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[Passato ~ 06 ~]

"Per quell'uomo non c'è stato scampo."

Erano queste le parole che Hal continuava a sentirsi ripetere, sia all'ospedale che alla centrale, dove un uomo in divisa sormontò lui ed Abby di domande riguardo l'accaduto.

Scoprì che anche Clare e Nathan erano stati coinvolti: più precisamente, avevano visto il corpo del barbone precipitare al suolo.

Ora erano tutti seduti nella sala d'attesa dell'ospedale.

Se Hal avesse dovuto dare un punteggio, da uno a dieci, su quanto ogni suo compagno fosse scosso, diciamo che sarebbe stato più o meno così: a Nathan un bel sei e mezzo, a giudicare da come nascondeva il suo shock dietro una maschera di compostezza; a Clare un nove, per il fatto che tenesse le mani sugli occhi, forse piangendo; infine Abeline. In realtà, lei non sembrava affatto così scossa, poteva essere al massimo un tre a causa della tremarella, ma niente di più.

Hal, invece, poteva dirsi oltre il dieci.
Perché?
Perché sapeva di aver causato lui stesso tutto questo.

In quell'oblio di lacrime e paura, l'unica ad aver conservato quel suo tono sarcastico sembrava Abeline, che fissava in continuazione l'entrata principale dell'edificio.

-Cosa stai guardando?-
Nathan le diede una piccola pacca sulla spalla, lei non accennò alcun movimento, sembrava come incantata.
-Ho chiamato Jace.- sorrise forzatamente. -Non so, ho pensato che ci avrebbe potuto tirare su il morale.-

Poco dopo le porte si spalancarono.
Jace corse verso la sala d'attesa, più preoccupato di quanto potessero esserlo loro stessi.
-Che cosa è successo?-
Tutti abbassarono lo sguardo.

La prima cosa che il ragazzo fece fu quella di scuotere Hal, che si manteneva il petto come se il cuore gli dovesse esplodere.
-Puoi dirmelo almeno tu...?-
Forse fu tutto lo stress accumulato, forse i sensi di colpa, ma in quel momento Hal non ci vide più dalla rabbia, e tirò un sonoro schiaffo a Jace.

L'altro non si mosse, rimase a fissarlo incredulo.

In realtà, contando la sua corporatura atletica, era stato probabilmente l'assalitore a farsi più male.

Sembrava un siparietto comico, a dire il vero.

-Forse non sono il benvenuto nel vostro dramma, ma vorrei comunque capire cosa sta succedendo.-
Non suonava né innervosito né arrabbiato, forse confuso, ma nulla di più.

Nathan prese fiato, socchiudendo gli occhi. Doveva fargli male parlare dell'accaduto.
-Eravamo al quinto piano del palazzo abbandonato, come ogni sabato sera.- un mugugno di Clare, al suo fianco, lo costrinse ad una pausa per consolarla, poi riprese: -Hal ed Abeline dovevano consultarsi un attimo in privato e sono saliti sul tetto. Poco dopo credo abbiano visto quell'uomo e...-

Abby completò per lui, sorridendo in un modo quasi inquietante:
-Si è buttato nel vuoto, semplicemente.-

Jace si lasciò cadere a terra, sedendosi con le gambe incrociate.
Anche solo sentire di quella storia sarebbe dovuto essere devastante.
Eppure nei suoi occhi non si avvertivano dolore o angoscia, solo una rabbia furente. Tremenda.

-I suicidi proprio non li digerisco. Mi sembra così stupido togliersi la vita per evitare le difficoltà... e per di più davanti a dei ragazzi!-

Tirò un pugno al pavimento, preso dai suoi conflitti.

Hal lo guardò per un po'.
Si pentì di quello schiaffo, di tutte le volte in cui lo aveva sminuito come lo stupido del villaggio.
Ora riusciva a vedere solo un ragazzo forte, sempre pronto ad affrontare tutto e tutti.

Forse, in tutto quel tempo, aveva avuto un'idea sbagliata sul suo conto.

D'un tratto un conato di vomito lo sorprese, costringendolo a correre in bagno.
Almeno stava finalmente reagendo.

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Rimase a lungo nella toilette.
Non solo per liberarsi di tutti quegli orribili pensieri, ma anche per ricomporsi e cercare un modo per scusarsi con Jace.
Si ritrovò in ginocchio davanti al gabinetto, pallido come un cadavere e con un senso di nausea tremendo.

-Toc toc.- disse qualcuno, improvvisamente.

Hal scattò in piedi, riconobbe subito quella voce.

-Cosa c'è Jace?-

-Volevo solo sapere come te la passavi.-

Seguì il silenzio.

-Puoi uscire? So che ormai hai finito.-

L'altro obbedì, trascinandosi verso i lavandini.
-Non dobbiamo dirci nulla.- aggiunse, sciacquandosi la faccia.

-Credo di sì, invece. Sono sicuro che stai molto male per quello schiaffo.-
Appoggiato al muro lo fissava con un'aria scettica, cosa che Hal non poteva far altro che odiare.

-E va bene...- alzò le mani, come in segno di resa. -Mi dispiace, è stata tutta colpa dello stress.-

-Dai sempre la colpa a qualcun'altro.-

Hal tirò su lo sguardo repentinamente: -Cosa vorresti dire?-

-Credo che tu abbia paura di ammettere le tue colpe.-

Foster fece per replicare, ma alla fine rimase in silenzio.
La verità era che stava lentamente soffocando nei suoi sensi di colpa.
Se l'universo in cui si trovava seguiva davvero la legge dell' Effetto Farfalla, allora quello che era successo non poteva essere altro che una conseguenza del suo cambiare il futuro.
Poggiò le mani sulle estremità del lavandino, incurvando la schiena.

-Torniamo dagli altri.- disse infine, passando davanti al compagno.

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La sala d'attesa era ora popolata da genitori preoccupati, che manifestavano comportamenti davvero contrastanti: quelli di Abeline le stavano continuamente addosso, preoccupati per come si dovesse sentire e, allo stesso tempo, arrabbiati per il fatto che non gli avesse mai rivelato dove andasse ogni sabato sera; Clare, al contrario, era sola, con le mani costantemente sugli occhi; mentre i genitori di Alec erano freddi, seduti qualche posto dietro il suo.

Riguardo Hal, sapeva che sua madre sarebbe rimasta scioccata. Dopotutto era così debole di cuore.

Come aveva predetto, sua madre era sconvolta, abbracciata al marito, particolarmente assonnato. Foster sapeva che normalmente poteva dare l'idea di una superba donna di città, come si era visto dal biglietto: "Non avevo voglia di cucinare", ma in fin dei conti lo amava infinitamente.

Non appena lo vide gli corse incontro come avesse avuto una visione.

-Va tutto bene?- esclamò, abbracciandolo.

Suo padre, d'altro canto, si limitò ad osservarlo con aria severa, come sapesse già che tutte le colpe di quel disastro fossero attribuite a lui.

-Sto benissimo.- disse il figlio, sforzando un grande sorriso.

-Vedi Bett? Ti ho detto che sarebbe stato bene.-

Lei scosse la testa, offesa: -Mi sorprende come tu non provi un briciolo di compassione per tuo figlio.-

Jace fece segno all'amico di non farci caso, l'ennesimo litigio trai coniugi avrebbe solo peggiorato le sue condizioni.

L'attenzione di Hal era però puntata su Clare. Sola, tra lacrime e sgomento.

Sapeva di non poter sostituire l'affetto dei genitori con il suo, ma pensò comunque di poter fare qualcosa per farla riprendere. Qualunque cosa.

Si sedette al suo fianco.

-Clare, va tutto bene?- si sentì subito stupido per quella domanda. Era la più banale possibile.

-Come potrebbe andare bene?- fu la sua risposta, carica di rancore: -Come fai tu, invece? Sembri... sembri stare bene, eppure lo hai vissuto molto più da vicino di quanto abbia fatto io.-                 
Il ragazzo si toccò d'istinto la pancia, ancora in disordine.

-Ho saputo come sfogarmi.- disse, spostandole delicatamente le mani dagli occhi: -Un uomo è morto, ma non è colpa tua, né mia.-

Clare scosse la testa, non convinta delle parole dell'amico.

Sarebbe stato un trauma duraturo per lei, come per tutti gli altri.

Per Hal, invece, era solo la prova che col cambiare il corso del tempo non si scherza.

Osservò i presenti, uno ad uno.

Abeline era seduta sulle gambe del padre, come una tenera bambina; Nathan teneva lo sguardo basso, con quello dei genitori costantemente puntato addosso; Clare non accennava a muoversi e Jace continuava a fissarlo, silenzioso.

Ed era tutta colpa sua.

In quel momento, come sperava da molto tempo, i suoni cominciarono a farsi più ovattati ed il mondo sembrò smettere di girare.

-Alec... Adaline...- riuscì a mormorare, prima che tutto diventasse nero.

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