62 - Alvaro
Sabato 19, Alvaro's pov
Ho sempre odiato questo genere di ritrovi tra amici, ma vendicare mia sorella è più importante di una qualsiasi discussione che possa avere avuto con Giorgio. Mi ha telefonato l'altro giorno per dirmi che era ritornato a Ravenna e per chiedermi se potessimo vederci. D'altronde, era stata sua - e non di certo mia - la decisione di chiudere i battenti con me dopo aver saputo quello che io e Licia avevamo 'combinato'. Fosse stato per il sottoscritto avrei continuato a frequentare quella ragazza nella speranza di saperne sempre di più di Marianna, ma forse è stato meglio così. A giudicare da quanto mi fosse piaciuto essermela portata a letto, se non avessimo smesso di vederci me ne sarei innamorato sul serio. Ora però Licia non è più una strada, è un vicolo cieco. Lei ora sta con Giorgio, saranno felici, glielo auguro. Io devo trovare altre strade, altri mezzi, per soddisfare questa sete di vendetta che non riesce mai a placarsi. Ho accettato l'invito di Giorgio al volo, perché la vita mi sta dando un'altra possibilità. Sono sempre più vicino a Marianna, ma non abbastanza da sferzarle il colpo decisivo, quello che la farà confessare e quello che mi ripagherà di tanto dolore subito. Stavolta voglio avere Giorgio dalla mia parte e sento che ha voglia di coinvolgermi, perché se si è fatto risentire significa che vuole qualcosa da me e non credo sia un chiarimento su quello che è successo con Licia. Forse Marianna ha combinato qualcosa anche a lui o a Licia oppure a sua sorella. Mi ricordo che lei me ne aveva accennato e se così fosse dobbiamo fare assolutamente squadra. Da soli non ce ne va dritta una. Ma insieme sì, l'unione fa la forza, giusto. Prima di farmi centomila film mentali, però, devo sentire cosa abbia da dirmi Giorgio. Magari nulla di tutto ciò. Alzo gli occhi per guardare l'orologio e lo vedo arrivare da lontano, puntuale, come sempre, con una sciarpa intorno al collo e un cappotto stretto, appena un attimo prima che la sua sagoma venga appannata dalla condensa che si appoggia indisturbata sul vetro della finestra. Lo intravedo mentre si avvicina, scalciando invisibili sassolini, con passo veloce. Finisco di sorseggiare il caffè e un secondo dopo la porta del bar si spalanca. Entra e si guarda intorno, mi riconosce quasi subito e si avvicina con un sorriso abbozzato sulle labbra. Sposta la sedia di fronte a me, si sfila i guanti e li appoggia sul tavolo, a due centimetri dalla mia tazzina. Si passa una mano nel ciuffo, per sistemarselo un po' - più per prendere tempo a dire il vero che per togliersi uno sfizio estetico. Il freddo che forse avrà patito nel raggiungere il bar lo porta a sfregarsi le mani per cinque minuti buoni, senza proferire parola, come se davanti a lui non ci fosse nessuno o come se si aspettasse che sia qualcun altro, al di fuori di lui, ad avviare il discorso. Peccato che quel qualcun altro - ossia io - aspetti che sia lui a parlare per primo. Non appena capisce questa mia mossa, il suo sguardo si sposta dai guanti a quello di un cameriere. Non può iniziare a parlare senza avere davanti la sua solita cioccolata calda con panna.
- Ho già preso un caffè mentre ti aspettavo - gli anticipo, prima che possa chiedermi se abbia intenzione di ordinare qualcosa.
- Ah, va bene - commenta, laconico, evitando di guardarmi in faccia.
Il suo tono di voce è sbrigativo, ma lo avverto leggermente incrinato. Si toglie il cappotto e appoggia la sciarpa sullo schienale della sedia.
- Se sei venuto qui a parlarmi di Licia, sappi che volevo solo usarla per arrivare a Marianna. Non sono innamorato di lei - esordisco, per evitare che il succo del discorso venga anticipato da trentamila convenevoli e soprattutto che possa prendere una piega diversa da quella che mi aspetto.
- Licia mi ha lasciato - risponde, spiazzandomi - siamo stati insieme, ma non so dirti neanche quanto. Sicuramente quel poco che è bastato a Gigliola per dividerci.
- Gigliola chi?
- Quella tipa da cui stavo. Per farti capire, la migliore amica di Marianna.
- Credevo fosse Licia la migliore amica di Marianna - sottolineo, guardandolo stupito.
Pesco da una vaschetta di ceramica una bustina di zucchero e la agito, preso dal nervoso di non aver fatto subito i conti giusti. Forse non ho davvero capito niente delle amicizie di cui si circonda quella stronza.
- Sì, anche Licia è stata una delle sue migliori amiche, ma loro si sono conosciute all'università, mentre Marianna e Gigliola si conoscevano da prima. Hanno fatto il liceo insieme - mi spiega.
Forse se avessi detto tutto a Giorgio, a quest'ora Marianna avrebbe già confessato.
- Capisco. Se l'avessi saputo prima allora avrei portato a letto lei invece di Licia - dico, ridendo e poi mi viene un flash.
Mi ricordo improvvisamente quel giorno in cui ho telefonato a Giorgio e ha risposto lei. Che cazzo mi aveva detto? Devo ricordarmi, non è passato tanto tempo. Forse se chiedo a lui, con discrezione, mi illumina di più della mia scarsa memoria.
- Quindi sono migliori amiche?
- Sì, lo sono o forse lo erano. Non lo so più. Gigliola mi ha proposto di aiutarmi a far confessare Marianna, ma era uno sporco ricatto e io non ho voluto cedere.
- Cosa ti aveva proposto? - gli chiedo.
Ormai è una vicenda, questa, in cui gli sporchi ricatti non esistono più come rarità, ma come costanti. E non vince chi ne fa di più, ma chi li sa sfruttare a proprio piacimento per rendiconti personali, ovvio.
- Mi aveva proposto di andare a letto con lei in cambio della confessione di Marianna.
- Ah - commento, sarcastico - e tu ovviamente le hai detto di no.
- Sì, le ho detto di no - risponde - non potevo tradire in quel modo la fiducia di Licia.
- Uhm, io invece l'avrei fatto se l'avessi ritenuta l'unica opportunità disponibile in quel momento per arrivare alla verità.
- Vedi, Alvaro, il problema è che la verità qui la sanno solo tua sorella, la sorella di Licia e Marianna.
- La sorella di Licia? Dimmi che non si è comportata come con Carolina! - batto un pugno sul tavolo.
- Ci ho parlato, ma non so tutto. La storia potrebbe essere peggio o leggermente meglio della vostra. Alvaro, qui dobbiamo collaborare, perché se no non si arriva da nessuna parte. Tu vuoi vendicare Carolina, io invece voglio riprendermi Licia. Gigliola ha fatto un fotomontaggio facendole credere che io mi sia permesso di riprenderci mentre lo facevamo. Ti rendi conto? Io!
- E Licia ha creduto a questa Gigliola?
- Sì, era talmente accecata dalla delusione e dalla rabbia da crederle. Non c'è stato verso di spiegarle la verità e alla fine ho ammesso una colpa che non ho.
- Senti, Giorgio, qui i casi sono due: o ce la sbrighiamo noi grandi o coinvolgiamo anche le piccole.
- Io direi di coinvolgerle. Ti ho chiamato per questo motivo. L'altro giorno ho cercato Triccia, la sorella di Licia, ma lei non mi ha risposto. Marianna ha colpito due volte, a distanza di due anni, due persone diverse: dobbiamo trovare le somiglianze e le differenze nei suoi comportamenti e trovare le prove della colpevolezza di Michele in tutto ciò.
- Sono d'accordo. Triccia e mia sorella devono parlarsi. Dobbiamo organizzare un incontro. Sappi che quello che hanno fatto quei due a mia sorella non è facile da raccontare per lei. Triccia dovrà essere pronta a tutto.
- Ti chiedo solo una cosa: non voglio che Triccia sappia che Carolina ha tentato di ammazzarsi. Non vorrei che lo facesse anche lei per emulazione.
- Se me lo chiedi significa che il suo equilibrio psicologico è ancora precario.
- Sì, lo è, o almeno io sento che è così. Ha pianto tanto e credo lo faccia ancora.
- Va bene, quando dirò a Carolina di quest'incontro glielo farò presente. Tu però promettimi una cosa.
- Dimmi.
- Che d'ora in poi, tutto quello che succederà, non riuscirà a separarci di nuovo. Io... non mi sono comportato bene come amico... ecco, per quella cosa che è successa con Licia... volevo solo dirti che mi dispiace... Questa sete di vendetta che non riesco a placare mi sta trasformando nella persona che non avrei mai voluto essere, ma quando tua sorella tenta il suicidio per una stronza come quella vipera...
Non riesco a continuare che mi si incrina la voce e sento gli occhi inumidirsi.
- Sono passati due anni, cazzo, e ancora reagisco così - commento, estraendo il mio fazzoletto di stoffa dalla tasca dei jeans - sai cosa mi fa più rabbia di tutta questa storia?
- Cosa? - mi chiede Giorgio.
- Non essere riuscito a proteggere mia sorella dalle cattiverie del mondo. La vita mi aveva già tolto tanto ed ero a un passo dal perdere tutto. Non voglio giustificare quello che ho fatto, Giorgio, ma non riesco a pensare ad altre reazioni che avrei potuto avere. Ho un temperamento sanguigno, irruente, impulsivo. Per me Marianna la deve pagare perché non può essere sana di mente una persona che distrugge la vita di una ragazzina per un amore non ricambiato! Se sapesse poi che fu suo padre a proibirmi di avvicinarmi a lei!
- Aspetta un attimo. Tu hai avuto una storia con lei? E hai conosciuto suo padre?
Mi risiedo e lo guardo come si guarda un bambino a cui bisogna spiegare tutto.
- Quando mi hai fatto vedere quella foto dell'università scattata in cortile mi è venuto un colpo. Non ci potevo credere che tu avessi conosciuto Marianna e che lei fosse sempre stata così vicina a me dopo quello che era successo. Sì, la conoscevo e la conoscevo bene. Mia sorella aveva 14 anni quando è iniziato tutto. Pensa - dico ironicamente - che la sua unica colpa è stata quella di aver preso una cotta per Michele, il fratello della sua migliore amica Marta.
- Marta, la sorella di Marianna era amica di tua sorella?
- Sì, molto. I genitori di Michele venivano in vacanza a Riccione tutti gli anni d'estate, mia sorella e Marta erano diventate inseparabili. Avevano la stessa età ed erano praticamente cresciute insieme. Marianna non era mai venuta in vacanza con i fratelli, venne per la prima volta l'estate di due anni fa. Sai quanto ingannano le prime impressioni? Sembrava una tipa alla mano, simpatica, scherzosa, fresca, giovane. Una di quelle con cui puoi parlare, scherzare e farti due risate. Ogni tanto ci prendevamo un aperitivo al bar della spiaggia. Eravamo quelli più grandi e figurati se non leghi subito con qualcuno che ha circa la tua età. O almeno io che sono abbastanza estroverso ragiono così.
- Quindi un aperitivo tira l'altro e vi siete innamorati? - mi chiede.
- No, non andò proprio così. Lei un giorno, dal nulla, ha tentato di baciarmi, ma io l'ho bloccata. Le spiegai che non ricambiavo i sentimenti che lei provava per me. Le dissi che era una bella ragazza, con tante qualità - pensa, quanti sbagli si fanno - ma che non era scattato niente fra me e lei, almeno da parte mia.
- E invece?
- E invece mi piaceva! Mi piaceva un sacco, ma suo padre, cazzo, suo padre mi aveva proibito di innamorarmi dicendomi che sua figlia non si meritava di andare a letto con un orfano!
Lo urlo, quasi, ammettendo per la prima volta a qualcuno la verità che ho cercato di seppellire dentro di me da due anni. E lo dico a lui, a Giorgio.
- Sì, mi ero innamorato, ma la mia condizione di orfano a suo padre non stava bene. E io ero incazzato nero, perché lei mi amava, io la amavo, ma non la potevo avere e così ho fatto una cazzata, che non sa nessuno a parte lei ed è per questo che mi ha voluto punire. Sono stato il primo a rovinarla e lei ha rovinato me. E tutto per vendicarmi di una frase di suo padre.
- Cos'hai fatto? - mi chiede, smettendo di sorseggiare la cioccolata che nel frattempo è arrivata.
- L'ho violentata - lo ammetto, dopo due anni, anche a me stesso - l'ho voluta con la forza, sotto effetto dell'alcool, per fare un dispetto a suo padre, ma sono stato talmente vigliacco da fingere di essere ubriaco per non essere denunciato per violenza sessuale. Perché in questa storia, il vero stronzo sono stato io e mia sorella stava per pagare per una mia cazzata, capisci? Capisci perché la voglio ripagare con la sua stessa moneta?
- Sinceramente no, non lo capisco. L'unica cosa che capisco è che tu sei troppo vendicativo, Alvaro.
- Proprio tu vieni a farmi la morale, Giorgio? Tu che hai ucciso un tuo amico?!
- Tu l'hai fatto e sapevi di farlo, io ho subito le conseguenze dell'immaturità di un padre che ha deciso di portare due ragazzini a sparare a un poligono di tiro, non so se te ne rendi conto!
- Il grilletto l'hai premuto comunque.
- Tu hai scelto di violentarla, io non ho scelto di ucciderlo - le sue parole mi lacerano qualcosa dentro che non pensavo di avere, forse una coscienza assopita da tempo.
Chiamo il cameriere e ordino una camomilla. Ho bisogno di tranquillizzarmi un attimo perché gliene sto raccontando troppe.
- Senti, Alvaro, non pensavo che l'avrei mai detto, ma credevo che la cattiva qui fosse Marianna invece sei tu.
- Se io passo da cattivo per averla violentata, tu passi da mostro per aver ucciso un ragazzino, ricordatelo.
- Me lo ricordo anche troppo spesso. Tu non sai niente dei miei incubi, cazzo, niente.
- Pensi che io non ne abbia? Tu non saprai mai cosa voglia dire vedere tua sorella che tenta di ammazzarsi per una cosa che hai provocato tu! Non lo saprai mai! Mai!
Ci ritroviamo a litigare, a urlarci in faccia il nostro passato e i nostri segreti come due fratelli che se ne fanno di cotte e di crude in nome di una ricchezza da ereditare e qui l'unica cosa da ereditare è la confessione di Marianna.
- Tua sorella deve sapere che la causa del tuo male sei stato tu. Lei cosa pensa invece?
- Lei pensa che Marianna se la sia presa con lei per essersi innamorata di Michele perché dopo quel giorno è diventata un'altra e ha iniziato a tramare in silenzio la sua vendetta. In questa storia, Giorgio, ci sono solo vendette e persone strumentalizzate per raggiungere i propri scopi. Non c'è onore, non c'è lealtà, solo odio e tanta rabbia. Marianna punta a ricattare la gente, per lei tutti sono potenzialmente ricattabili, ma io non lo ero. Ero un orfano, come diceva suo padre, la mia unica ricchezza era mia sorella. Ma lei aveva capito che Carolina era anche il mio tallone d'Achille ed è per questo che l'ha scelta come bersaglio delle sue cattiverie, sfruttando l'amore che lei provava per Michele. Ha fatto il lavaggio del cervello a suo fratello per punirmi di quella violenza perché voleva distruggermi, calpestarmi nel vivo e squarciarmi l'anima esattamente come io avevo fatto con il suo corpo. Non ci sono mezzi termini in questa storia, Giorgio. È un duello all'ultimo sangue fra me e lei, solo fra noi due, ma stavolta, se sei con me, è meglio. Hai ragione, dobbiamo fare squadra e far incontrare le nostre piccole guerriere. Te lo giuro su quello che vuoi: Carolina non parlerà di quello che ha tentato di fare. Quello che Michele ha fatto a mia sorella, lo sentirai in diretta raccontato da lei, ma voglio che a questo incontro venga anche Licia. Lei deve evitare gli sbagli che ho fatto io da fratello di una quattordicenne vittima di cyberbullismo.
Il cameriere arriva prontamente con una tazza di camomilla fumante e ne porto un sorso alla bocca, avido di berne il più possibile per calmarmi un nanosecondo, ma con il rischio di bruciarmi la gola per il calore che nel frattempo si propaga davanti ai miei occhi. Giorgio rimane in silenzio mentre termina la sua cioccolata, estrae dal borsellino una banconota da dieci euro e la porge al cameriere dicendo di tenersi anche il resto. Poi si alza, appoggia una mano sulla mia spalla e commenta:
- Fammi sapere appena parli con Carolina che ci organizziamo per incontrarci. Nel frattempo proverò a rimettermi in contatto con Triccia.
Afferro la sua mano e la stringo forte.
- Giorgio...
- Sì?
- Il mostro sono io, non tu...
Non mi risponde, allenta la presa ed esce, accompagnando con un rapido gesto della mano la sua uscita. Che fosse un saluto? Me lo chiedo mentre rimugino in silenzio su quello che ci siamo detti e sulla verità che finalmente ho ammesso a qualcuno.
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