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29. Cittá

Il giorno dopo riprendemmo il viaggio verso la capitale del regno. L'oste, dopo averlo, pagato ci comunicò che la città distava solamente 2 giorni di cammino. Il viaggio come al solito fu lento e noioso, più di una volta scesi da cavallo e soltanto con il mio corak e le mie ombre mi incamminai per un sentiero che si inoltrava per un bosco curato, oppure per una vigna. Più volte venimmo intercettati da qualche servo dei proprietari che ci intimava di allontanarci e di uscire dalla sua proprietà. La cosa divertente era che dopo scoprii che alcune di quelle proprietà erano mie, ma ero troppo soprappensiero per prendermela. Più o meno a metà mattina convocai Giorgio e Vincenzo insieme ad altri due ragazzi per mandarli in città e raccogliere qualche informazione; quando furono arrivati, dopo il solito cerimoniale a cui lentamente mi stavo abituando, "Voglio che mi anticipiate in città, tu e Vincenzo" dissi indicando una ragazza bionda che era stata una mia compagna di classe " andrete direttamente dal consiglio e gli consegnerete una lettera da parte mia e vi informerete su come hanno predisposto le legioni che hanno a disposizione. Invece tu e Giorgio " dissi indicando uno dei ragazzi che aveva reclutato la Giulia durante i suoi allenamenti "Vi informerete sui sentimenti della massa per il mio ritorno" i quattro annuirono e dopo essersi nuovamente inginocchiati salirono a cavallo e partirono al galoppo verso la città.

Vincenzo
Stavamo cavalcando da un bel po' e i cavalli iniziavano a essere stanchi perciò diedi l'ordine di portare i cavalli al passo per farli rifiatare. Senza il rallentamento dei carri il viaggio era decisamente più veloce, infatti saremmo arrivati in città prima del tramonto e avremmo avuto tutto il tempo di cercarci una locanda per passarci la notte.

Mancava circa un'ora al tramonto quando arrivammo davanti alle porte della città: io e Alessandra, che avevamo il compito di conferire con il consiglio, avevamo un lascia-passare firmato da James ed eravamo in armatura; invece Giorgio e il suo compagno erano vestiti come semplici contadini ma avevano la loro daga nascosta nelle pieghe del mantello e avrebbero dovuto fare la fila come gli altri. Ci salutammo e andammo verso una guardia, quando ci vide si mise in guardia e richiamo anche l'altra guardia per avere un aiuto in caso di cattive intenzioni. Quando ancora eravamo abbastanza distanti gli urlai "Non abbiamo cattive intenzioni, ho un lascia-passare firmato", le guardie non si scomposero e mi urlarono di rimando "Scenda da cavallo e lo affidi alla sua compagna insieme al suo corak, venga verso di noi con calma e tenendo in alto il lascia-passare". Feci quello che mi era stato chiesto e quando fui abbastanza vicino il documento mi venne strappato di mano. Mentre leggevano vidi lo sguardo della guardia lentamente cambiare finché non mi riconsegnarono il documento con molta più gentilezza di prima "Ci scusi, non intendevamo intralciarla, ma non abbiamo potuto riconoscerla; è senza una scorta adeguata e, senza offesa, è molto giovane. Inoltre siamo in allarme" sorrisi leggermente imbarazzato "Non si preoccupi nella scorta del re siamo tutti molto giovani e non ne ho una mia visto che so benissimo difendermi da solo" dissi indicando la mia arma "e non vogliamo lasciare indifeso il re. Ora possiamo passare?" la guardia annuì e si fece da parte. Io e Alessandra entrammo in città e ci recammo verso il foro dove avremmo potuto informarci sulla sala del consiglio oppure sulla casa di qualche loro membro.
Prima di tutto ci facemmo indicare una buona taverna da un passante, che con molta gentilezza ci indicò una taverna molto vicina al foro e con ottime brande. Andammo a prendere 2 stanze dove lasciammo i nostri corak. Poi chiedemmo al taverniere se il consiglio fosse riunito, e la fortuna ci sorrise, perché il consiglio era effettivamente riunito e stava deliberando su qualcosa di importante. Ringraziammo e ci dirigemmo verso la sede del consiglio. Avevamo ricevuto istruzioni chiarissime su come avremmo dovuto comportarci per cui poco, prima di uscire dalla taverna, recuperai la missiva che ci aveva consegnato James prima di partire. Ovviamente giunti alle porte del consiglio fummo fermati da alcune guardie a cui mostrammo il lascia-passare scritto da James e quando finalmente riconobbero lo stemma a pié di pagina fecero quello che c'era scritto sul documento, ovvero consegnare una lettera da parte del re al consiglio. Dopo pochi minuti un servo proveniente dalla sala del consiglio ci invitò ad entrare. La sala del consiglio era molto meno maestosa di quanto mi aspettassi, anzi era spoglia, funzionale al suo compito; era circolare e intorno a un centro con due rostri c'erano delle gradinate di sgabelli in legno. Sulle pareti c'erano abbastanza lampade da illuminare la stanza, ma non era una illuminazione eccessiva anzi appena sufficiente a leggere qualcosa su un foglio di pergamena. Ci stavano aspettando in piedi, per rispetto alla carica che stavamo ricoprendo. Un senatore abbastanza anziano ci si fece incontro facendo il saluto militare e si presentò "Benvenuti, io sono Giulio e lui e Svetonio" disse indicando un' uomo più giovane di lui, leggermente in disparte " siamo i consoli per quest'anno, abbiamo letto la lettera e vi stiamo ascoltando" non mi piaceva, troppo diretto, " Come già scritto nella lettera che avete letto, Cesare" 'faceva strano chiamarlo così' pensai " sta arrivando e vuole sapere come sono state predisposte le difese intorno al regno romano." il consiglio iniziò a sussurrare sempre più forte fino a trasformarsi in un vero e proprio brusio che impediva a chiunque di parlare normalmente e capire cosa dicesse il suo vicino. Svetonio batte la mano su un rostro per chiedere silenzio e lentamente il brusio tacque. "Non abbiamo ancora mosso le nostre due legioni che sono a difesa dei due passi che portano a questa città" ci disse Svetonio, "Stavamo giusto decidendo chi nominare come comandante dell'esercito" continuò. James sospettava ciò e mi aveva istruito su come muovermi "Non preoccupatevi" gli sorrisi "domani quando arriverà Cesare ci penserà lui" mi sembrò di poter leggere i pensieri dei senatori sui loro visi: ' Abbiano fatto bene a riconoscerlo? Non e ancora arrivato e già ci comanda a bacchetta, non ha nemmeno combattuto e già pretende di dirci cosa fare ' ; ma ovviamente erano politici per cui sorrisero piuttosto che dirmi cosa veramente pensavano. Il più sincero fu Svetonio che trattenendo a fatica la rabbia ci disse "Se permettete dobbiamo finire di organizzare i preparativi per domani sera quando arriverà il sire" indicandoci la porta, facemmo un mezzo inchino e uscimmo.

Scusate tanto per il ritardo, ma la scuola mi sta uccidendo.

*ci sta uccidendo coff coff.

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