45 - Triccia
Sabato 29, Triccia's pov
Neanche il tempo di arrivare in piazza che mi si avvicina una tipa. Spero non mi faccia perdere troppo tempo perché Licia dovrebbe essere qui a momenti.
- Scusami, posso chiederti un'indicazione?
- Sì, dimmi.
Mamma dice sempre che non bisogna parlare con gli sconosciuti però questa ha la faccia sorridente e poi mi ha chiesto solo un'indicazione.
- Mi hanno detto che qui in centro c'è una specie di forno che fa dei panzerotti buonissimi solo che ho tanto cercato, ma non l'ho mica trovato. Sapresti indicarmelo tu?
- Ah, sì, non devi fare tanta strada... È qui dietro - le dico, indicandole la via da prendere.
- Ti scoccia accompagnarmi? È già un'ora che lo cerco e non mi va di perdere altro tempo. Ormai viene sera presto...
- Veramente sto aspettando mia sorella e non posso allontanarmi tanto...
- Hai detto che è qui dietro, no? Vedrai che farai in tempo ad accompagnarmi e a tornare qui prima che arrivi tua sorella...
Non mi convince, ma non so perché accetto di accompagnarla. Forse perché non mi è venuta in mente una scusa per non andare con lei. Ci allontaniamo un po' dalla piazza. Finiamo in una via buia e un po' isolata. Succede tutto così in fretta che non ho neanche il tempo di reagire. Mi tira una sberla. La guardo, impaurita e capisco che non le frega niente di quel forno. Forse vuole rubarmi i soldi o il cellulare. Mi tira un'altra sberla e poi un'altra ancora finché non cado a terra. A un certo punto mi costringe a rialzarmi e a guardarla in faccia.
- Michele è scappato di casa, ma non sperare che sia tutto finito. Ora dovrai vedertela con me e non ti renderò la vita facile. Prova a raccontare ancora qualcosa a Licia o a qualsiasi altra persona e sarò il tuo peggiore incubo.
Mi rimbomba la testa, mi sta venendo da vomitare, sento le lacrime scendere veloci sulle mie guance. In un attimo mi ritrovo di nuovo catapultata nel tunnel da cui sto cercando faticosamente di uscire. Mi afferra per un braccio e mi costringe a guardarla negli occhi.
- Hai capito quello che ti ho detto? Le foto e i video li ho sul mio telefono e li posso pubblicare dove voglio, chiaro?
- Lasciami in pace, cazzo, sono già stata tanto male! Perché te la prendi con me?! Io non ti ho fatto niente, cazzo, niente!
Scoppio di nuovo in lacrime e corro via. Non mi insegue. Dovrei tornare con l'autobus a casa, ma non ce la faccio. Chiamo Licia. Ho bisogno di un suo abbraccio. Che stia zitta o che parli, vengo picchiata lo stesso. A questo punto tanto vale che parli. Rivoglio la mia vita, non questo ammasso di dolore e lacrime che è diventata la mia seconda pelle. Fa tre lunghi squilli poi Licia risponde.
- Triccia, dimmi, sono ancora in centro con Giorgio...
La sua voce è allegra e io mi sento una merda perché sto per rovinarle la giornata. Forse sono un'egoista che pensa solo a se stessa, ma ho bisogno di lei in questo momento.
- Non ce la faccio a tornare con l'autobus... Mi vieni a prendere tu?
Mi sente piangere e il suo tono di voce cambia immediatamente.
- Triccia, che è successo? Stai piangendo?
- Ti spiego a voce...
- Dove sei?
- In piazza.
- In piazza dove?
- Dietro al Duomo.
- Non ti muovere da lì. Vengo subito.
Dieci minuti dopo la vedo arrivare con un ragazzo.
- Cos'è successo? - mi chiede, preoccupata.
- Non dovevo fidarmi, non dovevo fidarmi - ripeto, ma non so bene quello che sto dicendo.
- Triccia, ti prego, guardami... Cos'è successo?
Mi tremano le gambe e mi siedo per terra.
- Sembra sotto choc - sento dire da quello che con ogni probabilità è Giorgio.
Non sono sotto choc, solo che non mi va di sfogarmi anche davanti a lui. Per me è già tanto riuscire a dire tutto a lei.
- Ehi - Licia si mette in ginocchio davanti a me e mi fa una carezza sui capelli - ne parliamo a casa noi due sole, va bene?
Annuisco. È proprio quello che volevo che mi dicesse. Mi rialzo e Giorgio inizia a fissarmi.
- Ti accompagno da Gigliola e poi la porto a casa - gli dice Licia.
- Va bene... Anche se preferirei venire a casa con te a esser sincero...
- Lo so, ma te l'ho detto che non ho posto...
Quando finalmente saliamo in macchina, mi rifugio nei sedili posteriori e piango in silenzio, nascosta dai miei capelli. Ormai non posso più farne a meno. Prima i brividi, poi le lacrime. Sono stufa di piangere così, sono parecchio stufa. A un certo punto, Licia si ferma.
- Eccoci - dice.
Prima di scendere Giorgio si avvicina, le accarezza una guancia e la bacia.
- Ciao - mi saluta, imbarazzato, prima di scendere.
Licia si gira.
- Dai, vieni davanti. Mi sembra di fare il taxi così...
Scendo dall'auto e salgo davanti. Si accorge subito che sto piangendo.
- Andiamo a casa - le dico, in lacrime.
- Va bene.
Non appena siamo davanti al cancello, troviamo mamma e papà che scaricano le buste della spesa. Inizio a odiarmi perché sto piangendo e perché non voglio che mi vedano così.
- Ci date una mano a scaricare la spesa? - chiede papà - abbiamo fatto il pieno anche per la prossima settimana.
- Io ho la pipì - dico la prima cosa che mi viene in mente.
- Dai, Triccia, aspetta un attimo, prendi una busta anche tu altrimenti facciamo trentamila giri io e tuo padre!
- Andiamo, su, urgente - scherza papà, allungandomi una busta - al massimo te la fai un po' addosso...
Mi tocca aspettarli. Dovrò sopportare in ascensore i loro sguardi. Spero di non avere gli occhi troppo rossi e che l'eye-liner non abbia sbavato molto.
- Mamma, ho la pipì anch'io... - interviene Licia - io e Triccia iniziamo già a salire.
Mi prende per un braccio e mi trascina dentro il palazzo.
- Grazie - le dico, con un filo di voce - si vede molto che ho pianto?
- Si vede abbastanza - mi dice - la spesa la metto via io, tu vai in camera tua. Appena finisco vengo su e mi racconti per bene cosa sia successo oggi...
- Ok. Posso chiederti una cosa?
- Certo.
- Tu ce l'hai il profilo Facebook?
- No, non ce l'ho... Non sopporto l'idea che la gente si faccia gli affari miei...
- Allora è lei...
- Lei chi?
- Dopo ti spiego - concludo.
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