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Ritorno a casa.Capitolo 17.


ARON

È incredibile, sta piovendo.
È ridicolo che in questa cittá piova. Questa è la cittá del sole.
Certo è ovvio che qualche volta anche qui piova. È la natura. Ma cavolo, proprio quando io e Jack avevamo intenzione di uscire?

Siamo ancora qui. Bloccati in una piccola stanza d'hotel tutto il giorno.
Non che mi dispiaccia, il tempo scorre velocemente con Jack. Ma volevo uscire, passeggiare con lui in quel bellissimo parco che continuo a guardare dalla finestra. Anche se con la pioggia che scende copiosa non è più così bello.

Jack ha pagato un'altra notte, non vogliamo muoverci col maltempo. Torneremo a casa domani.
Oddio, mi devo ancora abituare al fatto che casa sua sará anche casa mia.

È notte ormai. Jack dorme, con una gamba distesa sopra la mia e un braccio che mi copre il petto mi tiene al caldo.
Io invece non riesco a dormire. Ci sono dei pensieri che mi assillano.
La mia vita da domani non sará più la stessa. Che farò? Mi cercherò un lavoro? Mi farò nuovi amici? Per me sará come iniziare una nuova vita, come faccio a dormire?

Invece Jack dorme come un bambino, beato lui. Capisco anche che sia stanco, insomma abbiamo vagabondato per tutto l'hotel per via della noia, e poi abbiamo scopato, beh sì di nuovo. Poi non sò perchè ma gli è venuta voglia di farmi un servizio fotografico nudo dopo il sesso. Rideva come un ritardato. Però abbiamo passato una bella serata insieme. Se fossimo usciti probabilmente non mi sarei diverito così.
Ringrazio il maltempo per averci costretto a restare rinchiusi in una stanza di appena trenta metri quadri.

Tra il ticchettio della pioggia e il brusio della cittá sempre in fermento, sento un suono. Un suono appena percettibile. Un suono che viene soffocato da qualcosa.
Decido di ignorarlo.
Ma dopo cinque minuti rieccolo, quel suono comincia ad essere quasi inquietante.
Lo ignoro ancora.

Dopo pochi minuti lo sento di nuovo. E capisco che è la suoneria di un telefono.
Non può essere quello di Jack, si è scaricato mentre mi faceva quelle foto.

Poi capisco.
Quel telefono è mio. Giá, è il telefono delle "emergenze", ogni mormone quando parte ne riceve uno. Si tratta di un telefonino di altri tempi, di quelli a bassissimo costo. Vengono comprati con la speranza di non doverli mai utilizzare perchè per regola possiamo sentire la famglia solo tramite cabine telefoniche o telefoni fissi.
Mi ero completamente scordato di averlo. È da quando sono arrivato qui che è in fondo alla mia valigia. Non l'ho mai toccato.

Mi scrollo Jack di dosso cercando di non svegliarlo. Mi alzo e mi dirigo verso la valigia. Rovisto tra i vari vestiti e la suoneria si fa sempre più forte. Quando finalmente lo trovo leggo il numero e un brivido mi percorre la schiena per poi arrivare ad avvolgere tutto il corpo.
È il numero di mia madre, non è neanche registrato ma io conosco il numero di mia madre a memoria.

'Potrei dirle addio', penso. Infondo ho sempre amato mia madre per quanto chiusa mentalmente fosse. È l'unica che ha pianto quando sono partito.

Credo sia solo preoccupata, infondo sono sempre suo figlio. È sempre stata molto apprensiva nei miei confronti e vuole solo sapere come sto.

E probabilmente vorrá anche che torni da lei a casa, per questo devo essere pronto a dirle che non tornerò mai più in quella cazzo di cittá.

Così decido di lasciar da parte la rabbia che provo verso la mia famiglia e decido di rispondere.

-Hey mamma.- dico sottovoce mentre vado in bagno per non svegliare Jack.

-Hey tesoro, non ci credo, sei tu.- una voce roca mi risponde. È chiaro che sta piangendo.

-Sì mamma certo che sono io.-

-Dove sei? Credevo tornassi stamattina. Ti ho aspettato tutto il giorno Aron.-

Prendo fiato e le rispondo -Mamma io non tornerò.-

-Come non tornerai? Cosa vuoi dire? Sei impazzito? Vuoi forse abitare sotto i ponti?- dice con un tono di rabbia.

-Io ho trovato con chi stare, abiterò qui d'ora in poi.-

-Oh, ma quindi è vero.- credo di non averla mai sentita piangere così forte.

-Sì mamma.-

-Walter e gli altri mi hanno detto tutto ma non volevo crederci.-

-Io lo amo, e starò con lui, spero che tu lo capisca.-

-Amare? Aron ma che dici? Oh cristo santo quell'essere ti ha completamente fatto perdere il lume della ragione!-

-Quell'essere? Lui è una persona come tutti!- cerco di trattenere a stento le urla.

-Ti ha usato Aron! Walter mi ha detto che è stato lui stesso a riferirglielo. Gli ha detto che eri solo una scommessa! Capisci Aron? Sei un giocattolo per lui! Per questo ti vuole. Dopo aver preso la sua misera ricompensa si dimenticherá di te e ti lascerá da solo.- dice con tono straziante.

Mi si gela il sangue.
Involontariamente la mia mia testa ripercorre tutti i momenti passati con lui.
Fin dall'inizio ci provava spudoratamente, voleva scopare con me solo qualche giorno dopo il mio arrivo e quando ha visto che non ero propenso a farlo ha recitato la parte di quello che è cambiato solo per me.
Per non dimenticare il messaggio della sua amica Giuly : "È quasi scaduto il tempo per la scommessa. Ci sei riuscito? Vogliamo le prove."
Giá da ieri quel messaggio mi ha lasciato perplesso, ho cercato di collegare quel messaggio a me ma non ci sono riuscito. Ma adesso è tutto chiaro.
Quelle foto. Quelle dannatissime foto dopo il sesso sono la prova.

Ma decido di ignorare questa schifosa teoria. Non voglio credere che sia così.

-Ti sbagli mamma, lo stai dicendo solo per farmi tornare!-
dico completamente consapevole del fatto che quel che dice combacia perfettamente con i miei sospetti. Ma non riesco a riconoscere che mia madre abbia ragione.

-Lo dico per il tuo bene Aron. Devi tornare, qui sarai al sicuro.-

-No! Voi mi rinchiuderete nell'ospedale psichiatrico!- cerco di trattenere le lacrime.

-No figlio mio, non permetterò che accada.- dice con tono rassicurante.

-Io non posso tornare mamma.- dico con voce strozzata.

-Aron ti prego apri gli occhi. Non essere ingenuo.-

Quella parola rimbomba nella mia mente. 'Ingenuo', mi hanno sempre definito così. Quell'aggettivo mi è sempre stato associato fin da quando ero piccolo.
Credevo a ogni cosa e non mi accorgevo mai dell'inganno. I miei compagni di scuola lo sapevano e ogni volta non perdevano l'occasione di farsi beffa di me.

Credevo di essere cambiato, di essere cresciuto e di aver lasciato l'ingenuità da parte. Invece non è così. Ci sono cascato, di nuovo.

-Hey Aron, ci sei?-

Non riesco a trovare il coraggio per risponderle. Non so cosa dirle. Lascio cadere il telefono.
Poi sento 'Prendi il prossimo volo. Ti aspetto' , seguito da un bip. Aveva chiuso la chiamata.

Appoggio le spalle al muro e scendo giù lentamente fino trovarmi accasciato a terra, in lacrime e con le mani tra i capelli per la disperazione.

Ed è lì che sto qualche minuto a pensare cosa fare.

Come poteva essere vero? Mi chiedevo. A rispondere era la mia coscienza: ho le prove che tutto questo è vero. Tutto torna.

Mi alzo di scatto, esco dal bagno silenziosamente, Jack dorme ancora.
Mi vesto, prendo le mie cose e me ne vado.

Prima di chiudere la porta lo guardo per l'ultima volta. E con occhi colmi di disprezzo sussurro: -Grazie per avermi rovinato la vita.-

E così mi ritrovo a camminare sotto la pioggia verso l'aeroporto.
Cammino in quello stesso parco che fino a qualche ora fa ammiravo sognante.
Cammino in compagnia dell'oscuritá notturna, tormentato dal dolore.
Sarei dovuto venire qui con Jack quando ancora splendeva il sole, quando andava tutto bene.

Ma 'Jack' non esiste. Non più. 'Jack' è soltanto l'uomo dei miei sogni, un uomo immaginario, non è reale.

Lui mi ha fatto credere di essere quell'uomo.
Mi ha ingannato.

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