Capitolo Sei: instancabile Inosuke
Dopo che Hashibira è svenuto per un trauma cranico, il ragazzo dai capelli biondi - Zeni'tsu Agatsuma - ha provveduto a medicare e prendersi cura del giovane dalla maschera a forma di cinghiale; mentre io e Tanjiro ci siamo occupati di recuperare e seppellire, con le dovute preghiere, i cadaveri all'interno della casa.
Sento le gambe pesanti. Mi trascino avanti e indietro, assorta tra mille riflessioni. Non ho concluso un bel niente e non posso fare a meno di pensarci. Questa missione mi ha fatto capire quanto, realmente, io sia debole. Mi piacerebbe, un giorno, poter diventare più forte, e non solo; dovrei necessariamente diventare anche più coraggiosa.
Tutti questi pensieri, ormai, pervadono la mia mente da tanto di quel tempo, che non so più da quanto, effettivamente, ci stia pensando.
Sospiro e giungo le mani in preghiera, verso il defunto che ho appena seppellito.
Questa situazione, per giunta, mi fa passare, davanti agli occhi, un ricordo spiacevole, ma assai sfocato e poco chiaro: sono piccola, piccina; e intorno a me vedo solo che sangue.
Almeno credo si tratti di un ricordo. Odio avere rievocazioni di cose che non voglio ricordare, o peggio: che non riesco a ricordare. Sono molto giù di morale. È frustrante. Veramente frustrante, avvilente e deludente.
«(Cognome), va tutto bene?», domanda Tanjiro, con fronte corrugata; dopo aver pregato qualche sorta di divinità.
Mi rialzo con calma, fissando la terra sotto ai miei piedi. «Va tutto bene. Stavo solo pensando che, purtroppo, il sole è tramontato precocemente per molte persone, in questa casa». E mi fa paura. Fa paura non poter salvare le persone. È una sensazione orribile.
Tanjiro abbassa, anche lui, lo sguardo. Probabilmente prova ciò che provo io. «È vero. Se non fossimo arrivati così tardi, magari qualcun'altro si sarebbe salvato...». Stringe un pugno per qualche secondo, poi lo rilassa, facendo passare la sua mano tra i capelli. «Ahimè, non siamo invincibili, questo è vero. È difficile da accettare, ma dobbiamo cercare di fare il possibile... Va bene?», dice, rivolgendomi un amaro sorriso.
Lo guardo negli occhi e ricambio il sorriso. «Sì, facciamo del nostro meglio».
Mentre parliamo, Agatsuma corre frettolosamente verso di noi, strillando. Capiamo subito il motivo quando, al suo inseguimento, vediamo Hashibira.
«Sfidami! Voglio la mia sfida! Fermati subito, maledetto!», dice il Ragazzo-Cinghiale, con un tono di voce che riecheggia tutt'intorno con particolare forza. Nel frattempo, Agatsuma si nasconde dietro di noi. «Vi prego, proteggetemi da quel folle!», implora, bagnato di lacrime.
Io e Tanjiro osserviamo la scena, restando di princisbecco.
Quando ci nota, fa rimbalzare il suo sguardo su ognuno di noi. «E voi, che state facendo?», continua Hashibira, rivolto verso di noi.
«Aspetta... Ti senti bene?», domando preoccupata. «Ti sei già ripreso?».
Mi fissa con insistenza, mentre agita le braccia muscolose. «Sto benissimo! Più che bene!». Alza le mani al cielo «Sto sempre benissimo! Sfidatemi!»
«Non è il momento. Ci sono le sepolture», risponde brevemente il rosso, pulendosi le mani sulla divisa. «Dovesti aiutarci anche tu, Inosuke. Dentro la casa ci sono altre persone uccise».
Sbuffa un po', contraendo il viso in una smorfia. «Che senso ha sotterrare i resti di un essere vivente? Mi rifiuto! Combattete contro di me!!», continua, indifferente.
Ne restiamo tutti di sasso. Tutti, tranne Tanjiro, che sembra aver scambiato ciò per stanchezza. «Ho capito. Non vuoi farlo perché ti fanno male le ferite, non è così? Non ti devi preoccupare, la tolleranza del dolore cambia da persona a persona. Portare i corpi è un lavoro faticoso». Nel suo viso si fa largo un grande e rassicurante sorriso. «Quindi, davvero, non ti preoccupare e riposati».
Hashibira si indispettisce ancora di più di quel che è, tanto da tremare. Poi, esplode, «Non sottovalutarmi! Cento, duecento, ne sotterro quanti ne vuoi! Più di chiunque altro!». Parte alla carica ed entra nella casa, furioso, senza dare retta a nessuno.
Io e Agatsuma ci scambiamo uno sguardo, scombussolati. Non capisco come quel ragazzo abbia fatto a riprendersi così in fretta. E poi, Tanjiro l'ha fatto con intenzione o meno?
In entrambi i casi, ora abbiamo un paio di braccia in più ad aiutare.
Per di più, ho notato che Tanjiro ha chiamato il ragazzo per nome, e non riesco ad intendere.
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Dopo aver dato degna sepoltura ai corpi privi di vita, i Corvi del Legame - precisamente Ashii e il corvo di Tanjiro. Agatsuma, invece, ha un piccolo passero ad accompagnarlo - sono giunti a noi per avvisarci di scendere rapidamente la montagna. Una volta pronti per partire, il Ragazzo-Cinghiale, dopo essersi rimesso la maschera, ha insistito un bel po' per combattere contro di noi. Poi, però, ai nostri continui rifiuti, si è calmato e ha deciso di seguirci su invito del rosso. Ammetto che è bravo a farsi ascoltare.
Lungo il tragitto, abbiamo anche salutato i tre fratelli che, per il ritorno a casa, hanno dovuto prendere una strada differente dalla nostra. In tutto questo, Agatsuma, ha provato un forte disaccordo, tanto da attaccarsi alle gambe di Shoichi. Tanjiro, ormai stanco, ha dato un taglio alla situazione colpendo il biondo e facendolo svenire.
È già passato un bel po' da quanto li abbiamo salutati. Adesso stiamo scendendo in velocità la montagna; abbiamo quasi raggiunto la destinazione voluta dai Corvi del Legame. È ormai giunto il tramonto. Non posso fare a meno di guardare il cielo che, al tramontare del sole, si tinge man mano di arancione. La temperatura diminuisce via via che le la sera si avvicina. Un venticello frizzante pizzica la mia pelle e fa muovere le foglie degli alberi che, gradatamente, si staccano e cadono a terra.
«A proposito, Tanjiro», parlo, seguendo con gli occhi le masse di vapori nel cielo. Lui, visibilmente esausto, mi ascolta. «Ti potrò sembrare ripetitiva, ma conoscevi già questo ragazzo?», dico, indicando Hashibira.
Mi guarda come smarrito. «No. Non l'ho mai visto prima. Te l'ho detto anche dentro la casa, se non sbaglio», risponde. «Mi hai rivolto questa domanda per un motivo in particolare?».
Non riesco proprio a capire. Se non lo conosce, perché lo ha chiamato per nome, quindi?
Mi massaggio un po' le mani; comincio a sentire la temperatura abbassarsi. Continuo a parlare. «No. In verità è perché lo hai chiamato col suo primo nome, prima. Quindi ho pensato potessi già averlo visto da qualche parte», confesso.
Sembra rifletterci un po', trovando, forse, una risposta dopo qualche secondo. «Sai, non so esattamente cosa dirti riguardo questo. Chiamo anche Zeni'tsu con il suo primo nome, e lui fa lo stesso». Sistema meglio la grande scatola che porta alla spalla destra, e il biondo, svenuto, dall'altra. La scatola in legno che Agatsuma ha protetto con tanto impegno è ancora bella e intatta. «Per questo ti ho chiesto di chiamarmi per nome senza problemi. Anzi, anche tu non dovresti preoccuparti di chiamarli entrambi per nome. In fondo facciamo tutti parte della stessa Squadra».
Faccio fatica a seguirlo, ma decido di non fare ulteriori domande. «Non credo di capire bene ma, se le cose stanno così, chiamami per nome», dico, alzando il pollice verso l'alto. «Come hai detto, siamo tutti nella stessa Squadra».
Tanjiro annuisce e sorride dolcemente. È così semplice parlare con lui. Cala, però, il silenzio tra noi due. Siamo, effettivamente, troppo stanchi per continuare a parlare. Io, in particolare, non vedo l'ora di riposare; ho un tremendo mal di testa, dovuto alla continua e stentorea voce del ragazzo dal viso aggraziato. Interagire con quest'ultimo, al contrario di Tanjiro, è tremendamente difficile.
«Una sfida! Voglio una sfida! Sfidatemi!», continua a ripetere da non so quanto tempo, mentre colpisce dei tronchi con la testa. Va avanti così da troppo.
Mi massaggio le tempie. Non se ne sta tranquillo un secondo. Chissà cosa gli passa per la testa.
«Vi batterò e poi riderò di voi!», pronuncia sogghignando.
Lascio uscire un lungo e affaticato sospiro. «Ti prego. Ti scongiuro, smettila di urlare», supplico, rispondendo a lui.
«Hah?! Che hai detto, Scricciolo?». Ovviamente, risponde, continuando a parlare con un volume troppo alto.
Perdo definitivamente la pazienza quando sento, per l'ennesima volta, il soprannome che mi ha dato. Mi fermo, batto nervosamente un piede a terra e lo indico con la mano. «Ti ho detto di smetterla! E poi mi chiamo (Nome) (Cognome), non 'scricciolo'. Basta! È irritante quel nomignolo!». Solitamente sono una persona paziente, ma lui mette a dura prova la mia sopportazione.
Gonfia il petto, come se aspettasse solo che questo. «Scricciolo!», pronuncia beffardo. Sembra che ora stia attendendo un qualche tipo di reazione esagerata da parte mia.
Corrugo le sopracciglia in segno di malumore e arriccio il naso. «Ti ho detto (Nome) (Cognome)!».
Non posso vederlo, ma sono sicura che nel suo volto si sia appena formato un ghigno. «Scricciolo». Questa volta lo dice volutamente con calma e tranquillità, in modo da prendersi gioco di me. Si avvicina, prima che possa dire qualcosa e porta le sue mani ai fianchi. Sento il suo respiro parecchio vicino. Se non fosse per la maschera, che ora è a pochi centimetri dal mio viso, potrei avvertirlo direttamente sulla pelle. Due fili di vapore escono dalle narici del cinghiale, tanto da muovere energicamente i ciuffi dei miei capelli. Ora che è davanti a me, lo osservo meglio con la luce del tramonto. Ha dei muscoli assai invidiabili, ed è anche più alto di me. «Se vuoi che la smetta, allora combatti!».
Arrossisco debolmente e faccio diversi passi indietro. «Inosuke!», lo chiama il rosso, che porta alle spalle Agatsuma; o meglio, Zeni'tsu. «Finiscila d'infastidire (Nome) e scendiamo questa montagna! Sarai stanco anche tu, come noi!», dice. I rimbrotti sono molto autoritari.
«Io non sono affatto stanco!», grugnisce in risposta l'instancabile Inosuke.
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