Capitolo Sette: la Casa e lo Stemma
Mentre continuiamo a scendere giù per la montagna, osservo la grande, nuda, schiena di Inosuke che, davanti a me, cammina ad ampie falcate: veloci, decise e a gambe larghe. Ha un corpo tonico; le sue spalle sono grosse e le braccia muscolose. Mi soffermo su di esse: esteticamente sono belle e danno un'idea di virilità, ma anche una sorta di protezione. Non so dire per quale motivo mi sia ritrovata a studiare la sua figura, dato che, per colpa sua, sono ancora abbastanza seccata per prima. L'essere chiamata con quel nomignolo, da lui, mi fa andare il sangue alla testa. È un folle, imprudente, impulsivo e avventato animale che pensa a darsi solo che arie e, oltre a ciò, non ci pensa due volte a buttarsi, a testa all'ingiù, contro qualsiasi cosa. Il solo vederlo deambulare mi fa venire i nervi a fior di pelle. Credo proprio di non reggerlo. Per fortuna ora è concentrato solo che su Tanjiro.
Porto il pollice alle labbra e mordicchio l'unghia nervosamente, mentre vago tra i pensieri. Sobbalzo improvvisamente quando sento le stridule voci dei Corvi del Legame. «Avete raggiunto la meta!», gracchiano i volatili all'unisono. «Riposatevi, riposatevi! Fin quando le vostre ferite non saranno completamente guarite!», continua uno di loro, volando in cerchio sopra le nostre teste.
È ormai notte fonda e, davanti a noi, si presenta un grande portone, di una maestosa villetta giapponese, con inciso, accuratamente, lo Stemma del Fiore di Glicine. Questo Stemma è il marchio di riconoscimento per noi Ammazzademoni. È insolito, però, vederlo intagliato nella porta di un'abitazione. Anche gli altri ragazzi trovano questa cosa molto particolare, e non sanno darsi una risposta.
Ad un certo punto, l'entrata inizia ad aprirsi pian piano, rivelando un'anziana signora dai capelli grigi e il volto raggrinzito. Rimango piacevolmente sorpresa quando vedo che è tanto più bassa di me.
«Salve», dice debolmente lei, facendo passare lo sguardo su ognuno di noi. La sua figura fa tremare Zeni'tsu che, spaventato, continua a gridare. «Siete dei nobili Cacciatori, presumo». Agita, poi, lentamente la sua piccola e fragile mano, consigliandoci di entrare. «Prego, seguitemi», sussurra fiaccamente.
Zeni'tsu scuote la testa. «Ragazzi, non voglio entrare. È pericoloso, ne sono certo!», mugola lui. Tanjiro e Inosuke non lo assecondano, ed entrano, seguendo l'anziana. Il biondo, appena si vede ignorato, si precipita verso di me. «(Nome), tu non vuoi entrare, vero?», dice. Delle lacrime iniziano a bagnare il suo volto. «Anche tu pensi che sia pericoloso, no?».
Non ho un briciolo di voglia di sorbirmi le lamentele del biondo ragazzo, ma non voglio nemmeno apparire scortese ai suoi occhi. «Non penso affatto che sia pericoloso», rispondo. «Dai, entriamo e seguiamo gli altri».
«Eh? Ti prego, aspettami!», Zeni'tsu rimane visibilmente deluso da questa risposta ma, pur di non restare solo, si adegua e si affianca a me.
Una volta dentro l'abitazione, l'anziana signora ci ha presentato, brevemente, le stanze da poter usare, evidenziando, senza dare spiegazioni, che sarebbe stato tutto offerto. Ci ha dato anche dei comodi vestiti e una calda, ottima, cena; da gustare tra noi quattro.
«È tutto buonissimo», dico io. Afferro, con le bacchette, un piccolo gamberetto.
«Sì, è tutto molto buono», risponde Tanjiro. «Sono felice di gustare questo cibo insieme a voi».
Zeni'tsu arrossisce un po' e offre alcuni pezzi del suo cibo a ognuno di noi. A me, in particolare, lascia una fetta di carne in più. Anzi, rettifico. A Inosuke non porge proprio niente. «Avanti Tanjiro, non dire così...», dice, ridendo amichevolmente. Ora sembra essere più a suo agio.
«Ehi! Perché a me non hai dato nulla e a quello Scricciolo addirittura di più?!», tuona Inosuke, mentre si toglie la maschera da cinghiale. La poggia a terra, al suo fianco e ruba, dai nostri piatti un pezzo di cibo, che ficca, immediatamente, in bocca.
Inizia a masticare sbrigativo, a guance piene. Poi, con le mani, continua con gli alimenti del suo piatto. Non notando nessuna attenzione da parte mia - che non lascio appositamente, sia chiaro. Non voglio che l'abbia vinta così facilmente - riporta lo sguardo su di me e, frettolosamente, afferra di nuovo delle uova dal mio piatto. Sogghigna, questa volta, osservandomi dritto negli occhi.
Che sciocco...
Stavolta ricambio l'occhiata, ancora spazientita, ma, pur di non dargli soddisfazione, lo ignoro, senza alcun riguardo, e riprendo a mangiare. Sembra pure scontento della mia reazione, tanto che si mette le mani tra i capelli.
«Inosuke!», lo richiama Tanjiro.
«Esattamente per questo motivo! Che schifo, allontanati! Smettila di infastidire tutti!», inveisce, in risposta, il biondo ragazzo. «E usa le bacchette, al posto delle mani!».
Il Ragazzo-Cinghiale si ricompone e ride con espressione beffarda, mentre si tappa le orecchie.
Per quanto trovi stupido tutto ciò, guardo la scena con una certa curiosità, tanto che mi scappa una piccola risata a fior di labbra, che cerco di trattenere, facendo attenzione a non farmi vedere da Inosuke.
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Dopo cena, la vecchia nonnina ci ha guidati verso le nostre stanze. Apre stancamente una porta, facendo vedere il suo interno. Tre futon, morbidi e accoglienti, sono stesi uno di fianco all'altro.
Inosuke si getta sul primo, lanciando uno sguardo di sfida a tutti noi. «Questo è mio!», dice. Sembra sempre in attesa di un qualche tipo di strana reazione da parte nostra.
«Ci sono solo tre futon. Dov'è il quarto?», domando. Nel mentre, la bassa vecchietta si avvicina a me, tirando di poco la manica delle mie vesti. «Alla la signorina, invece, spetta un'altra stanza». La sua voce è quasi un debole sussurro.
«Oh, capisco», dico. Annuisco poi, pronta a seguirla. Mi sarebbe piaciuto, però, restare con i ragazzi.
«Vorrà dire che ci vedremo domani mattina», sorride Tanjiro. «Buonanotte, allora».
«Aspetta, aspetta! Non te ne andrai sul serio, giusto?», dice Zeni'tsu. «Non posso reggere una notte con questi due!», piagnucola.
«Zeni'tsu, (Nome) non può rimanere qui con noi! Ragiona!», lo sgrida il rosso.
Sorrido ed esco dalla stanza. Mi volto e saluto tutti. «Buonanotte».
«Scricciolo!!», pronuncia tonante Inosuke. «Che significa? Perché devi andare via?!», chiede.
«Insomma, dannato animale! La vuoi smettere di urlare?», risponde Zeni'tsu. Tanjiro sospira scoraggiato. «(Nome), vai pure. Ci penso io a loro due; passa una buona nottata».
Accenno un 'sì' in risposta. Aggrotto le sopracciglia e chiudo la porta, senza curarmi di altro. Povero lui.
«Non ignorarmi, dannata femmina!», sento pronunciare il Ragazzo-Cinghiale, subito dopo.
Lascio definitivamente perdere. Vado dietro alla vecchia signora e mi scuso per il disturbo.
Come se le mie parole non l'avessero raggiunta - lo stesso per la confusione degli altri -, riprende a camminare. «Prego, da questa parte», dice lei.
Dopo poco, si ferma davanti a una stanza. Apre piano la porta e m'invita ad entrare. «Ecco la sua stanza, prego», dice, facendo un inchino di rispetto. «A breve arriverà il nostro medico a controllarla; la prego di attendere all'interno», conclude.
Abbasso di poco il capo, ricambiando. «Grazie», dico. Entro e chiudo la porta.
Mi guardo un po' in giro. Nella stanza è presente solo un futon color corallo, per il resto è completamente spoglia. Dev'essere stato preparato all'ultimo momento. Mi stiracchio e sbadiglio; mi siedo, poi, sopra il morbido materasso, e mi stendo subito dopo. Chiudo un po' gli occhi, mentre aspetto il dottore, che non tarda ad arrivare.
Infatti, bussa alla fragile porticina, entrando. «Salve», dice mentre s'inchina. «Sono il vostro medico», continua.
Mi rimetto seduta, ricambiando il saluto. Lo osservo: è un piccolo uomo dalla forma minuta. Sembrano tutti molto piccini in questa casa.
Lui si avvicina e, dalla sua borsa, estrae diversi attrezzi. Credo servano a medicarmi.
È tutto veloce, infatti non ci è voluto molto. Non sono ferita.
«Signorina, prenda questo». Mi porge una scatolina in legno. «Non ha ferite gravi. Lei ha, nel corpo, solo qualche botta», dice. «Per far sparire presto il dolore, le consiglio di spalmare, su di esse, due volte al giorno, questa medicina», conclude.
Prendo tra le mani la piccola scatolina. «La ringrazio!», dico. Lui sorride e si rialza. «Se è possibile, vorrei chiederle una cosa», continuo.
«Ma certo, dica pure», risponde lui, sempre con lo stesso, dolce, sorrisino in volto.
«Come mai, ai Cacciatori di Demoni, è consentito entrare qui? E, soprattutto, senza dover pagare nulla!», chiedo.
«Oh, certo, certo», dice lui. «Vede, la casa appartiene a una famiglia che, in passato, è stata salvata da voi Ammazzademoni. Ragion per cui, quando è possibile, accolgono gratuitamente voi Cacciatori. Per questo, all'entrata, è inciso lo Stemma del Fiore di Glicine».
Ne rimango meravigliata. «Capisco. Grazie per aver risposto alla mia domanda», abbasso, di nuovo, il capo, ringraziando.
Ricambia e prende, tra le mani, la sua borsicina. «Passi una buona nottata», dice, salutando e uscendo, chiudendo la porta dietro di lui.
Siamo proprio fantastici noi Ammazzademoni.
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