Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Drown



Robert tirò un sospiro di sollievo quando riuscì a staccarsi da Brendon e Dallon, avevano insistito tanto affinchè lo accompagnassero e lui non aveva potuto fare altro se non accettare, non aveva la più pallida idea di come arrivarci. Finalmente era solo con sé stesso, in quei giorni i due ragazzi lo avevano monitorato, non era nemmeno rimasto a casa di Luke perché loro non volevano. Brendon era riuscito a rivolgerli la parola solo quel giorno, Dallon aveva cercato di capire, Thomas non aveva detto nulla, gli aveva sorriso e poi aveva detto cinque semplici parole "Tu per me non esisti."
Salutò da lontano gli "amici" e poi si mise ad aspettare che venisse annunciato il suo volo. Era strano quel posto, era strano dover accettare che quella storia fosse finita. Non avrebbe pensato che sarebbe andata così, era una della sue più grandi paure, ma adesso non sentiva nulla. Era apatico, vedeva le persone partire, magari anche loro stavano abbandonando qualcosa o qualcuno, ma non gli faceva nessuno effetto. Era tornato quello di una volta, appena aveva attraversato la porta dell'aeroporto Robert Clifford era tornato a essere lo stimato studente della Sydney High School e nulla più. Poteva definirsi cinico, solo in quell'instante capì cosa intendeva Michael. Glielo diceva sempre che a lui non gli importava nulla di nessuno e non capiva. Aveva fatto una scommessa per dimostrare a uno sconosciuto che suo fratello era odioso. Soltanto per avere un'altra volta ragione, solo che non si trattava di un dibattito perchè aveva messo in ballo la sua famiglia. Aveva fatto soffrire sua madre, suo padre, suo fratello, Brendon, Dallon, Thomas e Gwen. Solo a pensarlo quel nome si sentiva mancare l'aria, poi riprendeva fiato e continuava a non provare nulla. Quei nomi associati a quelle persone e a quello che aveva fatto, non gli facevano nessun effetto. Non provava nemmeno vergogna per la sua indifferenza, perché davvero, aveva sprecato tutto le sue emozioni in sei mesi.
Robert Clifford era un egoista senza alcuna spina dorsale, aveva offeso una ragazza per guadagnarsi il rispetto di due bulletti e poi era andato a berci su in un pub. Avrebbe semplicemente potuto chiedere aiuto a Michael o a i suoi, avrebbe potuto guardare oltre al suo naso e vedere che c'erano persone pronte ad ascoltarlo. Scosse la testa e artigliò la sua valigia non appena sentì il suo volo. Nell'esatto momento, probabilmente, Luke stava prendendo un aero per tornare a New York.
Sorrise all'hostess che gli indicò il suo posto appena arrivato sull'aereo e poi si sedette. Che gliene importava di provare dei sentimenti, se quando sarebbe tornato a casa avrebbe continuato a vivere come sempre. Aveva lasciato il nuovo Robert sotto casa di Gwen.

Solo appena chiuse la chiamata con Luke si rese conto che tutto quello era finito, quei sei mesi passati a New York erano terminati. La prima settimana lì il ritorno in "patria" gli sembrava così lontano, come se non dovesse davvero accadere di nuovo. Si accorse dopo che Brendon lo stesse fissando, incrociò i suoi occhi e si sentì attaccato dalla consapevolezza che velava gli occhi dell'altro. Adesso lui sapeva, tutti sapevano e si sentiva spogliato dalla sue difese. La maschera di Luke lo aveva fatto andare avanti, adesso invece tutti lo guardavano per com'era. –Siete proprio uguali-
-Già- rispose Robert iniziando a massaggiarsi un braccio. –Sei più basso tu di lui?- annuì –Ecco perché non stavi mai vicino a Brendon, avremmo notato la differenza.-

-E' l'unica cosa che mi ha raccomandato Luke.-
-Non stare vicino a Brendon?- fece segno di sì e poi recuperò la sua valigia da sotto il letto –Avete sbagliato, cosa avreste fatto tornati a casa? Luke sarebbe rimasto con Thomas e con Gwen?- spalancò gli occhi e puntò lo sguardo sulla parete spoglia dell'appartamento –Che significa?-
-Secondo te non me ne sono accorto?- deglutì senza staccare lo sguardo dal muro –Di cosa?-
-Di te e Gwen. Mi sembrava strano in realtà e mi ripetevo che non poteva essere perché tu-perché Luke è gay. Poi però quando ho scoperto la verità ho capito tutto-
-Hai letto...tutto- Brendon gli sorrise colpevole, era stato lui quello a mentire e quello che adesso sembrava dispiaciuto era l'altro –Anche e mi dispiace per i tuoi bulli, ma è stato sbagliato agire così.- si sedette arreso sopra il letto. –Lo so...-
-Sai chi è la prima persona a cui dovevi dire la verità?-

-Te?- scosse la testa spostandosi verso di lui per poi sederglisi accanto –Gwendolyn. Dovevi scusarti per quello che hai fatto...a noi hai mentito solo una volta a lei due.- annuì perplesso e poi continuò a sistemare la valigia.

Aveva solo tre giorni a disposizione, due dei quali li aveva passati appostato sotto casa di Gwen. Conosceva ogni movimento del parco che stava davanti all'appartamento, sapeva a che ora veniva aperta la zona dedicata ai bambini. La ragazza era riuscita a ignorarlo. Scendeva la sera per andare a lavorare e tornava il mattino dopo stanchissima, apriva la porta ed entrava, senza nemmeno considerare Robert. Solo una volta aveva incrociato i suoi occhi, le erano cadute le chiavi di casa a terra ed era riuscito a prenderle e porgergliele. Basta, lo considerava una pianta d'abbellimento. Aveva solo quel giorno, quindi, per chiarirsi con lei, per non lasciare le cose in sospeso. Il giorno dopo sarebbe dovuto partire e non l'avrebbe rivista mai più.
Balzò in piedi non appena vide la luce della scala interna accendersi, Gwen uscì dalla porta e andò a gettare la spazzatura nel cassonetto all'angolo. –Gwen- era la prima volta che provava a interagire –Mi chiamo Gwnedolyn, Gwen per gli amici.- disse mentre si avvicinava. Giurò di poter vedere l'ombra di un sorriso sulle sue labbra, ma quando si avvicinò e potette vederla meglio le sue illusioni crollarono.-Lasciami parlare-
-Hai avuto tre mesi per farlo...- appena cercò di allontanarsi, Rob le artigliò un polso imponendole di girarsi –Ti prego, ascoltami-
-No e se non te ne vai ti denuncio, giuro che questa volta lo faccio- allentò la presa e abbassò lo sguardo. –Scusa...- un risata asciutta uscì dalle sue labbra –Non me ne faccio niente delle tue scuse...adesso. Io volevo solo una cosa, la verità. Potevi fare tutti gli stupidi giochetti che volevi, ma quando ti ho chiesto se eri tu lo stronzo che mi aveva offesa al bar dovevi dirmi che lo eri. Dovevi chiedermi scusa e poi spiegarmi cosa passava per la tua testa bacata. Tu mi hai fatto sentire una nullità, lo sai questo? – scosse la testa – Se solo ti fossi preoccupato di quello che dicevi e non solo di ottenere il rispetto di due bulletti. Se solo ti fossi preoccupato di me..di noi. Dovevi preoccuparti di quello che c'era, perché io non sono mai stata bene con nessuno se non con te. Sei stato l'unico a vedermi fragile e hai rovinato tutto per una scommessa- lasciò il polso di Gwen, che sbalzò sul suo fianco. Si fissarono negli occhi in silenzio, l'uno perso dentro l'altro. Era strano come gli occhi della ragazza non fossero infuriati e nemmeno tristi. Era uno sguardo vuoto che cercava di prendere qualche emozione dall'anima di chi la fissava, ma. Come poteva se anche Robert si ritrovava a cerca "qualcosa" negli occhi verdi di lei. Le labbra di Gwen si schiusero prima ancora che riuscisse a dire qualcosa – Per me non esisti più.-



La voce del pilota che annunciava che stavano per arrivare lo svegliò. Spense il cellulare e arrotolò le cuffie bianche attorno ad esso. Gli sembrava così strano tornare a casa, da un lato gli era ancata Sydney. Gli erano mancati i suoi e forse anche Michael. Quando raggiunse l'uscita dell'aeroporto ad aspettarlo c'era suo fratello, non se lo sarebbe aspettato. Gli fece segno con la mano e l'altro lo raggiunse –Sei quello vero?- chiese. Robert annuì e gli sorrise. –Come mai non ci sono mamma e papà?-
-Avevano da fare- rispose atono. Michael poteva essere nervoso, arrabbiato, ma mai freddo. Aveva sempre quell'ironia tagliente, a differenza dell'altro lui provava emozioni più o meno belle ed era così strano vederlo serio. –Scusa- alzò le spalle e prese uno dei borsoni di Robert. Lo aveva trasformato, lo aveva fatto diventare esattamente come lui. –Michael, io e Luke abbiamo sbagliato, ma. Ti prego non diventare come me-
-Ovvero? Egoista, intelligente e senza amici?-
-Apatico- l'altro scoppiò a ridere –Credimi Robert, io in questo momento ti spaccherei la faccia e ti farei dimenticare il tuo nome, ma mamma ti vuole sano e salvo perché deve parlarti.-
-Allora forse mi potrai picchiare dopo-
-Lo spero, vorrei farti provare sulla pelle il dolore che provo io.-
Quando uscirono dall'aeroporto l'aria calda lo colpì in pieno, gli era mancata quella temperatura. Trovava difficile crederci, ma gli era mancato anche il sole. Lì pioveva sempre e aveva quasi dimenticato cosa significasse sentire del calore sulla pelle. Forse era meglio così, allontanarsi da quel posto. Ne era sicuro, tutto quello non gli sarebbe mancato. Non gli sarebbe mancato il tempo uggioso, Brendon, quel pub e nemmeno Gwen. Si fece aiutare dal fratello per caricare la valigia nel bagagliaio e poi prese posto sul sedile del passeggero. Nessuno osava parlare, come se avessero paura di sprecare l'aria dentro l'abitacolo. –Posso?- chiese indicando la radio, Michael annuì mentre continuava a tamburellare sul manubrio. Partì "I miss you" , il corvino sbarrò gli occhi e cercò alla rinfusa il pulsante per cambiare canzone, senza però distrarsi dalla radio –Cambia, Robert cambiala!- obbedì subito e ne fece partire un'altra. Nel frattempo l'altro respirava a fatica, teneva gli occhi sbarrati e le mani strette talmente tanto al volante da avere le nocche bianche. Conosceva quel comportamento. –Accostiamo Mike- l'altro scosse la testa –St-st-sto bene- rispose a fiato corto –No, ho detto accostiamo.-
-Va...t-tutto bene.-Robert mise le mani sul volante e lo girò verso il suo lato approfittandone della strada vuota. Michael prese il controllo e si accostò a un campetto desolato. Il respiro dell'altro si faceva sempre più affannoso, come se avesse appena finito una maratona di corsa. –Prendo un po' d'acqua- scese in fretta dalla macchina, aprì il cofano anteriore e strappò una delle sue camicie inumidendola con dell'acqua. Quando tornò in macchina, Michael non si era mosso di un centimetro. Iniziò a tamponargli il viso e la fronte, cercando con l'altro mano di soffiargli un po' d'aria. –Michael, sono qui e va tutto bene.- lasciò l'improvvisata salviettina sulla fronte e cercò di fargli allentare la presa sul volante. Non lo vedeva in quello stato da anni, quand'era piccolo odiava vederlo avere degli attacchi di panico, ma c'era abituato. Il maggiore si fingeva sempre forte davanti ai suoi, ma quando rimanevano a casa soli gli capitava troppo spesso che avesse degli attacchi.

-Michael, ti giuro che va tutto bene. Non piangere, ti prego.- quando si girò verso di lui aveva gli occhi strizzati e il naso sanguinante. Corse di nuovo fuori dalla macchina e recuperò l'intera camicia, che strappò facendoli diventare dei tamponi improvvisati. –Va tutto bene Mikey, va tutto bene-
-No, non è vero Rob. Non è vero niente.- Riuscì finalmente a sganciargli le mani dal volante. –Sì, ti prego... non fare così, ci sono io qui.-
- Tu...tu non sei lui- il biondino sorrise a mezza bocca e inzuppò di nuovo la camicia per poi poggiargliela di nuovo sulla fronta – Hai ragione, ora passa da questa parte che dobbiamo tornare a casa- lo fece scivolare dal lato del passeggero e poi si mise alla guida. Quello che in realtà non capiva era come fosse riuscito a sentire la differenza senza che però sapesse che lui e Luke fossero due persone diverse. Luke gli mancava e c'era stato infinitamente bene, lo rendeva felice mentre lui non c'era mai riusciuto, non c'aveva manco provato, in realtà. Guardò suo fratello che si asciugava le guance con il dorso della mano, si sentì mangiare il cuore dai sensi di colpa. Era colpa sua, lui lo aveva ridotto in quel modo, lui gli aveva fatto conoscere Luke per poi strapparglielo dalle mani e farlo soffrire. L'aveva reso di nuovo debole. Quando tornarono a casa Michael si chiuse in camera sua, mentre lui rimase in cucina. Guardò cosa aveva da offrirgli il frigorifero e optò per una diet coke.


Sentì la porta d'entrata aprirsi e alzò la testa dal bancone, fu un movimento talmente veloce che gli servirono alcuni minuti prima che la testa smettesse di girargli. –Mamma?- chiamò. La figura di Karen comparve da dietro la porta –Robert- anche lei aprì il frigorifero per prendere la stessa bevanda del figlio –Mamma, scusa- alzò le spalle –Sono felice tu sia tornato, mi eri mancato- riconobbe nella voce di Karen la stessa freddezza con cui gli aveva parlato il fratello. –Mamma-
-Non sai dire altro oggi?- scosse la testa –Mi sei mancata ogni giorno, sia tu che papà.-
-Robert, lo sai che mi hai deluso. Non ci volevo credere che tu l'avevi fatto davvero e invece- si poggiò sul marmo, passandosi una mana sopra il volto cercando di far sparire tutta la stanchezza –Va bene, vado a dormire-.
Che si aspettava. Che sua madre gli dicesse quanto fosse fiera di lui per aver affrontato sei mesi senza lei, questo forse. Tutti i pensieri sulla sua apatia, sul non provare niente scomparvero non appena incrociò gli occhi di Karen, non gli era mai successo di deluderla. Quando aveva deciso di fare tutto quello non aveva messo in conto niente di tutto quello, non capiva perché era stato così stupido. Perché lui e Luke non aveva pensato alle conseguenze se qualcuno li avesse scoperti. Adesso si ritrovava con un fratello con gli attacchi di panico e una madre che non riusciva nemmeno a sorridergli. Salì per le scale e si gettò sul suo letto, era stanco. Voleva solo dormire e ricominciare il giorno dopo. Voleva che le sue scuse valessero qualcosa per qualcuno.



Ballo d'inverno. Non aveva messo in conto che lui non sapeva cantare come Luke, che non sapeva suonare come Luke e che non era Luke. Si ritrovava ancora ad atteggiarsi come lui, anche se era "nella sua vita". Gli unici che sapevano la verità su tutto erano Ashton e Jack, che facevano di tutto per allontanarlo. Come potevano mandare avanti quella band se non riuscivano a collaborare. Guardava la mensa riempirsi piano piano, gli era mancato quello scenario, quelle ragazze che agivano come se la loro vita dipendesse soltanto dal rossetto giusto. Oppure i ragazzi che mettevano in bella mostra i loro bicipiti. Gli era mancato essere un ragazzo di diciotto anni. Scorse le figure di Ashton e Jack camminare vicine e si avviò verso loro –Jack, Ash- i due si girarono e lo guardarono perplessi –Volevo parlare con voi-
-Sì- gli sorrise mentre annuiva , quando si sedettero al tavolo, i due si assicurarono di essere ben lontani da lui. –Lo so che non vi piaccio-
-Ci sarà un motivo perché non siamo mai stati amici- sentì le mani dei due sbattere una contro l'altra sotto il tavolo. –Nemmeno voi due vi siete mai parlati- si guardarono –Eppure adesso siete amici, possiamo almeno provarci, no?- notò qualcosa negli occhi di Ashton cambiare, mentre Jack continuava a girarsi i pollici indeciso –Credo che vada bene, forse non sei così male- disse Ash –Farò del mio meglio, giuro...- entrambi sorrisero e si alzarono –Non mangiate con me?-
-Un passo alla volta Clifford, un passo alla volta- storse le labbra e annuì deluso.
Un passo alla volta, avrebbe conquistato di nuovo la loro fiducia a poco a poco, non doveva avere fretta.



-Che significa che il ballo d'inverno è stato anticipato- Ramsay si massaggiò le tempo –Che sarà prima- rispose per l'ennesima volta al biondino –Ma non siamo pronti- lo guardò stranito, da quando si preoccupava così tanto –Sì che lo siete, vi siete esercitati per mesi- Jack e Ashton si guardarono. –Andrà tutto bene, Rob- fece un respiro profondo e pose l'ultima domanda –Quando è quindi che dobbiamo esibirci?-
-Sabato-.



Tre Dicembre, era il giorno del loro concerto, il primo per Robert. Lo sapeva, avrebbe fallito, come sempre. Sarebbe stato una frana, tutti lo avrebbero deriso e gli altri non si sarebbero più fidati di lui. Fuori dalla band e da ogni possibilità di essere rispettato. Era chiuso in bagno da almeno dieci minuti e fu Ashton a farglielo notare –Robert, che devi fare? Esci, fra poco dobbiamo entrare e il prof vuole parlarci prima-
-Non posso- disse mentre si tormentava il piercing al labbro inferiore –Non posso farlo, non so suonare- si strinse le ginocchia al petto. –Non è vero, durante le prove sei stato bravissimo- scosse la testa –Vattene Ash, non ce la faccio-
-Non ce la vuoi fare, nemmeno ci provi.-
-Non è vero- ringhiò spostandosi leggermente –Questa non te la perdono, ricordalo.- sentì i passi allontanarsi e rilasciò le gambe. Non voleva farcela perché sapeva che non poteva. Si sciacquò il viso e continuò a ripetersi quella frase nella mente, discolpandosi da ogni cosa. Quando uscì dal bagno sentì la folla chiamare il loro nome "Non voglio farcela perché so che non posso".
Quando già quella frase aveva perso senso si ritrovò a respirare di nuovo, come se non l'avesse fatto per tutta la corsa verso fuori. Sentì l'aria scontrarsi contro di lui, chiuse gli occhi godendosi quella quiete e ripetendosi per l'ennesima volta che non fosse colpa sua. –Non cambi mai, Robert.- non si era accorto che Michael era lì fuori – Sono sicuro che sia tu perché Luke non avrebbe mai agito così, non sarebbe scappato.-
-Che posso fare? Non so suonare, non so cantare...li farei sfigurare e basta.-
-Secondo te è meglio se non ci vai?- si accese la sigaretta e la portò tra le labbra, senza staccare gli occhi da lui –No- alzò le spalle e si lasciò scorrere contro il muro in mattonelle rosse –Cosa posso fare?-
-Andare là e spaccargli i culi, semplice. Ti ho sentito in camera mentre ti esercitavi e sai suonare.-
-Lo pensi davvero?- Michael schiacciò la sigaretta sotto le converse nere e annuì, per poi aiutarlo ad alzarsi prendendolo da un braccio –Vai, forza-. Corse verso gli altri e si poggiò a Jack non appena fu dietro le quinte –Fermate, Ra-Ramsay!-
-Non ci es-
-Ci sono, ci sono.- Ashton gli sorrise e gli diede una pacca sulla spalla, mentre Jack raggiunse il professore per fermarlo.



Non riusciva a dormire, pensava e ripensava alle sensazioni che aveva provato durante il piccolo show. Appena chiudeva gli occhi vedeva le facce contente di tutti, nella sua mente si ripetevano le scene di Way che ballava sotto il palco. Era felice, non credeva che avrebbe provato quella sensazione per un po', ma lo era. Si sentiva soddisfatto e fiero di sé stesso, invincibile. Sorrise al tetto completamente bianco e poi pensò a quanto fosse vuoto e triste. Pensò che nella stanza accanto c'era una persona che non era felice come lui adesso e si sentì il petto stringere in una morsa, come poteva lui essere felice mentre Michael non lo era per colpa sua. Si mise in piedi e raggiunse la camera del fratello.
La prima cosa che notò era che non aveva coperte, il materasso era spoglio, abbandonato a sé stesso e con alcune macchie di sangue. Poi vide che non stava dormendo, ma che stava fissando il soffitto proprio come lui. Si distese accanto a lui e provò a immaginare cosa vedesse in quel soffitto –Cosa vedi?-
-Bianco-
-Soltanto?- annuì –Tu cosa vedi?- Robert ci pensò, poi con un'alzata di spalle rispose –Te-
-Me?-
-Sì, è vuoto come te. Luke mi ha detto cos'è successo quando l'hai scoperto- Michael si mise su un fianco e l'altro lo imitò –Perché non ci sono coperte?-
-Perché fanno troppo profumo di me e di lui...-
-Mikey, cos'aveva lui che io non ho?-
-Gli addominali- gli diede un pugno su una spalla. –Devi essere serio-

-Ci ha provato con me, non mi vedeva un disastro come te o mamma e poi era diverso, non eri tu, ma io non potevo capire- Robert gli accarezzò un guanci, provava una sensazione simile alla compassione, ma più leggera. Gli occhi di Michael gli facevano male al petto, trovava destramente tenero il mondo che aveva di parlarne. –Sai cos'è successo la prima sera?- scosse la testa –Io ero ubriaco e lui mi ha raggiunto in giardino. Gli ho detto che avevo paura delle stelle e lui mi ha rassicurato, forse tu non capisci, ma lui sì. Io mi sono sentito forte per una volta. Poi ogni volta che tornavo ubriaco lui si stendeva in giardino con me e io il giorno dopo fingevo di non ricordare, ma io ricordo ogni singola notte passata sotto le stelle con lui. Ricordo quando gli ho cantato Starman, quando gli ho stretto la mano appena ho visto una stella cadente, quando mi ha detto che ero tutto per lui. Ogni cosa, Robert. Sai che c'è? Che l'ho perso...-
Robert andò a recuperare un lenzuolo dalla sua camera da letto e poi tornò dal fratello. Gli poggiò la coperta sulla spalle e gli diede un bacio sopra la fronte.
- Non tutto è perduto, Michael. Troveremo una soluzione.- 

  



It comes in waves, I close my eyes.

Hold my breath and let it bury me.

I'm not okay, and it's not alright

Won't you drag the lake and bring me home again?

Who will fix me now? Dive in when I'm down?

Save me from myself, don't let me drown.

Who will make me fight? Drag me out alive?

Save me from myself, don't let me drown.

'Cause you know that I can't do this on my own.



NdA  
E' troppo tardi adesso per chiedere scusa? *parte sorry* 
No okay, 'sto capitolo fa cagà ed è tipo corretto con trecento interruzioni quindi sì, sarà scritto malissimo. MA DOVEVO PUBBLICARE E DIRVI CHE LUNEDI' CI SARA' L'ULTIMO CAPITOLO E POI L'EPILOGO. 

Spero di non avervi deluso e che il capitolo vi piaccia. E' l'una meno venti, ho sonno e mi fa male la testa, quindi scusate non sto scrivendo molto. 
Detto ciuò, se il capitolo vi è piaciuto votate e commentate per qualsiasi cosa! 

Grazie per tutte le visualizzazioni, i commenti e i voti! *w* 

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro