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Capitolo XI

Aria era arrivata una settimana prima, o così credeva. Poteva benissimo esser passato un mese.

Non aveva punti di riferimento.

Solo il buio.

Una benda sugli occhi le impediva la vista e anche senza quella probabilmente non avrebbe notato la differenza.

Non c'erano finestre, neppure lampade in quello stanzino.

Le mani delicate erano legate strette ad una piccola struttura. Una sedia forse?

La gola le doleva per le continue urla.
Vane.

Solo l'udito le restava. Sentiva passi nelle stanze adiacenti. Lei sentiva loro, ma loro non sentivano lei. O forse la ignoravano.

Doveva essere in uno di quei locali a cui si accede solo tramite passaggi segreti. Ce n'erano molti anche nel suo castello, ma il fine non era certo quello di rinchiuderci prigionieri, bensì davano la possibilità di una fuga ai suoi abitanti.

In quella che lei supponeva essere stata una settimana, non aveva incontrato nessuno, o meglio non aveva ricevuto visite, anche se nemmeno questo termine poteva sembrare adeguato.
Sempre e solo passi. Lontani.

Aveva avuto molto tempo per riflettere.
Su tante cose.

Su Killian per esempio.
Aveva cercato di metterlo da parte, lui era lontano dopotutto, non faceva parte del suo mondo. Era un pirata, e benché non dubitasse che qualcosa fra loro due sarebbe potuta avvenire, in un universo parallelo magari, non riusciva ad immaginare un futuro con lui.

Si era data più volte della stupida per essersi anche sono concessa il pensiero.

I suoi pensieri erano corsi anche alle due sorelle, sole.
Era riuscita a nasconderle in una botola, prima dell'intrusione dei soldati inglesi. Non temeva il peggio, no.

Erano piccole, ma forti e coraggiose. Sapevano cosa fare, lei glielo aveva detto.

I battiti del suo cuore cominciarono ad accellerare.
Passi che si avvicinavano, almeno due persone.
Tocchi sulla parete. Un click e poi lo schiudersi di una porta.

Qualcuno era entrato e la ragazza non sapeva se tirare un sospiro di sollievo per l'interruzione della sua solitudine o se iniziare a tremare.

Si impose di non attuare nessuna delle due opzioni.

Era troppo presto per sentirsi sollevata e non voleva far capire a chiunque fosse entrato di essere spaventata.

I passi adesso si muovevano attorno a lei, lenti, senza fretta. Come a volerle incutere ancora più paura di quanta già non avesse.

Due mani le si poggiarono sulle spalle.

-A dying wish?- le disse ridendo una voce maschile alle sue spalle.

Un ultimo desiderio? Volevano ucciderla, era ovvio, ma perché lì? Non potevano ucciderla nella sua patria.

Si rese conto che la possibilità di essere uccisa non l'aveva nemmeno toccata in quei giorni.
Come se la sua mente avesse eliminato quel fondamentale dettaglio.

Non aveva rimpianti, no. Aveva fatto tutto ciò che aveva potuto. Per le sue sorelle, per il suo popolo. Tranne che.... per sé stessa.

Un solo desiderio la tormentava, avrebbe voluto abbracciarlo per la prima e ultima volta.

Nella sua mente si rincorrevano le immagini dei loro incontri. Quando l'aveva gettata in mare per il loro primo incontro. Quando aveva scoperto che Chrystal era suo sorella. O ancora quando avevano ballato. Quando lo aveva visto partire.

-So!?- insistè la stessa voce di prima, ignorando le lacrime della giovane.

Allora? Allora cosa?
Non lo sapeva neppure lei.
Non voleva morire. Non temeva la morte, ma sentiva di avere ancora qualcosa da fare su quella terra.

-Don't you speak English?- la derise ancora con un sorriso sadico, cosciente di quello che l'attendeva.

-Yes, I do!- urlò contro con la poca voce rimastale. Sentiva le corde vocali bruciare per ogni singola lettera.

Da bambina non pochi condannati a morte le erano passati davanti, ma li considerava così lontani da lei. Non lo avrebbe mai immaginato.

-A letter- disse flebilmente- I want to write a letter.-

I due sparirono, stranamente senza fare commenti, per una decina di minuti, tornando poi con un foglio completamente bianco, una boccetta di inchiostro e una penna.

Uno dei due le tagliò rudemente le corde che le stringevano le braccia.

Sentì il sangue ritornare a scorrere e il dolore fare capolino. Si tolse da sola la benda e noto che nella stanza era stata portata una lampada che illuminava debolmente la stanza.

Si diede un attimo per osservare lo spazio intorno a lei.

Il luogo sembrava pulito e asciutto. Una sedia in un angolo e un piccolo scrittoio su cui erano stati appogiati i fogli e il calamaio.

Si rese conto che non aveva domande da fare. Dove mi trovo? Cosa volete da me? Chi ve lo ha ordinato? Conosceva già le risposte.

-Quickly!- le aveva detto di nuovo quello che ora identificava come il più robusto fra i due, avvicinando la sedia allo scrittoio.

Sorelle mie amatissime , mio sostegno e mia vita, le vostre braccia non mi riavranno.

Siate forti e coraggiose per la vostra sorella che vi è tolta.

Mi hanno preso, mi uccideranno.

Me ne vado con l'inverno, con la neve che cade,col freddo che sfodera tutte le sue spade; me ne vado con l'inverno e il vento che mi schiaffeggia.

O almeno credo. Era inverno l'ultima volta che ho visto il cielo.

Manca poco a quel momento.
Ho combattuto, io che non sono il tipo da nascondersi in collina.

Ormai vi siete fatte signorine. Vi dico questo perché so che siete forti abbastanza da capire e sopportare.

Sapervi senza me mi fa esplodere il cuore, ma siete donne forti ormai, dal fare risoluto: vivete la nuova vita con felicità e ardore,
Io vi ho amate e vi amo anche in quest'ultimo giorno.

Non ho rimorsi. Muoio per coloro che amo, per il mio popolo, la mia patria, la terra che mi ha dato la vita.

Solo un piccolo desiderio. Uno solo. Per me questa volta.

Fate in modo che quel pirata, Killian Jones, sappia ciò, che è stato l'unico a farmi battere il cuore.

Adesso devo andare il momento è arrivato.
Ricordate che vi amo.

Aria

Spazio autrice
Ed eccomi qui con un nuovo capitolo.
So di essermi fatta attendere, ma con me dovete avere pazienza!
Mancano pochi capitoli alla fine!
Detto ciò, fatemi sapere cosa ne pensate!

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