10. L'appuntamento
Devo contravvenire ad uno dei miei mandati principali, mai contattare direttamente una persona che dovrei controllare.
Chiamo la giovane sposa, dandole appuntamento nella tarda mattinata di domenica all'ultimo piano del Coin di piazza Cinque Giornate, dove c'è un locale famoso per i brunch.
Prima di vederla faccio un po' di ricerche in internet, poi telefono a Profeta in ufficio: prima non dice una parola, ma continua a confermare le mie ipotesi, poi alla fine mi dà un numero che chiamo subito e da cui ottengo poche ma utili conferme.
Telefono al numero di Tina, ma c'è la segreteria. Le scrivo su whatsapp, controllando le spunte che non diventano blu, sarà occupata al momento. Niente sostituisce il lavoro di piede, mi dico, meglio muoversi che aspettare dietro gli schermi.
Passando dal mercato faccio un cenno di saluto ad Agnese, pensando di tirare dritto, ma lei mi chiede di aspettare.
- Buongiorno - le dico quando arriva il mio turno.
- Speriamo. Ho avuto notizie, ma non mi piacciono.
- Brutte?
- Non le notizie, ma come mi sono arrivate.
- Cosa dicono?
- Che stasera, dentro il Quantum Hotel si organizza una giocata a sette e mezzo con gente importante.
- Quel posto è chiuso.
- Può essere; a me la notizia è arrivata detta, non saputa.
- Ho capito.
- Ma non so altro, ti ricordi? Testa vascia...
...nenti scrusciu - completo io.
***
Evidentemente sanno che Agnese è una mia vicina di casa e la finta spifferata sa più di trappola per topi. Però se il mittente è Santino è meglio andare e togliersi subito il pensiero.
Sono di nuovo sul 23, il tram rumoroso che mi porta in piazza cinque giornate. Oggi nessuna coda in macchina, però il campionario umano sul tram è arricchito da qualche figura notevole, tipo una coppia di figuri con cui nella vita precedente avrei "spartito il companatico", come si dice.
Mi tengo sempre nell'angolo in fondo al tram, buttando l'occhio sulla strada e su ingressi a ogni fermata. Uno dei due compari scende, senza neanche girarsi. Il mio telefono vibra quando siamo ancora all'altezza di via Bergamo: tiro fuori un auricolare e rispondo.
- Ciao, mi hai cercato?
- Tina! eccoti, prima avevo una domanda, adesso ne ho un paio di più.
- Dimmi, sono domande personali?
- Al telefono solo di lavoro, ovviamente.
- Bene, allora segno come consulenza.
- Certo, ma pagamento solo in natura...
- Non mi tentare troppo...
- Sai qualcosa di un incontro di stasera?
Silenzio, passano dieci secondi, poi fa:
- No. Santino?
- Quella è la mia seconda domanda.
- Non so niente di un incontro, gli amici che conosci hanno fatto passaparola di tenere basso profilo, quindi mi stupisce.
- Non sei invitata, strano, mi parlavano di persone importanti.
- Aspetta, faccio due telefonate e poi ti richiamo.
Mette giù. La sua voce è sempre sicura, nonostante la morbidezza delle vocali arrotondate si sente un'anima di acciaio nello scoppio delle s e delle t.
Il tram caracolla in certi punti quando incontra gli scambi di binario. Traballa come la storia di questo appuntamento, ma non credo di avere chance di non dare un'occhiata.
Mi richiama, sento che respira piano mentre batte ancora sulla tastiera:
- Tina?
- Sì, aspetta un attimo... sei su un bus?
- Tram.
- Ti sto tracciando e vedo che avevi due code, ma adesso è solo una.
- Devo buttare via il mio cellulare o mi hai messo addosso un tracciatore?
- Niente di così brutto, Google traccia sempre dove sei e quindi se condividi con me la tua posizione la posso controllare anch'io.
- Non oso chiederti quando io ho condiviso qualcosa, ma mi fa piacere che abbiamo qualcosa in comune - scherzo, neanche tanto per ridere.
- Non te la prendere; così traccio anche chi ti segue e questo fa il paio con quello che non ho saputo.
- Cosa non hai saputo?
- Che stasera Franzo e qualcun altro hanno detto che si aspettano di incontrare Santino. E il fatto che io non lo sappia mi dà fastidio.
- Vuoi venire anche tu stasera?
- Direi di no, prima perché non l'ho saputo ufficialmente, secondo mi hanno detto che i ragazzi si portano l'artiglieria e io ne sono un po' allergica.
- Non c'è problema per la coda, non devo andare in nessun posto segreto.
- L'importante è saperlo.
- Ah avrei un'altra richiesta, se riesci ad aiutarmi con qualche ricerca su Internet.
Le dico cosa mi serve e nel giro di qualche minuto ho le mie informazioni.
***
Mando un SMS a Profeta e poi vado in zona Quantum Hotel a vedere qual è la situazione del posto. Sempre meglio conoscere le vie di accesso e di fuga, ma quando arrivo in zona vedo che ci sono due appostati in modo visibile solo sulla strada principale, mentre i due ingressi laterali sembrano sprovvisti di qualsiasi controllo. Insomma manca solo il formaggio, per il resto sembra una bella trappola in attesa di abbracciarti.
Mi ricorda un episodio nelle campagne del centro Sicilia, in mezzo a enormi distese di campi di grano senza soluzione di continuità, eredità di latifondi centenari, quando avremmo dovuto incontrare un clan avversario per disinnescare una faida in partenza. Uno dei nostri aveva tagliato le gomme a uno dei loro che era venuto a Palermo e si era rivolto in modo sgarbato a una delle nostre ragazze. Una questione d'onore d'altri tempi.
L'incontro serviva a raccogliere le scuse prima che la discussione passasse dai coltelli contro le gomme alle pistole contro le pance.
Ma prima di arrivare Santino ci aveva fatto fermare in aperta campagna, a un paio di chilometri dall'arrivo, e aveva lasciato l'auto chiedendoci di andare piano per dargli modo di arrivare sul posto prima.
Quando arrivammo a parcheggiare nel cortile del casolare non c'era nessuno ad accoglierci, ma già prima di scendere dall'auto cominciarono a uscire dalla casa a mani alzate tre tipi e Santino dietro.
Come ho già detto nonostante le dimensioni era capace di muoversi in silenzio come un gatto: li aveva sorpresi con le doppiette alle finestre pronti ad accoglierci con i fuochi d'artificio.
***
Ma in questo caso sono da solo, quindi la parte dell'avanguardia tocca a me. L'albergo abbandonato da anni ha un sacco di vie di fuga, passo dalla porta dei fornitori alle cucine, che stanno in un edificio vicino. Poi lungo una serie di corridoi sotterranei arrivo nelle sale del ristorante.
Dopo la lunga scarpinata al buio con la torcia del cellulare arrivo nella zona dei montacarichi che tiravano su i carrelli del cibo. Accanto ci sono delle scale di servizio, salendo mi fermo un attimo dietro la porta del pian terreno dove trovo una scatola di cartone e la uso posizionandola in un angolo dove non dia fastidio ma sia raggiungibile dall'uscio, non entro e invece continuo per avere una visione migliore al secondo piano.
Ma non vedo Santino.
A prima vista non sembra esserci nessuno, ma restando nell'ombra di un pilastro attendo immobile: escludo di essere l'unico a pensare all'avanguardia. Dopo cinque interminabili minuti vedo un'ombra muoversi giù, nell'angolo del guardaroba. È un istante, poi l'ombra torna ombra e non lo vedo o sento più muoversi. Quindi mi siedo in un angolo riparato e mi appresto ad aspettare.
Verso sera sento due voci conosciute, Franzo e Vanni, i due che mi hanno interrogato così gentilmente al piano bar.
Entrano e posizionano i loro compari ai quattro angoli, poi prendono delle sedie e si mettono attorno al tavolo più grande del ristorante. Arriva anche un ragazzo con delle buste da cui tira fuori bottiglie di vino senza etichetta e vassoi di arancini, che al plurale sono gender-free.
C'è anche chi tira fuori un mazzo di carte siciliane e presto prende vita un'accalorata partita di sette e mezzo, con punteggi urlati, risate e minacce in eguali quantità, col passaggio di monetine come fossero dobloni d'oro viste le reazioni alle rapide sequenze di vittorie e sconfitte del gioco frenetico.
Ma non vedo ancora Santino.
***
Passa quasi un'ora e mi rendo conto che l'adrenalina e l'attenzione cominciano a calare: è il momento peggiore delle guardie, quando la preparazione iniziale sfuma e manca troppo alla fine attesa.
Sono qui che faccio le mie considerazioni, solo un paio sono appena usciti, del resto non è arrivato nessuno, e anche chi è nascosto nel guardaroba non ho capito se fa parte del gruppo o meno, sicuramente non s'è fatto vedere.
Poi sento un circoletto di acciaio sul collo e anche se me lo attendevo dà fastidio lo stesso. Però l'ombra che ho visto arrivare era smilza, quindi deve essere uno dei soliti.
Alzo le mani, il tipo mi perquisisce e poi grida dalla balconata:
- Franzo, guarda chi c'è.
- È solo?
- Così sembra, ma continuo a guardare in giro.
Mi giro e gli dico:
- Vado giù.
Lui sembra interdetto, poi mette via la pistola, mentre io mi alzo e prendo le scale per scendere giù.
- Dov'è lui? - mi fa Vanni.
- Chi? - faccio il viso da innocente.
Lui prende la pistola che aveva lasciato a fianco del piatto davanti e ci giocherella.
- Santino, dov'è?
- Non lo so - e stringo le braccia.
- Non ci credo - fa Vanni, ma non fa cenno di alzarsi.
Prendo una sedia, un bicchiere di cartone e afferro una bottiglia di vino a versarmi un rosso così scuro da sembrare nero.
Poi col bicchiere in mano, dico:
- Quindi questo è un comitato di accoglienza?
Loro tacciono, Vanni ha la pistola in mano, ma non me la punta addosso.
Mi rendo conto che questi hanno paura, ma ovviamente non posso dirglielo.
Franzo prende la sua pistola e si alza, fa il giro del tavolo e viene alle mie spalle, mentre io sorseggio il vino.
- Dobbiamo solo decidere se spararti o tenerti come esca...
Improvvisamente le luci si spengono. Mi alzo dalla sedia e scivolo rapidamente verso l'uscita alla mia sinistra, mentre la sala si riempie di urla e le torce dei telefonini si accendono freneticamente. Arrivo alla porta, metto una mano dentro la scatola di cartone e recupero la mia pistola, puntandola giusto in tempo per vedere Franzo che cerca di avvicinarsi con la sua.
Proprio allora il corridoio superiore si riempie di agenti di polizia con le armi spianate. Nella sala tornano le luci mentre entrano, guidati dall'ispettore visconteo.
- Ferma tutto, Franzo. - grido, con la voce ferma e la mano con la pistola puntata pure - È finita.
L'ispettore scende rapidamente le scale, fissandomi con un'espressione di approvazione. Franzo, con lo sguardo irato, abbassa lentamente la pistola, consapevole che non ha più scampo. I suoi compari fanno lo stesso, lasciando cadere le armi sul pavimento con un rumore metallico.
- Ti avrei detto buon lavoro, se solo avessimo trovato tutti tutti - dice l'ispettore, mentre mi avvicino con la pistola ancora in mano.
- Ho solo fatto da avanguardia, - rispondo con un sorriso stanco.
Visconteo annuisce.
- Per oggi va bene, requisiamo un po' di ferri, ma saranno fuori tutti in un paio di giorni, non fare troppe feste.
Mentre gli agenti ammanettano Franzo e i suoi uomini, mi siedo di nuovo, lasciando che l'adrenalina cali finalmente.
Alzo il bicchiere di vino nero come la notte e, sorseggiandolo lentamente, penso che forse, almeno per oggi, la partita è stata vinta.
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