A change of heart
Indifferenza, quella parola lo terrorizzava. Lui stava lì, seduto sul gradino del pub e aveva una tempesta dentro, ma. Le persone gli passavano davanti, ignorandolo, come se non ci fosse. Alcuni si mettevano a fissarlo incuriositi, chi lo conosceva gli faceva un cenno, ma nessuno si fermava. Increspò le labbra attorno alla sigaretta, lasciò che il fumo gli sporcasse la lingua, che entrasse nei suoi polmoni, per poi buttarlo fuori dalle narici. Ci pensò su, e si rese conto che nemmeno lui sapeva cosa passasse per la testa alla gente, non sapeva se ci fosse una tempesta anche dentro loro o se fossero felici. Ognuno combatteva una guerra, tutti lo facevano in silenzio. Non potette che chiedersi il perché. Se solo la gente riuscisse a comunicare, invece di ignorarsi. Odiava quell'indifferenza, odiava non sapere niente di nessuno e che nessuno si soffermasse su di lui. Sentì un colpo alla spalla e alzò lo sguardo –Va tutto bene?- gli chiese Brendon prima di scivolare accanto a lui. Annuì e inspirò per un'ultima volta. Quando gettò la sigaretta sul marciapiedi il maggiore lo fulminò –Lo dobbiamo tenere pulito-
-Tuo padre non saprà mai che sono stato io, guarda quante cicche ci sono- allargò il braccio evidenziando la vastità di spazzatura che copriva l'intera via. –Non va tutto bene, vero?-
-No, per niente- stropicciò le labbra, strappando un lembo di pelle quasi invisibile. –Brendon, non mi dire che me la sono cercata, okay?-
-Okay, però...però non puoi stare così. -
-Così come?-
-Guardati, hai perso peso, ancora. Da quant'è che non ti dai una rasata? E puzzi di alcool peggio di me.- Luke si accarezzò il mento con due dita, aveva ragione. Non toglieva la barba da un bel pezzo, forse doveva togliersela. Probabilmente doveva darsi un aspetto un po' più umano, ma non gli andava. –Non mi va-
-Di?-
-Di rasarmi.-
-Potresti almeno lavarti- alzò un braccio annusando l'ascella. Non puzzava, non era vero che non aveva cura di sé. Faceva sempre la doccia, non voleva soltanto voglia di sbarbarsi o cambiare maglietta. Gli piaceva come gli stesse quella bianca, gli piaceva come gli calzasse corta lasciando intravedere la cintura consumata. –Io mi lavo, è la maglietta che è sporca-
-E perché non la cambi?-
- Perché non m-
-Perché non ti va,okay.- Luke sorrise al suo amico. C'era una domanda che gli picchiettava testa da quanto era tornato, un mese fa. Non capiva come Brendon riuscisse ancora a preoccuparsi per lui, nonostante l'avesse preso in giro. Gli aveva mentito per tre mesi, non c'era stato e non gli aveva ancora chiesto se andasse tutto bene, eppure, lui era lì. Lo fissava preoccupato e continuava a convincerlo di togliere quella maglietta. Quando ci fu abbastanza silenzio, quando le macchine sembrarono fermarsi insieme al respiro del biondo, lui proferì parola –Tu come stai?- gli chiese piantando gli occhi nei suoi. Si sentirono delle ruote strofinare sull'asfalto, una porta aprirsi e basta. Il respiro dei due amici fu l'unica cosa che riempì il silenzio. –Bene- rispose Brendon mentre si strofinava le mani sulle cosce. –Sicuro?- incurvò un angolo della bocca e annuì –Sicuro-
-Scusa-
-Per avermi chiesto come sto?-
-Per averlo fatto solo adesso- il moro gli diede una pacca sulla spalla prima di mettersi in piedi –Non fa niente, adesso entriamo che fa freddo-.
Adagiò la maglietta sopra il porta asciugamani ed entrò nel box doccia, lasciando che l'acqua si scontrasse contro la pelle pallida. Forse Brendon aveva ragione, forse doveva davvero darsi una mossa, andare avanti. Quella maglia non gliel'avrebbe portato indietro, anche se da un lato lo sperava. Non faceva più il suo profumo, d'altronde l'aveva messa una sola volta, adesso faceva solo puzza di fritto e alcool. Doveva rassegnarsi al fatto che lui non avrebbe mai più rivisto quel ragazzo, per quanto gli mancasse, Michael era stata un'avventura, niente di più. Doveva finirla con questa storia dell'amore della sua vita, non erano destinati a stare insieme. Non sarebbe finita in quel modo altrimenti. Non sapeva nemmeno lui da quanto tempo avesse iniziato a credere nel destino. Solo che era l'unica cosa che gli era rimasta. Lui non poteva cambiare le cose e nessun'altro poteva farlo al posto suo. Luke sarebbe dovuto andare avanti, convincendosi del fatto che probabilmente Michael l'avesse già fatto. Nessuno gli stava impedendo di prendere in mano la sua vita, eppure lui non voleva farlo, come se avesse una morsa attorno alle spalle. Quando anche solo provava ad andare avanti, a sentirsi felice senza lui, i sensi di colpa lo consumavano.
Quando uscì dalla doccia vide la stanza girargli attorno, si poggiò al lavandino e mando la testa indietro. "Va tutto bene, Hemmings." La prima cosa che fece una volta aperti gli occhi fu artigliare la maglietta e gettarla tra i panni sporchi.
-Pronto Brendon? Per stasera va bene.- gli sembrò quasi di percepire l'amico sorridere.
Si guardò un'ultima volta allo specchio. I capelli erano un disastro, la barba l'aveva accorciata come gli aveva detto Brendon e la camicia gli stava decisamente larga. Tornò in camera da letto e si infilò una maglietta nera con una giacca di jeans dello stesso colore da mettere sopra. Tornò allo specchio e il riflesso gli sembrò che avesse un aspetto vagamente umano. Non che quel look sistemasse il problema maggiore. Le due borse grigiastre sotto gli occhi. Non ricordava nemmeno lui quando fosse stata l'ultima volta in cui aveva dormito bene. Sciacquò il viso e iniziò a tamponare, si guardò un'ultima volta allo specchio, cercando di convincersi che sarebbe andato tutto bene, che nessuno avrebbe notato che stava male e che era pronto a conoscere un altro ragazzo. Molto spesso guardarsi allo specchio non significa guardare dentro sé stesso, solo per un attimo incrociò il suo stesso sguardo e tutte le sue convinzioni crollarono. Non andava tutto bene e non sarebbe andata meglio, ma arrivò Brendon a farglielo credere di nuovo. –Arrivo, arrivo! Sono pronto!- urlò all'amico che stava dall'altra parte della porta. –Ooooh finalmente riconosco il mio Luke!- gli disse, appena aprì la porta. –Io non sono il "tuo" Luke-.
Brendon gli sorrise e cercò di metterlo sotto braccio, per quanto stesse sulla punta dei piedi, non riuscì a raggiungere il metro e novantasette dell'altro. –Okay, andiamo.- sbuffò infine, arrendendosi. –E' già qui?-
-No, ci vediamo al locale.- storse le labbra –Okay, tu sei sicuro che io sia pronto?-
Il moro si girò, lo fissò dalla testa ai piedi. Si soffermò sul viso, mordendosi il labbro inferiore –Hai pensato mai al correttore? Io ogni tanto lo uso, quando sono trop-
-Non intendevo questo, B!- alzò un sopracciglio e lo guardò scettico. –So a cosa ti riferisci e no. Non lo sei, ma se stai chiuso a casa non ci riuscirai mai, adesso andiamo.- lo trascinò per un polso.
Il pub era diverso, sembrava nuovo. Forse nemmeno lo ricordava, anche se c'era stato tante, troppe, volte prima di quel giorno. La luce verdastra l'aveva rimossa e anche le sedie in pelle. –Sono nuove?- chiese al barman indicandole –No, Luke. Sono quelle su cui hai sempre poggiato il culo.- prese a giocherellare con il piercing. Aveva paura, sudava e gli tremavano le mani. Temeva di poter scoppiare a piangere appena l'avrebbe visto. Non sarebbe successo, ne era sicuro o almeno ci provava ad esserlo, ma. Aveva paura della sua reazione, non del ragazzo, non di come fosse, soltanto di sé stesso. Poggiò le labbra al bordo del suo bicchiere e fece per bere quando qualcuno gli fermò il braccio. Panico. Quando lo abbassò si ritrovò davanti una ragazza con i capelli rossi –Tu sei quello vero?- gli chiese accigliata. –Quello vero?-
-Il Luke vero, dico...- quando riuscì a capire, Brendon sbucò da dietro le spalle della rossa, con affianco un ragazzo con i capelli neri. –Gwen!- la ragazza si girò e buttò le braccia sulle spalle dell'amico, stringendolo in un abbraccio che Luke invidiò. Spostò il suo sguardo sul ragazzo davanti a lui. Era basso, riuscì a capire questo. Molto più basso di lui. Aveva gli occhi azzurri e un ciuffo nero che gli ricadeva sul volto. Gli si avvicinò lentamente, potette notare che nonostante fosse basso non era mingherlino. Le spalle erano grandi e sembrava intravedersi un accenno di pettorali. –Tu sei Luke?-
-Me lo state chiedendo in troppi stasera- gli sorrise porgendogli la mani – Sì sono io, tu sei?-
-Justin – gli dedicò uno di quegli sguardi che sorridevano, prima di girarsi verso Brendon, che intanto stava intrattenendo una discussione con Gwen. Sembrava avesse dimenticato ci fossero anche loro due, l'espressione sorpresa che ebbe quando si fu girato, sembrò confermare le sue ipotesi. –Mh, sì. Luke, Justin. Justin, Luke.- rubò la birra dalle mani del biondo e ne prese un sorso –Avete visto Dallon?-
- No- gli rispose aggrottando le sopracciglia –Okay, okay- si spostò tra la folla, lasciando lui e Justin soli. –Sei Americano?- annuì –Hai un accento leggermente Australiano- sbarrò gli occhi e deglutì. Stava ancora tremando. Strinse il bordo dello sgabello così forte che gli diventarono le nocche bianche. –Mio padre è Australiano- sputò tutto d'un fiato. –Tu?-
-Londra-
-Perché sei qui?- Justin si spostò cautamente e prese posto sullo sgabello davanti a lui. –Lavoro-
-Che lavoro fai?-
-Interior Designer- gli sorrise mollando la presa. Non era malaccio, sembrava simpatico e non era nemmeno invadente. Luke poteva farcela, avrebbe parlato con lui, si sarebbero scambiati i numeri e probabilmente se lo sarebbe portato a letto, quella stessa sera. Gli sorrise prima di chiedere al barman due birre. –Bello, a me sarebbe piaciuto fare qualcosa di diverso dal barista-
-Non è male come lavoro-
-Non è quello che voglio fare- sputacchiò. Tra i due i calò il silenzio. Non sapeva cosa gli fosse preso,non aveva idea del perchè gli avesse risposto acidamente. Non voleva davvero, era solo che lui non l'aveva capito. Non poteva certo aspettarsi che chiunque l'avrebbe capito subito, che ci sarebbe stata chimica alla prima frase. Non poteva aspettarsi che tutti fossero come Michael. Eccolo di nuovo, lui c'era sempre. Nella mente di Luke, Michael era una presenza costante. Sarebbe passato, forse non da lì a un mese, forse nemmeno tra due, ma sarebbe finito. Fu Justin a interrompere il silenzio e i suoi pensieri. –Ti va di uscire?- Luke annuì, seguendolo poi in mezzo alla marmaglia.
Rovistò tra le sue tasche, in quelle dei jeans e della giacca e poi finalmente trovò il suo pacchetto di sigarette mezzo distrutto. Ne prese una e la portò alle labbra, cercò di incastrarla tra i denti, ma il tremore alle mani glielo rese quasi impossibile. Quando ce la fece, riprese a cercare convulsamente tra le tasche il suo accendino. Il moro osservava tutto in silenzio. Estrasse dalla tasca dei suoi jeans un accendino e gli accese la sigaretta. –Grazie- bofonchiò. Aspirò e sputò fuori il fumo, lo fece per tre volte prima di proferir parola. –Tu fumi?-
-Sì, ma non sempre. Adesso volevo solo prendere un po' d'aria pulita- Luke lo guardò colpevole –Scusa- andò per spegnere la sigaretta, ma Justin lo fermò –No, tranquillo. Puoi continuare-
-Grazie- gli sorrise e aspirò di nuovo. –Perché tremi?- tremava. Ancora e il ragazzo se n'era pure accorto. –Non lo so nemmeno io-.
Che carte aveva da giocarsi. Quella del povero ragazzo col cuore infranto o quella del ragazzo che se ne faceva uno a notte. Il Luke di sempre. Quello che tutti amavano e che tutti desideravano. Ripensò al suo riflesso e rabbrividì al pensiero che probabilmente in quel momento era anche peggio di prima di uscire da casa. –Sai, Justin. Brendon non mi aveva detto che eri così bello...forse è questo che mi fa tremare. Forse non sono alla tua altezza.- il moro lo guardò perplesso mentre si avvicinava. –Ne vuoi un po'?- gli chiese avvicinando la sigaretta alle sue labbra. L'altro annuì e schiuse le labbra. Luke poggiò l'indice su di loro e scosse la testa –Decido io come, piccoletto.- aspirò e riversò il fumo nella bocca di Justin. Gli morse il labbro inferiore e poi lo baciò, gustandosi il sapore di tabacco sulle labbra umide. Scioccò la lingua sul palato facendo aprire gli occhi all'altro. –E' un piacere farti decidere.- gli sorrise languidamente.
-Porca puttana, Luke!- urlò Justin. Il biondino entrò a forza dentro di lui, lo penetrò più volte. Vedeva il suo petto andare su e giù convulsamente, non gli dava il tempo di respirare. Lo lasciava a bocca aperta, si impadronì del suo corpo, comandando ogni singola reazione del moro. –Zitto- gli ringhiò mentre strofinava la schiena contro il muro il legno. –Mi sto graffiaah- un altro colpo di reni fece ripiegare Justin su di lui –Schiena dritta, ho detto! - spostò la mano dalla sua coscia alle spalle, sbattendogliele contro il pilastro. Posizionò il corpo del minore meglio sul suo e si spostò verso il letto, gettandolo sopra il materasso. Gli morse un capezzolo turgido, glielo stuzzicò con la lingua e si godette l'espressione sofferente dell'altro. Diede un ultima spinta dentro il suo retto, esplodendo mentre erano ancora incastrati. Massaggiò l'erezione del moro, morse la punta facendolo urlare e contorcere sotto il suo tocco. Si gettò stanco al suo fianco e iniziò a fissare il soffitto. –Mi lasci così?-
-Finisci da solo.- Accese una sigarette e sa la infilò tra le labbra. Continuava a fissare il soffitto, si voltò verso l'altro non appena sentì il suo tocco. –A me non ne dai?- si chinò su di lui e gli sputò il fumo in bocca. –Brendon mi aveva detto che eri bello, ma non che sapevi scopare così bene.-
-Ho tanta gavetta alle spalle- gli disse sorridendogli languidamente.
Justin teneva la testa sulle sue ginocchia, Luke era intento a guardare cosa stesse succedendo nel film, mentre l'altro gli pizzicava la barba con i polpastrelli freddi. –Non mi toccare, mi fai freddo- ritirò la mano sul suo grembo. Potette sentire lo sguardo di Brendon entrargli nelle ossa, quando si girò, infatti, l'amico lo guardava accigliato. "E' piccolo e ha una cotta pazzesca per te." Si ripetette in testa. Le famose parole che Brendon gli aveva scagliato addosso come avvertimento. La verità era che a Luke quel ragazzo piaceva, era dolce e lo faceva sciogliere a ogni sguardo, ma c'era qualcosa che non gli andava. Forse era troppo dolce, forse i suoi occhi erano troppo sinceri o forse era tutto troppo normale. Era la quotidianità a spaventarlo. Avevano un giorno dedicato al film horror, il venerdì. Uno in cui mangiavano cinese, la domenica . Un altro dove uscivano, il lunedì. Brendon era persino riuscito a convincere suo padre a dargli un giorno libero, tutto per potere stare con il "suo ragazzo". Un brivido gli percorse la schiena e lo fece scattare in piedi, facendo scivolare la testa a Justin che lo guardò stizzito.
Prese una birra fredda, così fredda da atrofizzargli le mani, e cercò di tornare in salotto ma Brendon gli impedì il passaggio –Che c'è?- disse incrociando le braccia al petto –Niente, Bri-. Cercò di scansarlo, ma non si mosse. –Perché fai così?-
-Non lo so, devo abituarmi.-
-A cosa?- indicò il moro, la cui chioma si intravedeva da dietro l'arco –A Justin?-
-Ad avere un ragazzo.-
-Micha- d'istinto una mano corse a tappargli le labbra –Non devi assolutamente parlare di lui o anche solo paragonarlo a Justin.-
-Vaffanculo, lui ti ama e tu fai così? Pensi ancora a quel coglione- la mano che prima era corsa alla bocca, arrivò al collo, facendo leggera pressione con le dita. Quando si rese conto di quello che stava facendo, lasciò scivolare la birra a terra. Vide il vetro verde frantumarsi sul pavimento in marmo bianco, troppo costoso per poter essere macchiato da birra. –Lascia stare Michael- digrignò a denti stretti. Brendon girò le spalle e raggiunse gli altri.
Vide delle superga nere occupargli la vista, per poi essere sostituite dagli occhi di Justin. –Che c'è che non va?- chiese raccogliendo alcuni cocci. –Niente, tranquillo...-
-Sicuro?- annuì. Si alzò per prendere qualcosa per asciugare quello schifo, ma sentì una pressione al polso e poi uno spintone, ritrovandosi a cambiarsi il respiro con Justin, che senza batter ciglio si impadronì delle sue labbra, spostando le mani dietro il collo. Intanto Dallon dall'altra stanza fischiava e urlava frasi senza alcun senso, sorrise contro le sue labbra, sperando che quella normalità si sarebbe presa pieno possesso della sua vita, ma. Gli occhi di Brendon erano lì, a ricordargli che non sarebbe stato così semplice.
Le dita fredde di Justin percorsero tutto il suo addome, fino a raggiungere il collo e stringerlo per baciarglielo. Luke stava sopra di lui, ancora i jeans su e gli occhi a cercare qualcosa che in lui non c'era. Sbattè le palpebre e quando le riaprì vide il volto di Michael, le strinse e sparì. –Non ce la faccio oggi, non ce la faccio- disse scollandoselo di dosso e gettandosi fuori dalla stanza.
Il divano del salotto non era così male, rimase lì per qualche ora, fino a quando non sentì di nuovo i polpastrelli gelidi di Justin premergli sulle spalle, alzò lo sguardo e gli sorrise, prima di concedergli un bacio. L'altro prese posto accanto a lui e lo fece accomodare sotto la sua coperta. –Luke, io ti amo. E lo so che ci conosciamo da poco, ma credo di provare dei sentimenti troppo forti per te. Non mi interessa cosa stai provando, se non vuoi dirmelo io ci sto. Ci sto a sopportarmi i tuoi demoni, capito? Fai come vuoi, non ti lascerò così facilmente.- il biondino rimase a fissare il vuoto, non si mosse nemmeno quando le labbra di Justin si posarono sulla sua guancia ruvida. Sentì la sua mano scendere verso il basso ventre e fermarsi sul suo membro coperto da strati di mutande e jeans. Luke prese il controllo della situazione, rubandogli un bacio e poi un morso,finendo per fare sesso sul divano, un'altra volta, come sempre. Facendoselo bastare.
Il ragazzo spingeva il braccio di Luke verso il basso, cercando la sua attenzione. –Non ti senti emozionato?- disse saltellando sul posto. –Non è la prima volta che vengo alla vigilia di capodanno a Times Square, Justin.- disse sorridendo, lasciando che l'aria formasse dei piccoli cerchi bianchi. – Nemmeno io, ma quest'anno avrò qualcuno da baciare mezzanotte!-
-Ah, allora hai voluto tanto andarci solo per questo?- si finse offeso, amava farlo. –Ovvio!-. Il sorriso di Justin illuminava la città più dell'intero palazzone.
Incontrarono Brendon e Dallon vicino allo stand delle sciarpe che sponsorizzavano l'evento, il gigante guardava il suo ragazzo accigliato –Bri, è una truffa. Fanno pure schifo!- si beccò un'occhiataccia dal commerciante. L'altro alzò le spalle e diede cinque dollari per la spilla. –Sai che mi piace avere il ricordo-
-Ci andiamo ogni anno, Brendon.- vederli battibeccare era uno spettacolo. –Baldracche, che ne dite di salutarci?-.
Seguirono i due dietro la folla, la mano di Justin stringeva talmente forte la sua da fargliela diventare rossastra. –Non ti perdi-
-Lo dici tu che sei alto due metri-
-Hai ragione, allora continua a stringere-.
Arrivarono proprio sotto il grattacielo, la transenna gli segava quasi l'addome. Vide Brendon dare una mancia a una guardia che gli aveva tenuto i posti. –Geniale!- esclamò Justin. Luke gli tappò la bocca con la mano guantata. Una volta controllato che la guardia si fosse allontanata, il moro rispose al minore. –Vedi, questo si ubriaca da noi. Lo fa ogni anno.- Justin alzò un sopracciglio, sottolineando la genialità di quella trovata. –Perché non vi ho conosciuti prima?-
-Non era ancora il momento giusto.- rispose Luke cingendolo per un fianco.
Non sapeva cosa fosse quello. Non sapeva se era felice, non sapeva manco cosa fosse vagamente la felicità. Aveva Justin e i suoi amici, più di chiunque altra persona potesse desiderare, ma. Non riusciva a definirla "felicità" quella, era come se gli bastasse o meglio, si facesse bastare quello che, forse, manco meritava.
Le due ore passarono in fretta, nemmeno si accorse che stava per arrivare il momento del countdown. Si guardò attorno. Aveva Justin, Brendon e Dallon. Aveva tutto. Avrebbe passato un anno felice, avrebbe dato un bacio al suo ragazzo. Una persona che lo amava nonostante tutto.
10
Aveva Justin, Brendon e Dallon. Lui era felice.
9
Ma a chi voleva mentire, lui non era felice, non aveva chi voleva al suo fianco.
8
Doveva farselo bastare, aveva più di chiunque altro potesse desiderare.
7
L'unico problema era che non era quello che voleva lui.
6
Avrebbe baciato Justin. Un ragazzo dolcissimo che teneva a lui.
5
Ma lui non teneva a Justin, non così tanto.
4
Lo avrebbe baciato e non avrebbe voluto nessun altro.
3
A un anno meraviglioso in compagnia di Justin.
2
Justin.
1
Si sentì tirare da un lato. Il lato opposto a quello del suo ragazzo. Teneva gli occhi chiusi da quando il conto alla rovescia era arrivato al quattro. Sentì una lingua insinuarsi tra le sue labbra, percepiva il desiderio. Aveva le labbra bollenti e morbide. Lui quelle labbra le conosceva. Conosceva anche le mani che gli accarezzavano il volto, i fianchi sottili che stava stringendo. Quando l'altro si staccò, aprì gli occhi. Incontrò uno sguardo di smeraldo, le sopracciglia folte e la barba non curata. Il naso piccolo e leggermente all'insù. Aveva baciato quel naso. Alzò di qualche centimetro la sua traiettoria e scorse una chioma rossa. –Michael- disse poggiando la fronte contro la sua –Luke-.
Fuggirono da lì. Come se nessuno fosse attorno a loro. Corsero in mezzo alla folla, spinsero più persone possibili. Si ritrovarono solo loro due in mezzo al nulla. Si guardarono ancora, gustandosi ogni singolo particolare che si erano persi in quel mese. I capelli, i capelli rossi. Come Gerard, solo che adesso erano la sua salvezza. –Ti piacciono?- chiese Michael arrossendo, come se fosse la cosa più importante che potesse chiedergli. –Li amo- disse aggiustandogli un ciuffo che gli ricadeva su un occhio. Gli si lanciò addosso, lasciando che le loro labbra si incontrassero un'altra volta. Toccò la cute, come se volesse accertarsi che fosse davvero lì. Le mani di Michael corsero lungo i suoi fianchi, scendendo poi sulle sue cosce e lasciandolo aggrappare a lui. Rimasero in quella posizione per quelle che sembrarono ore. Le gambe troppo lunghe di Luke incrociate attorno alla sua vita, le loro labbra vicine, non le lasciarono allontanarsi troppo, avevano bisogno l'uno del respiro dell'altro. Si sarebbero corse di nuovo incontro quando ne avessero avuto bisogno. Gli occhi si studiavano tra di loro, cercando di catturare ogni sfumatura di verde e azzurro, quasi volessero unirli creando un altro colore che parlava del loro amore, di quel momento. In realtà volevano quasi fondere i loro corpi, assicurandosi che nessuno dei due avrebbe perso l'altro. Avrebbero voluto passare l'eternità in quel modo, Luke sapeva cos'era la felicità e c'era proprio aggrappato in quel momento.
L'atmosfera era diversa da quella che si aspettava, le luci della città filtravano dalle finestra illuminando quel piccolo angolo di paradiso che era il letto di Luke. La cucina era al buio, tutto il monolocale era nella completa oscurità. Le uniche cose illuminate erano loro sulla soglia della porta e il letto. Senza dire una parola Michael spinse Luke contro il futon. Lo guardò negli occhi, pensò stesse cercando qualcosa dentro la sua anima e per un attimo Luke crebbe che l'avesse trovata. Sfilò la sua giacca, seguita dalla camicia nera. Tutto senza perderlo d'occhio, senza perdere di vista lo spettacolo che era il suo viso, le labbra erano rosse e il mento leggermente graffiato. Scompigliò i capelli biondi e gli lasciò un altro bacio appena sotto il mento –Michael-il rosso annuì per farlo continuare –Scusa-
-No. Non devi chiedermi scusa- il suo sguardo vagava sul corpo dell'altro. Luke gli alzò il mento con due dita e gli impose di guardarlo –Sì. Io ti ho fatto soffrire, e non avrei mai dovuto. Non lo meriti.- gli prese la mano aprendogliela sulla guancia, per poi baciarne il palmo. Profumava come ricordava, aveva le mani fredde nonostante tutto. –Forse io non ti merito-. Il corpo di Luke reagì subito alla sua risposta, scattando all'insù e andandogli incontro. Le loro labbra si incontrarono per l'ennesima volta. –Non dire cazzate, Michael-.
Quello che stavano facendo era l'amore e sotto quel punto di vista, Luke, poteva dire fosse la sua prima volta. Non aveva mai amato tanto una persona da volere che i loro corpi si unissero per diventare una sola cosa. Il rosso non perse nemmeno per un secondo il contatto visivo, era quello che era sempre mancato. Adesso ce la faceva perché in quello che facevano non c'era niente di sbagliato, niente di contro natura. Michael sfilò i pantaloni di Luke facendogli alzare leggermente la vita, quando se ne disfò completamente li fece seguire dai boxer neri. Fu una cosa continua, nessuna interruzione o esitazione, ormai conoscevano così bene i loro corpi che non c'era nemmeno bisogno che si spiegassero. Tolse la maglia di Michael e non potette non notare quanto fosse dimagrito. L'addome leggermente ricurvo che amava riempire di morsi ormai era completamente piatto e le braccia quasi scheletriche. Le strinse tra le sue dita, cercando di capire dove finisse la pelle e iniziassero le ossa –Perché?-
-Non importa- il rosso corse verso le sue labbra e le morse, lasciò una scia di baci fino ad arrivare all'erezione di Luke. Gli accarezzò la base per poi risalire piano, mentre era distratto da quel lavoro, Michael si insinuò dentro di lui. Il biondino incurvò la schiena e strette ancora più forte le braccia pallide dell'altro, lasciandogli dei segno rossastri. –Shh, va tutto bene Lukey- diede una spinta ben assestata e si accasciò su di lui, riprendendo la traccia di baci e morsi che aveva lasciato. Il tutto era accompagnato da un'armonia quasi surreale, Michael si spingeva dentro di lui portandolo all'estremo, entrava e usciva dalla fessura con una delicatezza estenuante, accertandosi di fargli sentire il membro per tutta la sua lunghezza. Le mani di Luke artigliavano le sue spalle ingobbite, lasciando delle tracce che non sarebbero scomparse il giorno dopo e, probabilmente, nemmeno quello dopo. Corse a riprendere le labbra tra le sue, di nuovo. Non si sarebbe mai stancato di baciarlo. Quando Luke cercò di spostarsi, Michael lo afferrò per i fianchi e lo spinse contro di sé. Il contraccolpo lo lasciò senza respiro e lo costrinse a sollevarsi, facendo combaciare la sua fronte con quella del rosso. Gli diede un bacio sul naso e sorrise, come non aveva mai fatto.
Tutto quello non aveva niente a che vedere con quello che succedeva nella camera da letto di Michael, c'era tranquillità e dolcezza. Le spinte dell'altro erano così assestate ma al contempo dolci da fargli temere che forse non meritava di essere trattato in quel modo. Era un oggetto nelle mani di Michael, un pezzo di creta da modellare. Lo sfiorava con tanta, forse anche troppa, delicatezza, quasi avesse paura di poterlo spezzare. Le spinte dentro il suo retto aumentarono, fu più veloce, ma continuò a trattarlo con i guanti bianchi. Luke riposò le spalle sul letto e strette i bordi del futon così intensamente, da fare diventare le nocche bianche. –Più forte, Mikey.- gli biascicò. Michael scossa la testa –Hai fretta?-
-No-
-Allora lascia che questo momento continui per sempre-. Continuò ad insinuarsi dentro di lui, le guancie di Luke si imporporarono e le labbra iniziarono a screpolarsi per quanto le mordesse. Il rosso manteneva lo sguardo concentrato su di lui, non stava più sostenendo il suo sguardo, ma lo studiava. Quando alzava gli occhi e vedeva la sofferenza nel volto di Luke, correva al riparo tempestandolo di baci.
Nonostante le spinte diventarono sempre più persistenti, la dolcezza del momento non si dileguò. –Mi-Michael- disse mentre si sentiva quasi spezzato. Fu in quel momento che l'altro esplose dentro di lui, si accasciò sul corpo di Luke e respirò tramite le sue labbra. La stessa bocca che tormentava il suo mento, poi collo e infine basso ventre, prese possesso della sua erezione. Se la infilò in gola, lasciando soffrire l'altro, che voleva quasi strappare i capelli di Michael di quanto forte li tirasse. Gli si riversò in bocca e ingoiò.
I corpi sudaticci erano l'unica cosa illuminata dalle luci della notte, che adesso iniziavano a essere sempre meno. Michael poggiò il lenzuolo che c'era ai piedi del letto su entrambi. Rimasero per un momento al buio, a cercarsi nell'oscurità, a odorarsi. Per Dio, quanto si erano mancati. Il profumo di tinta per capelli invadevano le narici di Luke, era una delle cose che gli era mancata di più di Michael. Il suo profumo, era strano, era un misto tra tintura, sigaretta e profumi di seconda classe.
Sentì qualcosa proprio in centro al petto e sputò fuori in automatico due parole –Ti amo- disse. Lasciò la testa poggiata sul petto di Michael, sentì il battito del suo cuore accelerare. Quando alzò lo sguardo l'altro lo stava già fissando. Gli sorrise e poggiò una mano sui suoi capelli, giocandoci –Sta zitto, Luke-.
"Vivere non è abbastanza se non c'è distanza che non ti permetta di desiderare. Perdersi per poi riprendersi non è dividersi, siamo sostanza che non può sparire."
NdA
OKAY! OKAY, MANTENIAMO TUTTI LA CALMA. QUESTO E' L'ULTIMO CAPITOLO, VI ATTENDE SOLO L'EPILOGO. OKAY. PRENDETE IL NUMERO SE VOLETE UCCIDERMI SE CI HO MESSO UN MESE.
Vi giuro, questo capitolo è stato peggio di un parto naturale. Sono stata interrotta tipo due miliardi di volte, ho avuto un sacco di problemi e non ci sono proprio stata con la testa. MA ECCOLO QUI'.
Oddio, sembra una cosa stupida ma stavo per piangere appena ho scritto l'ultima frase perchè....I MIEI BAMBINI, QUANTO MI MANCHERANNO! FINALMENTE DOPO MESI CE L'ABBIAMO FATTA, CUCCIOLI.
Adesso smetto che non voglio rovinare l'atmosfera. Vi ano tutti e grazie perchè avete seguito questa storia, spero di non aver deluso nessuno, questo fa cagare, non è come volevo, ma spero vi piaccia. Grazie, grazie e grazie.
Se il cap ( #teamcap) votate e per qualsiasi domanda commentaaaate!
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