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20 (prima parte) - Licia

Sabato 15, Licia's pov

Dovevo immaginarlo che c'entrasse l'amore. Mia sorella dev'essersi innamorata di un ragazzo, forse lui non la ricambia e lei sta male perché la prima cotta non ricambiata farebbe star male chiunque. La guardo. Mi fa una tenerezza infinita, vorrebbe parlare dei suoi sentimenti con qualcuno di più grande, ma non con mamma perché forse si imbarazzerebbe. Solo che io non ce la faccio... già oggi quando mi hanno scoperto a letto con Alvaro, mi sono sentita morire dentro. Ma come ho potuto perdere la testa così per il primo che è passato? Che idea si sarà fatto di me? Che sono una facile, che basta darle un bacio per portarsela a letto? Non potrei sopportarlo, ma è l'idea che sicuramente si è fatto. A volte vorrei essere come Marianna. Lei è mille volte più scafata di me, lei probabilmente riuscirebbe a parlare con Triccia sicuramente meglio di me di certe cose, lei di certo non si imbarazzerebbe. Credevo che Triccia avrebbe parlato dell'amore con mamma, non con me. Io non sono adatta, non ce la faccio. Lo so che non sono cose per cui imbarazzarsi, che l'amore è una cosa naturale e non vergognosa, non vorrei essere come nonna che pensa che a 15 anni Triccia sia ancora una bambina o come mamma e papà che pensano che sia ancora piccola per parlare e discutere di certe cose... La vedo piccola, ma è già la seconda volta che mi chiede di parlarne e io inizio a chiedermi cosa sappia di questo argomento. Non credo sia mai andata a letto con qualcuno o forse non voglio crederlo. Non so neanche se sappia come funzionano certe cose. Con lei il massimo di cui riuscirei a parlare è l'affettività, ma non la sessualità. Quello no. Non ci riuscirei. Ma poi soprattutto mi faccio tutte queste pare mentali prima che lei abbia ancora parlato e alla fine sono io che dico qualcosa per prima.

- Lo sai che io faccio molta fatica a parlare con te di certe cose, ma se davvero hai bisogno di parlare con qualcuno, piuttosto che tenerti tutto dentro, quel qualcuno sarò io...

- Vieni in camera mia.

La seguo. Si siede sul letto e stringe a sé le ginocchia. Mi fa cenno di chiudere la porta. Mi siedo sul bordo del letto. Si slaccia la coda, i capelli le ricadono sul viso come se fossero una maschera, una maschera per nascondere le sue lacrime.

- Non so quanto riuscirò a parlare senza piangere - mi dice.

- Ehi, ti ho già detto l'altro giorno che non ti giudico.

- Mi devi giurare che non lo dirai a nessuno, finché non deciderò se dire qualcosa io. Io adesso ho bisogno solo di parlare con qualcuno, perché sto scoppiando dal dolore... e per quanto ci pensi e non ne voglia parlare, io sento di potermi fidare solo di te...

- Stai scoppiando dal dolore? - la guardo. Sta tremando - ma è una cosa tanto grave?

Annuisce.

- È una cosa anche più grande di me... E io non la so gestire perché ho tanto di quel dolore dentro che mi sta uccidendo...

- Triccia, così mi fai preoccupare - le dico - sembra che tu stia descrivendo una tragedia! Andiamo, hai 15 anni, cosa può mai esserti successo di tanto grave? - cerco di sdrammatizzare, ridendo.

Non l'avessi mai fatto.

-  Ridi? Ti sto dicendo che sto male e tu ridi? Ma vai a quel paese! Sei come tutti gli altri, pensate che sia una bambina!

- Di' quello che devi dire, santa pazienza, ci metti trentamila anni!

- Lo capisci che ci sto male e che non riesco a dirtelo? Lo capisci?

- Andiamo, dai, ti sei innamorata di uno che non ti ricambia, vero?

- Riesci sempre a banalizzare tutto! Ti sto dicendo che sto male, cavolo, sto male!!

- Va bene, stai male, ma cosa puoi avere mai fatto di tanto grave! Ingigantisci una cosa che magari è una cavolata.

- Vattene, ti odio! - mi urla contro.

- Calmati, non volevo banalizzare...

- Tu giudichi prima di sapere le cose...! Mi hai giurato che non mi avresti giudicato invece giudichi eccome!

- Andiamo, Triccia! Hai 15 anni, cosa posso pensare che tu abbia fatto di tanto grave?

- Ti sto dicendo che sto male, cavolo, che sto male, perché non mi credi?

- Ti credo, ma mi sembra anche che tu stia ingigantendo un po' la cosa, dai...

- Lo sapevo, cavolo, lo sapevo! Preferisco tenermi tutto dentro piuttosto che parlare con te!

- Va bene, dai, ti ascolto.

- Non guardarmi come se dovessi farmi un favore! - brontola.

- Senti, facciamo così. Me ne parli un'altra volta, ok?

- Magari un'altra volta non ci sarò più!

- Che cavolo stai dicendo? - la guardo in faccia, abbassa lo sguardo.

- Ho paura che mi succeda qualcosa...

- Qualcosa tipo?

- Mi sono messa in un guaio anche più grande di me...

- Questo l'ho capito... Riesci a dirmi di cosa si tratta?

- Ragazze, è pronta la cena - entra nonna - venite, dai, stasera mi fermo a cena con voi anch'io. Dobbiamo festeggiare!!!

- Arriviamo - rispondo.

Nonna richiude la porta.

- Qualsiasi cosa tu stia vivendo, per quanto grave sia, la tua vita è più importante e devi tirare a campare, non a morire - le dico, facendole una carezza.

- Lo so, ma a volte ti uccidono più le parole delle persone....

- Cosa intendi?

- Le parole sono schegge che mi colpiscono nel vivo e mi torturano, rigirandosi nella mia testa finché non mi sento scoppiare... E per quanto io possa vomitare l'anima cercando di vomitare anche tutto il dolore che ho dentro mi sento morire ogni giorno che passa.... E penso quanto ancora potrò sopportare tutto questo perché ogni giorno è peggio... perché ogni giorno mi accorgo che c'è il mondo in una scheggia...


È davvero così difficile come pensa Licia affrontare il discorso dell'affettività/sessualità con una sorella più piccola? Anche stavolta, poi, Triccia non è riuscita a raccontare niente a Licia, anche per via del suo comportamento... come avrebbe dovuto comportarsi? In cosa ha sbagliato? Grazie come sempre per i vostri commenti e per seguire la storia, ovviamente <3


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