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3.2 IL BACIO DELL'INFERNO (New)

La voce calda, il profumo insidioso e nei pensieri la preghiera di appartenergli.

«A...Al nostro servizio?» commentò, nervosa Vivianne. «Per qualsiasi cosa?» la voce le tremò e sotto lo sguardo inebetito dell'amica, Victor le prese il viso tra le mani e, sporgendosi oltre l'orecchio, le sussurrò: «Qualsiasi

Gli occhi si inchiodarono a quelli di Lily e, in quel momento, avvertì una voce estranea nella mente:

Le labbra di un Damian non si dimenticano. Quel che cade nell'oblio è la vita prima di quell'istante: le voci degli amati, la vita frenetica di un'università fin troppo noiosa e i sogni superficiali di una spocchiosa benestante di Filadelfia.

La voce di quel Damian era entrata nel cervello di Lily senza alcuna logica; dopotutto la prediletta di Victor era stata Vivianne.

Lei che aveva vissuto quel bacio con un intensità mai provata prima: le dita affusolate di Victor le avevano dapprima carezzato la guancia per poi dirigersi alla nuca e avvicinare le labbra alle sue. «Dimmi solo di » le chiese in un sussurro e lei, con gli occhi già socchiusi a pregustare quel momento, abbassò la testa un paio di volte. La passione che Victor le riservò fu così irruenta, da costringerla a staccarsi da lui. Così il ragazzo, si allontanò; uscì dal piano bar per andare davanti a Vivianne. Una volta allungata la mano nella sua direzione, attese che la ragazza le porgesse la sua per scendere dallo sgabello e seguirlo nella pista da ballo. E lei lo fece. Lo seguì come un insetto attratto dalla luce di un neon antizanzare.

«Vivianne!» la chiamò, smarrita. «Vi! Mi lasci sola, qui?!» urlò, tentando invano di superare la musica e le urla dei giovani del locale alla vista del platinato che si apriva una strada propria nel mezzo della mischia, tenendo per mano la giovane prediletta della serata.

I colpi pressanti nel petto di Lily intonavano la stessa musica del Lithium, fino a confondere i suoi sensi.

La vista annebbiata e gli arti intorpiditi non riuscirono a spostare la calca di giovani che attorniava l'amica. E mentre lui non si curava della giovane Vivianne, che proseguiva a passo trascinato e barcollante, Lily notò il suo sguardo perso nel vuoto. Anche se ricordava di non aver visto Vi bere l'alcolico Lithium dark - il suo preferito - probabilmente le aveva inoculato la pillola attraverso il bacio.
Erano racconti e dicerie a cui Lily non aveva mai dato peso, fino a quando i suoi occhi non avevano visto dal vivo l'effetto della droga più famosa del mondo.

Acuì la vista e vide Victor, arrivare quasi al centro della pista e sussurrare a Vivianne qualcosa che Lily non avrebbe potuto ascoltare da quella distanza.

«Ti adoro, Victor

«Portami nel tuo paradiso oscuro!»

Le urla di due ragazzi della stessa età di Lily, la fecero sobbalzare, e prima che potesse accorgersene, venne spinta indietro, lontano dalla sua amica, con un peso opprimente sul cuore.

L'ultima volta che vide Vi, fu quando Victor, dopo aver avvicinato il ragazzo che aveva urlato di voler andare con lui nel "paradiso oscuro", iniziò con quest'ultimo delle effusioni che mandarono in visibilio l'intera folla. I due andarono oltre, portando con loro Vivianne, in un vortice di luci purpuree.

Lily a quella vista, volle solo allontanarsi, sgomitando e spingendo chiunque gli si parasse davanti.

Raggiunse con lo sguardo la porta di ingresso e prima di potersi dire sicura, si accorse troppo tardi di essere sulla pista da ballo e dunque su un piano rialzato rispetto al pavimento dell'uscita.

Ad attutire la sua caduta fu qualcuno che aveva avuto i riflessi di prenderla prima che potesse cadere rovinosamente sulla moquette bordeaux.

Le mani di uno sconosciuto l'avevano tenuta salda dalle braccia e non appena riuscì a reggersi in piedi, il tale le chiese affabile: «Tutto bene, signorina?»

Una voce calda l'aveva avvolta in una bolla lasciandola interdetta sul posto. I loro occhi si incontrarono e «S...Sì» tentennò Lily, sistemandosi la camicia prima di incontrare nuovamente il volto del giovane dai lineamenti del viso marcati ma addolciti da capelli scuri e di media lunghezza.

Gli occhi blu la scrutavano con apparente preoccupazione in attesa di una risposta.

«Devo andare!» pronunciò lei, di corsa, lasciandogli un'occhiata in tralice.

«Mi sembra scossa...» le riferì una volta raggiunta alla porta, ma lei fece come se non avesse sentito, e uscita dal locale, come chi deve riprendere fiato dopo una lunga apnea, barcollante, si fermò in mezzo alla Via del Corso.

Il fatto che le strade fossero terribilmente vuote e illuminate solo dalle luci flebili dei lampioni le suggerirono che il tempo, fuori dal Lithium, era volato senza che lei se ne potesse rendere conto.

L'umidità produceva vapore dalle sue labbra.

«Innanzitutto, siamo negli anni duemila, e tu dovresti essere quel tizio che lavora all'università e dunque avere solo qualche anno più me!» proferì, constatando solo allora che il tizio l'aveva seguita e le aveva dato del lei.

Quindi lui sorrise e il freddo di quella sera di metà novembre sembrò sciogliersi sulle sue guance.

«Ho capito». Il tono di quella voce le si incanalò dentro, in ogni fibra della pelle, e sentì calore e timore.

Gli occhi... Quegli occhi...

«Tu non ti fidi e lo comprendo benissimo». Non si era mosso e l'aveva guardata sul posto con le mani dentro le tasche della giacca nera e le gambe lievemente divaricate, lasciando che lei facesse il primo passo. «Solo che sei sola, qui». Lei si girò passando in rassegna la figura che le stava tenendo compagnia quella notte.

Il fisico asciutto era reso evidente da un completo nero perfettamente aderente agli arti allenati, ad avvogere il colletto bianco della camicia, una cravatta nera.

«Diciamo di sì...» la ragazza si avvicinò a un lampione poco lontano dal pub con in mano il telefono, intenta a digitare qualche messaggio.

«Ti verrà a prendere qualcuno?» domandò il ragazzo con voce affabile, avvicinandosi a lei con le mani nelle tasche fino a posizionarsi con la spalla al metallo della lanterna.

In quel momento, sotto la luce fredda di quel lampione, Lily poté studiare il suo viso: dopo gli occhi, lo sguardo era attratto dalla forma perfetta delle labbra, in quel momento piegate in un mezzo sorriso scaltro. Il naso, come scolpito, i capelli neri cadevano morbidi fino alle spalle.

«Veramente non lo so...» sbuffò lei, stringendo le braccia al petto. Lo guardò ancora una volta e dato quel fresco si domandò come mai lui non avesse freddo ma, mentre era intenta a fare queste considerazioni, notò dietro di lui qualcosa di strano.

Una sorta di fumo nero, in un votice denso e dall'odore di zolfo, si stava materializzando alle spalle del ragazzo. «Ma cos-» riuscì solo a dire, lei.
Lui, notando che la sua pelle diventava sempre più diafana con una espressione terrorizzata, si girò indietro per incontrare gli occhi rossi di un umanoide coperto di tessuti stracciati e pelle nera. Il volto era interamente coperto da un cappuccio scuro e prima di uscire interamente da quel votice di nubi oscure, l'essere aveva allungato il braccio in direzione della ragazza.

Lei fece un passo indietro dopo un urlo stridulo e la mano del Damian le fu sulle labbra.
«Shh» il soffio al lobo dell'orecchio destro le infuocò lo stomaco. «Me ne occupo io». Le confidò in un sussurro, senza levare il palmo dal suo viso.

La mano libera fu rivolta dritta verso quella sorta di umano coperto di tessuto in pelle nera, mentre le labbra pronunciarono: «Io, Acab Damian, ti ordino di tornare al nostro Signore. Questa giovane mi appartiene

Mi appartiene? Si domandò Lily, prima di vedere le tenebre dense della nube nera ricoprire l'essere posto in un inchino di riverenza alle parole di Acab.

Lily pensò di aver subito gli effetti dei fumi presenti dentro il pub Lithium, perché quel che aveva appena visto lo avrebbe immaginato solo nei suoi amati Anime.

Infatti, ci mise un po' a realizzare quanto fosse vicina al Damian più desiderato di Filadelfia. Avrebbe dovuto pensare alla sua Vi, ma davanti a lui, tutto passava in secondo piano, anche la paura di essere corpo a corpo con uno sconosciuto in mezzo alla strada vuota del corso, probabilmente sotto effetto di droghe allucinogine.
Le sue spalle contro il suo petto, un braccio a trattenerla a sè quasi a voler proteggerla e, dopo quella strana esperienza, tutto avrebbe voluto meno che allontanarsi da lui.
«Ma cos'è stato?» chiese, poi, con voce fioca e lui la lasciò voltare verso di sé.
«Il pericolo di una notte passata in giro da sola. Perchè non mi permetti di accompagnarti?» il dorso della mano destra a carezzarle la guancia.

Il colpo allo stomaco a quel tocco fu così violento che la ragazza pensò di sentirsi mancare.
Quindi è questo l'effetto che fa Acab Damian? pensò perdendosi nelle iridi blu e dalle chiazze celesti del giovane. Tutto di lui le trafiggeva il cuore e pulsare i pensieri.

Acab la scrutò per qualche istante: gli occhi languidi e scuri lo guardavano sognanti, i capelli marroni e mossi sfioravano le spalle; la camicia nera semitrasparente fuoriusciva svasata dalla gonna che metteva in risalto le forme dei fianchi.

«Lo faresti davvero?» la voce docile, lo fece trasalire.
E' il momento giusto! Pensò lui, eccitato.
«Solo se lo desideri davvero» le confidò, sfiorandole le labbra con il pollice.

Lei avvertì la mente e la coscienza soccombere al calore del suo tocco, mentre lui si era avvicinato fino a stringerla al lampione; i lombi di Acab erano a contatto con i suoi fianchi.
«Dimmi solo di » le sussurrò ancora e lei, non più padrona delle sue azioni, si alzò sulle punte e, intrecciando le mani alla nuca di Acab, lo attirò alle sue labbra, famelica. I palmi di lui, delicati, si intrufolarono senza impedimenti sotto la camicia della ragazza sfiorandole la schiena nuda.

«Aspetta...» si fermò lei con un rossore sparso in viso. «Dimmi solo cosa vuol dire che ti appartengo...» poco prima di avvertire i sensi sgretolarsi.

«Che ti porterò con me e ...» con le labbra a sfiorare l'orecchio.
«Sarai mia.»

Quell'ultimo bacio, nel silenzio gelido di un ennesima notte buia di Filadelfia, rappresentava per Acab quell'etichetta che i suoi compagni e membri della setta Lucifer avevano definito come "Il bacio dell'inferno".

Di Lily e Vi si persero le tracce nell'oscurità e il Commissario Nathan Scott, ministro di Simon, arrivato con le prime luci dell'alba, proprio sotto quel lampione, trovò il telefono di Lily poco oltre il marciapiede.

Con un semplice tocco sbloccò l'accesso al cellulare e l'ultima schermata riportava il messaggio della ragazza alla madre.

"Farò tardi mamma.

Buonanotte".

Inviato. 02:00

Il Commissario fece un lungo sospiro. L'orario ricorrente delle sparizioni.

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