19 - Quella prima volta: parte 1
Meridian, 29 aprile dell'anno 807 del nuovo calendario (due anni prima dell'attacco a Olvak).
Arya, una ragazza dalla figura sinuosa e dai mossi capelli castani, sbuffava e si agitava con fare seccato. In piedi, al centro di un maestoso vestibolo adornato con dozzine di colonne in Remnesio, un materiale lucente simile al marmo, e sculture raffigurati i precedenti sovrani di Meridian inserite in grandi nicchie, attendeva che la sua cara amica si facesse viva dopo oltre un'ora di ritardo. Se solo si fosse ricordata in quale delle duecentosettanta stanze alloggiava, sarebbe andata lei stessa a svegliarla. Quel posto, tuttavia, era un vero e proprio labirinto; per questo motivo accantonò l'idea che le aveva sfiorato la mente.
Davanti a lei s'innalzava un ampio scalone immerso in una luce tranquilla, accentuata dal lieve chiaroscuro del Remnesio e delle varie decorazioni. Salendo si aveva accesso ad un secondo ambiente, che replicava la conformazione dello spazio sottostante, dove due statue, i cavalieri fondatori di Meridian, davano il benvenuto ai propri ospiti; sulle tre pareti laterali erano invece affrescate le divinità del culto del cielo, diffuso in buona parte dei territori del regno: Verità, Coraggio e Onore. Lo scalone, tuttavia, non terminava affatto lì e Arya lo sapeva fin troppo bene, avendo visitato la mastodontica reggia più spesso di quanto avesse fatto con l'orfanotrofio in cui aveva passato la sua infanzia. Questo, infatti, si espandeva in due enormi scaloni paralleli che terminavano con una struttura ad archi e colonne richiamanti la forma di un antico tempio; mentre su di esse si affacciavano pareti in Remnesio colorato. L'illuminazione dell'intera zona, infine, era garantita da oltre una ventina di ampie finestre, anch'esse decorate con sfarzose colonne e motivi floreali vari.
In quel momento Arya si trovava nella sala d'accoglienza del palazzo reale di Meridian, capitale dell'omonimo regno e sede della rinomata famiglia Halleck. Stando a quanto concordato la sera prima, si sarebbe dovuta vedere con la primogenita di re Murdoch II esattamente in quel luogo alle sei esatte. Lei era arrivata puntuale, nonostante le difficoltà nel decidere cosa indossare per l'occasione, tuttavia non sembrava valere lo stesso per la principessa Vera che, alle otto passate, non si era ancora palesata.
Ma quanto ci mette? Se non muove quel suo culetto sodo, non troveremo più nulla alla fiera.
La giovane ragazza, a prima vista sui diciassette anni, era sempre più nervosa e faceva avanti e indietro per l'ampio vestibolo, in attesa che la sua amica decidesse di comparire da uno dei due scaloni paralleli a quello d'onore, davvero ben rifinito dagli scultori a cui era stato dato l'incarico di lavorarle. Già di suo non amava aspettare tanto a lungo, se poi c'era qualcosa di importante da fare durante la giornata, lo tollerava ancor di meno. Ad Amnese, proprio quel dì infatti, ricorreva la oramai rinomatissima fiera sulle armi rare. Si trattava di un evento che si teneva una volta ogni due anni, nato con l'intento di promuovere i prodotti delle botteghe artigiano-meccaniche disseminate nei vari regni di Eden, e rappresentava un'occasione d'oro per ogni combattente dell'esercito o guerriero libero, occasione che non poteva, e doveva, andare persa per nulla al mondo. Chiunque fosse alla ricerca di armamenti nuovi e, soprattutto, tecnologicamente all'avanguardia, approfittava proprio di tale fiera per accaparrarselo, poiché difficilmente sarebbero riusciti ad ottenere altrove armi di pari livello.
Anche la giovanissima principessa di Meridian figurava tra coloro che avrebbero dovuto cogliere al volo quell'occasione, se solo si fosse sbrigata ad uscire dalla sua confortevole camera da letto. In molti, spesso, si accampavano fuori dalle porte della città per essere i primi ad entrarvici; in quella maniera sarebbero stati anche i primi a prendersi l'equipaggiamento migliore, lasciando le briciole a tutti coloro che sarebbero arrivati in ritardo. Alcuni venditori esponevano armi dal valore inestimabile, reperite illegalmente dal mercato nero, aumentando ancor di più il prestigio di cui tale fiera godeva già. Durante eventi come quelli, neanche gli agenti delle truppe imperiali potevano far nulla per eseguire accertamenti sulla provenienza della mercanzia in esposizione, di conseguenza non gli restava altro da fare che agire in incognito per raccogliere il maggior numero possibile di informazioni.
Arya si era svegliata un paio d'ore prima del sorgere di Kirsolki e, combattendo contro il sonno che, con una certa insistenza, desiderava trascinarla nuovamente sotto alla piacevole trapunta, si era scelta con calma gli abiti da indossare, una camicetta bianca dal tessuto talmente leggero da mostrare l'intimo che aveva sotto, un'elaborata gonna nera a vita alta dotata di cintura e degli stivali al polpaccio grigio chiaro, e si era sistemata a dovere, riuscendo comunque a presentarsi a palazzo all'ora stabilita. Non poteva dire lo stesso della sua amica.
Occasioni come queste mi fanno comprendere i motivi per i quali il mio maestro mi dava tutte quelle punizioni ridacchiò Arya, a cui erano tornati alla mente alcuni ricordi del passato. Durante il suo periodo di addestramento, infatti, veniva spesso punita con dei durissimi esercizi fisici per essersi presentata in ritardo, esercizi che spesso e volentieri non portava a termine per pigrizia e per fare dispetto al suo maestro e che, di conseguenza, le costavano ulteriori punizioni.
Sapevo che dovevo dare retta al mio amato letto... avrei evitato di perdere tutto questo tempo continuò poi lei, sospirando. Per ingannare l'attesa, Arya si era persino messa a scambiare due chiacchiere con alcuni ragazzi ben piazzati che avevano appena messo piede nella reggia della famiglia Halleck. Erano volti nuovi per lei, tuttavia la timidezza non era affar suo. Inoltre, se si trattava di esemplari maschili di tutto rispetto, bocconcini prelibati a sua detta, non poteva di certo privarli del suo fascino avvenente. Scoprì trattarsi di corrieri nel momento in cui entrarono sette droni, carichi di pacchi, aventi stampato sul telaio lo stesso logo che appariva sui giacconi blu scuro dei due ragazzi. Quella mattina non sembravano particolarmente indaffarati, indi per cui non rifiutarono di fare compagnia alla ragazza sola e annoiata. Terminate le consegne e fatti firmare ai destinatari dei pacchi i moduli su uno schermo digitale, i due "bocconcini" salutarono la ragazza e abbandonarono la reggia per continuare il loro giro mattutino.
Sono cotti di me sorrise vanitosamente lei, ricambiando il saluto con un bacio volante.
Non avendo più alcuna compagnia né, tanto meno, soggetti che meritassero le sue attenzioni, tornò ad impiegare il suo tempo in ciò che aveva imparato a fare meglio quel dì: attendere che la principessa si risvegliasse dal suo eterno letargo. Incrociò le braccia sotto al seno pronunciato e, senza neanche estrarlo dal taschino della sua lunga gonna, chiese al proprio paper screen che ore si fossero fatte. Quando la voce fredda e metallica dello strumento fornì una risposta alla sua domanda, le venne quasi un infarto: le porte di Amnese erano state aperte da un pezzo e lei era ancora bloccata a Meridian, in quella sala di Remnesio che conosceva persino la sua frequenza respiratoria.
Sapeva bene che più tardi si entrava in città e minore sarebbero state le possibilità di trovarvici ancora qualcosa di utile. Il loro progetto di recarsi lì all'apertura dei cancelli, e quindi di potersi accaparrare le migliori armi che i negozianti avevano da offrire era, oramai, sfumato del tutto. Una spadaccina del livello della principessa non poteva permettersi di possedere armi di livello discreto, anche se lei le reputava grandiose, dato che erano state forgiate dai fabbri di Meridian. La verità, tuttavia, era che nel settore bellico il suo amato regno non era un'eccellenza. Le armi potevano sì, essere di ottima fattura, ma non raggiungevano il livello di quelle forgiate da alcuni artigiani privati, che lasciavano di proposito tutto il meglio per fiere come quella di Amnese. Per quel motivo le due inseparabili amiche avevano deciso che ci sarebbero andate insieme e che, sempre insieme, avrebbero scelto delle armi "da far provare invidia al mondo intero".
Guarda se non mi tocca salire per cercarla!
Stanca di aspettare, Arya si avvicinò con passo spedito verso l'ampio scalone. Anche perdendosi nei meandri della reggia, avrebbe trovato la principessa prima che ella rinvenisse dal suo sonno millenario. Ci poteva mettere la mano sul fuoco. Poggiò il piede sul primo gradino, intenzionata a raggiungere il piano superiore e a trascinare con la forza la sua amica fuori dal letto, quando, improvvisamente, udì un "sono in ritardo" riecheggiare per la stanza soprastante il vestibolo.
Quella voce familiare attirò l'attenzione di Arya e degli altri presenti, andatisi ad incrementare nell'ultima mezz'ora.
La reggia, infatti, si era fatta insolitamente movimentata: tale afflusso di persone, con tutta probabilità, era dovuto ai preparativi organizzati dal re per l'arrivo dei sovrani di Era e quelli di Cartagis. I tre regni, da quel poco che era trapelato dai loro colloqui privati, avrebbero a breve stretto una forte alleanza; l'incontro che avrebbe preso luogo nel giro di poche ore, avrebbe già potuto gettare delle solide basi al loro rapporto.
Da una delle due scalinate parallele a quella centrale, Arya vide sbucare una ragazza dai lunghi capelli rossi. Indossava delle calze bianche adornate con dei nastri azzurri, legati a fiocchetto, a metà altezza della coscia, degli stivali color bordeaux al ginocchio e una camicetta a maniche lunghe, sempre di colore bianco latte con vari ricami dorati e dei volant sparsi ovunque, non del tutto abbottonata. Si poté intravedere la candida pelle del suo ventre e, purtroppo per lei, anche una buona parte dell'intimo che aveva scelto per quell'occasione. Arya lo faceva volutamente, bramosa di sentire sguardi languidi puntati su di lei, la principessa Vera, invece, non apprezzava affatto mettere in risalto il suo corpo. Lo aveva sempre trovato irrispettoso e spesso aveva anche rimproverato la sua amica per quel suo modo di fare provocante e ai limiti delle decenza. Quella mattina, tuttavia, la fretta l'aveva portata a somigliare più all'amica "spudorata" che alla solita principessa noiosa e ligia ad ogni codice etico possibile.
I capelli della principessa erano in totale disordine e tra le mani teneva un altro indumento che avrebbe indossato sopra a degli shorts di lì a poco: una gonna della stessa tonalità di colore dei suoi stivali. Ella non prestò minimamente attenzione ai presenti in sala, che avevano lasciato da parte ciò che stavano facendo per capire cosa stesse accadendo. Fulminea come uno Steartrix che aveva messo nel mirino la preda, Vera attraversò l'ampio ambiente al di sopra dello scalone d'onore, passando dalla scalinata di destra, quella dalla quale era provenuta, a quella di sinistra senza che i presenti si accorgessero di come fossa conciata. Quei pochissimi che ci erano riusciti, invece, si voltarono da un'altra parte per non mancare di rispetto alla loro amata principessa. Ella piaceva al popolo anche per questo: la sua naturalezza e la sua genuinità erano tratti che, raramente, potevano essere riscontrati in un sovrano. La gente si sentiva maggiormente vicina alla famiglia reale, come se la disparità sociale dovuta al titolo nobiliare venisse quasi del tutto annullata.
Guarda questa, non ha neanche finito di prepararsi pensò la ragazza dai mossi capelli castani, godendosi la comica scena. L'avrebbe sicuramente presa in giro per tutto il viaggio, su questo non ci sarebbe piovuto.
Dopo qualche minuto, sempre da quelle scale, scese proprio la ragazza che aveva visto correre poco prima, finalmente ordinata, ben curata e pronta a partire.
-- Ti porgo le mie più sentite scuse, Arya... non mi sono svegliata in orario! Spero di non averti fatto perdere tempo prezioso!
-- Tranquilla, mi è solo cresciuta della muffa addosso -- commento lei, sarcastica.
La ragazza dai lucenti capelli scarlatti chinò il busto in avanti, chiedendo nuovamente perdono all'amica che l'aveva attesa tutto quel tempo nella sala d'ingresso del palazzo reale. Arya, trovando la scena alquanto patetica, si abbassò sulle proprie ginocchia fino a quando non fu in grado di incrociare lo sguardo con quello della sua amica.
-- Una principessa come te non dovrebbe mai mettersi in questa posizione, soprattutto davanti ad un pubblico per lo più maschile -- la prese in giro Arya, mostrandole un sorriso ricolmo di malizia e cattivi propositi.
-- Arya!
Il volto della principessa si era fatto paonazzo, diventando quasi un tutt'uno con la sua folta chioma, e i suoi occhi celati dietro alla lunga frangia per nascondere l'imbarazzo. Arya sogghignò divertita poi, tornando ad assumere una posizione eretta, tese la mano alla sua amica che, nonostante fosse una fanciulla candida e pura, aveva compreso il significato dietro a quella battuta di pessimo gusto. Probabilmente ci aveva anche fatto l'abitudine, o forse no.
Vera l'afferrò con una certa titubanza, non sapendo se la sgangherata ragazza in sua compagnia ne avrebbe approfittato per prendersi di nuovo gioco di lei o meno. La sua mano era calda, la sua presa forte e decisa. Il cuore della principessa saltò un battito. Quella ragazza le infondeva una sicurezza particolare, mai provata nemmeno quando era suo padre a stringerle le mani; il giorno in cui sarebbe diventata una regina, avrebbe desiderato avere lo stesso carisma della sua amica. Mano nella mano, Vera si lasciò trascinare verso l'imponente portone in legno massiccio, passaggio che avrebbe condotte le due ai giardini reali e, successivamente, all'aeroporto della capitale.
Dopo un'attesa interminabile, era giunta l'ora di mettersi in viaggio verso Amnese: la fiera delle armi rare stava attendendo le ospiti d'onore.
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