Capitolo Quattordici: amara verità
I colori del cielo al crepuscolo mi hanno sempre affascinata, e anche quello di oggi non fa eccezione: il panorama è limpido; la mia pelle prende un colore verso l'arancio, grazie alla luce e al colore che il sole, al tramonto, dona al paesaggio. Il tono azzurro del giorno e lo scuro della notte iniziano a unirsi, tingendo il tutto di colori meravigliosi. Si distingue, ancora, la linea dell'orizzonte e sopra essa si possono intravedere le prime stelle, figlie della notte. Gli ultimi frammenti di luce che rimangono, hanno una tonalità arancione e rossa; mentre, sopra la mia testa, e in direzione opposta al sole, il cielo è azzurro e violaceo.
Annuso l'aria fresca, in pace. La pioggia ha smesso di cadere, ma si può distinguere ancora bene il familiare odore del temporale appena passato.
Appendo in un basso rametto di un alberello il mio haori bagnato, dopo averlo strizzato per bene. Occhieggio poi lo scialle, ripreso dopo la fine della pioggia e faccio lo stesso anche con esso. Sospiro, infine, inconsciamente; anche la mia tenuta Ammazzademoni è zuppa ma non posso metterla ad asciugare, altrimenti rimarrei senza nulla addosso. Sbatacchio le maniche, tentando di darmi un minimo sollievo.
«Che hai da sospirare tanto?», domanda poi Inosuke, tornato da chissà dove. Per l'appunto, non molti minuti fa ho deciso di fermare il nostro cammino, in modo da poter mettere qualcosa sotto i denti. Lui l'ha presa con una certa filosofia ed è sparito dalla mia vista.
«Dove eri finito?». Insomma, non che ci sia da farsi qualche domanda sui comportamenti del ragazzo ma, per l'appunto, mi sono ritrovata da sola di punto in bianco senza sapere nulla.
Dopodiché, tra le sue mani noto due pesci, quasi certamente appena catturati, data la loro evidente freschezza.
Non mi sembrava di aver visto un ruscello nelle vicinanze.
«Ho recuperato del cibo», risponde, sedendosi a peso morto nell'era bagnata, non accusando nemmeno il colpo. Poggia poi gli animali sopra delle foglie, imperlate da quelle che sembrano gocce. «Quanti giorni di cammino ci vogliono per giungere al demone?».
Le mie labbra si dischiudono lentamente e percepisco il mio corpo accaldarsi. Sento di nuovo una strana sensazione farsi largo dentro di me. «Hai... Hai preso del cibo per noi?».
«Per te? Perché mai?», cade, come dalle nuvole, lui.
Assottiglio le labbra, lasciando fuggire via ogni piacevole emozione. Inspiro a pieni polmoni e poi espiro rumorosamente; alzo gli occhi al cielo e lascio perdere, prendendo poi degli onigiri, avvolti da vari strati di tessuto, portati dalla casa che abbiamo lasciato insieme la mattina stessa. «Ci voglio circa tre giorni», rispondo alla precedente domanda. Poi, senza perdermi troppo in complimenti, inizio a mangiare.
«L'hai fatto di nuovo! Smettila di sviare il discorso, sei irritante!», dice d'improvviso il ragazzo, facendomi andare di traverso un boccone. Mi sento mancare l'aria e inizio poi a tossire, più e più volte, fin quando non riesco a mandare giù il pezzo di cibo.
Prendo frettolosamente un esiguo bambù da viaggio, contenente dell'acqua, e ne bevo un sorso.
Appena riprendo fiato, lancio un'occhiataccia al Ragazzo-Cinghiale. «Ma che ti prende?», chiedo, ancora in cerca di ossigeno.
Non si scompone molto e risponde. «Che mi prende? Sospiri sempre, soprattutto con me! Smettila, sei fastidiosa!», dice, agitando un pesce di qua e di là, prima di addentarlo e mangiarselo in pochi bocconi.
Arriccio il naso. «Parli di me? Io non sospiro mai».
Gli occhi di Inosuke si illuminano, come captando una succosa situazione. «Certo! Lo fai sempre. Dalla mattina alla sera».
Questa volta anche la mia fronte si corruga, formando delle pieghe, dando al mio volto una strana contrazione muscolare e lasciandomi pensierosa. Sospiro davvero così tanto?
«Senti Inosuke... se ti infastidisce più del dovuto, perché hai deciso di venire con me in questa missione?».
«Sei tu che hai deciso di venire», dice. La sua maschera, folta di peli ispidi, grigi e lunghi, si punta su di me. Gli occhi del cinghiale, blu come gemme di lapislazzuli, sono immobili e brillano ancora di più alle ultime luci del sole. In un momento come questo, sembrano essere vivi.
Non nego che, quegli occhi morti, mi mettono in soggezione molto spesso, tanto da farmi sentire sottomessa. Infatti distolgo lo sguardo.
«È la mia missione, veramente...», dico sottovoce.
Inosuke piega un po' la testa. «Che hai detto?».
«Dicevo... Questa è la mia missione. Il corvo è venuto ad assegnarla a me», inizio a giocare con le mie stesse mani, forse timorosa di continuare a parlare. «Perché negare l'evidenza?».
Lo sento sbuffare alla mia ultima domanda. Subito dopo si pulisce le mani, dai residui di cibo, nell'erba alta. «Mi stai vietando di proseguire, forse?». Dal tono sembra seccato.
«Certo che no», rispondo di getto.
«Allora perché fai tante storie?».
«Perché hai delle costole rotte». Questa volta divento seria e lui lo percepisce.
Schiocca la lingua e poggia le mani dietro di sé, mettendosi comodo. «Non ho niente di rotto», mente. La sicurezza che dà in quel che dice, però, mi fa quasi cambiare idea.
«Certo che sì. Perché mentire?», domando alla fine, passando una mano nella mia fronte, in segno di un turbamento interiore.
«Perché, perché, solo che perché!», scatta lui. «Odio le domande e odio rispondere. Davvero vuoi sapere il motivo? Non c'è!». Le sue mani si chiudono in un pugno, il suo corpo inizia a tremare. «Anzi! Un motivo c'è: sei debole! Perché sei entrata nella squadra Ammazzademoni se sei così vulnerabile?», dice, indicandomi con un dito. «Non è giusto che tu possa affrontare una missione, gracile come sei, e io no!».
Le sue parole mi scuotono nello spirito, facendomi raddrizzare la schiena.
Ha ragione. Ha perfettamente ragione. Da quando sono nella squadra, ho concluso ben poco, malgrado la volontà di voler fare di più. Però...
«E tu che ne sai... ?», domando con uno sguardo spento, verso il basso.
«Mi basta guardarti», rivela lui. «Anche adesso, per esempio, mi dai l'impressione di essere deboluccia, con il tuo capo chino e tendente verso il basso».
Stringo con forza l'orlo della divisa, lasciando che i miei capelli coprano il mio viso. «Che ne sai», mormoro impercettibilmente.
Le sue parole mi feriscono. Mi feriscono veramente tanto, ma so che ha ragione.
Mi mordo il labbro inferiore; sento gli occhi cominciare a pizzicare. Certo, non è sbagliato quello che ha detto, ma non mi interessa; ho un ideale ben fisso in mente, e nessuno può cambiarlo: se ora sono debole, vuol dire che posso diventare più forte.
Passo, con il braccio, i miei occhi bagnati dalle prime lacrime e tiro su col naso; poi inspiro, alzo la testa e guardo Inosuke con solennità. «Sono entrata nella squadra perché voglio sconfiggere ogni mostro che mi si para davanti, per poter così salvare più persone possibili», confesso.
Inosuke alza le spalle indifferente e si stende a terra ad osservare la luna, ora ben visibile. «I demoni faranno da piedistallo a me, non a te, Scricciolo».
Non ha negato quello che ho detto.
Forse non se ne è reso conto, ma il suo discorso, in un certo senso, mi ha aperto la mente e mi ha fatto sentire meglio. Mi ha fatto veramente capire che posso rafforzarmi.
Passo un'ultima volta i miei umidi occhi e poi, come lui, alzo lo sguardo e lo rivolgo al cielo. Non c'è dubbio che le sue parole mi abbiano ferita, ma è diverso. È una sensazione diversa dalle altre.
Chiudo gli occhi e sorrido al buio della notte, ma allo stesso tempo alla luce della luna. «E tu perché hai deciso di diventare un Cacciatore?».
«Uno della squadra Ammazzademoni è venuto nella mia montagna. L'ho sconfitto e gli ho rubato le spade, poi ho sentito parlare dell'esistenza dei demoni e dell'Esame Finale». Risponde in una maniera talmente pacata, come se nulla fosse, che mi lascia sorpresa.
Scuoto leggermente la testa, mi passo una mano tra i capelli e rido. Rido di gusto, a cuor leggero; ancora con la stessa sensazione a invadere il mio corpo.
Lui non si smuove nemmeno, non facendo caso a me. Resta semplicemente lì, calmo, a guardare la luna.
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