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Il mio solo destino - One shot

«Cosa stai bevendo?» una voce maschile interruppe la colazione della donna. Ancora assonnata e assorta nei propri pensieri, stava girando pigramente il cucchiaino nel cappuccino appena zuccherato.

Il solito bar, tappa obbligata prima del lavoro, era praticamente vuoto: c'era solo la proprietaria, al di là del bancone, all'alba di un giorno feriale di inizio primavera, vivacizzato dalla musica della filodiffusione del locale. Nemmeno si era accorta, lei, della presenza dell'individuo entrato da due minuti e piazzatosi alla sua sinistra. Alzò la testa, voltandosi verso lo sconosciuto.

Due occhi verdi e intensi la fissavano, due smeraldi sfaccettati appartenenti a un uomo di pochi anni più grande, con quindici centimetri di differenza in altezza. Non lo aveva mai visto, non era un cliente abituale del bar né una faccia nota del suo paese. Lo avrebbe ricordato, se lo avesse incontrato in precedenza. Colpivano i capelli corvini, portati leggermente più lunghi della media e i tratti aristocratici del viso, uniti all'abbigliamento informale ed elegante al tempo stesso. Dei jeans slim fit neri avvolgevano le gambe snelle e muscolose, un dolcevita in tinta segnava il torace fino al collo, un parka verde col cappuccio lo proteggeva dalle basse temperature del mattino.

L'outfit stiloso era completato da un paio di stivaletti in pelle e da uno zaino capiente, da viaggiatore, anch'essi neri. Lo avvolgeva un profumo intenso, armonico incontro di note legnose e fresche e di fragranze orientali e mediterranee, un effluvio forte, sensuale, molto virile, desiderio inedito, ai limiti del proibito.

«Un cappuccino» era un banale cappuccino. Gli rispose dopo un paio di secondi, spostando una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio. Di matti, in giro, se ne vedevano tanti: scrutandolo, si augurò che non avesse strane intenzioni. Non era della sua provincia, parlava la lingua senza alcun accento: dedusse fosse un forestiero. Eppure, aveva avuto la netta sensazione di conoscerlo, di averlo già incrociato.

«Un cappuccino anche per me, per favore» il moro indicò alla barista, oltre il vetro del bancone «E uno di quelli. Che dici, le paste con le corna?» lui, di corna, se ne intendeva* «Quale, secondo te? Suggeriscimi» non sapeva decidersi fra le ciambelle ricoperte di zucchero, le crostatine con la marmellata e - appunto - le paste con le corna, farcite di creme dai colori diversi. Ondeggiando sugli anfibi, aspettò il consiglio richiesto, che arrivò subito «Il cornetto al pistacchio, la pasta con le corna, come la chiami tu» la ragazza bionda aveva segnalato un cornetto ricoperto da un ciuffo di crema verde, e le era scappata una risata, che proprio non era riuscita a trattenere. Era pure spiritoso, il tipo!

Lui si fidò «Ne prendo due. Mi permetti di offrirtelo, anzi di offrirti la colazione? Ci terrei moltissimo» le tese la mano, mostrando un sorriso aperto, rassicurante, caratterizzato, tuttavia, da un leggero tremore del labbro inferiore. L'aveva fissata nel viso, direttamente, come se volesse memorizzare ogni suo tratto somatico, soffermandosi soprattutto sugli occhi, e sulle labbra, vermiglie di un gloss color amarena che aveva lasciato un'impronta scarlatta sul bordo di ceramica della sua tazza.

«Non so nemmeno come ti chiami» contraccambiò la stretta di mano, forte, vigorosa, asciutta, ben più un lunga di un saluto tradizionale, stranamente seguita da un rispettoso inchino. Si era incuriosita sul serio dello sconosciuto dall'accattivante parlantina e accettò «Va bene, grazie».

Posati sul bancone i due cornetti in altrettanti piattini e un cappuccino, la barista le scoccò un'occhiata complice. Tre secondi e, se ci fosse stato bisogno, avrebbe utilizzato lo spray al peperoncino tenuto nella tasca del grembiule per allontanare eventuali malintenzionati. Era certa, però, che non lo avrebbe adoperato: l'uomo che aveva attaccato bottone con la sua cliente era semplicemente gentile. Corteggiava una ragazza molto carina: tutto qui. Si spostò nel retro del bar, per lasciarli soli.

«I nomi hanno importanza, secondo te? Il retaggio, la stirpe? O conta ciò che siamo?» e lei era incantevole, non riusciva a smettere di pensarlo, non poteva fermare il tumultuoso battito del muscolo cardiaco nel proprio petto, sembrava che il cuore stesse per esplodergli nelle viscere, stesse per uscire dal torace. Tentò di riprendere il controllo delle proprie emozioni, un controllo mai sfuggito in millenni, nei molti regni che aveva visitato. Senza far caso a un piccolo particolare: la mano destra, con cui si era presentato, era volata a stringere teneramente la sinistra di lei. Si concentrò sulla compagna di colazione. I lunghi capelli biondo cenere le incorniciavano il viso; il trucco leggero ne esaltava la bellezza naturale; i dettagli - semplici ma ricercati - dei jeans a sigaretta aderenti sulle natiche e più morbidi sulle gambe, e del maglioncino verde, a v, con un motivo originale di tessitura, erano conformi alla moda del momento e adatti a una donna giovane, nel fiore degli anni, chiaramente attenta alla cura di sé.

«È arrivato Shakespeare! No, no, tranquillo, niente nomi. In fondo hai ragione, contano i comportamenti, i principi» omise di presentarsi e gustò - senza lasciare la mano dello sconosciuto - il primo boccone di cornetto al pistacchio, un morso dato nella parte centrale della sfoglia per addentare la crema, come una bambina. E come una bambina si sporcò il musetto, dalla punta del nasino al mento, passando per le labbra. Non fece in tempo a prendere un tovagliolo per pulirsi che cinque dita corsero al suo viso.

Col pollice lo sconosciuto raccolse la crema al pistacchio dal roseo arco di Cupido e succhiò il polpastrello, sussurrandole «Eccezionale». Come lei d'altronde, rifletté, una ragazza incrociata... e no, non per caso. Una ragazza dal profumo celestiale, di spiccate note di frutti di bosco, gelsomino e muschio bianco. Un profumo elegante.

Il soffio della parola era stato voluttuoso, unico, una tempesta di fuoco e ghiaccio che aveva provocato alla donna un potente brivido lungo la schiena, una scossa elettrica ad altissimo voltaggio.

Osservò il dirimpettaio mordere il proprio cornetto nello stesso suo modo, masticare il boccone e guardarla con immensa soddisfazione: era imbrattato di crema al pistacchio, nei medesimi punti; aveva perfino dei pezzettini di pasta sfoglia sul mento! Un vero disastro, se non fosse stato per la tenerezza del sorriso, per il luccichio delle iridi, e per la sensazione di benessere e di languore che l'aveva avvolta.

Si unirono immediatamente anche le loro altre due mani, prima rimaste libere.

Lui spostò il viso di tre quarti, abbassandosi leggermente, timido e spavaldo.

Lei, in automatico, si posizionò in uno specchio riflesso di perfezione di intenti, coraggiosamente, sicura. Di sé. Di loro. Di ciò che stava per fare. Di ciò che sarebbe accaduto. Di ciò che era già manifesto.

Il contatto fra di loro, casto e passionale, speciale e superbo, era il portale fra due mondi che ciascuno recava con sé, un pezzo di cielo notturno costellato di stelle in cui un pianeta aveva finalmente trovato il suo satellite, ellisse di orbita in un continuo movimento senza fine.

Lo spazio circostante era svanito, sfocato, non esisteva più. Esistevano solo loro due assieme, perduti in un attimo cristallizzato d'amore.

Talmente emozionata, lei dovette staccarsi controvoglia da quell'armonica commistione di sensi al dolce gusto di pistacchio, per chiedere «Chi sei?».

«Il tuo solo destino, come tu sei il mio» omise di dire che non era bastata un'eternità per trovarla - glielo avrebbe raccontato poi e lei gli avrebbe creduto e senza alcun tentennamento - e che non l'avrebbe più lasciata andare.

«Il mio solo destino» affermò lei, con sicurezza.

«Il mio solo destino» ripeté lui, stringendola a sé, accogliendola fra le braccia, il capo posato sul suo petto. Le donò un bacio sulla fronte «Un bacio sulla fronte, per te, amore mio, adesso, un bacio sulla tua anima meravigliosa...» mise i soldi della colazione sul bancone, accanto ai cornetti sbocconcellati, e offerse di nuovo la mano alla propria compagna, uscendo dal bar.

Erika e Loki si incamminarono, lungo la strada maestra, verso il loro futuro insieme, verso il loro solo destino d'amore.

Nota dell'autrice

Il racconto è un regalo per un'amica diventata più di una sorella. 

L'immagine di copertina (come quella dell'unico capitolo) è stata tratta da Pinterest, forse realizzata con l'AI, crediti all'artista, casomai ve ne fosse uno.

Il titolo è ispirato alla canzone di Marco Mengoni "In un giorno qualunque".

L'ultima parte del racconto trae spunto dall'idea che colui che bacia la fronte, baci l'anima. Si tratta di un'idea di origine cartesiana: proprio dietro la fronte, nella zona centro-frontale nel nostro cervello, si trova la ghiandola pineale, che rappresenterebbe l'accesso diretto all'anima di colui che riceve il bacio. Il bacio sulla fronte è, pertanto, simbolo per di protezione, tenerezza e affetto, gesto di un amore profondo e superiore a quello più sensuale sulle labbra.

* Progettate per intimidire i suoi avversari e sovrastare gli altri asgardiani, le corna dorate di Loki rivelano la sua immensa e sfacciata vanità (fonte Avengers - La guida completa - Giunti Editore).

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