27. Viaggio
Fortunatamente Andrea si era rimesso molto velocemente, grazie anche alle cure di un στοιχεῖον di acqua che lo aveva rimesso in sesto in appena 10 minuti, perciò saremmo potuti partire la mattina seguente. Mi stavo avviando verso la mia stanza quando uno schiavo, con molta discrezione, mi fermò e mi comunico che un messo proveniente dal consiglio cittadino chiedeva di parlare con me. Ero stanco e volevo andare a dormire però dovevo ascoltare quello che aveva da dirmi. Scoprii che il consiglio, senza chiedermi il permesso, aveva comunicato la mia ricomparsa a tutto il regno romano che segretamente si era schierato con me, perciò per tutto il primo tratto del mio viaggio sarei stato al sicuro. Il mattino dopo venni svegliato dal mio Guardino che mi aiutò a indossare la mia armatura. Secondo me ero ridicolo, ma a sentire Giacomo ero regale. La cosa veramente comica era vedere il mio corak con indosso la sua armatura che consisteva in una seria di scaglie che li coprivano la parte superiore del corpo e quando si muoveva le varie scaglie scivolavano l'una sotto l'altra consentendogli di muoversi liberamente. Dopo aver indossato l'armatura potei finalmente uscire dalla mia stanza e dirigermi in cucina per un veloce spuntino visto che avevo lo stomaco chiuso. Il cuoco dopo avermi quasi costretto ad assaggiare praticamente ogni cosa, e se ne prendevo poco quasi mi sgridava, mi consegnò una dozzina di panini al miele. "Volevo fargliene di più, ma con il tempo si seccano e insieme alla morbidezza perdono anche parte della loro bontà" mi disse, io gli sorrisi e gli risposi con un semplice grazie e uscii dalla mia domus. Trovai i miei compagni già schierati ai fianchi di tre carri che in parte contenevano le nostre scorte e in parte dovevano fungere da messa in scena per convincere delle possibili spie di Shown che fossimo veramente dei mercanti. Mentre passavamo sotto le porte della città vedemmo tutto il consigli cittadino e la guarnigione schierata per salutarci,rividi il direttore dell'Accademia che salutai con la mano, mi fermai a scambiare qualche parola di commiato con il senatore Marco che mi aveva aiutato molto durante il mio soggiorno; al mio passaggio i soldati schierati batteremo le spade sugli scudi finché non superai l'ultimo di loro e mi resi conto consciamente che molte persone contavano su di me. Il viaggio era molto noioso e tranquillo era il ripetersi di una noiosa routine. Ci svegliavamo all'alba, smontavamo il campo, sistemavamo le tende sui carri e controllavamo le scorte, cavalcavamo per tutta la mattina per poi fermarci a mezzogiorno per uno spuntino e poi riprendevamo a cavalcare fino a circa un'ora dal tramonto. Al tramonto formavamo il campo, visto che eravamo in territorio "amico" non costruivamo un campo fortificato con mura e fossato, ci limitavamo a un semplice campo; Giulia disponeva i turni di guardia e poi cenavamo. L'unica parte divertente arrivava dopo cena, era il momento in cui mi allenavo sia con le armi sia con l'uso del fuoco. Nell'uso delle armi ero una frana, non riuscivo a coordinare la mano con la spada e il braccio che reggeva lo scudo e quindi finivo per parare un pericoloso affondo con la spada e cercare l'attacco con lo scudo, ogni volta suscitavo ilarità in Giulia ed era anche per questo che ci appartavamo, non era il caso che mi umiliassi davanti ai miei compagni, dopo tutto ero il re. Al contrario il mio uso del fuoco era decisamente migliorato, ora lo controllavo in tutte le sue forme e anche in tutte le sue dimensioni, ero capace di evocare una torre di fuoco oppure accendere ai miei compagni una di quelle strane sigarette che facevano con una pianta del luogo. Il viaggio continuava tranquillo, spesso incontravamo degli altri mercanti che ci chiedevano delle informazioni, oppure dei contadini che portavano ai villaggi o alle città vicine i loro prodotti e tutti ci guardavano incuriositi per il così grande dispiego di truppe come scorta a pochi carri. Il nostro itinerario prevedeva il passaggio attraverso un fiume, e questo passaggio era un passaggio riservato ai militari per questo il consiglio cittadino ci aveva fornito un lascia passare. Dopo il fiume il paesaggio cambio drasticamente, prima c'erano campi coltivati a grano alternati da boschi, dopo il fiume invece le case dei contadini si trasformarono in piccole domus e i piccoli villaggi di case di legno si trasformavano in villaggi con case in pietra e piccoli fori centrali, i boschi che prima erano molto selvatici orano erano curati, e i campi non erano coltivati più a cereali ma a viti, ulivo. Ci stavamo avvicinando alla capitale del regno. Quella sera non potemmo accamparci perché i terreni erano tutti di proprietà perciò avremmo dovuto prendere delle stanze in una stazione di posta. Era il tramonto quando Giorgio e Vincenzo tornarono a riferire dopo essere stati in avanscoperta "Dopo quella curva" disse Giorgio indicando una svolta "C'è una stazione di posta abbastanza grande da poterci ospitare tutti" "Bene allora muoviamoci che voglio mangiare qualcosa e mettermi in branda" dissi allegro io "Prima di arrivare alla stazione di posta dovremmo prepararla, sire" disse Giacomo "Per che cosa?" chiesi "Non potremo più tenere segreta la sua identità perciò in ogni momento dovrete essere impeccabili" disse lui "E ovviamente dovremo mettere in pausa momentaneamente i nostri allenamenti" disse Giulia, la mia allegria era andata a prendersi una vacanza "Maledetta etichetta" dissi cupo "Sire si rallegri, i nostri allenamenti non dovranno cessare anzi più scenografici saranno meglio è " mi comunicò Riccardo tentando di risollevarmi i morale. "Beh, perlomeno non mi annoierò" abbozzai un sorriso, io amavo combattere. Passai la mezz'ora che impiegammo per arrivare alla stazione di posta in un carro dove, con l'aiuto essenziale di Leonardo, mi tolsi l'armatura e mi lavai. Stessa sorte capitò al mio corak che più dì una volta tentò di stritolare qualche arto del povero Leonardo. Dopo il bagno fortunatamente saltai i massaggi e i profumi e fui vestito con una toga molto sontuosa, avevo al collo una collana con il mio stemma, a un polso avevo un braccialetto di ematite* e all'altro un braccialetto di oro bianco, li avevo scelti per evidenziare il mio controllo sulla morte e sulla vita. Ogni volta che ci pensavo mi venivano i brividi. Eravamo arrivati e prima di scendere sentii Giulia sbraitare gli ordini ai nostri soldati di disporsi nel cortile e le bestemmie dei commercianti che erano lì per passare una serata alla taverna, indossai la corona e uscii. Uscii dal carro lentamente con dietro Giacomo e ai fianchi Andrea e Riccardo anche loro in tenuta da battaglia, appena sceso dal carro venni circondato da due ali di guardie ed entrai nel cortile, al mio passaggio le guardie si chiudevano dietro di me per poi spostarsi avanti dove poi ci sarebbe stato bisogno della loro presenza, erano una macchina perfettamente oliata, Giulia era stata veramente brava. Mi fermai al centro del cortile e aspettai soli pochi secondi che il taverniere uscii sbraitando dalla taverna "Chi è che fa tutto questo fottuto rumore?" poi mi notò e il suo sguardo venne catturato dalle guardie in armatura che avevano presidiato il cortile. Ci mise parecchi secondi prima di riprendersi dallo shock del trovare il proprio cortile pieno di guardie in armatura. "Chi siete?" chiese preoccupato.
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