I miss you
Attenzione:
Capitolo con contenuti forti
Michael Clifford era quel tipo di persona che odiava essere capita. Non voleva che nessuno riuscisse ad abbattere i suoi muri. Li aveva costruiti con tanta forza, che farli crollare sarebbe stato quasi un peccato. Nessuno era mai riuscito a conoscerlo davvero. Permetteva soltanto alla musica di far cedere il muro. La musica era così indiscreta, entrava nella sua mente. Capiva i suoi pensieri, poi silenziosamente e con la stessa indiscrezione con cui era riuscita a far crollare il muro, lo ricostruiva. Michael tornava ad essere quello di sempre. Il bastardo senza cuore che si faceva intenerire solo dai gatti. Quindi aveva due punti deboli, i gatti e la musica. Soltanto che certe volte la musica non era così discreta, ma eccessivamente invadente. Occupava la metà dei suoi pensieri, se non tutti. Si impadroniva magistralmente delle parole che lui non aveva mai detto. Erano ormai tre giorni che succedeva questo con I Miss you, dei Blink-182. Passava i giorni a cantare tre frasi esatte:
"Where are you and I'm so sorry.
I can not sleep.
I can not dream tonight"
Per quanto volesse evitarlo, quelle parole gli riportavano alla mente sempre la stessa persona. Robert Clifford. Suo fratello. Anche mentre lavorava l'immagine di quel ragazzo gli si parava davanti senza alcun pudore. Mentre cercava di dormire, l'odore gli pizzicava il naso facendolo quasi stare male per la mancanza. Ci aveva davvero provato a cambiare le lenzuola, ma il profumo della pelle di suo fratello era quasi più invadente di quella maledettissima canzone. Quella stanza custodiva gelosamente tutto quello che riguardava loro due. Le notti a mangiare schifezze commentando un film di seconda categoria. Gli accordi sbagliati e corretti da Michael. Jet Black Heart. La canzone di quello strano gruppo newyorkese. La odiava perché fin dal primo ascolto non era mai stata discreta, gli aveva fatto crollare ogni singolo muro che aveva ricostruito dopo aver pianto in cucina con i suoi. –Michael, puoi prendere lo scatolone nello scantinato?- la voce del professor Ramsay lo ridestò dai suoi pensieri. Quel negozio di musica non era poi così male, si sentiva al sicuro lì. Aveva scoperto che quel negozio fosse del professore la sera in cui ci era andato a lavorare per la prima volta. Ramsay insegnava a scuola, dava lezioni di chitarra privatamente, aveva quel negozio e aveva anche il tempo per stare con i Marianas Trench. Michael riusciva a malapena ad andare a lavoro ed avere una vita sociale. Vita sociale che consisteva in vedere Calum ogni tanto. Non riusciva ad avere una vita sociale da circa due mesi. Eccolo di nuovo, Robert e i Blink, che affioravano nella sua mente.
Si maledì quando si taglio l'indice con la scheggia di legno che usciva da sotto lo scatolone. Lo scaraventò sul bancone, gridando un colorito "Vaffanculo!" che fece ridere il professore che stava contando i soldi alla cassa. –Ti prendo del disinfettante!- disse gesticolando prima di lasciarlo solo. Si gettò di peso sopra lo sgabello nero. Gli mancava suo fratello. Ne era sicuro. Adesso nel silenzio di quella stanza, riusciva quasi a sentirlo ridere e probabilmente era pazzo, perché sembrava un suono così cristallino da non poter essere una sua immaginazione. Si guardò intorno e no. Il biondo non c'era. Sbuffò prendendosi l'indice e stringendolo tra le labbra per succhiare la minima porzione di sangue. Chiuse gli occhi. La sua risata si fece vicina e poi si interruppe bruscamente. Aprì gli occhi e vide che davanti a lui c'era proprio il centro dei suoi pensieri. –Robert!- disse Ramsay da dietro le spalle di Michael. "Come hai fatto a non pensarci?"
Luke faceva parte dei Marianas Trench ed era ovvio vederlo entrare nel negozio del professore. Eppure lui non ci aveva mai pensato.
Con l'indice ancora tra le labbra, lo salutò con un cenno della mano. Luke sorrise paonazzo e seguì il professore. Non si era nemmeno reso conto che avesse trattenuto il respiro per tutto quel tempo, si lasciò scappare un sospiro quando fu sicuro che suo fratello fosse nell'altra stanza.
-Michael- il tinto saltò dal suo posto e si girò verso il ragazzo. –Robert, dimmi-
-Tu sai disinfettarti il taglietto?- scosse la testa. Sembrava così innocente agli occhi di Luke. –Okay, allora devo farlo io.-
-Ramsay?-
-E' occupato- gli afferrò il polso, costringendolo ad aprire la mano. Si accorse di tremare, mentre fissava le ferita quasi invisibile. –Lo sai che faceva mamma quando mi facevo male da piccolo?-
-No- Luke sorrise, passò il disinfettante e poi baciò il punto esatto dove la pelle era tagliata –Questo, ora puoi tornare a suonare la chitarra come sempre-
-Grazie- il biondo alzò le spalle e tornò dall'altra parte del negozio.
Se da un lato Michael stava iniziando a odiare i Blink, Luke invece aveva già un odio consolidato verso il divano su cui dormiva da poco tempo. Sua madre non sapeva che dormiva lì, non poteva dirgli che lo faceva perché aveva baciato suo fratello. Che poi in realtà non era suo fratello, era un perfetto sconosciuto che vedeva ogni giorno e con cui passava tutte le sue giornate da due mesi. Un perfetto sconosciuto che non avrebbe più rivisto. Una fitta gli strinse lo stomaco costringendolo a correre in bagno per rimettere la cena. Sua mamma, che era seduta accanto a lui, si alzò velocemente per raggiungerlo in bagno e per sostenergli la fronte. Non sapeva cosa gli avesse fatto male, se il polpettone o l'alcool che aveva ingurgitato per tutto il giorno con Jack. Persona di cui ancora non si era disfatto. Molto probabilmente l'alcool e le canne, ma sua mamma questo non doveva saperlo. Si stravaccò vicino al gabinetto, stringendo la tazza. –Sei sicuro che non vuoi prendere nulla?- gli chiese apprensiva. Lui annuì e lasciò andare la testa indietro. –Perché stai così, Robert?-
-Così come?- cercò di articolare. –La sento la puzza di alcool e fumo che fai. Perché?-
-Come puoi ben vedere- si indicò tutto il corpo smagrito –non è uno dei miei periodi migliori- Karen si passò una mano sul viso –Non mi bastava averne uno fallito-
-Michael non è un fallito, Michael è prezioso e raro- trattenne un conato di vomito prima di continuare la frase –Perché lo tratti così? Non ti fai schifo?-
-Robert, ti prego - Luke si aggrappò più saldamente alla tavolozza del gabinetto e rimise tutto quello che aveva in corpo, pensò che probabilmente aveva lasciato sfuggire anche un pezzo della sua anima. –No-non si fa così. Capito?- la donna sorrise –Come?-
-Non devi trattare male Mikey, perché io lo amo- Karen era tanto intenerita quanto incuriosita dall'affermazione del figlio –In che senso?-
-Mi fa stare bene-
-Davvero?- chiese studiandolo da capo a piedi. –Adesso sto così perché abbiamo litigato-
-Perché?- Luke agitò una mano in aria, come a cercare di non dare importanza alla cosa. Stava male, ma non a tal punto di dirle che si erano baciati –Cose tra fratelli- il problema era invece l'opposto, il problema era che quello che avevano fatto non doveva proprio succedere tra fratelli, ma alla fine dei conti Michael non era suo fratello e non ci trovava nulla di sbagliato. Solo che il tinto questo non lo sapeva e vederlo stare male lo faceva soffrire almeno un quarto di quanto non stesse soffrendo lui. Un altro conato. Questa volta avrebbe perso un pezzo del suo cervello, quella era una delle poche certezze che gli erano rimaste. –Ascolta, Robert- disse sua madre una volta in piedi, avvicinandosi a lui con una tovaglietta bagnata –Ricorda sempre che devi fare soltanto quello che ti rende felice. Capito? Anche tuo fratello- Luke sorrise passandosi una mano sulla fronte sudata. – Non cambiate per nessuno. Non deve interessarvi di non deludere gli altri, non dovete deludere soltanto voi stessi. Poi il resto non conta. Se siete soddisfatti di voi stessi allora andrà tutto bene- si fermò a riflettere, prima di aiutare il ragazzo ad alzarsi, per poi farlo sedere sul divano –Non so perché avete litigato e probabilmente non me lo dirai mai. Ma chiarite, se tuo fratello ti fa stare bene. Non credo che fumare o bere sia la soluzione- girò i tacchi lasciando Luke solo a riflettere. Le parole di Karen erano così vere da far male. Quello che stavano facendo non era giusto, ignorarsi non era la soluzione. Dovevano chiarire e se non adesso, presto.
Ashton stava con le braccia incrociate davanti a lui. Luke teneva gli occhi aperti a malapena, la notte non era riuscito a dormire, ma quel giorno doveva presentarsi per forza a scuola. Avevano le prove per il ballo d'inverno, quella scuola organizzava decisamente troppe feste. La notte prima avrebbe davvero voluto dormire, ma il pensiero delle parole che aveva detto a sua madre non gli permettevano nemmeno di chiudere le palpebre. Le aveva detto di "amarlo" e non era tanto il fatto che lo avesse detto a Karen a fargli venire i brividi, quanto il fatto di averlo confermato. Luke Hemmings aveva detto ad alta voce di amare Michael Clifford. Aveva allontanato l'idea dal primo giorno in cui l'aveva visto, ma quel detto "al cuor non si comanda" era tanto banale quanto vero. Adesso non poteva accettarlo, perché quello era il fratello di Robert e quindi fino alla fine di Novembre doveva fingere che fosse anche il suo. Portò la sigaretta alla bocca, sotto lo sguardo severo di Ash, per poi stringere le labbra attorno al filtrino e aspirare. Ashton. Aveva dimenticato della sua esistenza in quei giorni, era troppo impegnato a fumare canne e bere. Era visibilmente dimagrito, la notte non dormiva perché quel divano era scomodo e soprattutto non era il petto di Michael. Ormai era troppo abituato al suo profumo per farne a meno. Le soluzioni a tutto quel casino erano due: dire la verità o dimenticarsi del ragazzo dai capelli blu. Ma era chiarissimo che non ci sarebbe riuscito, avrebbe detto tutto a Michael. Non gli importava di Robert e di quello che avrebbe potuto pensare, forse non avrebbe nemmeno chiesto il suo permesso. –Allora?- disse il riccio prendendo la sigaretta dalle labbra e spegnendola sotto la suola degli stivaletti neri. –Cosa?-
-Che hai?- il biondo sembrò tornare da un altro pianeta, quando invece era stato per tutto il tempo lì. –Niente-
- I cinque chili meno non la pensano come te- Luke stava per rispondere, ma venne interrotto di nuovo dall'amico –Nemmeno la puzza che fai- alzò le mani sconfitto. Poteva mettere tutto il deodorante che voleva, la puzza di erba era troppo acre per essere coperta e l'alcool contornava il tutto, rendendo ancora più impossibile non far notare le sue cattive abitudini. –Divano scomodo-
-Non si diventa degli alcoolisti per un divano scomodo-
-e problemi con Michael-
-Che problemi?-
-Sei uno psicologo o cosa?- disse ridendo, lasciando che Ashton gli desse uno schiaffo sulla spalla. –Ho paura di perderti, Robert-
-Anche io, ma non lo permetteremo.- come poteva dirlo. Lui se ne sarebbe andato. Come gli era venuto in mente di fare quella dannatissima scommessa pochi mesi prima, era completamente impazzito. Adesso era innamorato di un ragazzo che credeva fosse suo fratello e avrebbe dovuto lasciare due persone che riteneva grandi amici. –Promesso?- Luke annuì prendendo sotto braccio Ashton e dirigendosi verso l'aula di musica. Aveva bisogno della musica, nient'altro. Si sarebbe schiarito le idee. Se quegli occhi verdi gli avrebbero lasciato un attimo di pace. –Oggi si canta "I miss you" dei Blink- e come se fosse un peccato anche solo provare a distogliere i suoi pensieri da Michael, quei suoi occhi tornarono a tormentargli i pensieri.
Prese la chitarra senza ascoltare nessun altro se non i suoi pensieri, le parole gli uscivano tranquillamente, sapeva quella canzone, l'ascoltava sempre. Soprattutto nell'ultimo periodo. Senza saperlo quel giorno alle prove diede tutto se stesso. Forse la mancanza di Michael era utile a qualcosa.
Quando rientrò a casa la sera, quello che regnava era solo il silenzio. Daryl e Karen probabilmente erano fuori e Michael era sicuro fosse con Calum. Si diresse verso il frigorifero sperando di trovare qualcosa di decente da mangiare, ma le speranze erano molto basse quando i genitori mancavano da casa. Quello che trovò fu infatti un bigliettino che diceva "Compratevi una pizza" sempre meglio di niente. Cercò nell'elenco il numero della pizzeria più vicina e ordinò due pizze, nel caso in cui Michael fosse tornato a casa affamato. Gli era diventato quasi impossibile non preoccuparsi per lui, quel giorno quando lo aveva visto tagliarsi al negozio di musica non aveva potuto fare a meno di corrergli in soccorso, era un taglio quasi invisibile in realtà, solo che ogni scusa era buona per avvicinarsi a lui. In quei giorni si erano ignorati, Michael non faceva altro che stare in camera o andare a lavoro, lui invece se ne stava alle prove o a fumare con Jack. Non credeva di essere così debole, un ragazzo dai capelli blu era riuscito a farlo crollare senza davvero fare nulla. Stava male perché Michael stava male.
L'odore acre di sudore che ormai si era impossessato della sua maglietta lo distolse dai suoi pensieri, facendolo correre sotto la doccia. Quando arrivò al corridoio del piano superiore notò che filtrava una luce debole dalla camera di Michael, quello gli fece dedurre che fosse a casa, ne ebbe conferma quando spalancò la porta trovandolo intendo a guardare un film alla tv. –Che guardi?- chiese senza pensarci due volte. –Donnie Darko-
-Io amo Donnie Darko-
-Tu manco sai cos'è Donnie Darko-
-Tu non sai quello che dici- si infilò sotto le coperte cingendo Michael dai fianchi, anche in questo caso non pensò nemmeno mezza volta alle sue azioni, se lo avesse fatto non si sarebbe ritrovato abbracciato a un ragazzo che tremava. –Puzzi- sentenziò l'altro. –Anche tu- rispose Luke. Si strinse ancora di più, cercando di bloccarlo. –Io mi sento come Donnie Darko, Robert-
-In che senso?-
-Sbagliato- Michael non ne voleva sapere di smettere di tremare, tanto quanto Luke non ne voleva sapere di mollare la presa attorno al fratello. –Per me sai cosa significa Donnie Darko ? Che c'è sempre un filo conduttore in ogni cosa. Quel dannatissimo pezzo di aereo doveva cadere addosso a lui. Non puoi cambiare le cose.-
-Ma sai come si è sentito quando è riuscito a scappare alla morte?-
-Sbagliato- rispose rassegnato il biondo. –Esatto, perché le cose non dovevano andare in quel modo-.
Il silenzio si impadronì della stanza e Luke aveva paura, perché l'ultima volta che il silenzio si era fatto così ingombrante erano finiti a divorarsi le labbra. Iniziò ad accarezzare i capelli di Michael, che a quel tocco si rilassò. –Mi vuoi raccontare perché ce l'hai con Alex?- annuì. Poi iniziò a parlare lasciando che i suoi occhi fossero annebbiati dai ricordi orribili di quello che stava per raccontare.
Michael Gordon Clifford era sempre stato quello diverso. Odiava la scuola, si tingeva i capelli e gli piacevano i ragazzi. Era un ragazzo smilzo con i capelli colorati e troppi videogiochi nella lista di cose da comprare. Aveva un migliore amico, lui era perfetto. Calum Hood era dannatamente perfetto. A nessuno sarebbe mai pesato il fatto che fosse bisessuale, perché lui era perfetto. Lo volevano tutte le ragazze dell'istituto e anche tutti ragazzi, tutti avevano una possibilità con lui. Ancora si raccontava di quando era andato a letto con la ragazza secchiona del primo anno, il solito tipo di ragazza che nessuno mai si sarebbe filato. Calum era diverso, lui non ci era andato a letto per vincere una scommessa, ma perché quella ragazza aveva imparato a conoscerla. "Ascolta Mikey, preferisci sempre il cervello al pacco" gli ripeteva sempre. Quindi Calum era un giocatore di calcio con il fisico scolpito e un cervello, mentre Michael era un nerd, troppo magro, troppo strano e troppo stupido. Non amava studiare, non amava la scuola, non amava il genere umano in sé. Soprattutto se tra di loro c'era uno dei suoi più grandi incubi, Alex Gaskarth. Non gli aveva mai fatto nulla, ma prometteva sempre che sarebbe arrivato il suo momento. Alex odiava Michael perché era gay. In giro si diceva che invece lo odiasse perché stava sempre con Calum o perché aveva i capelli troppo più colorati dei suoi. Ma tutti sapevano che il vero motivo non era quello, non accettava il fatto che gli potessero piacere i ragazzi, nemmeno si sforzava di capire perché, non gli interessava. Se Alex se ne fosse stato per i fatti suoi, Michael non gli avrebbe mai dato peso. Solo che da una settimana il bulletto non stava tanto per i fatti suoi. Alex stava perseguitando il nerd. Lo spingeva, gli buttava la spazzatura addosso, urlava cose come "Michael il Frocio" durante la mensa e poi lo fissava con cattiveria. Faceva paura, Calum non lasciava il rosso un attimo solo perché anche lui aveva paura dello sguardo di Alex. Quegli sguardi che era ogni giorno costretto a indossare lo facevano tremare. Lo facevano stare male, la notte non dormiva e quando tornava da casa rimetteva. Voleva non andare a scuola ma un'altra assenza e sarebbe stato bocciato e sua madre non voleva che succedesse di nuovo. Quel giorno Michael non fu ben lieto di scoprire che Calum non era presente a scuola –Che significa che hai la febbre?- disse in preda all'esasperazione. –Che ho la febbre e non posso muovermi dal letto- rispose il moro. Chiuse la chiamata iniziando a ripetersi che sarebbe andato tutto bene. Non doveva avere paura, avrebbe saputo affrontare Alex. Non voleva dargli la forza di fargli del male, se si fosse mostrato debole lui ne avrebbe approfittato. Michael Clifford decise che per un giorno sarebbe dovuto essere forte. Attraversò in fretta il corridoio e raggiunse l'aula di letteratura inglese. Essere forte non significava non sperare che non ci fosse il bulletto, per questo iniziò a pregare chiunque fosse possibile, nella speranza di non trovarlo fuori dalla classe. Ovviamente, da credente quale non era, le sue preghiere non avevano funzionato e alla mensa dovette riprendersi sulle spalle gli sguardi di Alex e dei suoi amici. Iniziò a tremare quando il ragazzo si iniziò ad avvicinare al tavolo in cui era seduto solo. –Ehi- disse una volta sedutosi al suo fianco –Ciao-.
-Che ne dici di guardarmi?- Michael alzò lo sguardo incontrando gli occhi perfidi di Alex, prestò anche attenzione al ghigno che gli spaccava in due le labbra. –Perfetto. Ho una proposta da farti per essere amici. Stasera vieni a casa mia e ne discutiamo- "Non ci vengo manco sotto tortura a casa tua" –Okay- rispose invece.
Casa Gaskarth era tanto spaventosa quanto lo era Alex. Le mura erano in mattoni scuri, i tetti alti e le finestre nere. C'era qualche forma di vita nel giardino anteriore e si poteva intravedere una piscina su quello posteriore. Suonò il campanello e venne raggiunto poco dopo dal quello che doveva essere il fratello minore del suo incubo. Notò che poteva avere la stessa età di Robert, che adesso odiava perché stava tranquillo a casa sua mentre lui stava per vivere qualcosa di molto vicino all'inferno. Quando arrivò nella camera di Alex con lui c'erano due ragazzi che non avevano mai visto e una ragazza in mutande e reggiseno seduta sul letto. –Chi sono loro?-
-Amici che ci aiuteranno-
-Senti Alex non voglio più farlo- cercò di uscire da quella stanza ma i due "amici" chiusero a chiave la porta e lo riportarono davanti al letto. –Ascolta Michael, tu sei gay giusto?- annuì debolmente. –Ma hai mai provato ad andare a letto con una ragazza?- scosse la testa e si avvicinò alla porta –Ti prego fammene andare- Alex gli posò l'indico sulle labbra –Tu stai quì, Clifford.- era dannatamente tranquillo. –Oggi tu scoprirai se sei davvero un frocio-
-Non credo ce ne sia di bisogno- Alex lasciò sfuggire una risata macabra per poi sputargli addosso –Tu non sai niente. Clifford. Solo perché hai le erezione quando vedi Jake Gyllenhaal non significa che tu sia un frocio-
-S-secondo me sì- lo zittì di nuovo. –Fallo con lei.-
-Non voglio- Alex strinse una mano attorno al suo collo e rise di nuovo, un'altra volta quella risata macabra. Non si era mai sentito così male in vita sua, nemmeno quando aveva avuto la febbre alta, nemmeno quando si era rotto il braccio. Era come se stesse vivendo tutto quello in slowmotion. "Basta essere forti per oggi" pensò mentre le lacrime gli offuscavano la vista. –Nessuno ti ha detto che puoi decidere- venne scaraventato sul letto, addosso alla ragazza. "Basta essere forti per oggi" continuava a ripetersi mentre slacciava i pantaloni, mentre sentiva come sottofondo Alex ed i suoi amici ridere. –Forza!- lo incitò spingendolo verso la ragazza –Ti prego, non voglio farlo- disse piangendo. Il ragazzo gli porse un preservativo. Lo costrinsero a spogliarsi completamente. Inerme. Michael era inerme, fragile, non voleva più sentirsi in quel modo. Si fece strada dentro la ragazza, che rideva. Lei forse era più cattiva dei restanti tre, aveva prestato il suo corpo soltanto per far soffrire –Ti prego- urlò Michael mentre spingeva. Risero. Ridevano tutti mentre lui stava facendo sesso con una ragazza, mentre lui stava continuando a farlo, perché non poteva fare altrimenti. –Basta, ti prego- fece uscire dalla sua gola. Quelle parole non erano altro che un suono straziato. La schiena della ragazza bagnata, sudore che si mischiava alle sue lacrime. Lo liberarono buttandoli a terra. Non voleva nemmeno immaginare in che condizioni fosse.. –Ti prego dimmi che abbiamo finito?- Michael riuscì a scandire tra i singhiozzi. Alex rise. –Ti è piaciuto? – rise di nuovo. Il minore si accasciò su di un lato e scosse la testa. –Adesso prova questo- uno dei due ragazzi lo rigettò sul materasso, legandolo alla testiera del letto. Poi slacciò i pantaloni e penetrò Michael –Forse questo ti piace di più?- chiese Alex prendendo il viso del ragazzo tra le mani. Non gli bastava che venisse stuprato, voleva che sostenesse il suo sguardo mentre lo faceva. Voleva annientarlo. Alex voleva che non rimanesse nemmeno un briciolo dell'orgoglio di Michael. Nudo, in lacrime e costretto a un rapporto sessuale che lui non voleva. Gli veniva quasi impossibile poter credere che esistessero persone tanto cattive. Eppure adesso ne stava fissando una negli occhi. Sbatteva le palpebre per lasciar cadere le lacrime e vederci meglio. –Questo ti sta piacendo?- disse sempre più divertito, mentre le spinte aumentavano spezzandolo in due. Michael fece cadere la testa rassegnato al quel supplizio. Le fitte al bacino, il bruciore dentro il basso ventre che lo faceva quasi soffocare. Non restava niente della sua verginità, non restava nulla di Michael. Quel giorno Alex e i suoi amici avevo visto per l'ultima volta quel Michael . Quel giorno il ragazzo nerd con i capelli colorati si perse in quelle quattro mura.
"Basta essere deboli, Michael".
Luke rimase in silenzio per tutto il racconto, lasciando che raccontasse la sua storia. Aveva sentito fedelmente ogni singola emozione del minore, paura, tenerezza e infine disgusto nei confronti di Alex. Michael faceva delle pause più o meno lunghe cercando di mandare giù il nodo alla gola che gli impediva di continuare a parlare. Il silenzio intercalò di nuovo nella stanza, lasciando posto a Mad World. –Non hanno fatto niente?-
-Non lo sa nessuno, solo tu. Nessuno si è mai avvicinato ad Alex, io ho abbandonato la scuola.- Adesso i due fratelli erano seduti uno davanti all'altro. Luke si slanciò verso di lui abbracciandolo, Michael non fece altro se non piangere. –Come hai potuto tenere nascosto tutto questo?- l'altro alzò le spalle, mentre il biondo continuava a stringerlo. –Avevi paura per me?- annuì.
Per la seconda volta Michael si rifugiò nelle braccia di Luke, che cercava le sue labbra illudendosi che baciandole avrebbe potuto portare via parte del sue dolore.
NdA
Oddio. Scusate se questo capitolo è tipo infinito. Ma c'erano troppe cose da dire e da spiegare, quindi sì. TATAAA.
Spero di non aver offeso nessuno con la scena dello stupro, spero di aver saputo toccare gli argomenti senza presunzione. Vi giuro, io non metto scene come queste per gioco, lo faccio con tutto il rispetto possibile. Non voglio che qualcuno fraintenda il mio messaggio o quello che scrivo. Spero inoltre di non esserci andata troppo pesantemente e di non aver urtato i vostri sentimenti. Ripeto: HO SCRITTO LA SCENA CON TUTTO IL RISPETTO E UMILTA' POSSIBILE.
Per la prima volta il titolo del capitolo prende ispirazione dal capitolo in sè, avevo in mente di inserire questa canzone da troppo tempo. Luke sta iniziando a prendere coscienza della situazione e vuole affrontarla. Michael è ancora ignaro di tutto e ancora una volta ha permesso al fratello di entrare a far parte del suo mondo. Effettivamente tutti i capitoli non raccontano niente di speciale, se non l'intensificarsi del loro rapporto.
Calum per me è perfetto davvero, io lo immagino come l'ho descritto lol
Ashton è il mio cutie pie bellissimo, sia nella ff che nella realtà.
Jack, mh. Jack forse non ha colpe, forse.
Sul capitolo non ho nient'altro da dire. Mi scuso se non ho pubblicato venerdì, ma sta settimana è stata piena. Ho in mente un'altra ff a capitoli che mi ispira troppo e spero di trovare presto il tempo per stendere un pilot! *w*
Niente, il mio discorso da oscar ( LEO HA VINTO, FINALLY!) è finito, vi auguro una buona continuazione di serata.
Se il capitolo vi è piaciuto votate e se avete un qualsiasi tipo di dubbio commentate ed io sarò felice di risponderviiiii!
BYE.
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