X
I due ricominciarono a camminare, riempiendosi gli occhi un'ultima volta del quieto paesaggio che faceva da tomba al vecchio maestro prima di arrampicarsi su una pila di rocce che conduceva all'ultima galleria. Presto il vento di grotta tornò a farsi presente, sempre più impetuoso, come se stesse scalciando anche lui per trovare un'uscita dalla Roccia e librarsi nel vuoto in una tempesta di gioia. I loro passi tornarono monotoni, la temperatura sempre più insopportabilmente alta, quasi cocente, e faceva evaporare anche il dolore e i pensieri. I due compagni procedettero lungo il cunicolo con fatica, tanto che ogni falcata costava loro cinque respiri profondi, ma il tempo era diventato informe e nulla li avrebbe fermati ora che erano giunti così vicini alla meta. Vilkas continuava a volgere lo sguardo verso l'alto, quasi come potesse vedere il teorico confine della Roccia e gli bastasse alzare una mano per sfiorare il nulla che si celava oltre l'ultimo strato della crosta. Un passo. Un altro passo. Un respiro. L'aria era un pulviscolo troppo sottile perché i loro polmoni riuscissero a trattenerlo. Anche l'ultima lucciola rimasta nella lanterna sembrava avvolta in un sonno letargico, immobile a fissare il vuoto con i suoi occhietti neri. Era tutto immoto, tutto completamente avvolto in una crisalide di sensazioni aliene. E Vilkas e Kih continuarono ad ascendere per un tempo indefinito finché i loro occhi stanchi non intravidero un bagliore di luce in fondo al tunnel. Il vento di grotta ululò possente, facendo quasi perdere l'equilibrio ai due compagni e costringendoli ad appoggiarsi alle pareti. Soffiava sulle loro schiene, spingendoli verso la fine della galleria con foga sgraziata ma carica di un selvaggio desiderio di libertà. Kih si chiese se tutto quel vento fosse il fiato del Leviatano che si era risvegliato sotto di loro e che iniziava la sua prima grande espirazione. Poco importava, perché loro erano fuggiti dalla bestia e si trovavano a pochi passi della loro meta. Dovevano solo resistere un altro po'. Un passo dopo l'altro, il puntino luminoso si allargò. Era più lucente di una brace, più intenso del bagliore di una lucciola. Splendeva con un candore che Kih non aveva mai visto, distinto dal rovente giallo dei magmi e dal grigio perlaceo degli aracnocampi, e sembrava trapassare le cornee e la retina fino ad abbagliare i pensieri nella mente. Presto il foro divenne un cerchio, il cerchio si allargò e i due compagni dovettero socchiudere gli occhi per sostenere l'immensa luce che quello irradiava. Kih riuscì a scorgere la presenza di un ampio spazio dall'altra parte del tunnel, anche se non riusciva a immaginarsi il profilo di una grotta senza pareti così come Vilkas aveva descritto il vuoto della visione. Un grande nulla che nemmeno gli incubi erano mai stati in grado di evocare nella coscienza claustrofobica della civiltà dei Glauchi. Il vento li assordava con i suoi latrati, i loro passi sempre più lenti e scoordinati. L'aria ormai era irrespirabile e solo la forza di volontà dei due compagni pompava loro il sangue nelle vene, spingendoli a completare l'ultima traversata prima della grande rivelazione. E così, con i polmoni collassati e la mente abbacinata fino alla radice dei nervi, i due compagni completarono l'ultima falcata a loro rimasta per uscire definitivamente dall'ultimo capillare sotterraneo della Roccia.
Non c'era più alcuna parete intorno a loro. Solo una distesa infinita di roccia e regolite battuta dal vento, un pianeggiante e desolato paesaggio che si estendeva da un orizzonte all'altro. Kih provò a guardarsi intorno, alla ricerca di un altro sentiero dove dirigersi, ma non si trovavano più in una grotta. Erano al di fuori, denudati di ogni certezza e sospesi in un'oscurità che aveva perso ogni parvenza di volume per assumere la forma illimitata e incorporea dell'etere. Sopra di loro non c'era soffitto, solo un vastissimo oceano di tenebre, un'assenza di materia come l'assenza di pensieri durante i sonni più profondi in cui l'esistenza sembrava cessare temporaneamente per poi rinascere con uno shock dei sensi. C'era qualcosa, tuttavia, che sconfiggeva quell'oscurità proiettando la propria luce sui profili delle increspature di roccia irregolari e dei crateri che piagavano l'esterno della Roccia come pustole di un organismo morente. Una sfera di luce purissima, sospesa in alto di fronte a loro, così abbagliante da cancellare ogni ragionamento. Era proprio come aveva detto Lagozodj. Nemmeno prendendo tutti i filoni di elovalgys mai scavati e mettendoli insieme si sarebbe riusciti a generare una luce così intensa. Vilkas e Kih caddero al suolo, del tutto sopraffatti da essa. Si abbandonarono al suo abbraccio totale, riempiendosi gli occhi di quella visione celestiale nonostante sentissero le pupille indolenzite nel tentativo di contenere un tale splendore. La Sfera era lì, sopra di loro, al di fuori di ogni distanza materiale, e li riscaldava con il suo abbraccio vitale purificandoli di ogni pensiero e assorbendo anima e corpo in quell'estasi di meraviglia incontenibile. Vilkas lanciò uno strillo di gioia di fronte a quella visione, ma la voce fu trasportata via dal vento che spazzava quella landa desolata facendo ondeggiare i lembi dei loro mantelli. Kih invece restò a fissarla del tutto inebetito, incredulo che quella vista non fosse frutto di un'allucinazione. Le visioni suscitate dal Lichene non si avvicinavano minimamente alla grandiosità di quello spettacolo celeste. Fissò la sfera per un tempo interminabile, completamente stregato dalla luce finché gli occhi non gli fecero male e dovette distogliere la vista per non rimanere cieco. Guardò quindi l'imboccatura da cui erano usciti: un tunnel ricolmo di sassi e zolle di un materiale che non aveva mai visto prima e che semplicemente sbucava sul grande vuoto come un poro sulla superficie della Roccia. Sembrava che qualcuno lo avesse trivellato dall'interno, perciò forse era stato Lagozodj stesso a scavare gli ultimi faratri che collegavano l'antica galleria a quel foro d'uscita, prima di coricarsi un'ultima volta nell'abbraccio organico della selva. L'idea che il suo maestro avesse potuto vedere quello spettacolo prima di andarsene lo rincuorò e lo spronò a rialzare lo sguardo verso la volta celeste, là dove il nero vuoto si estendeva fin oltre l'eternità dello spazio e del tempo.
«Vilkas...» mormorò, la voce ormai drenata di ogni energia, e strattonò la spalla dell'amico «guarda... lucciole...»
Indicò un punto del cielo distante dalla sfera di luce. Lì, dove il chiarore era più tenue, si poteva intravedere una moltitudine di puntini bianchi che aleggiavano nell'oscurità formando enormi sciami celesti. Vilkas restò a bocca aperta di fronte allo spettacolo, le sue labbra schiuse nel sorriso più puro che Kih avesse mai visto.
«Quante sono» mormorò, deliziato dalla bellezza di quello scorcio di vita. Quelle lucciole non danzavano e non si muovevano con foga, erano come sospese nel tempo. Eppure, aguzzando la vista, Kih poteva notare un moto appena percettibile, come se la loro staticità fosse un'illusione causata dalla loro distanza e in realtà si stessero muovendo in una danza che impiegava milioni e milioni di cicli per compiersi.
«È bellissimo» disse, poi prese Vilkas sotto il braccio «ma ripariamoci dal vento»
I due compagni aggirarono la formazione rocciosa dalla quale erano sbucati e si sdraiarono all'ombra di una grossa pietra che li schermava dalle folate di vento. Continuarono a guardare il cosmo intorno a loro e Kih cercò di intravedere il profilo di delle pareti all'orizzonte, ma non c'era nulla. Il paesaggio intorno a loro si estendeva senza fine in tutte le direzioni, e ciò gli metteva il capogiro. Così restò a guardare le lucciole sospese nel vuoto per diverso tempo, ansimando profondamente per riuscire a restare lucido.
«E pensare,» gracchiò Vilkas tra un colpo di tosse e l'altro «che abbiamo cercato l'elovalgys scavando sempre più in profondità, quando la Sfera era sopra di noi. Con tanta luce da restare ciechi e tanto calore da far sudare la pelle»
Kih annuì «Eppure non torna»
«Che cosa?»
«Il rialzo delle temperature. Perché è avvenuto solo di recente? Perché il Leviatano si è svegliato proprio ora?»
Vilkas tacque e cercò di riflettere, ma la stanchezza rendeva impossibile pensare «Forse la Sfera di recente ha deciso di aumentare la sua luce e il suo calore. Forse voleva che noi la vedessimo e la nostra avventura rientrava tra le sue volontà»
Kih scosse la testa «No» disse, osservando la volta celeste sopra di loro «no, io credo che la Roccia abbia sempre vagato nel grande vuoto. Da tempo immemore, come una lucciola che danza nell'oscurità, apparentemente senza scopo ma che in realtà cerca altre fonti di luce e trasporta con sé il suo guscio di vita geotermica. E ora, da qualche tempo, la nostra Roccia si dirige in quella direzione – e indicò la Sfera – e ad ogni ciclo si arroventa sempre di più e si scalda in superficie, sciogliendo le masse oceaniche che hanno invaso le caverne a sud del Mahgaraj e risvegliando i Leviatani che dormono nelle sue profondità. La nostra lucciola ha trovato la sua luce e lentamente sta volando verso di essa»
«Ci inghiottirà?» domandò Vilkas. Kih scrollò le spalle.
«Forse. Tra migliaia e migliaia di cicli. Ma non ha alcuna importanza. Io sono felice di averla vista. Prima di morire»
Vilkas tacque per un attimo.
«Anch'io, Kih»
I due compagni intrecciarono le mani e sospirarono a fondo un'ultima volta, ammirando con tutto loro stessi il globo di luce che li immergeva nel suo bagno di radiazioni. Le loro labbra si incresparono e la luce trapanò loro gli occhi fino a diventare un tutt'uno con l'ambiente circostante. Il calore dell'astro scaldava il sangue e intiepidiva la pelle come un abbraccio materno, e Vilkas e Kih lasciarono che i loro corpi si abbandonassero ad esso. Presto anche la mente iniziò a sfaldarsi, soggiogata dal candore infinito e dalla vastità dell'ultima visione al confine tra realtà e sogno che dava significato a tutto per poi implodere nel banale miracolo del cuore pulsante di un piccolo insetto. Le loro dita si strinsero, indissolubili, e ogni pensiero fu cancellato un'ultima volta dall'arrivo di una possente folata di vento solare che li lasciò avvizziti sotto la luce più intensa che avesse mai baciato la fronte di un Glauco. E dopo di loro, a poco a poco, anche la lucciola che guardava il cosmo dal vetro della lanterna si spense definitivamente sotto lo sguardo indifferente delle sue sorelle celesti.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro