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I

Lo zaino viola pesava sulle spalle della ragazza che, con passo lento e spensierato, si avviava verso casa. L'aspettavano lunghe ore di studio frenetico a causa della montagna di compiti che avrebbe dovuto smaltire per il giorno dopo; in più, quella sera aveva lezione di danza. Mancavano oramai poche settimane allo spettacolo organizzato dalla sua scuola di ballo e partecipare alle prove non era un'opzione. L'insegnante era stata chiara. Dovevano impegnarsi al massimo, non importava se erano malate, tristi o, semplicemente, stanche. Dovevano esserci.

Melissa scacciò quei pensieri dalla testa. Quello era uno dei pochi momenti di pausa di cui poteva godere durante la giornata e non l'avrebbe rovinato con il prospetto dell'ennesimo pomeriggio infelicemente pieno che le si presentava dinanzi.

Arrivata nei pressi del fiume, strinse immediatamente la fotocamera tra le mani. Era il suo oggetto più prezioso, ancora di più del quadernetto verde che riempiva con le sue citazioni preferite o del set di colori con cui si sbizzarriva sul diario.

Fotografare era importante quanto respirare per lei. Era un'arte che non lasciava spazio a domande, ma richiedeva solo l'istinto; e lei, si abbandonava ad esso. Tesseva la tela inquadrando il giusto obiettivo, modificando lo zoom e spostandosi continuamente per ottenere la luce giusta, poi catturava quell'istante con un semplice click. E, quando riguardava la foto scattata, di quante cose si rendeva conto in un secondo momento!

Un uccellino entrato per sbaglio ai margini dell'inquadratura, una foglia svolazzante appena caduta dall'albero, un bacio rubato di una coppia sullo sfondo... le possibilità erano infinite  e lei si divertiva sempre a cercare ciò che inizialmente le era sfuggito.

Quella giornata minacciava pioggia e l'Adige era scosso da un forte vento autunnale che lo rendeva, al contempo, meraviglioso e pericoloso ai suoi occhi. Le fronde degli alberi erano in tumulto, così come le foglie dapprima sparse sul marciapiede e che in quel momento avevano preso a vorticare in aria compiendo una muta danza della natura. In lontananza, si stagliava uno dei ponti che collegavano la città.

Sembrava che un solo suono sbagliato potesse dare vita alla tempesta in arrivo.

Portando la fotocamera all'altezza degli occhi, iniziò a scegliere il suo obiettivo. Fu allora che lo vide.

Era a qualche metro di distanza, immobile come gli edifici sul lato destro della strada se non per i movimenti fluidi della mano. Le dava le spalle, e sembrava essersi a malapena accorto di ciò che si stava scatenando, delle nuvole che riempivano il cielo e dell'acqua che man mano diventava sempre più agitata e violenta. I lunghi capelli neri erano imbrigliati in una coda e qualche ciuffo scappato alle grinfie dell'elastico era mosso dal vento. La mano stringeva un pennello tra le dita, con il quale stava dando vita ad un disegno sicuramente stupendo, a giudicare dal vigore con cui lo impugnava.

Melissa non resistette e, incantata dalla perfezione di quell'attimo, scattò una foto allo sconosciuto. In quel momento, quasi richiamato dallo scatto proibito, il ragazzo si girò, fulmineo, sorprendendola con ancora la fotocamera stretta tra le mani. I suoi occhi glaciali si piantarono nello sguardo colpevole di Melissa, in un modo così repentino da farle credere che quell'azzurro invadente le stesse scavando la mente, alla ricerca dei suoi pensieri più intimi.

Lui non disse niente. La fissò, semplicemente, per quello che le parve un minuto infinito e poi tornò a rivolgere la propria attenzione al cavalletto.

Melissa, che quando era stata colta in flagrante era arrossita, non poté far a meno di avvicinarsi. Gli doveva almeno le sue scuse, non poteva scappare e basta. Anche perché la strada della fuga sarebbe comunque stata interrotta da lui e il suo cavalletto.

Ma, arrivata all'estraneo, fu sorpresa ancora una volta dalla sua spontaneità nel prendere per primo parola.

"Penso che sia una bellissima giornata per dipingere. Non trovi?". Le dava ancora le spalle, ma quando ebbe finito di parlare si girò e le rivolse un tenue sorriso, che nonostante tutto coinvolse appieno lo sguardo. E gli occhi... questi la scrutavano in tutta la loro eleganza d'ebano. Eppure era sicura di quell'azzurro ghiaccio che fino ad un attimo prima la stava fulminando. Accortasi che lo sconosciuto era in attesa di una sua risposta, arrossì nuovamente.

"Sì... io immagino di sì. Io... volevo chiederti scusa per poco fa, non avrei dovuto...". Il suo balbettio sconclusionato fu interrotto bruscamente dalla voce piena d'ironia del ragazzo.

"E perché mai dovresti chiedermi scusa? Immagino che non sia la prima volta che fai scatti rubati, anche a persone di cui non conosci il nome né altro. Non sarò il primo che se la prenderà per questo. E di sicuro tu lo rifarai, in un'altra situazione, attratta da un momento che vuoi per forza immortalare, quindi le scuse non sarebbero sincere. Vale anche per me con il disegno, quindi posso capire". Mentre parlava, Melissa si accorse del suo forte accento e capì che non era italiano. Però, non riuscì ad identificare la provenienza, poiché non le ricordava nessuna lingua conosciuta nei pochi viaggi all'estero che aveva fatto con la famiglia.

"Io... uhm. Penso che forse dovrei...". Melissa indicò la strada davanti a sé.

"Come sta venendo questo dipinto secondo te?". Le chiese, ignorando ciò che la ragazza aveva detto qualche secondo prima.

"Ѐ... beh, lo trovo stupendo, in realtà. Perfetto". Disse, senza riuscire a trattenersi. Inaspettatamente la sua reazione fece avvilire il ragazzo che tornò a rivolgere uno sguardo spento e malinconico alla tela.

"Già... peccato". Rispose senza aggiungere altro. In un moto di innato coraggio, gli chiese:

"Perché dipingi?". Arrossì nuovamente subito dopo aver formulato la domanda ma il ragazzo accolse piacevolmente la domanda dato il sincero interesse di lei.

"Domanda strana. Mi hanno sempre chiesto cosa, come dipingo. Mai il perché- sorrise tra sé, divertito da un ricordo celato a Melissa, per poi tornare a parlarle- Tu perché fotografi? In fondo non sono così lontani il mondo del disegno e quello della foto. Entrambi possono rivelare verità reali o verità fasulle, entrambi possono celare enormi segreti in minuscoli dettagli, entrambi devono avere una buona mano che li guidi. Io dipingo per immortalare un momento imperfetto, e tu?". Quella risposta le fece corrugare la fronte e rispondere alla domanda di lui con un'altra affermazione, che sapeva a sua volta di quesito.

"Io pensavo che i pittori andassero alla ricerca della perfezione...". Che il loro unico scopo fosse palesare al mondo questa cosa impossibile, aggiunse tra sé.

"Tu perché fotografi?". Le domandò nuovamente, incrociando il suo sguardo. Melissa strinse le spalle e poi pensò seriamente al motivo.

Lei fotografava perché le piaceva rubare piccoli momenti e renderli attimi infiniti.

Lei fotografava perché era l'unica cosa che la rendesse estranea al mondo esterno per qualche minuto.

Lei fotografava per passione, per divertimento, per tristezza e per rabbia. Perché si sentiva bene quando avvicinava la fotocamera al viso, ed essa diveniva la prolunga della vista, delle emozioni, dei pensieri che turbinavano sempre ad un ritmo incalzante nella mente, quasi a voler imitare le foglie che la circondavano in quel momento. Ma come spiegarlo a parole?

Tentò di frenare la corsa dei suoi pensieri, di mettere insieme una frase di senso compiuto, ma quando si accorse del tempo passato e del ragazzo che la osservava tranquillamente mentre rifletteva, optò per la risposta più semplice.

"Io... non lo so. Tu perché dipingi momenti imperfetti?".

"Dipende da cosa sia per te la perfezione. Non si può dipingerla senza un tocco d'imperfetto, non credi?".

"Continuo a non capire". Ammise Melissa facendo comparire di nuovo un piccolo sorriso sulle labbra dell'altro.

"Lo so. Forse, un giorno, te lo spiegherò". Disse lui, tornando a rivolgere la sua attenzione al dipinto e ponendo fine alla conversazione.

Quella frase, però, fu sufficiente a farle mancare un battito. Secondo quanto aveva appena detto lo sconosciuto si sarebbero incontrati altre volte. E quel forse sapeva così tanto di destino da renderla, per una volta, felice dell'attesa.

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