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Come sei bella

28 maggio 1999

Eleonora

La smetti di andare su e giù per favore? Mi fai innervosire"
"Ma c'è qualcosa che non ti dà fastidio a te? E da quando siamo arrivati che non fai altro che lamentarti"
"È che qui non mi visita nessuno, mi hanno fatto sedere su queste sedie scomode del pronto soccorso e sono due ore che aspettiamo ma non viene nessuno. Che modi sono?"
Non si può neanche chiedere agli infermieri ai quali sembra stia per venire un esaurimento nervoso viste le risposte acide che danno.
"Ma lo vedi che qui c'è un casino di gente? Mica ci sei solo tu cara principessina"
Lo so che c'è tanta gente ma una persona che sta male e viene qui non dovrebbe dover aspettare così tanto, insomma così se uno prima sta uno schifo dopo starà anche peggio.
"Lo so questo, ma potrebbero comunque essere più veloci. Se uno sta male non può mica aspettare tutto questo tempo"
"Purtroppo qua funziona così, il personale è poco e nessuno fa niente"
"E tu come le sai tutte queste cose?"
"Conosco qualcuno che lavora qui. E comunque se poi le persone che non hanno niente ci si mettono pure a fargli perdere tempo non se ne esce"
Figurati se non doveva farci andare di mezzo me questo idiota.
"Guarda che mi hai investito e stavo per cadere a terra come una pera cotta nel caso te lo fossi dimenticato"
"Vero, ma non stai così male per cui potresti aspettare tranquillamente  invece sono due ore che rompi le scatole a tutti"
"Ma quando mai"
"Non fai altro che lamentarti, prima a quella povera signora l'hai fatta scappare a gambe levate perché stava ascoltando una canzone che a te, cara la mia principessina, non piaceva"
Ma siamo in una sala d'attesa di un ospedale secondo lui è normale ascoltare la musica?
Massimo di Cataldo poi, ma non scherziamo!

"Qui la gente viene perché sta male non per ascoltare canzoni orrende, se uno sta male così peggiora del tutto. L'ho fatto per il nostro bene"
"Tu non sei normale, ma proprio per niente. Una principessina in piena regola"
"E piantala con questo principessina che non sai neanche come mi chiamo"
"Eleonora ti chiami, lo hai detto prima all'infermiera che a quanto pare devo richiamare perché inizi ad avere vuoti di memoria preoccupanti"
"Non ho nessun vuoto pensavo che non mi avessi sentita"

Lo speravo in realtà, ogni volta che le persone ascoltano il mio nome si verificano tre reazioni differenti:
Alcuni iniziano a fare i ruffiani come se volessero comprare la mia vicinanza. Odiosi.
Altri che lodano quello che la mia famiglia rappresenta ma in realtà non ci sopportano. Ipocriti.
Poi c'è chi la sua intolleranza verso di noi te la sbatte in faccia, ti giudica, ma mica ti conosce. Moralisti.
Pochi sono quelli che sanno donarti una cosa che dovrebbe essere scontata ma che ha bisogno sempre di lottare per venire a galla.
La verità.
Tutti si riempiono la bocca con questa parola eppure molti ne hanno paura. Ma si dovrebbe avere più paura di mentire, perché quando lo fai ferisci due volte. Non c'è, infatti, solo la delusione per la bugia, ma anche la sensazione di essere stati presi in giro come se si fosse troppo stupidi per capire il raggiro.
La verità invece può farti soffrire, è vero, ma ti dice anche che chi hai di fronte ti rispetta, si fida di te, perché sa che la sincerità è il più bel regalo che qualcuno possa farti, anche quando fa male.

Ecco, lui, Adriano, lo sconosciuto, che sta qui in attesa con me mi sembra uno che può appartenere tranquillamente all'ultimo tipo di persone, ma anche a quei finti moralisti sempre pronti a puntare il dito su tutti tranne che su loro stessi.
E sto Adriano qui mi sembra che di giudizi ne abbia già sparati troppi prima di sapere chi fossi figuriamoci ora.

"Se ero qui come facevo a non sentirti?"
"Potresti andartene ora allora"
"Se me ne fossi voluto andare lo avrei già fatto, ti sono sempre venuto addosso con la moto non posso mollarti qui" e si siede su una delle sedie blu orrendamente scomode di questo maledetto pronto soccorso.
"Allora lo riconosci che è colpa tua"  gli dico con un sorriso tutto tronfio.
"Non ho detto questo cara la mia principessina tra le nuvole e gli arcobaleni, ho detto che sempre un'incidente abbiamo fatto e sarebbe da stronzo lasciarti qui e andarmene"
"Siccome fino ad ora sei stato gentilissimo vero?"
"Guarda che sei te quella che sta facendo la pazza viziata da due ore"

Sto tipo sa fare solo complimenti.
Se ne sta qui accanto a me con i suoi jeans, la sua maglietta gialla orrenda che fa il paio con i suoi capelli biondi troppo corti.
"Guarda ti autorizzo io ad andartene. Non ne posso più di te che spari sentenze a caso senza neanche conoscermi. Ma quanto puoi essere saccente, moralista e superficiale?"
"Ora chi è che sta giudicando?"
"Tu lo stai facendo da quando mi hai scontrata con quel coso inutile"

E la signora di un ora fa deve aver riacceso la radio che non so perché si è portata dietro e di nuovo quell'odiosa canzone arriva alle mie orecchie...

"Ma non è possibile di nuovo?"
E lo sconosciuto idiota decide di mettersi a ridere ...
"Cosa hai da ridere ora?"
"Niente" però mi guarda e inizia a canticchiare...

"Perché sei naturale anche se stai tra la gente
Non ti lasci confondere dalle apparenze
Anche quando la vita ti rende insicura...."

"Eleonora"

Ed io odio come il mio nome viene pronunciato da questa voce che sa solo di rimprovero e penso davvero che questa giornata non potrebbe andare peggio di così.
"Che cavolo ci fai in questo pronto soccorso fatiscente? Quando mi hanno detto che eri qui non potevo crederci, dovresti essere a scuola"
Neanche il tempo di entrare dalle porte scorrevoli del pronto soccorso che mio padre già è incavolato nero.
"Ho avuto un incidente e non mi sono sentita bene e poi...."
"Dovevi chiamare me, non venire qui"
Non avrei neanche voluto che lo sapesse figurarsi se lo avrei chiamato per questo.
"Era vicino l'ospedale e...."
"E come al solito hai dovuto fare di testa tua vero? Non solo fai danni ma poi non sai neanche come si fa a rimediare, quando deciderai di crescere sarà sempre troppo tardi figlia mia"
Certo, figurarsi se non era colpa mia.
Ho avuto un piccolo incidente è la prima cosa che pensa non è informarsi se sto bene o male, no no, per lui non è mica importante, l'importante è che tutto sia fatto come lui crede sia giusto.
"Ma tu che cavolo ci fai qui si può sapere?"
"Ero a lavoro ma poi ricevo una telefonata da un medico nostro cliente da anni che mi ha detto che eri venuta qua. Immaginerai il mio stupore nel sapere che mia figlia non solo non si è sognata di farmi una telefonata, ma che si accompagna a gente che neanche conosce"
E guarda Adriano con quei suoi occhi chiari che sanno come farti sentire il ghiaccio che si portano dentro.

"Lo sconosciuto sarei io e per sua informazione ho anche un nome e se proprio vogliamo essere precisi io ho quasi investito sua figlia con la vespa e lei voleva chiamarla, ma poi è stata poco bene e io ho deciso di portarla qui e mi creda non siamo di certo venuti a farci una gita di piacere"
"Fossi in te farei poco lo spiritoso visto che potrei denunciarti anche subito e credimi che finiresti proprio male"
Mio padre non fa nulla per nascondere quanto possa essere influente e ci gode nel cercare di fare sentire gli altri piccoli rispetto a lui.

"Mi assumerò tutte le responsabilità del caso, ho già chiamato l'assicurazione per cui non c'è davvero bisogno di minacciarmi"
"Io minaccio chi voglio e vedi di levarti dai piedi all'istante e tu" mi indica con quelle sue dita troppo grandi che ti danno sempre la sensazione ti possano far male: "ora ti porto nella clinica del dottor Ferraro e andiamo via da sto pronto soccorso dove entrano cani e porci"

E non gliene frega niente di chi possa sentirlo e se ciò che ha appena detto possa ferire qualcuno, lui si sente sempre in diritto di giudicare chiunque. Non gli importa di chi sei, della tua storia, se non sei conforme ai suoi standart per lui non sei nessuno. È quella di mio padre è proprio un arte nel non farti mai sentire all'altezza, mai abbastanza.

"Papà, piantala! Non è colpa di Adriano, io ho attraversato senza guardare per ciò nessuno denuncia nessuno e ormai sono qui e mi faccio visitare"
Non mi importa più di fare qualcosa per rendermi degna del nome che porto come dice sempre lui, io voglio essere degna di me anche perché di lui mi vergogno.
"Guarda che la mia non era una domanda, alzati e andiamocene"
Le sue non sono mai domande ma solo ordini da eseguire, ma a me piace infrangerli tutti.
"Ho detto che resto qui, vai via da solo"
"Davvero vuoi fare questo gioco con me Eleonora? Perché lo sai benissimo che non c'è partita"
La odio questa sua sicurezza e la tracotanza con cui te la sbatte in faccia. È  sempre pronto a sottolineare che lui può fare tutto.
"Ma io voglio provare a giocare lo stesso papà"
Lui non si arrabbia, non grida, mi guarda fisso negli occhi e poi ride.
"Io vinco sempre" mi dice per poi voltarsi e sparire oltre la porta scorrevole del pronto soccorso, ed io lo so che questa partita è tutt'altro che vinta.

"Dovevi andare con lui".
Mi giro a guardare Adriano: "No non dovevo. Non mi faccio dare ordini come fossi un manichino da spostare dove gli pare"
"Non è finita qua lo sai vero? Dallo sguardo che aveva mi sa che non te la farà passare liscia"
"Non mi importa" lui non lo può sapere ma sfidare mio padre è il mio sport preferito, potrò anche perdere ma non smetterò di farlo perché lo deve capire che io sono una persona non una sua marionetta. 
"Mi sa che mi sbagliavo su di te principessina, non sembri affatto una Visconti"
"Vuol dire una ricca stronza?"
"Più o meno" e sorride, non per prendermi in giro stavolta, ma per davvero e le sue parole si riempiono ancora del suono della canzone di Di Cataldo...

"Anche quando nel cuore c'è un po' di paura
Anche quando ti perdi nella tua incertezza
Nella dolce amarezza vedi come sei bella..."

E credo che Adriano non fa parte della categoria dei finti moralisti, a guardarlo ora ho la sensazione sia uno che la verità te la sbatte in faccia così com'è e forse il suo nome non lo dimenticherò poi così in fretta.

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