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Le chiavi

Ultimamente, ma neanche tanto ultimamente, la mia camera è sempre in disordine. Dico non tanto ultimamente perché lo è sempre stata, o per lo meno, lo è stata dal momento in cui mia madre ha smesso di farsi strada attraverso le pile di scartoffie e di vestiti sparsi sul pavimento, prendere tutta quella cianfrusaglia da quattro soldi, ficcarla in un sacchetto di plastica nera esageratamente grande (due metri di lunghezza per uno di larghezza, lo riempiva tutto) e buttarla dalla finestra, per fare un po' di ordine; questo succedeva fino a sei-sette anni fa, quindi possiamo dire che la mia camera è in uno stato pietoso da circa sei o sette anni, salvo quei buchi di qualche giorno alla volta in cui, non avendo di meglio da fare o non trovando qualcosa di importante, provo a dare una sistemata. Magari metto i fogli di carta da una parte, sposto i libri dall'altra, ficco i vestiti nella cesta dei panni sporchi e quelli puliti nei cassetti (tanto non si vedono), e per qualche ora rimane tutto più o meno in ordine, ma non è di questo che voglio parlarti, in tutta onestà.
È che ultimamente, e ultimamente sul serio, stavolta, stanno succedendo strane cose, nella mia stanza. Non so se sia colpa degli insetti, del campo magnetico terrestre, degli influssi astrali, di Dio, dei folletti o delle fate, dell'allineamento Giove-Saturno, o se sia semplicemente una serie casuale di bizzarri accorgimenti che avvengono solo ed esclusivamente quando io non ci sono o non sto guardando.
A questo punto ti starai chiedendo, che cazzo è che succede di strano? Forse, strano non è la parola adatta. Strano ha una connotazione che potrebbe essere intesa anche positivamente, credo, e non è che io veda quegli avvenimenti come una cosa piacevole, se capisci cosa intendo.
Ultimamente, gli oggetti nella mia stanza si spostano da soli. Ed è strano non tanto perché sia fisicamente impossibile, è strano perché, come ti dicevo, non so quale sia la causa, ma di certo non sono io a muoverli.
Per esempio, spesso prima di dormire poso la tazza di tè sul comodino, con il manico rivolto verso il muro, ma quando mi sveglio la mattina dopo, ecco che mi ritrovo la tazza sul pavimento, o peggio ancora, sul davanzale della finestra.
Certe volte capita anche che, quando entro in camera per prendere la giacca in jeans che avevo lasciato sul letto un'ora prima, io la ritrovi appesa dietro la porta.
E poi ci sono un paio di tele che ho dipinto, appoggiate al muro, che vedo spesso girate nel verso sbagliato: le raddrizzo, mi assicuro di averlo fatto per davvero, esco dalla stanza, vado a bermi un caffè dalla nonna, e quando torno, ecco che sono storte ancora.
Ho pensato che magari potrebbe essere solo una mia impressione, così giusto l'altra settimana ho preso tutti i miei vestiti sparsi a terra, li ho piegati, li ho messi nei cassetti, ho buttato i pezzi di carta che non mi servivano, le tazze da tè che si erano accumulate vicino al comodino le ho riportate in cucina, ho fatto il letto e ordinato i libri sullo scaffale (incastrandoli in strani modi perché ormai non ci stanno più) e via dicendo.
La cosa assurda, però, è che il giorno seguente, rientrando in camera dopo essere stata a scuola, ho trovato un paio di calzini spaiati, una cintura, dei pantaloncini corti e una decina di altri piccoli capi buttati a terra, in un angolo, ammassati gli uni sopra gli altri come cadaveri dopo una carneficina. Ed ero certa al cento per cento di averli buttati a lavare, perché avevo chiesto pure a mia madre di lasciare uno spazio in lavatrice: se anche mi fossi dimenticata di farlo, sicuramente non li avevo lasciati ammucchiati lì, in quel modo – conoscendomi, li avrei portati in bagno e li avrei abbandonati là.
Ma c'è un oggetto in particolare che prova un certo trastullo nello sparire e ricomparire nei posti più insoliti: le vedete lì, sulla cassettiera, la mia copia delle chiavi di casa? Con tutti quei gingilli attaccati ad esse, che tintinnano ogni volta che le prendo in mano?
Ecco. Quelle sono tremende. E non mi danno tregua, tipo come ora.
Mi addormento lasciandole sul comodino, vicino alla tazza. Poco prima di spegnere la luce, però, le fisso attentamente – a volte sembra che siano loro a guardare me, in realtà – e faccio una prova. Abbasso l'interruttore, la camera piomba nell'oscurità, ma lo rialzo subito dopo, sperando magari di cogliere un movimento da parte delle chiavi, un tentennamento, un qualsiasi battito di ciglia. Continuo così per un po', giocando con loro a un, due, tre, stella!, facendo delle finte per incastrare il mazzo, finte che prima o poi faranno fulminare la lampadina, ne sono sicura.
Dopo un quarto d'ora mi arrendo, spengo definitivamente la luce e mi giro dall'altra parte, ma nonostante io non le abbia viste spostarsi neanche di un millimetro, percepisco il loro sguardo sulla mia nuca. Lo sento lì che mi brucia, che mi fa trasalire nel sonno, che spesso mi fa svegliare di soprassalto... chissà cosa staranno tramando, chissà dove staranno pensando di andarsene, stanotte. E se non sono loro a muoversi, se è qualcun altro che si diverte a cambiare la posizione delle cose attorno a me, è sicuramente questo qualcun altro a fissarmi mentre cerco di addormentarmi. Eppure, il mattino seguente, quando suona la sveglia, mi accorgo che le chiavi sono stranamente ancora lì, dove le avevo lasciate.
Potrebbe essere che il gioco di un, due, tre, stella!, le abbia dissuase dal testare ancora la mia pazienza, che le abbia spaventate, o che abbia intimorito quella presenza che sento osservarmi ogni notte, inducendola ad andarsene – sbatto le palpebre, sbadiglio e mi metto a sedere, ma quando ricontrollo meglio il comodino, mi rendo conto che qualcosa si è davvero mosso mentre dormivo.
Accanto al mazzo di chiavi, se ne sta tutto calmo e tranquillo il mio accendino preferito, quello rosso con YES YES scritto sopra, in indelebile nero. E sono assolutamente certa di averlo lasciato con il pacchetto di Chesterfield, sulla scrivania, la sera prima.
Così mi alzo in piedi, vado a controllare le mie amate sigarette, e con orrore scopro che non ce ne sono più. Tutte andate, sparite, volatilizzate nel nulla.
Cos'è, al mio amico immaginario piace fumare, ora? Ha preso pure lui il vizio? Questo mi fa incazzare. Ero sicura di averne ancora tre – che se le sia fumate la presenza, o che sia stata mia sorella a rubacchiarmele mentre dormivo?
Porgo la domanda direttamente a lei, quella mattina, prima di andare a scuola. Mentre sta chiudendo la porta, le chiedo: «Uhm, per caso hai preso tu le mie cicche?»
Sbatte le palpebre. «Eh?»
«Mi hai preso tu le cicche? Giusto per sapere, perché non le trovo più-»
«Ma sei scema? Ma che cazzo di problemi hai oh, secondo te io mi fumo le tue?»
«Sta' calma, era solo una domanda-»
«Beh, smettila. Mi dai fastidio. Se ti servono sigarette basta che me le chiedi senza tanti giri di parole».
«No, grazie. Sono apposto,» mento. Poi saliamo in macchina e non parliamo più, ma quando mi metto la mano in tasca per prendere le auricolari, sento il freddo del ferro delle mie chiavi, che avevo lasciato in camera, sulla punta delle dita. Rabbrividisco: evidentemente non è stata mia sorella a fregarmi le sigarette.
Ma questo è solo uno dei tanti episodi relativi al mazzo di chiavi errante. Sarà stato venerdì scorso: le avevo lasciate appese al gancio dove stavano tutte le altre – quelle della macchina di papà, quelle del garage, quelle della macchina della mamma, quelle della casa a fianco la nostra – ma giusto qualche ora dopo, quando sono andata a controllare, ecco che erano sparite.
In salotto ho visto mia madre, con gli occhi fissi sullo schermo del suo iPad e le orecchie sturate dalle sue auricolari rosa. «Hai preso le mie chiavi?» le ho chiesto.
Si è tolta una cuffietta.
«Hai preso le mie chiavi?» ho ripetuto.
«No. I saw them hanging up there,» e ha puntato il dito in direzione del gancio.
«Non ci sono più».
Poi si è alzata e mi ha fatto strada fino a dove sapevo di averle appese. «These ones, you mean?»
Ed erano lì, le chiavi che cercavo, proprio nel punto in cui le avevo lasciate un paio di ore prima. «Uhm, yeah. Thanks,» ho detto, le ho afferrate e le ho messe in tasca.
Puoi ben capire quanto io sia stranita da tutti questi episodi. Mi sono chiesta se magari io stia impazzendo un po': dobbiamo tutti impazzire, prima o poi, e questo potrebbe essere il mio momento. Non saprei. Ne ho parlato con un amico, mi ha detto che probabilmente sono io a non ricordarmi di spostare gli oggetti attorno a me – so bene, però, che non è così. E se anche fosse, se anche io muovessi le mie chiavi inconsciamente, senza rendermene conto, sarebbe anche peggio. Chissà cos'altro faccio senza prenderne coscienza.
Forse mi alzo, di notte, e con gli occhi chiusi mi fumo tutte le sigarette del pacchetto, standomene seduta sulle tegole del tetto di casa, sotto le stelle. Forse la giacca sul letto la appendo io dietro alla porta, e la cosa è così inconcepibile per me da costringermi a pensare che si sia mossa da sola – perché andiamo, quando mai metto via la mia roba? Oppure sono così pigra da non riuscire neanche a portare i miei vestiti sporchi al bagno, per buttarli nella cesta, e preferisco lasciarli lì ammucchiati in camera e fingere si siano spostati a causa della presenza strana che ogni notte mi squadra, mentre dormo, cosa che giustificherebbe la mia insonnia e il mio umore nero.
Potrebbe essere. O potrebbe essere di no – sinceramente non ne ho idea. Fanno paura entrambe le ipotesi.
L'unica cosa di cui sono certa, al momento, è che le chiavi che avevo messo in tasca poco fa, non sono più lì, e ti posso giurare che fino a trenta secondi prima c'erano.
Tu mi credi, vero?

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