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Una promessa ad un amico

Capitolo 3

Mason's pov.

L'asfissiante giornata era giunta al termine, dopo 6 lunghe ore.

Aspettai, fuori dall'edificio Clara, che stava parlando con qualche sua amica, che sicuramente mi ero portato a letto, di qualche stupido cosmetico o di qualche stupido vestito, ma ne valeva la pena, avrebbe reso la giornata più "attiva".

Uscì dal cancello sculettando, mi raggiunse saltandomi in braccio e ricoprendomi di baci l'intero viso.

Salimmo sulla mia macchina, l'automobile che mi ero comprato pochi mesi prima, per tutto il tragitto Clara non fece altro che lamentarsi del fatto che la strada fosse piena di dossi e non riusciva a truccarsi, io invece, ogni volta che la sentivo lamentarsi alzavo il volume della musica preferendo ascoltare i ColdPlay.

Arrivati fuori da casa sua, sospirai e parcheggiai in fretta nel vialetto.
Entrammo in casa, buttammo le nostre cartelle sul pavimento con disinvoltura e mi trascinò in camera dei suoi genitori che a quell'ora erano ancora a lavoro, fregandosene di chiudere la porta.

Mi buttò sul letto spingendomi dal petto, si levò la camicetta trasparente e i leggins, restando in intimo; per poi mettersi a cavalcioni su di me.
Nell'esatto istante il suono del citofono ci interruppe.
«Fregatene» disse lei, iniziando a baciarmi il collo.
Il campanello continuava a suonare imperterrito.

«Vai a vedere chi è» dissi io, scocciato.
«Smetterà prima o poi.»
«Clara, non te lo ripeto due volte, vai a vedere chi è.»

Sbuffando, lei si alzò, lanciandomi uno sguardo truce.
Rimasi impassibile, seguendola verso la porta di casa.
Una voce di cui avevo capito benissimo di chi fosse, urlava:
«Aprite biricchini, Mason lo so che sei qui, ho visto la tua macchina parcheggiata fuori.»
In un batter d'occhio Max era già dentro casa,
«Cosa c'è frocetto?» gli chiesi, dandogli una pacca sulla spalla.
«Devo parlarti.», «Da soli» proseguì lui, lanciando uno sguardo verso Clara, per poi riposare di nuovo lo sguardo su di me.
«Clara, puoi lasciarci soli?»
Senza risposta, se ne andò.
«<Come fai a stare con quella? Spiegamelo.» disse Max, ridendo.
«Zitto e dimmi cosa dovevi dirmi, per colpa tua ho dovuto mandare a quel paese un intero pomeriggio di semplice sesso.»
«Immagino. Comunque, oggi il preside Miller mi ha convocato in presidenza.»
«Che hai combinato?» gli risposi, aspettandomi il peggio.
«Fammi finire di parlare. Mi ha convocato per far conoscere la nostra scuola ad altre, un alunno di ogni paese della California deve andare in questo convegno che si terrà a Londra.»
«E ha scelto te? Sono io il capitano della squadra di Basket» dissi io, provocandolo, di quello stupido convegno non mi interessava niente, ma adoravo vedere il mio migliore amico in difficoltà.
«Mason, le capre hanno voti migliori di te nelle materie.»
«1-0 per Maxy Jelson, applausi.»
«Ma non è questo il punto.» proseguì lui.
«Sai com'è la mia situazione in famiglia e conoscendo mia madre, Hannah rimarrà sola in questi giorni..»
«Mi dispiace, ma non sono affari miei.» In fondo un po' per lei mi dispiaceva, non aveva fatto nulla di male per meritarsi una vita così, nonostante io avessi contribuito a rendergliela ancora più difficile di quello che già fosse.
«No, non lo sono. Ma dato che conosci abbastanza Hannah, vorrei che ogni tanto andassi a dargli una controllata, è minorenne. Posso darti la copia delle chiavi.»
«Non sono un baby sitter Max.»
«No, ma sei il mio migliore amico. Comunque non importa» aprì la porta di casa e uscì, era già ormai nel vialetto.
Non so cosa mi passò per la mente o cosa esattamente stavo pensando in quell'istante, ma senza pensarci due volte..
«Lo farò» urlai in modo che lui potesse sentirmi.

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