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Capitolo 23 - delusioni e sguardi fugaci

Sento il telefono vibrare sul comodino, così mentre sono intenta a prepararmi per uscire, lo afferro per leggere il messaggio appena arrivato.

«Tra dieci minuti sono da te, mi raccomando, PUNTUALE!»

Sorrido, immaginandomi l'espressione contrariata di Anna, e decisamente scocciata ogni volta che sono in ritardo.

Mi sistemo i capelli ricci (appena fatti, dato che li ho liscissimi) in una coda di cavallo alta, mi metto il rossetto, spruzzo qualche goccia del mio profumo preferito, e quando sto per uscire dal bagno sento il campanello di casa.

Cavolo, sono già passati dieci minuti? Impossibile. Intravedo la figura slanciata di mia cugina venire verso me, i suoi capelli sciolti le ricadono lungo le spalle, accenna un sorriso soddisfatto sulle labbra, contornate da un semplice burro cacao.

Quando siamo finalmente vicine, mi guarda ammiccando «sei proprio uno schianto!» ammicca, facendo scorrere i suoi occhi color nocciola su di me.

Fa una breve pausa, per poi fare una faccia stupita, e riprendere subito il discorso «ma, aspetta, tu oggi sei puntuale? Strano. Che è successo? Non vedi l'ora di vederlo per mandargli le tue solite occhiate innamorate e mangiarlo con gli occhi?» fa facce buffe accennando baci con le labbra. È proprio stupida.

Non riesco a trattenere un risolino, così la prendo a braccetto, e ci dirigiamo in cucina «nonna, zia, io sto uscendo, a stasera!» loro mi salutano facendomi le solite raccomandazioni, dopodiché Anna mi trascina verso il cancello.

«Allora, mia cara cuginetta, come sono andati questi tre mesi in Toscana?» la guardo di sbieco e subito tiro un sospiro di sollievo, per ritrovarmi finalmente qui.

Il solo pensare a quel luogo mi trasmette brutte sensazioni «Di merda, come vuoi che siano andati, secondo te?» continuo a guardare dritta davanti a me, ripercorrendo nella mia mente quelle giornate monotone e deprimenti «non facevo granché in realtà, la mia giornata tipo era: alzarmi, aiutare mamma, pranzare, giocare con Fati, aspettare il postino, cenare e dormire. Fine.» concludo, voltandomi verso di lei, che risponde con una smorfia schifata «accidenti, che tristezza» mi guarda «già» affermo, abbassando lo sguardo, poi rialzo la testa e scuoto il viso, come a cancellare quei brutti ricordi.

«Ma ora è finalmente finita, quindi non voglio pensarci più» le faccio un sorriso ricco di spensieratezza, per poi proseguire.

Passiamo attraversando la piazza, dirigendoci verso la gelateria, quando il mio sguardo lo intravede in mezzo a un sacco di gente. Nonostante le luci abbaglianti della piazza e del palco che illuminano tutta la zona, lo riesco ad inquadrare e a non staccargli gli occhi di dosso.

La sua presenza riesce a destabilizzarmi anche dopo tutto questo tempo, rimango impalata ad osservarlo in tutta la sua bellezza, indossa la sua solita giacca in pelle nera, un paio di jeans che li fasciano a pennello e una camicia verde acqua, noto con disappunto che ha un bicchiere di birra in mano e parlotta tranquillamente con gli amici; in mezzo a quella cerchia, la sua figura è l'unica a spiccare. Quanto mi è mancato anche solo vederlo, e ora, che siamo a pochi metri di distanza, non mi sembra vero.

In questo momento non sento più niente e nessuno, tutti i rumori attorno a me si sono dissolti diventando suoni lontani, e nella mia visione, tutti colori dati dalle luci spariscono, nel mio mondo ci siamo solo io e lui, ed è così ogni volta che lo vedo. Con le mani tremanti mi sposto il ciuffo di capelli appena caduto sul mio viso, non riuscendo a staccare il mio sguardo da lui.

Quando noto che sta voltando il suo viso verso la mia direzione, un fremito mi invade il corpo, spalanco gli occhi all'improvviso e continuo a camminare nella mia direzione, staccando solo per qualche attimo gli occhi da lui. Lo vedo, mi ha notata. Il suo sguardo serio si posa delicatamente su di me, rimanendo impassibile. Poi, dopo solo qualche istante volta lo sguardo altrove, allontanando quel misero contatto che aveva con me.

Rimango spiazzata dal suo comportamento, ma d'altronde cosa mai potevo aspettarmi? Non siamo mai stati amici, anzi... e poi ho passato tutto questo tempo fuori, chissà lui cosa avrà fatto, quali idee di sarà fatto su di me. Non nego, però, che la sua indifferenza mi ha ferita, mi aspettavo qualcos'altro. Certo, niente di che, ma sicuramente almeno una reazione da parte sua. Tutto ciò che ha fatto è stato guardarmi in maniera molto seria, per poi rigirarsi.

Anna mi riscuote dai miei pensieri, toccandomi il braccio per risvegliarmi dal mio momento di "illusione" «Juli, ma ci sei?» mi volto verso di lei con uno sguardo un po' afflitto, lei nota subito il mio cambio d'umore, ma non fa nemmeno in tempo a chiedermi spiegazioni che subito capisce.

Dirige lo sguardo dove lo avevo io qualche istante prima, poi si gira verso me, non sapendo bene cosa fare «Vuoi rientrare?» chiede, iniziando a camminare verso un luogo un po' più appartato.

Percorriamo una strada semi deserta, la penombra ci invade, riuscendo così a intravedere solo i suoi occhi e qualche tratto del suo viso. Questo, mi trasmette più sicurezza, non essendo più esposta a occhi e sguardi indiscreti degli altri, mentre provo a sfogarmi con lei. Non mi porge nessuna domanda, così sono io a iniziare a parlare di questo.

È sempre stata così, seppure negli ultimi anni non ci siamo frequentate moltissimo, siamo cresciute insieme, conosce ogni mia sfaccettatura.

Sa che se voglio parlarle, sarò io a farlo «mi ha vista, mi ha guardata per un paio di secondi in modo abbastanza serio, e poi si è rigirato» lei è visibilmente in difficoltà, ma risponde ugualmente cercando di tranquillizzarmi «beh, alla fine è comprensibile, come vi siete lasciati l'ultima volta che vi siete visti?»

La guardo insicura, con la paura che possa scappare qualche lacrima «male, anzi, malissimo. E in realtà non so nemmeno io il motivo» mi guarda confusa, aggrottando le sopracciglia «come...?» domanda non immaginando minimamente, così prendo coraggio e le spiego lo strano rapporto che abbiamo «ha sempre avuto questi sbalzi di umore, dopo lo schiaffo lo avevo rivisto insieme a Luca, non sembrava tanto offeso, alla fine, ma poi il giorno prima di partire lo rividi al mare, e infine in giro la sera stessa. Sonia e Franci erano andate a parlargli, dicendogli che io stavo per partire, ma lui le disse che non gliene importava minimamente»

Lei emette uno sbuffo sonoro, incrocia le braccia al petto e mi guarda insistentemente «è assurdo questo ragazzo! Non può cambiare idea o atteggiamento così dal nulla!» come mia risposta, ottiene una semplice alzata di spalle, non sapendo cosa dire.

Non ho mai capito la motivazione di questi sbalzi d'umore nei miei confronti.

«Ora andiamo dai, è evidente che hai bisogno di stare sola, e non qui» le sorrido, iniziando ad incamminarci verso casa.

Durante tutto il tragitto nessuna delle due proferisce parola. Anna ogni tanto mi lancia qualche occhiata preoccupata, mentre io le sorrido di rimando. Non deve preoccuparsi, alla fine, ci sono abituata.

Mi sento una stupida ad aver pensato chissà cosa, ad aver anche solo sperato che le cose sarebbero potute cambiare.

Arriverà il momento, in cui, anche io, sarò felice... no?

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