Resa dei conti.Capitolo 13
ARON
...-Si trattava solo di aspettarmi Aron, non dovevi fare altro.- Walter si rivolge a me con aria delusa mentre io non so cosa fare.
Avrei dovuto aspettarlo per cosa? Per avere il suo permesso di vedere Jack? È assurdo.
Siamo tutti immobili, in silenzio, in imbarazzo. Io e Jack siamo stati visti. Non riesco a crederci. Non so cosa fare, e non so cosa dire.
A rompere quel silenzio straziante è Jack.
-Sentite, non è successo niente di che, okay?-
-Ah no?- ribatte Tom scarcastico.
-Ci stavamo solo baciando.- continua Jack. Lo dice con una tale naturalezza, come se avesse dimenticato che sta parlando con un mormone.
-Solo baciando.- Alex scoppia in una risatina nevrotica. -SOLO BACIANDO?- ripete urlando. -Guarda cosa hai fatto al nostro Aron! L'hai fatto ammalare! Fai schifo. FUORI DI QUI FROCIO!- indica l'uscita.
-Non ti permetto di parlarmi in questo modo.- risponde in maniera pacata Jack. Ma nel suo tono calmo emerge uno spiraglio di rabbia repressa.
La situazione potrebbe scaldarsi ulteriormente e non voglio che gli facciano del male.
-Jack, vattene.- mi limito a dire.
Jack si gira, mi lancia uno sguardo interrogativo, non capisce.
-VATTENE ADESSO HO DETTO!- scoppio trattendendo a stento le lacrime perchè so che questo sará il nostro ultimo saluto.
Jack mi da retta e esce con fare iracondo senza pronunciare neanche una parola.
Ed eccoci alla resa dei conti. Siamo rimasti noi quattro, e so benissimo cosa sta per succedere.
Stanno per rovinare la mia vita.
-Non ci posso credere!- esclama Tom con aria schifata guardandomi dritto negli occhi.
Io rimango in silenzio. Tanto qualsiasi cosa io dica in questo momento non servirá a salvarmi, non servirá a tornare indietro nel tempo.
Provo vergogna, non riesco a guardarli.
-Sai cosa succederá adesso vero Aron?
Sai che siamo costretti a chiamare i tuoi genitori?-
-Sì.- riesco a dire finalmente una parola con un filo di voce.
-Cos'è questa storia Walter? Tu lo sapevi?- chiede Tom assecondato da Alex.
-Sì. E ho deciso di essere misericordioso con lui. Anzi sono stato anche troppo buono. Non l'ho detto a nessuno e non gli ho più permesso di uscire. Avete visto anche voi che lo tenevo rinchiuso in casa no? Non usciva da troppi giorni.-
Disse Walter in sua difesa.
Aveva paura di essere ritenuto complice, se fosse stato così avrebbero chiamato anche i suoi genitori. Sta cercando di salvarsi.
Ma non ha detto che ha deciso di aiutarmi a vedere Jack. Non ci credo, mi ha voltato le spalle.
Decido di affrontarlo.
-Perchè non dici tutta la veritá?-
A sentir questa domanda Walter finge di non capire e non risponde.
-Perchè non dici che volevi aiutarmi a vedere Jack, hai paura che rispediscano anche te nello Utah eh stronzetto?-
-NON SEI NELLA POSIZIONE ADATTA PER PARLARE IN QUESTO MODO!-. Mi rimprovera Alex.
-Oh andiamo non gli crederete, vero?-
Dice Walter mettendo in gioco la carta più efficace della falsitá.
-Ovviamente no. Come possiamo fidarci di un frocio?
E visto come ti comporti potremo anche pensare che sei stato tu a far incidentare Walter.-
-Non potete davvero pensare una cosa del genere.- rispondo. Sono disgustato.
-Sì avrebbe senso. Lui non ti faceva uscire e non ti faceva vedere quel finocchio per il tuo bene! E tu non sei riuscito ad accettare di essere controllato perciò hai cercato di ucciderlo facendolo addentrare in quei sentieri bui. Di la veritá Aron.-
-Non ho mai sentito nulla di più ridicolo! Se volete incolparmi di essere gay fatelo pure. Ma non incolpatemi di un omicidio, non potrei mai.-
Parlo ancora come uno di loro. Ho appena ammesso che essere gay è un peccato, una colpa. Una gravissima colpa.
-Okay vedo che almeno riconosci i tuoi errori. Ora tu rimarrai qui e farai le valigie mentre noi avviseremo la tua famiglia del tuo ritorno.- mi avvisa scontroso Tom.
Mi lascio cadere in una poltrona e rimango lì, immobile.
Penso a ciò che sará ora. Pensò a ciò che ho fatto, e mi chiedo se sia veramente così grave.
Mentre il silenzio sovrasta nella mia stanza posso sentire in lontananza le voci di Alex, Tom, Walter e poco dopo riesco a sentire una voce provenire dal telefono: quella di mia madre.
Sono troppo distante per riuscire a distinguere le parole che sta pronunciando, ma riesco a sentire il suo tono. È lo stesso che usava quando si sfogava con me dopo aver litigato con mio padre, lo stesso di quando morì sua madre. Credo di essere diventato la sua delusione più grande.
Passano ore e io sono ancora in questa poltrona, da solo, in silenzio. A meditare, a piangere. Ogni tanto qualcuno di loro tre esce per controllare se sono ancora qui e se ho cominciato a fare le valigie. Beh dove potrei mai andare? Hanno sigillato tutto.
Osservo la bibbia a terra, quella che ho gettato mentre baciavo Jack, e sorrido a quel pensiero. Vorrei poterlo fare ancora.
La porta della cucina si apre improvvisamente facendo un gran fracasso che mi fa sobbalzare.
È Walter.
- Sei ancora qui? Non hai ancora fatto le valigie?-
-No.- rispondo secco.
-Beh ti conviene visto che il volo che ti abbiamo prenotato è tra due ore.-
Alzo lo sguardo verso di lui, trovando finalmente il coraggio di guardarlo negli occhi.
-Guardami Walter. Chi ha commesso il peccato più grave qui dentro? Io che ho amato o tu che hai tradito un amico?- mi rivolgo a lui con aria sprezzante.
-Tu amico mio. Non hai mantenuto la parola. Ti avevo detto di non fare nulla di imprudente, ti avevo avvertito che se avessi agito senza avvisarmi sarebbe andata così. Mi dispiace. Sei contro la nostra natura, contro la nostra religione, non posso difenderti agli occhi degli altri.-
Raccolgo tutto il fiato che ho per poi dire -Mi fai schifo.-
Amareggiato e rassegnato, vado nella mia stanza e faccio le valigie. L'unico aspetto positivo di andarmene è dover non rivedere più quel traditore.
Già, la disperazione mi spinge a cercare un lato positivo a tutta questa faccenda, ma la veritá è che un lato positivo non c'è.
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