitutto, spostare l'attenzione da Alex a noi due.

«Fra, non credi che dovremmo discutere di ciò che è successo tra di noi?» mi aveva chiesto Carlo, per poi farmi accomodare sul divano.

«Noi non dobbiamo parlare proprio di nulla, perché non è successo niente tra me e te», avevo detto, guardandolo negli occhi.

Lui ci era rimasto male, poiché credeva che anche io avevo sentito qualcosa di magico uscire dai nostri corpi in collisione. Sperava che io ricambiassi i suoi sentimenti.

Quando lui se ne andò era poco più che un adolescente con gli ormoni in subbuglio. Era solo e io ero l'unica ragazza ad averlo accolto.

Nell'esatto momento in cui aveva lasciato la città, neanche la sua vita fu facile; anzi, ogni giorno per lui era come essere sulle montagne russe: c'erano momenti felici, durante i quali il suo pensiero era costantemente rivolto a quella ragazzina dai capelli rossi che lo faceva sorridere come mai nessuna, e momenti in cui tutto precipitava e lui cadeva nella disperazione più totale.

«Ah no?» aveva chiesto lui alzando la voce, «quindi quel bacio per te non ha contato niente?»

«Un semplice momento di debolezza», avevo ribattuto, «ti ricordo che sei sparito per anni e ora sono una ragazza impegnata», avevo aggiunto poi, iniziando ad innervosirmi.

«È morto, lo hai visto anche tu. È morto, cazzo!» aveva imprecato Carlo.

Dalla frustrazione, lui si era passato la mano tra i capelli, dopo che lacrime amare avevano iniziato a scendere sul mio viso. Sapeva benissimo che mi aveva ferita, se avesse detto determinate cose, eppure non aveva avuto nessun rimorso a ricordarmi che Alex aveva avuto un incidente sotto i nostri occhi.

«Tu... tu...»

«Mi dispiace», aveva confessato poi Carlo, «non avrei dovuto rigirare il coltello nella piaga», aveva sospirato e si era seduto vicino a me.

«Sei un bastardo», avevo sputato dopo minuti di silenzio.

«Lo so», aveva ammesso Carlo affranto, «ma sono tornato, per te».

Lui mi aveva guardata negli occhi con la speranza che io gli dessi un segnale. Quando Carlo si era avvicinato al mio viso però mi ero scansata, guardandolo ferita. Ero una ragazza impegnata, lui lo sapeva, ma ci provava in continuazione. Come poteva farmi una cosa del genere, sapendo la confusione che creava nella mia testa?

«Ti prego, Fra. Non tagliarmi fuori dalla tua vita», mi aveva supplicata.

«Hai iniziato tu», avevo risposto, «dimmi perché te ne sei andato e mi hai lasciata sola nella mia afflizione».

Volevo delle spiegazioni, anzi le pretendevo, ma Carlo non poteva farmi soffrire ulteriormente, così aveva optato per mentirmi, consapevole che se lo fossi venuta a sapere, me la sarei presa talmente tanto da non rivolgergli più la parola.

«Papà aveva cambiato lavoro e ci siamo dovuti trasferire», aveva risposto Carlo con tutta la calma possibile.

«Non ti credo», avevo detto alzandomi dal divano e dirigendomi verso la porta.

«Dove vai?» mi aveva chiesto Carlo allarmato.

«Lontana... lontana da te».

Carlo sapeva benissimo che io non mi sarei arresa con Alex. Se io pensavo che Alex non era morto, avrei fatto di tutto per scoprirlo. Il problema era che, se così fosse, mi sarei messa nei guai con Claudio e Ginevra, e Carlo aveva promesso a se stesso di proteggermi a qualunque costo.

«Torna indietro, Fra», aveva urlato per farmi fermare.

«Devi lasciarmi in pace».

«Basta, lui è morto!»

Ed era come se il mondo si era fermato e così avevo urlato.

Il mio grido era stato talmente forte che una scia gialla si era espansa per tutta la città. Carlo si era tappato le orecchie, poiché il suono che usciva dalla mia bocca era assordante. Ad un certo punto però, una farfalla nera aveva svolazzato su nel cielo e una calma paurosa era caduta intorno a noi.

Io non capivo più nulla, ma quella farfalla mi stava indicando qualcosa; così avevo deciso di inseguirla, senza dare retta a Carlo. In men che non si dica, mi ero ritrovata dinnanzi l'ospedale. Più che paura, mi era cresciuta l'ansia di non poter rivedere più Alex e dirgli cosa provavo veramente nei suoi confronti. Mi ero bloccata all'istante, non appena avevo visto i genitori del mio fidanzato parlare con alcuni medici. Mi ero accigliata, pensando al motivo per il quale Ginevra sorrideva come non mai, mentre dinnanzi a me faceva tutta la disperata.

Messo da parte questo pensiero però, avevo continuato a inseguire la farfalla, che mi aveva fatta nascondere, per non inciampare sul cammino di Donna Ginevra.

Ero ancora inesperta, ma non mi capacitavo del fatto che avessi questa sintonia con gli animali, e in particolare con le farfalle, ed ero grata a questa magia della natura. Ne ero comunque terrorizzata, poiché quella nera in particolare quel giorno mi aveva fatto scoprire qualcosa di veramente terrificante.

•A seconda dei punti di vista, la farfalla nera è simbolo di rinascita, di un cambiamento positivo.

Mi ero avvicinata all'ospedale, non appena avevo visto Claudio e Ginevra allontanarsi con l'auto. Mi ero diretta alla Portineria e una ragazza che mi sembrava avere la mia età era seduta dietro un vetro, intenta a compilare alcune carte. Aveva i capelli biondi e ricci e, non appena aveva alzato m gli occhi, era risaltato un azzurro acceso e una dolcezza infinita.

«Ciao, sto cercando Alex Alessi», avevo detto in un sussurro.

«Lo hanno appena trasferito nella camera 320», aveva risposto la ragazza, «ma ti avverto, ha subìto la perdita di memoria e ha rimosso alcune parti della sua vita, quindi potrebbe non ricordarsi di te», aveva aggiunto poi sospirando.

L'avevo ringraziata e con le lacrime agli occhi mi ero diretta verso la sua camera. Era vivo e io lo sentivo dentro; ora ne avevo avuto la conferma ed era ciò che più contava. Ginevra voleva solo tagliarmi fuori e non farmi sapere che il figlio fosse sopravvissuto a quello scoppio. C'erano tante cose da assimilare, tante domande che mi frullavano in testa. E poi, come una secchiata di acqua gelida... la perdita della memoria.

Alex si ricordava di me? Il nostro amore era forte tanto da superare qualsiasi ostacolo?

Con l'amarezza e la consapevolezza che probabilmente avevo perso l'unica persona in grado di capirmi, avevo bussato alla porta della camera di Alex, con la speranza fosse sveglio. Lui mi aveva fatta entrare e, non appena aveva aperto, le nostre anime si erano ricongiunte e i nostri cuori si erano rincontrati.

«Alex...» avevo mormorato con gli occhi lucidi.

«Tu...» aveva bisbigliato Alex, cercando di mettere a fuoco la mia figura, «tu chi sei?»

Una nuova tempesta si stava imbattendo su ognuno di noi e nessuno ne sarebbe uscito illeso.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro